IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Le lettere di Pan Volodyovski, annunzianti l'avanzata di Radzivill, vennero consegnate a tutti i colonnelli sparsi per l'intera provincia di Podlyasye. Alcuni avevano già diviso i loro squadroni in piccoli distaccamenti, perchè potessero più facilmente svernare; altri permettevano agli ufficiali di soggiornare in case private, di modo che sotto le bandiere non rimanevano che pochi ufficiali e qualche decina di soldati. I colonnelli permettevano tutto ciò, in parte per paura della fame, e in parte per la difficoltà di mantenere la disciplina negli squadroni, i quali, dopo aver rifiutato l'obbedienza al Capitano generale, non si mostravano troppo inclini ad obbedire ai comandanti.
Gli Svedesi, invadendo il paese dal lato d'Occidente e muovendo verso il Sud, non erano ancora giunti in quella parte che stava fra la provincia di Mazovia e la Lituania e formava la provincia di Podlyasye; dall'altra parte le legioni di Hovanski, Trubetskoi e Serebryand, se ne stavano oziose nel distretto da esse occupato, esitando, o piuttosto non sapendo a qual partito appigliarsi. Nelle province russe Buturlin e Hmelnitski facevano delle scorrerie, ed appunto in quel giorno avevano disfatto a Grodek un manipolo di truppe comandate da Pototski, Capitano generale del Regno. La Lituania era sotto la protezione del Re di Svezia, e come giustamente diceva Kmita nella sua lettera, occuparla, equivaleva al dichiarare guerra agli Svedesi, i quali erano terribili, e destavano nel mondo un panico universale.
Hovanski pertanto non attaccava nè Podlyasye, nè gli squadroni confederati, mentre questi squadroni, sparpagliati e senza capo, non sapevano fare nulla di meglio che devastare i possedimenti di Radzivill. Ma le lettere di Volodyovski, accennanti all'imminente attacco da parte del Capitano generale scossero i colonnelli dalla loro inerzia. Essi riunirono gli squadroni, e chiamarono i soldati sparsi, minacciando di castigo chiunque non avesse obbedito. Jyromski, il più notevole fra i colonnelli, il cui squadrone si trovava nelle migliori condizioni, mosse per il primo verso Byalystok; dopo di lui vi giunse Yakub Kmita ma con soli centoventi uomini; quindi i soldati di Kotovski e Lipnitski cominciarono pure a raccogliersi; ad essi si unirono anche molti volontari che vennero persino dalla provincia di Lyubelsk, come i Karvovski e i Tur; e di quando in quando apparivano anche dei nobili ricchi accompagnati da alcuni servi ben armati.
Quando arrivò Volodyovski col suo squadrone di Lauda, eranvi già alcune migliaia d'uomini sotto le armi, ai quali non mancava che un comandante.
Questi uomini erano disorganizzati e indisciplinati, sebbene non come quelli della milizia generale della Grande Polonia, che pochi mesi prima avevano il compito di difendere il passaggio di Uistsie contro gli Svedesi.
Zagloba si dava una grande aria d'importanza, poichè gli uomini di Lauda dichiaravano che, se non li avesse salvati lui, Volodyyovski, gli Skshetuski, Mirski e Oskyerko sarebbero morti per mano di Radzivill. Egli certo non faceva mistero del servigio da lui reso ai colonnelli, poichè credeva giusto che tutti sapessero quale uomo avevano dinanzi a sè.
— Io non amo lodarmi, — diceva, — nè dir quello che non è stato, perchè la mia bocca è la bocca della verità. Nel dire così volgeva intorno gli occhi come per vedere se qualche insolente avesse l'ardire di smentirlo.
Ma nessuno lo contraddisse. Allora egli cominciò a parlare delle sue vittorie dei tempi passati, e specialmente affermò che il principe Geremia si affidava interamente ai suoi consigli in ogni cosa, e spesso gli rimetteva il comando nelle sortite.
I colonnelli radunati a Byalystok decisero intanto di eleggere un comandante provvisorio fino all'arrivo di Sapyeha. Non occorre aggiungere che, ad eccezione di Volodyovski, ogni colonnello pensava che l'eletto dovesse essere lui.
Le truppe dichiararono che volevano prender parte all'elezione, non per mezzo di deputati, ma assistendo all'assemblea.
Volodyovski, dopo essersi consigliato con i suoi compagni, appoggiò energicamente l'elezione di Jyromski, uomo virtuoso o soldato esperto.
