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«Non sei mai tu stata ad Anzio con Aulo e Pomponia?
«Se non ci sei stata, sarei lieto di mostrartela. Da Laurento al mare non è che una linea di ville; e Anzio è tutta un'infinita successione di palazzi e di portici, le cui colonne, nelle giornate di sole, son riflesse sull'acqua. Io pure ho la mia villa in faccia al mare, con un giardino di olive e una foresta di cipressi al dorso della villa.
«Pensando che un giorno sarà tua, mi pare che il marmo sia più bianco, i suoi cespugli più ombrosi e il mare più azzurro. Oh Licia, come è bello vivere e amare! Il vecchio Menicle, sopraintendente della villa, ha fatto crescere l'iride tra i mirti e contemplandoli mi ricordavo la casa di Aulo, l'impluvio e il giardino in cui ti sedevo vicino.
«A te pure ricorderà la casa della tua fanciullezza; perciò sono sicuro che amerai Anzio e questa villa.
«Subito dopo il pranzo, discorsi a lungo con Paolo. Si parlò di te, e poi prese a istruirmi. Ascoltai attentamente, e dico solo che se anche scrivessi come Petronio, non potrei spiegare ciò che è avvenuto nella mia anima e nella mia mente. Non supponevo neanche che ci fosse in questo mondo tanta felicità, tanta bellezza e tanta pace, fino ad oggi a tutti sconosciuta. Rimando questa conversazione alla mia prima venuta in Roma.
«Dimmi come la terra può dare posto in uno stesso momento all'apostolo Pietro, a Paolo di Tarso e a Cesare? Te lo domando perchè dopo gli insegnamenti di Paolo ho passato la sera alla casa di Nerone. Sai tu che cosa vi ho udito?
«Prima incominciò a leggere il suo poema sulla distruzione di Troia, dolendosi ch'egli non avesse mai veduto una città incendiata. Invidiava Priamo e lo diceva felice di aver visto la conflagrazione e la ruina del suo luogo natìo.
«Perciò Tigellino gli disse: Pronuncia una parola, o divino, e io prenderò una torcia e prima che passi la notte tu vedrai Anzio in fiamme. Cesare gli diede dell'imbecille. Dove andrei poi, disse, a respirare l'aria del mare e come preserverei la voce di cui mi hanno dotato gli dèi e che mi si dice devo conservare per il bene del genere umano? Non è forse Roma che me la rende ammalata, e non sono forse le esalazioni pestifere della Suburra e dell'Esquilino che me la rendono rauca? L'incendio dei palazzi di Roma non darebbe uno spettacolo cento volte più grandioso e più tragico di quello di Anzio?
«Qui tutti si misero a conversare e a dire quale inaudito disastro sarebbe la vista di una città come Roma, di una città che aveva conquistato il mondo, ridotta a un mucchio di cenere! Cesare dichiarò che in allora il suo poema vincerebbe i canti di Omero, e descrisse come riedificherebbe la città e come i secoli futuri ammirerebbero l'opera sua, al cui paragone ogni altra creazione umana diventerebbe meschina.
« – Fallo! Fallo! dicevano gli ubriachi che lo circondavano.
« – Io devo avere amici più fedeli e più devoti, rispose Nerone.
«Ti confesso che mi sentii spaventato, perchè tu sei in Roma, o carissima. Adesso rido della mia paura e credo che Cesare e i suoi amici, quantunque folli, non oserebbero giungere a tanta pazzia. Vedi però come un uomo diventa pauroso per il suo amore. Mi piacerebbe che la casa di Lino non fosse in un vicolo angusto del Trastevere, abitato dalla plebe, a cui nessuno penserebbe in un caso simile. Per me gli stessi palazzi del Palatino non sarebbero una residenza adatta per te; vorrei però che tu non mancassi di tutti quegli agi e di quel lusso ai quali sei abituata da piccina.
«Va a casa di Aulo, Licia mia. Ci ho pensato molto. Se Cesare fosse in Roma, la notizia del tuo ritorno potrebbe giungere, di schiavo in schiavo, fino al Palatino, e sottoporti alla persecuzione perchè hai osato disubbidire la volontà di Cesare. Ma egli rimarrà a lungo in Anzio e al suo ritorno gli schiavi avranno cessato di occuparsi di te. Lino e Ursus possono essere con te. Aggiungi che io spero che prima che il Palatino veda Cesare, tu, mia dea, sarai in casa tua, alle Carinæ. Benedetto il giorno, l'ora e il momento in cui tu avrai varcato la mia soglia; e se Cristo, che sto imparando a venerare, vorrà esaudirmi, sia benedetto anche il suo nome.
«Lo servirò e darò per lui il sangue e la vita. Dico male: lo serviremo entrambi, fino alla fine della vita.
«Ti amo e ti saluto con tutto il cuore.»