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La mattina successiva il principe ricevette l'ordine dall'Elettore di recarsi immediatamente a Konisberga per assumere il comando delle nuove truppe che dovevano marciare per Marienburgo o Dantziga. La lettera conteneva pure ragguagli intorno all'ardita campagna di Carlo Gustavo attraverso tutta la Repubblica fino alle regioni russe. L'Elettore presagiva una fine disastrosa per la campagna; ma appunto per questa ragione desiderava trovarsi alla testa del maggior numero di truppe possibile, per potere, in caso di bisogno, divenire indispensabile da un lato o dall'altro.
Il principe non aveva tempo da perdere, nemmeno per riposarsi, sebbene la febbre continuasse a tormentarlo. Quando ebbe delegato la propria autorità a Sakovich gli disse:
— Forse sarebbe bene condurre Billevich e la ragazza a Konisberga. Colà sarebbe più facile trattare con fermezza quel vecchio ostinato e superbo. Inquanto alla nipote la condurrei meco al campo, perchè ne ho abbastanza di tante cerimonie.
— Benissimo! gli rispose Sakovich ridendo. — Vi auguro buon divertimento.
Un'ora dopo il principe non era più a Taurogi. E Sakovich vi rimaneva padrone, non riconoscendo altro potere superiore al suo, se non quello d'Anusia, con la quale cominciò a fare il galante, come una volta il principe con Olenka, trattandola però sempre con tutto il rispetto che un gentil cavaliere deve serbare dinanzi ad una donna alla cui mano ed al cuore aspira.
Bisogna confessare che il soggiorno a Taurogi riesciva gradito ad Anusia, poichè ella provava una vera soddisfazione, pensando che i vecchi ed i giovani ufficiali sospiravano d'amore per lei.
Come la maggior parte delle fanciulle, essa godeva perchè quei sospiri non erano rivolti ad Olenka. Era pure contenta riguardo a Babinich, perchè si diceva che nessun uomo poteva resisterle; perciò, a lungo andare, anche lui s'innamorerebbe di lei.
— Egli la dimenticherà, non v'ha dubbio, giacchè ella lo paga d'ingratitudine; e quando l'avrà dimenticata, saprà dove cercarmi... e mi cercherà, — pensava fra sè.
Frattanto, sebbene non si curasse gran fatto di Sakovich, pure lo vedeva con piacere.
Un mese dopo la partenza del principe, Sakovich le fece una formale dichiarazione; ma l'astuta fanciulla gli rispose che non lo conosceva abbastanza, che non poteva maritarsi senza il consenso della principessa Griselda, e infine, che voleva assoggettarlo ad un anno di prova.
Lo Starosta si divorò la sua rabbia, e diede ordine in quel giorno di somministrare mille sferzate ad un soldato di cavalleria per una leggera mancanza, e che morì, naturalmente, in conseguenza di tale barbara punizione.
Se Anusia avesse saputo quali terribili conseguenze derivavano a tutta la regione circostante dalla risposta da lei data a Sakovich, ella certo si sarebbe pentita amaramente. I soldati e gli abitanti tremavano al suo cospetto perchè non potendo sfogare altrimenti il suo dispetto egli puniva fuori d'ogni misura.
Il terrore del suo nome circondava Taurogi; anche i più considerevoli corpi di patrioti non osavano oltrepassare Rossyeni.
Bogoslavio non avrebbe potuto trovare un servo più leale e terribile.
Verso Anusia egli si mostrava però sempre più tenero, e per lei la vita passava allegramente; per Olenka, invece, diveniva sempre più triste e monotona.
Venne la primavera. Un vento forte e caldo agitava le acque del Baltico, non più gelate: fiorivano gli alberi, i fiori sbocciavano, il sole divenne sempre più ardente, e la povera fanciulla aspettava invano la fine della sua dolorosa prigionia. Anusia non voleva assolutamente fuggire, e nel paese ferveva più aspra la guerra.
Ferro e fuoco dappertutto, come se la pietà di Dio non dovesse mai più manifestarsi.
