Henryk Sienkiewicz
Il diluvio

PARTE PRIMA

CAPITOLO XXII.

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CAPITOLO XXII.

In quella stessa notte, due ore dopo la partenza dello squadrone di Volodyovski, Radzivill in persona giunse a Billevich alla testa della sua cavalleria. Egli veniva in aiuto di Pan Kmita, temendo che cadesse nelle mani di Volodyovski. Come apprese quel che era avvenuto, prese con il porta spada ed Olenka e tornò alla volta di Kyedani senza nemmeno dar riposo ai cavalli.

Il Capitano generale si adirò oltre misura nell'udire la storia dalla bocca del porta spada, il quale gli narrava ogni cosa partitamente, bramando allontanare da ogni sospetto del terribile magnate; e non osò neppure protestare contro il viaggio a Kyedani, ma fu contento in cuor suo che così fosse finita la burrasca. Radzivill da parte sua, sebbene sospettasse Billevich di pratiche con i ribelli, aveva in realtà troppe cure per la testa per occuparsene in quel momento. La fuga di Volodyovski poteva far prendere un'altra piega alle faccende di Podlyasye. Horotkyevich e Yakub Kmita, che si trovavan colà alla testa degli squadroni confederati contro il principe, erano buoni soldati, ma non uomini di grande importanza. Ma d'ora innanzi la cosa sarebbe diversa, perchè con Volodyovski erano fuggiti altri uomini, quali Mirski, Stankyevich ed Oskyerko, senza contare lo stesso piccolo cavaliere, i quali erano tutti eccellenti ufficiali, che godevano meritatamente la stima universale.

Ma in Podlyasye eravi pure il principe Bogoslavio, il quale, con gli squadroni che occupavano la fortezza, militava contro i confederati, aspettando frattanto l'aiuto di suo zio l'Elettore di Brandeburgo. Se non che questi dilazionava, attendendo forse a sua volta gli eventi; e le forze dei confederati si accrescevano ogni giorno di nuovi aderenti.

La situazione si faceva più critica di ora in ora. Il Capitan generale, nel partire per recarsi in aiuto di Kmita, sperava che forse avrebbe potuto cogliere Volodyovski e sterminarlo; visto che il calcolo era sbagliato, egli ritornava a Kyedani fremente di rabbia. Rimase stupito di non aver incontrato Kmita sulla strada di Billevich; ma quest'era avvenuto perchè Pan Andrea, i cui dragoni Volodyovski non aveva mancato di prendere al proprio servizio, ritornando solo, aveva scelto il cammino più breve attraverso alla foresta, schivando Plemborg e Eyrayoli.

Dopo una notte passata a cavallo, il principe giunse a Kyedani il successivo a mezzogiorno ed il suo primo pensiero fu Kmita. Fu informato che Pan Andrea era venuto, ma senza soldati. Il principe conosceva già quest'ultima circostanza ma era curioso di udire la storia dalle labbra stesse di Kmita.

— Non siete riuscito voi, sono riuscito io, — diss'egli quando Kmita gli si presentò dinanzi. — Il porta spada mi ha narrato che cadeste nelle mani del piccolo cavaliere.

— È verorispose Kmita.

— E la mia lettera vi salvò?

— Di che lettera parlate, Altezza? Poichè, dopo aver letto essi stessi quella che mi trovarono indosso, ne lessero a me un'altra, scritta al comandante di Birji.

La faccia torva di Radzivill si fece prima livida, poi rossa come una fiamma di fuoco. — Dunque voi sapete?... — diss'egli.

— Sì! — rispose Kmita con enfasi. — Altezza, come avete potuto agire in tal modo con me? Se per un nobile qualunque è vergogna mancare alla propria parola, che sarà per un principe e un duce?

Tacete! — gridò Radzivill.