Jyromski, per gratitudine, raccomandò Volodyovski; ma Kotovski, Lipnitski e Yakub Kmita vi si opposero, sostenendo che non era conveniente eleggere il più giovane, perchè il capo doveva rappresentare dinanzi al paese la più grande dignità.
— Ma chi è il più vecchio? — domandarono più voci.
— Mio zio è il più vecchio! — gridò subito Roh Kovalski con voce così tonante che tutti si voltarono verso lui.
— Peccato ch'egli non abbia uno squadrone! — disse Yahovich, luogotenente di Jyromski.
Ma altri cominciarono a gridare:
— Ebbene! che importa? Siamo obbligati forse ad eleggere un colonnello? Non è questo un libero suffragio? Ogni nobile può essere eletto Re, non solo comandante.
Allora Pan Lipnitski, come se non gli andasse a genio Jyromski, e volesse ad ogni costo impedirne l'elezione, prese la parola e disse:
— In verità, voi siete liberi, signori, di votare per chi meglio vi aggrada. Se voi non scegliete un colonnello sarà meglio; così nessuno sarà offeso.
Allora sorse un gran clamore. Molte voci gridarono:
— Ai voti! ai voti! Eleggiamo Pan Zagloba! Vogliamo Pan Zagloba! Lunga vita al nostro comandante!
— Lunga vita a Pan Zagloba! Lunga vita a lui! — ripeterono tutti con grido unanime.
E i soldati cominciarono a gettare in aria i berretti, correndo intanto per il campo in cerca di Zagloba.
Egli rimase attonito, e al primo momento assai confuso. Desiderava che venisse eletto Pan Giovanni, e non si aspettava affatto un tal colpo. Sicchè, quando alcune migliaia di voci acclamarono il suo nome, gli mancò il respiro e si fece rosso come una fiamma di fuoco. Allora i suoi camerati gli corsero intorno; ma nel loro entusiasmo interpretarono ogni cosa a seconda dei loro desideri, e al vedere la sua confusione gridarono:
— Guardatelo! guardatelo! egli arrossisce come una fanciulla! La sua modestia uguaglia il suo coraggio. Lunga vita a lui, e possa egli condurci alla vittoria!
Intanto anche i colonnelli si avvicinarono e gli fecero le loro congratulazioni; forse qualcuno era contento che i suoi rivali fossero rimasti delusi.
Pan Volodyovski non era meno sorpreso dello stesso Zagloba, il quale, a poco a poco, si riebbe dal suo stupore e, rialzando fieramente il capo, ricevette dignitosamente le congratulazioni.
— Signori gentilissimi! — diss'egli, dopo di aver ascoltato tutti quanti, — se un uomo volesse anche affogare i suoi meriti nell'oceano, questi tornerebbero a galla come l'olio. Io non ho nascosto con falsa modestia i miei servigi e voi stessi avete palesato i miei meriti eleggendomi a sì alto ufficio, da me non richiesto. Ma questi meriti ora io li nego, e vi dico: Vi sono altri uomini migliori di me, come Pan Jyromski, Pan Kotovski, Pan Lipnitski, Pan Kmita, Pan Oskyerko, Pan Skshetuski, Pan Volodyovski... tutti cavalieri dei quali l'antichità stessa andrebbe superba. Perchè eleggere me comandante e non qualcuno di essi? Siamo ancora in tempo. Toglietemi questo carico dalle spalle, ed affidatelo ad un uomo più degno di me.
— Impossibile! impossibile! — ripeterono i colonnelli, contenti delle pubbliche lodi, e bramosi allo stesso tempo di mostrare la loro modestia dinanzi ai soldati.
— Vedo anch'io che oramai è impossibile, — disse Zagloba; — quindi, gentilissimi signori, sia fatta la vostra volontà. Vi ringrazio di cuore, ed ho fede che Iddio mi concederà di dimostrarvi che non vi siate ingannati nella fiducia riposta in me. Pugneremo uniti sul campo di battaglia, e sia che ci arrida la vittoria o ci colpisca la morte, resteremo sempre uniti, perchè anche dopo morti dividerò la vostra fama con voi.
Indescrivibile entusiasmo regnò nell'assemblea dopo che Zagloba ebbe pronunciato queste parole.
