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Il giorno sorgeva triste a Volmontovichi rischiarando un mucchio di rovine. Fra quelle ceneri ancora ardenti, vagava una quantità di gente, cercando ansiosa il corpo di qualche parente caduto. La numerosa nobiltà aveva riportata vittoria sulla gente di Pan Kmita; ma ohimè! quale vittoria! A parte i Butrym, che soccombettero in gran parte, non eravi nei dintorni un sol villaggio, in cui i superstiti non piangessero o il marito, o i figli, o il padre.
Tuttavia degli uomini di Pan Kmita non uno sfuggì al castigo. Alcuni di essi perdettero la vita in Volmontovichi, difendendosi con tal rabbia che continuarono a battersi anche dopo feriti. Altri erano stati sorpresi in seguito nei boschi, e quivi uccisi senza misericordia. Lo stesso Kmita, riuscito a fuggire, era come un uomo precipitato in una gora. La gente si perdeva in mille vaghe supposizioni, pensando che cosa fosse avvenuto di lui.
Intanto i Butrym, sopravvissuti all'eccidio, marciarono su Vodokty, dove si accamparono. La casa era gremita di donne e di fanciulli. I soldati che non poterono trovarvi posto si recarono a Mitruny, che Panna Alessandra mise a disposizione di coloro le cui case erano state arse. Eranvi inoltre in Vodokty un centinaio circa d'armati, divisi in squadre, che davansi regolarmente il cambio, giudicandosi che Kmita non considererebbe le cose come finite, e che, un giorno o l'altro, avrebbe fatto qualche nuova scorreria per commettere un attentato a mano armata contro Panna Billevich. Le più cospicue famiglie della provincia, come Schylling, i Sollohub, ed altre, spedirono i loro servi. Vodokty aveva tutto l'aspetto di una piazza forte che teme di essere assediata. Panna Alessandra si aggirava fra gli armati, s'intratteneva con i nobili, visitava le donne; e piena di tristezza, pallida, sofferente, ascoltava i pianti del popolo, e le imprecazioni che si lanciavano a Pan Kmita, le quali ferivano come acuta spada il suo cuore, perchè ella si reputava la causa immediata di ogni sventura. Era per lei che quel frenetico era venuto nella provincia a disturbare la pubblica quiete, a spargervi il terrore ed il sangue! per lei, aveva lasciato quivi una sanguinosa e fatale rinomanza; per lei, infine, egli aveva calpestato ogni legge, aveva trucidato gl'innocui terrieri, visitato i villaggi col ferro e col fuoco al pari degl'infedeli, al punto che ognuno stupivasi come un uomo avesse potuto fare tanto male in sì breve tempo; ed un uomo qual era egli, nè affatto cattivo, nè interamente corrotto. Eravi un abisso fra Pan Kmita e le sue azioni. Ma era appunto per tal ragione che la donzella provava così profonda pena pensando che quell'uomo, ch'ella aveva amato con tutto il primo impulso del suo cuore, avrebbe potuto essere differente; giacchè egli possedeva tutte le qualità atte a farne il modello d'un vero cavaliere, di un patriota, degno dell'ammirazione e dell'amore degli uomini anzichè del loro disprezzo.
Talvolta, per altro, la donzella sospettava, che una malattia, o qualche misterioso potere, lo obbligassero a commettere misfatti e violenze; e allora la invadeva una grandissima pietà per il disgraziato, ed una fiamma d'amore inestinguibile divampava nel suo cuore, alimentata dalla ancor fresca rimembranza della sua cavalleresca figura, delle sue parole, delle sue suppliche, del suo amore.
Frattanto, nella città, erano pervenuti un centinaio circa di reclami e lo «starosta» Pan Hlebovich mandò degli uomini per arrestarlo. La legge doveva ad ogni modo condannarlo.
Ma passò un mese, e nulla si potè sapere del giovane capitano. I più potenti fra i nobili richiamarono le loro genti, mandate in vedetta a Vodokty. I nobili di minor conto, desiderosi di poter attendere alle loro occupazioni domestiche, a poco a poco si ritirarono. Ma appena si spense il guerresco entusiasmo, aumentò la smania di querelare Kmita dinanzi ai Tribunali.
Premeva agli Anziani di Lauda di ottenere una sentenza, che permettesse loro di occupare Lyubich a mano armata, e di darla ai Butrym onde risarcirli dei danni patiti, ma la signora di Vodokty si oppose energicamente.
