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Jendzian non aveva intenzione di passare la notte nell'albergo, giacchè Shchuchyn non era lontano da Vansosh: voleva solamente dar riposo ai cavalli, massime a quelli che trascinavano i carri. Perciò, appena Kmita gli permise di proseguire il suo viaggio, egli non perdette tempo ed entrò in Shchuchyn verso la mezzanotte.
Avendo dato il suo nome alle sentinelle, queste lo lasciarono passare, ed egli si accampò sulla piazza, essendo tutte le case occupate da soldati, i quali pure duravano fatica a trovare alloggi. Shchuchyn passava per una città, ma in realtà non lo era; non aveva mura, nè un palazzo municipale, nè Corti di Giustizia, nè un convento di monaci, dell'ordine e fondato ai tempi di Re Giovanni III. Vi erano poche case, ma un gran numero di casupole e di capanne: ed era chiamata col titolo di città, perchè era costrutta con una certa regolarità, e con una piazza del mercato nel mezzo.
Jendzian dormì fino alla mattina; poi si recò direttamente da Pan Volodyovski, il quale, non avendolo più veduto da molto tempo, lo ricevette con piacere, e lo condusse tosto da Pan Giovanni e Zagloba; Jendzian versò lagrime di gioia alla vista del suo antico padrone, cui aveva fedelmente servito per parecchi anni, e col quale aveva passato tante vicende, facendo alla fine egli stesso fortuna. Senza vergognarsi della sua primitiva condizione di servo, Jendzian cominciò col baciar le mani di Pan Giovanni, ripetendo con emozione:
— Mio padrone, padron mio! in quali tempi ci rivediamo!
Poi tutti in coro si fecero a lagnarsi dei tempi. Finalmente Zagloba disse:
— Jendzian, voi siete diventato un gran signore. Non vi ho io predetto che se non vi avessero impiccato, avreste fatto fortuna? Che cosa fate adesso? Dove abitate? A Jendziane?
— A Jendzian vivono i miei genitori; ma io dimoro a Vansosh, e non me ne lagno, perchè Iddio mi ha benedetto. Ma appena io udii che voi, o signori, vi trovavate in Shchuchyn, io non potei più starmene cheto, e dissi fra me: — Certamente è tempo di muoversi un'altra volta! Sta per iscoppiare la guerra; andiamo!
— Confessate, — disse Zagloba, — che gli Svedesi vi hanno fatto scappare da Vansosh!
— Non vi sono ancora Svedesi a Vidska, sebbene qualche drappello apparisca, con precauzione, perchè i contadini colà sono loro tremendamente ostili.
— Quest'è una buona notizia per me, — disse Volodyovski, — perchè ieri mandai apposta un piccolo distaccamento per avere informazioni intorno agli Svedesi, non sapendo se posso rimanere tranquillamente a Shchuchyn: certamente quel distaccamento vi ha condotto qui?
— Quel distaccamento? L'ho condotto qui io, o piuttosto l'ho trasportato, perchè non v'è neppur uno di quegli uomini che possa stare a cavallo da solo.
— Che cosa dite?... Che cos'è avvenuto? — domandò Volodyovski.
— Essi furono battuti — disse Jendzian.
— Chi li ha battuti?
Gli Skshetuski e Zagloba scattarono dalle panche chiedendo tutti insieme:
— Pan Kmita? Ma che cosa faceva lì? È già venuto il principe? Raccontate subito. Che cos'è accaduto?
Pan Volodyovski, nel frattempo, era precipitato fuori della stanza, per andar a veder coi suoi propri occhi che cosa era avvenuto e per provvedere i feriti delle cure necessarie.
— È meglio aspettare che Pan Volodyovski sia ritornato, — disse Jendzian; — perchè è particolarmente affar suo, ed è peccato muover due volte la bocca per ripetere la stessa storia.
— Avete veduto Kmita con i vostri occhi? — domandò Zagloba.
— Come vedo voi.
— E gli avete parlato?
— Sì. Io facevo riposare i miei cavalli nell'albergo che si trova sulla strada, ed egli vi si era fermato per passarvi la notte. Abbiamo discorso insieme più d'un'ora. Io parlavo contro gli Svedesi, ed egli pure parlava contro gli Svedesi.
— Contro gli Svedesi? Anch'egli? — domandò Pan Giovanni.
— Come contro i diavoli, sebbene andasse da loro.
— Aveva molti soldati?
— Non aveva soldati ma solo pochi servi: per altro erano armati, ed avevano delle faccie così terribili, che quegli stessi uomini i quali massacrarono gl'innocenti per comando d'Erode non potevano essere più spaventevoli. Egli stesso erasi camuffato da mercante di cavalli, e diceva di andare alle fiere. Ma sebbene avesse in realtà una certa quantità di cavalli, la sua storia non mi pareva troppo chiara, poichè, nè la sua persona, nè il suo portamento eran quelli d'un negoziante di cavalli, ed io notai un finissimo anello che aveva al dito... questo... Qui Jendzian mostrò uno splendidissimo anello ai suoi ascoltatori.
— Ah! voi lo sbarazzaste di quest'anello? — gridò Zagloba. — Da questo vi riconosco, Jendzian.
— Se permettete, non me lo sono appropriato come voi l'intendete, perchè io sono un nobile non uno zingaro. Pan Kmita stesso mi ha dato questo anello come un segno che quello che egli dice è vero; e ben tosto io ripeterò fedelmente le sue parole a voi, signori, perchè mi sembra che in questo caso sia in gioco la nostra pelle.