L'elezione aveva avuto luogo al mattino, e dopo mezzodì ebbe luogo una rivista delle truppe. Gli squadroni erano schierati sul piano di Horoshchan, l'uno accanto all'altro in perfetto ordine, coi colonnelli e le bandiere alla testa; lungo la fronte cavalcava il comandante, con un bastone dorato in mano ed una piuma d'airone al berretto. La sua figura imponente infondeva coraggio ai soldati. Ogni colonnello venne dinanzi a lui per turno, ed egli parlò a ciascuno, lodando una cosa, biasimando l'altra, ed anche quelli che in principio non erano contenti della scelta, furono obbligati ad ammettere nel loro intimo, che il nuovo comandante era un soldato espertissimo in faccende militari, e pel quale il comando non era cosa nuova.
Volodyovski solo si agitò alquanto stranamente quando Zagloba, alla rivista, gli battè sulla spalla in presenza degli altri colonnelli, dicendo:
— Pan Michele, io sono contento di voi, perocchè il vostro squadrone è in perfetto ordine come nessun altro. Fate sempre così, e state sicuro che non vi dimenticherò.
— Sul mio onore! — bisbigliò Volodyovski all'orecchio di Pan Giovanni ritornando ai quartieri dopo la rivista, — che cos'altro avrebbe potuto dirmi un Capitano generale?
In quello stesso giorno Zagloba mandò distaccamenti in varie direzioni. Quando ritornarono al mattino seguente ascoltò attentamente ogni rapporto; quindi si ridusse al quartiere che Volodyovski occupava insieme a Pan Giovanni e Pan Stanislao.
— Dinanzi alle truppe, io devo serbare la mia dignità — diss'egli — ma quando siamo fra noi possiamo trattarci con la nostra abituale intimità; qui io sono un amico non un capo. Del resto, io non disprezzo il vostro consiglio, quantunque io abbia il mio cervello per ragionare; so che siete uomini esperti come ve ne sono pochi nella Repubblica.
Essi lo accolsero e lo trattarono con l'usata familiarità. Soltanto Jendzian non osava trattarlo come prima.
— Che cosa pensi di fare, babbo? — domandò Pan Giovanni.
— Prima di tutto mantenere ordine e disciplina e tener occupati i soldati, affinchè non ammuffiscano nell'ozio. Tu hai brontolato, Pan Michele, quando io mandai ieri dei distaccamenti da tutte le parti, ma io dovetti farlo per avvezzare i soldati all'attività, essendo stati a lungo oziosi. Questo in primo luogo; poi, di che cosa abbiamo noi bisogno? Non di uomini, perchè ne son venuti abbastanza e molti ancora ne verranno. Uomini e sciabole non ci mancano; ma non vi sono provvigioni a sufficienza, e senza viveri nessun esercito può rimanere sul campo. Comandai a quei distaccamenti di portare qualunque cosa capitasse loro sotto mano... buoi, pecore, maiali, granaglie, fieno; e in questa provincia e nel distretto di Vidzko in Mazovia, dove non è ancor comparso un nemico, vi è abbastanza di tutto.
— Ma quei nobili manderanno alti lamenti se ci prendiamo i loro raccolti e il loro bestiame — disse Pan Giovanni.
— L'esercito per me conta più dei nobili. Che gridino pure! I viveri non saranno tolti per nulla. Io comanderò che si rilascino ricevute, delle quali ne ho preparate tante questa notte, che si potrebbero requisire viveri e foraggi da tutta la Repubblica. Non ho denaro, ma a guerra finita, quando gli Svedesi se ne andranno, la Repubblica pagherà. Anzi, intendo raccogliere tal quantità di viveri che noi possiamo sostenere un assedio, poi voglio costruire un campo trincerato, e poi venga Radzivill con gli Svedesi e con tutti i diavoli. Voglio che mi si chiami furfante se non fo qui un altro Zbaraj.
— Per Dio! è una splendida idea! — esclamò Volodyovski, — ma dove troveremo i cannoni?
— Pan Kotovski ha due cannoni, Yakub Kmita ha un cannoncino per sparare a salve; a Byalystok vi sono quattro cannoni da otto che si dovevano mandare al castello di Tikotsin; quei cannoni furono comprati l'anno scorso, come mi disse Pan Stempalski, l'amministratore dei beni del principe. Egli disse inoltre che vi erano un centinaio di cariche di polvere per ogni cannone. Signori miei, faremo come si potrà.