— Non tacerò, perchè dinanzi agli occhi di quegli uomini, io dovetti arrossire per voi. Essi m'incalzavano perchè mi unissi a loro; ma io non volli, e dissi: Servo Radzivill: perchè con lui è la giustizia, con lui è la virtù. — Allora, essi mi mostrarono quella lettera. — Vedete che uomo è il vostro Radzivill, — mi dissero, — ed io dovetti chinare il capo e subire la vergogna.

Radzivill si sentiva soffocare dalla collera, e certamente Kmita avrebbe pagato ben caro il suo ardire, se non lo avesse salvato l'accesso d'asma da cui fu preso il principe. Questi infatti, balzò in piedi e si fece ad agitare anche le mani in aria: gli occhi gli uscivano dalle orbite, e dalla strozza mandava urli rauchi, in cui Kmita potè a stento afferrare la parola: Soffoco! soffoco!

Accorsero i servi e i medici del castello, e si adoperarono a sollevare il principe, che aveva smarrito i sensi. Dopo circa un'ora cominciò a riaversi, e appena diede segno di vita Pan Andrea lasciò la stanza.

Nel corridoio incontrò Pan Kharlamp che era guarito della sua ferita.

— Come sta? — gli disse Kharlamp.

— È tornato in , — rispose Kmita.

Ehm! Non tornerà sempre! Se il principe morisse, poveri noi. Tutta la mia fiducia è riposta in Volodyovski. Io spero ch'egli vorrà difendere i suoi vecchi camerati; e perciò vi dico (qui Kharlamp abbassò la voce) che sono ben contento ch'egli sia scappato. Qui le cose vanno di male in peggio. I nobili si allontanano sempre più dal principe, e questi ordina ogni giorno arresti ed esecuzioni, il che, sia detto fra noi, è contro la legge e la libertà. Oggi ha condotto qui il porta spada di Rossyeni.

Davvero?

— Sì, con la nipote. La fanciulla è di una bellezza rara. Voi siete degno d'invidia!

Dove sono alloggiati?

— Nell'ala destra. Hanno assegnato loro cinque camere; non possono lagnarsi... se non che... una guardia passeggia dinanzi alla loro porta. E quando si faranno le nozze, colonnello?

— Lo sa Dio, — disse Kmita, e così dicendo si allontanò.

Lasciato Kharlamp, Pan Andrea si recò nella sua stanza. La notte insonne ed il colloquio tempestoso col principe lo avevano talmente spossato che appena poteva reggersi in piedi. Ma se il suo corpo era stanco, l'anima sua era piena d'angoscia. Quella semplice domanda di Kharlamp: «A quando le nozze?» lo aveva profondamente colpito, poichè dinanzi a' suoi occhi si presentò immediatamente il volto glaciale di Olenka e le sue labbra immote, confermanti col silenzio la sentenza di morte pronunciata contro lui. Una parola di lei avrebbe potuto salvarlo. Volodyovski l'avrebbe rispettata. Ma quella parola ella non l'aveva pronunciata; quest'è ciò che dava maggior pena al giovane cavaliere in quel momento, ricordandosi che prima d'allora, per ben due volte, non aveva esitato a salvarlo.

Pan Andrea si coricò e procurò di addormentarsi; ma dopo breve tempo un servo di Radzivill venne a chiamarlo da parte del principe.

Radzivill stava meglio, respirava liberamente, ma aveva un aspetto assai abbattuto. Egli sedeva in una comoda poltrona, e presso a lui stava un medico, che congedò, tosto che fu entrato Kmita.

— Mi sono trovato con un piede nella tomba per cagion vostra — disse a Pan Andrea.

Altezza, non fu colpa mia; io dissi quello che pensavo.

— Non se ne parli più; ma non aggraviamo il peso che già mi opprime. Sappiate che quello che ho perdonato a voi non lo perdonerei a nessun altro.

Kmita non rispose.