In quel momento entrò Volodyovski, fuori di sè, pallido per la collera; gettò il berretto sulla tavola, e gridò:
— È cosa che sorpassa ogni immaginazione! Tre uomini morti; Yuzva Butrym, respira appena.
— Yuzva Butrym? Un uomo che ha la forza d'un orso! — disse Zagloba attonito.
— Kmita lo ha steso al suolo sotto i miei occhi, — disse Jendzian.
— Ne ho abbastanza di questo Kmita! — gridò Volodyovski; — dovunque egli si mostra, si lascia dietro cadaveri come un flagello. Basta, basta! Vita per vita! Egli ha ucciso i miei uomini, ha assalito quei bravi soldati! Ciò gli sarà fatto scontare al nostro primo incontro.
— Egli non li ha assaliti; furono essi che lo assalirono. Anzi, egli si nascose nell'angolo più oscuro perchè non lo riconoscessero, — disse Jendzian.
— E voi, invece di prestare aiuto ai miei uomini, testificate in suo favore.
— Io parlo secondo giustizia. In quanto ad aiutare, i miei uomini lo tentarono, ma non era cosa facile, perchè nella confusione non potevano distinguere chi dovevano colpire e chi risparmiare, e se io salvai la mia vita e la mia roba, ciò lo devo soltanto a Pan Kmita. Udite come andarono le cose.
Jendzian cominciò un racconto particolareggiato della battaglia avvenuta nell'albergo, senza nulla omettere; e quando alla fine narrò quello che Kmita gli comandava di dire, gli ascoltatori rimasero attoniti.
— Egli stesso disse ciò? — domandò Zagloba.
— Egli stesso, — riprese Jendzian. — «Io» diss'egli «non sono nemico di Pan Volodyovski nè dei confederati, sebbene essi credano diversamente. Più tardi lo si vedrà; ma intanto stiano uniti nel nome di Dio, se no, il Voivoda di Vilna li sterminerà tutti quanti.»
— E diss'egli che il Voivoda era già in marcia? — domandò Pan Giovanni.
— Egli disse che il Voivoda aspettava solo i rinforzi svedesi, e che muoverebbe tosto su Podlyasye.
— Che cosa pensate di tutto ciò, signori? — domandò Volodyovski guardando i suoi camerati.
— O che quell'uomo tradisce Radzivill, o che sta preparando qualche agguato a noi... Ma in qual modo? Ci consiglia di unirci in un sol corpo. Che danno può venire da ciò?
— Come può venire qui Radzivill, mentre gli uomini di Zolotarenko e la fanteria di Hovanski si trovano sul suo cammino! — osservò Volodyovski. — Uno squadrone, può passare, ma anche questo dovrebbe aprirsi il passo a mano armata. Kmita ha potuto passare con pochi uomini: ma il Capitano generale non potrebbe passare con tutto il suo esercito. O prima egli distruggerà le... Volodyovski non aveva finito di parlare, che la porta si aprì ed entrò un servo.
— Un messaggero con una lettera pel colonnello, — diss'egli.
— Portatemela.
— Il servo uscì e ritornò dopo un istante con la lettera. Pan Michele ruppe il suggello e lesse:
«Quanto non potei dire al luogotenente di Vansosh lo aggiungo in iscritto.
«Il Capitano generale ha truppe sufficienti per combattere contro voi, ma aspetta i rinforzi svedesi, e ciò per agire con l'autorizzazione del Re di Svezia: perchè, se i Russi lo assalgono, essi dovrebbero attaccare anche gli Svedesi; e con ciò dichiarerebbero la guerra al Re di Svezia. I Russi sanno che Radzivill vuol mandare innanzi gli Svedesi, perchè se sparassero un colpo solo contro le truppe del Re la guerra scoppierebbe subito. I Russi non sanno che cosa fare, ora che la Lituania si è data agli Svedesi; essi non tratterranno Radzivill, nè gli si opporranno, talchè egli muoverà direttamente contro voi e vi distruggerà, ammenochè voi non vi raccogliate in un sol corpo. Per amor di Dio, fate questo, e pregate il Voivoda di Vityebsk che venga immediatamente, giacchè ora può passare più facilmente attraverso i Russi, i quali se ne stanno inerti ed indecisi. Io voleva darvi questi avvertimenti sotto altro nome, temendo che non voleste prestarmi fede, ma giacchè il mio incognito è stato scoperto firmo queste righe col mio nome. È la distruzione per voi, se non mi credete. Ora non sono più quello che ero, e voglia Iddio che voi udiate presto altre voci sul conto mio.
Kmita.»
— Volevi sapere come Radzivill potrebbe raggiungerci. Ecco la risposta! — disse Pan Giovanni.
— È vero, egli dà buone ragioni — rispose Volodyovski.
— Buone ragioni, sante ragioni! — esclamò Zagloba. Non v'è alcun dubbio. Io fui il primo a conoscere quell'uomo; e vi dico che finiremo ancora per benedirlo.
Un'ora dopo, dieci messaggeri galoppavano verso Podlyasye e subito si metteva in marcia l'intero squadrone di Lauda.
Gli ufficiali cavalcavano alla testa discutendo, e Roh Kovalski conduceva i soldati. Essi attraversarono Osovyets e Gonyandz, accorciando il cammino per Byalystok, dove speravano incontrare altri squadroni di confederati.