Henryk Sienkiewicz
Il diluvio

PARTE PRIMA

CAPITOLO XVI.

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CAPITOLO XVI.

Allorchè Pan Zagloba urlava tre volte la parola traditore, al cospetto del terribile Capitano generale, aveva la testa molto esaltata. Un'ora avanti giorno, quando i fumi del vino eransi dissipati ed egli si trovò coi due Skshetuski e Pan Michele in una segreta del castello, comprese, ma troppo tardi, il pericolo al quale aveva esposto il suo collo e quello de' suoi compagni, e ne fu oltremodo accasciato.

— Che succederàora? — domandò fissando con sguardo spaventato il piccolo cavaliere, nel quale riponeva una speciale fiducia.

— Che il diavolo ci porti! Per me fa lo stesso! — rispose Volodyovski.

— Non si è mai vista cotanta Infamia nel Regno in tutto il mondo, — disse Pan Giovanni. — Vi dico in verità che morirei volontieri piuttosto che vivere in questi tempi.

— Quali eventi terribili! — esclamò Pan Stanislao, — mi sembra di perdere la testa.

Calma, calma! — disse Zagloba, — non è il momento di disperarsi.

Pan Stanislao, trasportato dalla rabbia, digrignava i denti.

— Che possiate morire! — gridò rivolgendosi a Zagloba. — Che cosa vi è saltato in mente di condurci da questo traditore! Ma la vendetta vi raggiungerà voi, e lui!

Rifletti Stanislao, — disse Pan Giovanni con severità, — che nessuno poteva prevedere quel ch'è avvenuto. Abbi pazienza, poichè non sei solo a soffrire. Il nostro posto è qui. Che Dio salvi la nostra patria!

Stanislao non rispose e tutti tacquero. Pan Michele si mise a fischiare fra i denti, simulando indifferenza, sebbene, in realtà, soffrisse doppiamente per la sventura del Paese, e per aver violato l'obbedienza dovuta al Capitano generale. Questo secondo punto era il più doloroso per lui, abituato alla ferrea disciplina del soldato.

— Non sarebbe meglio di pensare a trovare qualche via di scampo? — disse ad un tratto Zagloba. — Dovremmo rimanere qui quando ogni uomo è necessario alla patria? Io non credo che Radzivill voglia farci morire. Se per ogni parola detta inconsideratamente o per effetto del vino, si dovesse tagliare la testa ad un uomo, non vi resterebbe più un sol nobile in tutta la Repubblica. Noi siamo stranieri e non apparteniamo alla sua giurisdizione. Bisogna ch'egli rispetti le opinioni, e non offenda i nobili con atti di violenza. Ha autorità sopra gli ufficiali, ma credo che anche con essi non vorrà mostrarsi troppo severo. Dov'è il tuo squadrone, Michele?

— In Upita.

— Sei tu sicuro che quegli uomini ti resteranno fedeli?

— Lo spero, ma non posso saperlo.

Zagloba stette un momento a riflettere.

Dammi un ordine per essi di ubbidirmi in ogni cosa come a te stesso.

— Tu dunque credi di poter uscire da qui?

— Io mi trovai in condizioni peggiori e Dio mi salvò. Dammi l'ordine che ti ho chiesto e danne uno eguale ai due Skshetuski. Chi riesce a fuggire pel primo condurrà qui lo squadrone  e libererà gli altri.

— Tu vaneggidisse Pan Michele. — Da qui non si fugge. D'altronde, dove prendere carta, inchiostro ed una penna per scrivere?

Dammi il tuo anellosoggiunse Zagloba.

— Eccolo, e lasciami in pace.

Zagloba prese l'anello, se lo pose in dito e si diede a meditare.

Intanto passò un'ora dopo l'altra, e finalmente spuntò l'alba. La luce, penetrando a poco a poco dalla finestra, scacciò le tenebre dalla prigione e illuminò le melanconiche figure dei quattro cavalieri seduti presso la parete, quando ad un tratto s'udirono improvvisi rumori nel cortile, fra i quali si distinguevano sinistre grida di collera e d'indignazione, ed il rumore di passi affrettati.

— Che cosa succede? — disse Zagloba. — Che il cielo ci mandi qualche aiuto?

— Infatti, questo rumore ha qualche cosa di strano, — disse Volodyovski. — Alzatemi fino alla finestra; io vi dirò tosto di che si tratta.

Pan Giovanni prese Volodyovski fra le sue braccia e lo sollevò all'altezza della finestra. Il piccolo cavaliere si aggrappò all'inferriata e osservò attentamente.

— Qualche cosa avvienediss'egli con accento di stupore e d'allarme ad un tempo. — Vedo il reggimento di fanteria ungherese, già comandato da Oskyerko. Essi lo amano molto e certamente sono venuti per chiedere la sua liberazione, essendochè anch'egli è prigioniero. Sono schierati in ordine di battaglia. Il luogotenente Stahovich li comanda; egli è amico di Oskyerko.

Le grida si fecero più alte.