— Non dovete rendere violenza per violenza, — diss'ella. Se voi agirete così, la vostra causa ne soffrirà certamente. Lasciate che l'innocenza splenda assoluta e intera dalla vostra parte. Considerate ch'egli è un uomo potente, che ha aderenti presso le corti stesse, e che se voi gli offriste il minimo pretesto di rappresaglia, potreste andar incontro a nuovi e forse peggiori danni. Dite ai Butrym che sono pronta a dar loro qualunque cosa di cui abbisognano. E nel caso in cui Pan Kmita dovesse riapparire qui, lasciatelo in pace finchè non venga emanata qualche sentenza a suo riguardo. Ricordatevi, che soltanto finchè egli vive voi avrete qualcuno da cui potrete pretendere un indennizzo per le perdite patite.
In tal guisa parlò la saggia e prudente donzella, e tutti aderirono, non accorgendosi, che la dilazione da lei consigliata interessava direttamente Pan Andrea, specialmente in quanto che egli ne riportava salva la vita. Tale era appunto il desiderio di Olenka e la nobiltà obbedì, essendo da lungo tempo avvezza a considerare come vangelo qualunque sentenza uscisse dalla bocca di un Billevich.
Lyubich rimase intatta e Pan Andrea avrebbe potuto ritornarvi e rimanervi per qualche tempo senz'essere molestato. Egli non venne; ma dopo un mese e mezzo circa, giunse un uomo di strano aspetto e a tutti ignoto, recante un messaggio per Panna Alessandra. La lettera era di Kmita, e concepita nei seguenti termini.
«Diletta del cuor mio, tesoro mio, indimenticabile Olenka! È cosa naturale per le creature, e specialmente per gli uomini anche i più meschini, di vendicarsi dei torti ricevuti: e quando un uomo ha patito per causa di un altro, ei rende con gioia, se lo può, il male ricevuto a chi glielo ha fatto. Io ho ucciso quegl'insolenti nobili. Dio sa che io ho fatto ciò, non per crudeltà, ma perchè essi hanno ucciso i miei ufficiali in onta alle leggi umane e divine, senza riguardo alla loro giovane età nè alla loro alta nascita, e in una maniera tanto crudele, che non si vide mai l'uguale presso i Cosacchi e i Tartari. Non negherò che un furore sovrumano possedeva in quel momenti l'anima mia: ma chi si meraviglierà d'un'ira cagionata dalla vista del sangue dei miei amici trucidati senza ragione? Intanto io sto amaramente espiando i fatti degli altri uomini e la mia ira giustissima; poichè, dopo la vostra perdita io non dormo più, e vivo dì e notte in continua disperazione, senza poter obliare un solo istante la vostra adorabile persona ed il mio amore. Pronunzino i tribunali le loro sentenze; lancino l'infamante condanna su di un povero infelice, io sopporterò tutto, tutto soffrirò, ma non respingetemi voi, non cancellatemi dal vostro cuore! Io farò tutto quello ch'essi vogliono, risarcirò tutti i danni, purchè voi mi promettiate di essermi fedele come lo comanda il vostro avo dall'altro mondo. Voi mi avete salvato la vita; salvate pure la mia anima: aiutatemi a riparare i miei torti ed a mutar vita: poichè io vedo che se voi mi abbandonate mi abbandonerà Iddio, e la disperazione mi spingerà a commettere altri misfatti più terribili.»
Chi potrebbe dire quante pietose voci parlassero nell'anima di Olenka in difesa di Pan Andrea? L'amore passa rapido come il seme d'una pianta portato via dal vento: ma quando l'amore ingigantisce nel cuore come un albero nel seno della terra, allora non si può svellere se non insieme al cuore. Panna Billevich era una di quelle donne che amano con tutte le forze d'un cuore onesto. Ma, ciò non ostante ella non poteva dimenticare ogni cosa, nè tutto perdonare dopo una prima parola di pentimento. Certamente la contrizione di Kmita era sincera: ma l'anima di lui rimaneva sempre inselvatichita, e la sua natura sempre indòmita.
Come avrebbe ella potuto dire ad un uomo che aveva insanguinato l'intera provincia, ed il cui nome ognuno malediceva: — Venite! In compenso delle vite, degli incendi, del sangue, delle lagrime, vi darò il mio cuore e la mia mano? — Perciò ella gli rispose:
«Vi ho detto che non voglio nè conoscervi, nè vedervi, e mantengo la mia risoluzione, anche se il mio cuore dovesse spezzarsi. Voi non avete perduto soltanto i vostri beni, ma anche la riputazione. Che vi perdonino questi nobili, ai quali voi avete bruciato le case, ed io vi perdonerò. Che vi ricevano essi, ed io vi riceverò. Ma siccome ciò non avverrà mai, cercate altrove la vostra felicità: e chiedete il perdono di Dio prima di chiedere il perdono degli uomini. È quello che sopratutto vi occorre.»