Notizie liete e tristi giungevano di tratto in tratto a Taurogi, e, tanto a queste che a quelle, la donzella applicava le sue preghiere e dedicava lagrime di dolore o di gioia.
Anzitutto si parlava di una terribile e generale sollevazione. Quante stelle risplendono nel cielo sereno, tanti erano i guerrieri che sorgevano contro gli Svedesi.
Con meraviglia di tutto il mondo, la Repubblica, poco dianzi così debole, trovava più sciabole in sua difesa che non l'Imperatore di Germania o il Re di Francia.
Poi vennero notizie di Carlo Gustavo, che sempre più s'internava nella Repubblica. Speravasi ad ogni momento di udire la morte del Re e la distruzione di tutto l'esercito svedese.
Il nome di Charnyetski si udiva ripetere sempre più forte da confine a confine, empiendo il nemico di terrore e portando la consolazione nel cuore di tutti i Polacchi.
Giunse infine la notizia che il Re di Svezia e le sue truppe erano confinati in un triangolo fra la Vistola e il Sun e che da quella trappola non sarebbe uscito nessuno. Sakovich si fece pensieroso e scrisse una quantità di lettere in varie direzioni.
Billevich era frenetico. Ogni sera si precipitava nella camera di sua nipote con nuove notizie. Il vecchio soldato anelava di recarsi al campo. Finalmente strinse un giorno fra le sue braccia Olenka, e le disse:
— Mia cara fanciulla, io ti amo come se tu fossi mia figlia, ma la patria mi è ancor più cara.
Il giorno appresso egli era scomparso. Olenka trovò una lettera nella quale le chiedeva perdono se la lasciava sola, ma avendo considerato che il fuggire insieme a lei era cosa impossibile, e non potendo rimanere più a lungo inoperoso a Taurogi, si era deciso a quel passo che a lei sembrerebbe forse crudele. Partiva dunque raccomandandola a Dio e lasciandole la sua benedizione.
Olenka bagnò quel foglio di lagrime; ma ella sentì un affetto più forte per suo zio ed il suo cuore sussultò d'orgoglio. Intanto, non poco rumore si fece in Taurogi per la fuga di Pan Tomaso. Lo stesso Sakovich corse da Olenka, e senza neppur togliersi il berretto, le domandò:
— Dov'è vostro zio?
— Dove son tutti, eccettuato i traditori: al campo! — rispose impavida la fanciulla, la quale, invece di mostrarsi avvilita, si avanzò d'alcuni passi e lo squadrò dalla testa ai piedi con infinito disprezzo.
— Ah! se non fosse per il principe! — urlò Sakovich fuori di sè. — Voi risponderete al principe di questa fuga.
— Nè al principe nè al suo servo! Ed ora, vi prego, lasciatemi, soggiunse additandogli la porta.
Sakovich si morse le labbra e uscì.
In quello stesso giorno pervenne a Taurogi la notizia della vittoria di Varka, e tale fu la paura dei partigiani degli Svedesi, che lo stesso Sakovich non osò punire i preti che cantavano pubblicamente nelle chiese il Te Deum.
Egli, poc'anzi così terribile e spavaldo, non sapeva a qual partito appigliarsi, dove trovare salvezza. Da gran tempo non aveva più notizie di Bogoslavio e faceva mille congetture.
Taluni asserivano che il principe doveva essere caduto nelle mani di Giovanni Casimiro e basavano questa affermazione sul fatto che lui solo era stato escluso dall'amnistia. Sakovich traeva da quel fatto la stessa conclusione, ed era disperato, perchè mancandogli quel potente protettore non avrebbe trovato un rifugio in tutta la Repubblica.
Gli parve che tutto quanto gli rimaneva da fare era di fuggirsene in Prussia malgrado l'opposizione d'Anusia, e colà cercar pane e servizio.
— Ma che cosa accadrebbe — si domandò egli più di una volta — se l'Elettore, temendo la collera di Giovanni Casimiro, gli rilasciasse tutti i fuggitivi?
Non rimaneva che cercar salvezza oltre il mare, in Isvezia.