Ganhoff si avanza verso loro. Dice qualche cosa a Stahovich. Vedo Stahovich con due ufficiali che si allontanano dalle truppe. Certo vanno in deputazione dal Capitano generale. Quanto è vero Dio l'esercito si ribella! I cannoni sono puntati contro gli Ungheresi, e gli Scozzesi sono pure in ordine di battaglia. Uomini degli squadroni polacchi si uniscono agli Ungheresi.

— In nome di Dio! — esclamò Zagloba — questa è la nostra salvezza. Michele, sono molti li squadroni polacchi? Se si sollevano quelli, allora sì che la cosa si farà seria.

Skankyevich con i suoi usseri e Mirski cogli squadroni di corazzieri sono a due giorni di marcia da Kyedani, — rispose Volodyovski — Se essi fossero stati qui il principe non avrebbe osato di far arrestare i comandanti. Ah! ecco, si avanza lo squadrone di Kmita; sono seicento uomini.

— E da che parte è Kmita?

— Non lo so, ma mi sembra indeciso.

Dio voglia che si schieri dalla nostra parte! — disse Zagloba che pareva invaso dalla febbre.

In quel momento si udirono molte voci minacciose nel cortile, che gridavano:

— I colonnelli, i colonnelli! Vogliamo i colonnelli!

D'improvviso, una forte scarica di moschetti, che veniva dalla parte posteriore del castello, fece ammutolire tu quanti.

Gesummaria! — esclamò Volodyovski.

Michele, che c'è? — chiese Zagloba.

— Senza dubbio hanno fucilato Stahovich ed i due ufficiali che si sono recati quali deputati del principe, — replicò febbrilmente il piccolo cavaliere.

— Per la passione di Cristo! Allora non vi è più scampo per noi.

Il rimbombo di altri colpi troncò la conversazione. Pan Michele, aggrappato all'inferriata, spingeva la testa fra le sbarre, ma per un po' non potè veder altro che le gambe degli Scozzesi. Le scariche di moschetteria si fecero sempre più frequenti, e alla fine tuonò il cannone. Il castello tremava, scosso sino alle fondamenta.

Scendi, Michele, se non vuoi essere ucciso! — gridò Pan Giovanni.

— Che! le palle colpiscono in alto ed il cannone è rivolto dall'altra parte. Gli Ungheresi fanno fuoco.

Bravi soldati! Si battono anche senza ufficiali.

— O Dio misericordioso! non ritardare la punizione dei traditori! — gridò Zagloba.

— Che avviene, Michele? — chiese Pan Giovanni, — non vedi più nulla?

Attendi che si sia dileguato il fumo. Ah! gli Scozzesi si avanzano all'assalto.

— Ah per mille cannoni! e noi siamo costretti a star qui! — gridò Pan Stanislao.

— Gli alabardieri Ungheresi muovono loro incontro con le sciabole sguainate. Se vedeste che soldati!

— Gli Ungheresi hanno il sopravventosoggiunse alcuni minuti dopo. — Gli Scozzesi indietreggiano! Myeleshko li assale con i suoi dragoni. Gli Scozzesi si trovano fra due fuochi. Korf non può far uso del cannone perchè li colpirebbe. Gli Ungheresi si avanzano come una bufera, atterrando ogni cosa!

— Almeno riuscissero a prendere il castello! — disse Zagloba.

— Ciò è impossibile. È troppo ben difeso. Ma che è ciò? Vedo sollevarsi una gran nube di polvere. Ah! è Kmita che si avanza di gran carriera col suo squadrone.

— Da che parte è? — gridò Zagloba.

Pan Michele non rispose subito. Per un momento tacque. Lo strepito delle armi e delle grida divenne assordante.

— Ah! è finita per essi! — gridò ad un tratto Pan Michele.

— Per chi? per chi? — chiesero all'uniscono i suoi compagni.

— Per gli Ungheresi. La cavalleria li ha sbaragliati, li calpesta, li fa a pezzi! La loro bandiera si trova nelle mani di Kmita!

Così dicendo, Volodyovski balzò a terra e si lasciò cadere fra le braccia di Pan Giovanni.

Ammazzami, Giovanni! — gridò con accento disperatoperchè io avevo quell'uomo sotto la mia sciabola e l'ho lasciato vivere. Per mezzo mio egli ha arruolato quello squadrone, perchè io gli trasmisi l'incarico ricevuto dal principe. Oh Dio! fammi campare finchè vive quel traditore, perchè giuro che non me lo lascerò più sfuggire!

Intanto si udirono ancora più forti le grida dei combattenti, il calpestìo dei cavalli, le scariche di moschetteria. Ma a poco a poco cessò il terribile frastuono della pugna, e dopo un'ora un silenzio sepolcrale regnava nel castello di Kyedani.

Michele, guarda ancora che cosa è accadutodisse Zagloba al piccolo cavaliere. Questi rispose:

— A quale scopo? Chi è soldato può immaginarsi ciò che è avvenuto. Ho visto che gli Ungheresi furono battuti. Kmita trionfa!

              


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