— Se ho dato ordineaggiunse il principe dopo una pausa — di fucilare in Birji gli uomini a cui avevo perdonato per intercessione vostra, non è stato per ingannar voi, ma per risparmiarvi una pena. Io vi cedetti, in apparenza, perchè ho una debolezza per voi. Ma la loro morte era decisa. Quando sarete più vecchio, vi accorgerete che se si vuole condurre a fine un'impresa, non conviene sacrificare le grandi cause alle piccole. Vedete che cos'è avvenuto in conseguenza delle vostre preghiere? È scoppiata la guerra civile; l'amicizia degli Svedesi è compromessa, la ribellione si estende. Se quegli uomini fossero morti a Kyedani, nulla sarebbe avvenuto di tutto ciò. Intercedendo per loro voi ascoltaste soltanto la voce del vostro cuore. Io li mandai a morire a Birji, perchè ho esperienza e vedo lontano; Dio solo sa quanto male ci hanno fatto e ci faranno costoro. Chi crederebbe che sono oggi lo stesso uomo sul quale tutta la Repubblica teneva fissi gli sguardi? E quegli stessi uomini ch'io condussi di vittoria in vittoria nei tempi di universale disastro, oggi mi abbandonano, ed osano alzare le mani contro di me come contro un parricida.

— Ma non son tutti così, poichè ve ne sono parecchi che ancora credono in Vostra Altezzadisse subito Kmita.

Credono fino ad un certo puntoreplicò Radzivill con amarezza.

— Vostra Altezza consideri le intenzioni, non le parole.

— Vi ringrazio del consiglio. D'ora innanzi contemplerò attentamente il volto di qualunque uomo mi si presenta e procurerò di compiacere tutti.

Amare parole son queste, Altezza.

— È dolce dunque il mio vivere? Iddio mi fece per compiere grandi cose, ed io devo sciupare le mie forze in lotte meschine. Volevo misurarmi con potenti monarchi, e son cadutobasso, che bisogna ch'io dia la caccia ad un Volodyovski nei miei stessi possedimenti. Invece di meravigliare il mondo col mio potere, lo faccio stupire per la mia debolezza; invece di vendicare le ceneri di Vilna con quelle di Mosca, sono ridotto a ringraziar voi per le trincee praticate intorno a Kyedani.

Comprendo anch'io che le cose dovrebbero procedere diversamente, — disse Pan Kmita con tristezza.

Radzivill cominciò a respirare con difficoltà.

— Prima che una corona regale posasse sul mio capo, vi hanno posato una corona di spinediss'egli. — Il pastore6 Aders ha consultato per ordine mio le stelle. Egli tracciò una figura e disse che le congiunzioni erano cattive, ma che si tratta di cosa passeggera. Intanto io soffro, e devo prepararmi a subire nuovi tradimenti, perchè vi sono ancora degli uomini la cui fede è incerta.

— Non ve ne sono più, — rispose Kmita, — perchè chi voleva andare è andato.

— Ve ne sono ancora — ribattè il principe. — Ed è ben triste che ve ne siano. Basta, non fate parola con nessuno di quanto udiste da me. Meno male che quest'accesso mi abbia colto oggi; spero non vorrà ripetersi, perchè proprio oggi ho bisogno di star bene. Voglio dare una festa e mostrare una faccia ilare per corroborare lo spirito di tutti. Voi pure dovete apparire raggiante, perchè se mi mostro a voi sotto il mio vero aspetto, lo faccio affinchè almeno voi evitiate di affliggermi. Oggi vi ho perdonato, ma state in guardia, perchè, se mi provocaste un'altra volta, vi andrebbe di mezzo la vostra testa. Ora andate, e mandatemi Myeleshko. Hanno catturato dei disertori del suo squadrone. Ordinerò che siano appiccati dal primo all'ultimo. Abbiamo bisogno di statuire un esempio. Addio!





6  Radzivill era Calvinista.   (N. d. T.)



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