Finalmente, dopo una settimana di tormenti e di dubbi, giunse a Taurogi un corriere con una lunga lettera autografa del principe.
— «Varsavia è stata tolta agli Svedesi — scriveva il principe. — Il mio corpo d'armata e gli effetti sono perduti. È troppo tardi per recedere, perchè i consiglieri del Re sono tanto inviperiti che io sono stato escluso dall'amnistia. Babinich ha disfatto le mie truppe proprio alle porte di Varsavia, Kettling è prigioniero. Il Re di Svezia, l'Elettore ed io, con Steinbock e tutte le forze, marciamo verso la capitale, dove si darà subito una battaglia generale. Carlo Gustavo giura che vincerà, quantunque la valentìa di Giovanni Casimiro nel condurre armate lo confonda non poco. Chi avrebbe potuto prevedere tanta strategia in un ex-gesuita?
— «Varsavia deve esser ripresa — ha detto Carlo Gustavo — ed io ho domandato: — E poi? — Egli non mi rispose. Qui le nostre forze si dileguano, le loro aumentano. Noi non abbiamo nulla con che incominciare una nuova guerra. Mio zio l'Elettore tace come al solito. È amaro piegar la testa; ma lo dobbiamo per forza. Io spero in Dio; ma bisogna prevedere il male. Quindi, tutto quello che potete vendere e ridurre in moneta sonante, vendetelo. Andate poi con tutte le vostre truppe a Birji, da dove è più breve la strada per la Curlandia. Io vi consiglierei di recarvi in Prussia, ma per il momento quel luogo non sarebbe sicuro. A Babinich venne comandato di marciare attraverso la Prussia verso la Lituania onde evitarvi la ribellione. Abbiamo tentato di coglierlo al Bug, e Steinbock stesso gli mandò contro forze considerevoli, ma nessuno è ritornato a dare notizia del disastro. Non tentate di misurarvi con Babinich.
«Sono guarito della febbre. Vi raccomando a Dio.»
Questa lettera sconcertò da un lato lo Starosta ma lo confortò dall'altro. Il principe era vivo, sano e non si trovava fra le mani di Giovanni Casimiro. Ma che cosa si poteva sperare per l'avvenire? Forse il principe avrebbe potuto salvarsi dalla rovina sotto il manto dello scaltro Elettore, ed egli, Sakovich, si sarebbe salvato con lui. Ma che cosa si poteva fare pel momento? Andare in Prussia?
Pan Sakovich non aveva bisogno che il principe lo consigliasse a non misurarsi con Babinich, mancandogli per ciò la forza e la volontà. Doveva egli rimanere a Taurogi? No, perchè il terribile Babinich sarebbe venuto alla testa di una potente orda di Tartari; tutte le bande armate si sarebbero unite e si sarebbero precipitate su Taurogi come un'alluvione.
Fu deciso che si rimarrebbe a Taurogi fino che non giungessero altre notizie da Varsavia.
Ma Braun, da quel consiglio passò ad un altro con Anusia.
Essi disputarono molto a lungo. Alla fine Braun venne via con la faccia stravolta; ma Anusia si precipitò in camera d'Olenka.
— Olenka, è giunto il momento! — gridò sulla soglia. — Bisogna fuggire.
— Quando? — domandò la coraggiosa fanciulla.
— Domani! domani! Braun ha il comando, e Sakovich dormirà in città, essendo stato invitato ad un banchetto da Pan Dzyeshuk. Braun dice che andrà egli stesso a prendere cinquanta cavalli. Oh, Olenka! quanto sono felice! quanto sono felice!
— Come mai non induceste prima Braun a questo passo, se potevate farlo? — le chiese Olenka con sorpresa.
— Potevo, potevo! Oh mio Dio! voi non sapete? Pan Babinich marcia su Taurogi! Sakovich muore di paura! Egli si avanza a marcie forzate. E per chi si affretta a venire qui?
— Per chiunque egli s'affretti, — replicò Olenka sollevando gli occhi al cielo, — che Dio lo sostenga, lo guidi, lo benedica e lo preservi da ogni male!