Il contadino partì: i giorni, le settimane, i mesi trascorsero, senza che giungessero altre nuove di Kmita. Ma intanto le notizie degli affari pubblici si facevano sempre più sconfortanti. Le armate di Mosca, comandate da Hovanski, avevano già invaso gran parte dalla Repubblica. Soltanto una parte di Vilna, Brest-Litovsk, Trotsk, ed il«Governo» d'Imud, respiravano ancora liberamente, ma aspettavano con trepidanza da un giorno all'altro una visita del nemico.
La Repubblica era piombata nel più deplorevole stato d'abbattimento, vedendosi impotente ad opporre una seria resistenza a quelle forze, che sino allora aveva disprezzate e sempre vinte. Ora esse erano sostenute dall'inestinguibile ribellione di Hmelnitski, una vera idra dalle cento teste; ma in onta alla ribellione ed all'esaurimento di forze per le precedenti guerre, tanto gli abitanti quanto i guerrieri andavano rassicurandosi, nella certezza che il Granducato di Lituania trovavasi in grado di respingere non solo l'assalto del nemico, ma anche di portare vittoriosamente le sue bandiere oltre i propri confini. Sfortunatamente gli interni dissensi inceppavano i propositi, e paralizzavano gli sforzi di quegli stessi fra i cittadini, che erano dispostissimi a sacrificare per tale causa le loro vite ed i loro beni.
Frattanto migliaia di fuggitivi, nobili e popolani, avevano trovato rifugio nelle terre non per anco occupate. Città, villaggi e piccole borgate presso Jmud, si popolarono di uomini ridotti dalle peripezie della guerra alla miseria ed alla disperazione.
L'inverno fu estremamente rigido. Quando le provvigioni dell'anno precedente furono esaurite, la Fame, sorella della guerra, cominciò a regnare, ed estese sempre più la sua nefasta influenza. Si rinvenivano tra le nevi cadaveri d'uomini morti di fame e divorati a metà dai lupi.
Le menti erano turbate da superstiziosi timori. Sostenevano molti, che quelle disastrose guerre e tante sventure, derivavano dal nome del loro Re. Dicevano che le lettere J. C. R. impresse sulle monete, non significavano soltanto «Johannes Casimirus Rex» ma anche Initium Calamitatis Regni.» E nuove guerre si pronosticavano, tanto dagl'indigeni quanto dai forestieri. Non mancavano infatti i motivi. Non poche fra le famiglie più potenti della Repubblica si consideravano a vicenda come stati nemici, e con esse, per conseguenza, intere provincie e distretti formavano altrettanti campi ostili. Tale precisamente era il caso della Lituania, dove la fiera lotta fra Giovanni Radzivill, Capitano generale, e Gosyevski, vice Capitano e vice tesoriere di Lituania, assunse quasi le proporzioni di un'aperta guerra.
Intanto il nemico si avanzava, arrestato soltanto qua e là da qualche castello fortificato, mentre in ogni altro luogo andava innanzi senza incontrare opposizione.
Questo stato di cose costringeva tutta la popolazione della regione di Lauda a starsene all'erta e sempre sotto le armi. Paolo Sapyeha oppose fiera resistenza al nemico e si coprì di gloria. Giovanni Radzivill, guerriero di gran fama, il cui nome prima della disfatta di Shklov incuteva terrore ai nemici, riportò pure qualche vittoria. Ma purtroppo le truppe erano scarse, ed il tesoro esaurito: nè potevasi contare sulla milizia generale delle province, perchè il nemico le aveva in gran parte già occupate.
Dall'Ucrania giunsero notizie di eroiche battaglie; tali notizie ristorarono alquanto gli animi prostrati, e ne riaccesero il coraggio. I nomi dei Capitani risuonarono più che mai gloriosi, e con essi quello di Stefano Charnetski, che correva sempre più frequente sulle bocche di tutti. Ma la gloria non poteva sostituire le truppe, perciò i Capitani della Lituania credettero bene di battere in ritirata senza per altro cessare di battersi fra loro. Finalmente Radzivill giunse a Jmud, e in Lauda regnò momentaneamente la pace.
L'uomo facilmente passa dall'abbattimento alla speranza, e tutta la regione di Lauda risorse ad un tratto come a nuova vita. Panna Alessandra viveva tranquilla a Vodokty. Pan Volodyovski, il quale dimorava abitualmente a Patsuneli, ed aveva cominciato a ristabilirsi, sparse la voce che il Re sarebbe venuto con nuove truppe in primavera, e che si sarebbe riaccesa la guerra. I nobili, incoraggiati dalla momentanea quiete, incominciarono a recarsi cogli aratri nei loro campi. Le nevi si erano disciolte, e sulle piante di betulla sbocciavano i primi germogli. Il cielo parve sorridere più mite su quella regione, ed uno spirito migliore animò le popolazioni.
Frattanto un avvenimento inatteso turbò di nuovo la pace. Gli aratri furono abbandonati, e le sciabole non ebbero il tempo di arrugginire nel fodero.