Intanto giungevano notizie contradditorie. Prima di tutto si diceva che Radzivill marciava attraverso la Prussia elettorale; secondo, che avendo egli disfatte le truppe di Hovanski, aveva preso Grodno; inoltre v'erano di quelli che sostenevano che non il principe Giovanni, ma Sapyeha coll'aiuto di Michele Radzivill, aveva disfatto Hovanski. Alcuni drappelli mandati in ricognizione, recavano nuove incredibili, dicendo che un corpo di uomini di Zolotarenko (circa due mila) stavano a Volkovysk e minacciavano la città. I villaggi dei dintorni erano in fiamme.
Il giorno dopo vennero alcuni fuggiaschi, i quali confermarono le notizie, asserendo pure che gli abitanti della città avevano mandato inviati ad Hovanski ed a Zolotarenko pregandolo di risparmiare la città: e ne ebbero in risposta da Hovanski, che quella banda agiva per conto proprio e non aveva nulla a che fare col suo esercito. Zolotarenko consigliò gli abitanti a riscattarsi; ma essi, dopo il recente incendio ed i ripetuti saccheggi, non avevavo riscatto da offrire.
Implorarono il comandante nel nome di Dio, di accorrere a liberare i loro concittadini, mentre stavano negoziando per riscattare la città, perchè poi non sarebbero più in tempo. Zagloba scelse millecinquecento uomini, fra cui gli uomini di Lauda, e chiamato Volodyovski, disse:
— Ora, Pan Michele, tu devi mostrare quello che sai fare. Va a Volkovysk e distruggi quegli assassini che minacciano una città indifesa. Una tale spedizione non è una novità per te. Ritengo che la accetterai come un favore. Io devo rimanere nel campo perchè tutta la responsabilità pesa su me, in primo luogo; in secondo luogo non conviene alla mia dignità di andare per una spedizione contro un'orda di malandrini. Ma lasciate venire Radzivill, e allora, in una grande battaglia, sarà dimostrato chi è superiore... il Capitano generale o io.
Volodyovski partì sollecitamente, perchè era stanco della vita del campo ed anelava alla battaglia. Gli squadroni scelti marciarono volentieri, ed il comandante li benedisse, facendo su essi il segno della croce. Rammentava di aver veduto fare così altri capitani quando le truppe partivano per la battaglia, e gli piaceva di far tutto con grande solennità perchè ciò innalzava il suo prestigio agli occhi dei soldati.
Gli squadroni erano appena scomparsi in lontananza, che già Zagloba si sentì allarmato a riguardo di coloro ch'erano partiti.
— Giovanni, — diss'egli, — bisognerebbe mandare un altro manipolo d'uomini a Volodyovski.
— State tranquillo, babbo — rispose Pan Giovanni. — Per Volodyovski simili spedizioni sono la stessa cosa come fare una passeggiata. Dio buono! non ha mai fatto altro in vita sua.
— Quest'è vero; ma se una forza preponderante lo attaccasse? Nec Hercules contra plures..
— Potete dormire tranquillo, babbo, Michele sa quello che fa, — replicò Pan Giovanni e Zagloba si acquietò.
Passarono tre giorni. Si ricevevano continuamente provvigioni, affluivano i volontari; ma Pan Michele non dava segno di vita. I timori di Zagloba aumentarono, e a dispetto delle osservazioni di Pan Giovanni che Volodyovski non poteva ritornare così presto, il comandante mandò un centinaio di cavalleggeri di Yakub Kmita per vedere quello che succedeva.
Il drappello partì: ma passarono altri due giorni senza notizie.
La notte del settimo giorno, notte oscura per la fitta nebbia, i servi del campo, mandati in cerca di vettovaglie a Bobrovniki, ritornarono di gran carriera, portando la notizia che si avvicinava un forte nerbo di truppe.
— Pan Michele! — esclamò Zagloba giubilante.
Gli uomini contraddissero l'opinione del comandante. Le truppe che si avanzavano avevano bandiere straniere, ed erano più numerose di quelle partite con Volodyovski.
— Prenderò una ventina d'uomini e andrò a vedere, — disse il colonnello Lipnitski. E andò.
Passò un'ora, poi un'altra; alla fine si constatò che non si trattava di un distaccamento ma d'un corpo d'armata.
Non si sa da chi, ma ad un tratto si udì gridare nel campo:
— Viene Radzivill!
Questa voce mise in movimento ed in agitazione tutto il campo: i soldati si precipitarono sui baluardi. Su alcune facce si dipingeva il terrore; gli uomini non si mantenevano in ordine e soltanto la fanteria d'Oskyerko occupò i posti indicati; fra i volontari regnava una grande confusione ed un gran panico.
I colonnelli accorsero a ristabilire l'ordine; e siccome tutti, salvo i volontari, erano vecchi soldati, subito si misero in rango aspettando gli eventi.
Appunto allora si udirono in distanza dei colpi di moschetto. Zagloba tirò Pan Giovanni per la falda del kontush. — Cominciano a far fuoco! — disse con inquietudine.
— Sono salve di saluto, — rispose Pan Giovanni.
Dopo gli spari si udirono grida di gioia. Non v'era più ragione di dubitare; un momento dopo giunse un drappello di cavalieri con i cavalli sbuffanti e coperti di sudore, gridando:
— Viene Pan Sapyeha! il Voivoda di Vityebsk!
Appena i soldati udirono quelle grida, si precipitarono fuori delle trincee come una fiumana straripante, e galopparono innanzi, gridando in modo tale, che udendo le loro voci da lontano, si sarebbe detto che queste gride uscissero da una città, in cui i vincitori facessero passare tutti i vinti a fil di spada.
Zagloba, con tutte le insegne del proprio grado, mosse incontro al Voivoda alla testa dei colonnelli.
Poco dopo si avanzò Pan Sapyeha, circondato dai suoi ufficiali e con Volodyovski al fianco. Era un uomo attempato, di media statura, con una faccia non bella, ma esprimente l'acutezza della mente e la gentilezza del cuore.
Benchè fosse celebre per molte gesta militari, aveva un aspetto piuttosto di borghese che di soldato, ma bastava guardarlo per comprendere che possedeva quella gemma rara in tutti i tempi, che si chiama onestà. Ognuno riconosceva in lui, di primo acchito, un uomo giusto e onorevole.
— Noi vi aspettavamo come un padre, — gridarono i soldati agitando i loro berretti in segno di giubilo.
Pan Zagloba, alla testa dei colonnelli, si affrettò a muovere incontro a Sapyeha, il quale trattenne il cavallo e si tolse il berretto per rispondere al saluto.
— Grande e potente Voivoda! — prese a dire Zagloba. — quand'anche io avessi l'eloquenza degli antichi Romani, anzi, dello stesso Cicerone, o risalendo ai più remoti tempi, del famoso ateniese Demostene, non potrei esprimere il giubilo che ha invaso i nostri cuori alla vista della valorosa persona di Vostra Grazia. L'intiera Repubblica si rallegra con noi e saluta il più saggio, il più prode, il migliore dei suoi figli. Noi eravamo accorsi su questi baluardi pronti per la battaglia; non per mandare grida di gioia, ma per far tuonare il cannone; non per piangere di consolazione, ma per versare il nostro sangue per il Re e per la patria! Ma appena la Fama sparse intorno la voce che era giunto il difensore, il padre della patria, e non l'eretico; il Voivoda di Vityebsk, non il Capitano generale della Lituania; Sapyeha, non Radzivill...
Ma Pan Sapyeha aveva, evidentemente, fretta di entrare nel campo; perciò egli fece un rapido cenno con la mano, e disse con signorile indifferenza:
— Anche Radzivill viene... Fra due giorni sarà qui!
Zagloba rimase confuso: primo, perchè era spezzato il filo del suo discorso, ed in secondo luogo perchè la notizia della venuta di Radzivill faceva su lui una grande impressione. Stette quindi un momento dinanzi a Sapyeha, non sapendo che cosa dire; ma ricuperò tosto la sua presenza di spirito, e togliendosi dalla cintura il bastone del comando, disse in tono solenne, richiamandosi alla mente quello che era avvenuto a Zbaraj:
— L'esercito mi ha eletto suo duce: ma io rassegno la carica in più degne mani, per insegnare ai giovani coll'esempio, come dobbiamo essere sempre pronti a cedere i più alti onori pel pubblico bene.
I soldati cominciarono ad acclamare Zagloba, ma Pan Sapyeha sorrise, e disse:
— Caro signore, io li riceverei volentieri, ma Radzivill potrebbe credere che voi li avete ceduti a me per paura di lui.
— Oh! egli mi conosce già, — rispose Zagloba, — e non me lo ascriverà a paura. Io fui il primo ad affrontarlo a Kyedani; e col mio esempio trassi tutti gli altri.
— Se è così, conducetemi al campo, — disse Sapyeha. — Volodyovski mi ha detto per la strada, che voi siete un eccellente amministratore ed avete qualche cosa da darci da mangiare. Noi siamo stanchi ed affamati.
Così dicendo diede di sprone al cavallo, e dietro a lui mossero gli altri. Zagloba, ricordandosi quel che si diceva di Sapyeha, che amava le feste ed il buon vino, decise di onorare come si conveniva il giorno del suo arrivo. Infatti, fu una festa quale non avevasi mai avuta al campo. Tutti mangiarono e bevettero a sazietà. Verso la fine del banchetto, Volodyovski narrò ciò che era avvenuto a Voikovysk; forze considerevoli, molto superiori alle sue, erano state mandate da Zolotarenko; il traditore lo aveva circondato e messo alle strette, quando l'improvviso arrivo di Sapyeha cangiò d'un tratto una disperata difesa in una splendida vittoria.
Poi la conversazione ricadde su Radzivill. Il Voivoda di Vityebsk aveva recenti notizie, e sapeva da gente attendibile tutto quanto era avvenuto a Kyedani. Però egli disse che il Capitano generale aveva mandato un certo Kmita con una lettera al Re di Svezia, e coll'ordine di assalire Podlyasye contemporaneamente da due parti.
— Quest'è una cosa stupefacente per me! — esclamò Zagloba; — perchè se non fosse stato per quel Kmita, noi non avremmo concentrato le nostre forze, e se Radzivill fosse venuto, ci avrebbe sconfitti tutti quanti uno dopo l'altro.
— Volodyovski mi ha detto tutto ciò, — disse Sapyeha, — dal che io deduco che Kmita ha una personale affezione per voi. È un male ch'egli non abbia tale affezione per il paese. Ma la gente, la quale non vede altro che sè stessi, non serve bene nessuna causa ed è pronta a tradire chichessia, come in questo caso Kmita tradisce Radzivill.
— Ma fra noi non vi sono traditori, e noi siamo risoluti a stare col grande; potente Voivoda Sapyeha sino alla morte! — disse Jyromski.
— Io credo che ci troviamo fra onorabilissimi soldati — rispose Sapyeha — e non mi aspettavo di trovare tant'ordine ed abbondanza, perciò devo esprimere la mia riconoscenza a Sua Grazia, Pan Zagloba.
Zagloba arrossì dal piacere, perchè gli era parso che finora il Voivoda di Vityebsk, sebbene lo avesse trattato cortesemente, pure non gli aveva dimostrato quella riconoscenza e quel rispetto ch'egli, ex comandante, avrebbe desiderato. Cominciò quindi ad esporre le savie disposizioni da lui prese, e non senza una certa vanità fece menzione delle lettere al Re esiliato, a Hovanski, ed all'Elettore.
— Dopo la mia lettera, l'Elettore deve dichiararsi apertamente o per noi o contro di noi — disse con orgoglio.
Il Voivoda di Vityebsk era un uomo faceto, e forse era anche un po' brillo; perciò replicò ridendo maliziosamente:
— Signor fratello, non avete scritto anche all'Imperatore di Germania?
— No! — rispose Zagloba attonito.
— È un peccato, — disse il Voivoda; — perchè un eguale avrebbe parlato con un eguale.
I colonnelli scoppiarono in una sonora risata: ma Zagloba mostrò tosto che se il Voivoda intendeva farsi beffe di lui sbagliava assai.
— Grande, potente signore, — diss'egli, — io posso scrivere all'elettore, perchè come nobile sono un elettore, ed ho esercitato i miei diritti non è molto tempo, quando ho dato il mio voto per l'elezione di Giovanni Casimiro.
— Ve la siete cavata bene — rispose Sapyeha ridendo.
— Ma con un potentato come l'Imperatore io non corrispondo, — continuò Zagloba — per timore ch'egli mi applichi un certo proverbio che ho udito in Lituania.
— Qual'è questo proverbio?
— Una simile testa matta non può appartenere che ad un abitante di Vityebsk — rispose Zagloba prontamente
Ciò udendo i colonnelli si spaventarono; ma il Voivoda si teneva i fianchi per le risa.
La festa continuò fino a notte avanzata; fu interrotta dall'arrivo di nobili da Tykotsin, i quali portarono la notizia che gli Scozzesi di Radzivill erano arrivati in quel paese.