Henryk Sienkiewicz
Quo vadis

CAPITOLO XLVII.

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CAPITOLO XLVII.

 

Le parole dell'Apostolo rianimarono i cristiani. La fine del mondo sembrava loro più vicina, ma incominciarono a pensare che il giorno del giudizio non sarebbe venuto così subito, e che prima avrebbero veduta la fine del regno di Nerone, che consideravano come il regno di Satana e la punizione divina per i delitti di Cesare, i quali gridavano vendetta. Consolati, si sciolsero dopo la preghiera e andarono alle loro abitazioni improvvisate e alcuni anche al Trastevere. Perchè era giunta la notizia che il fuoco che ivi aveva incendiato tanti edifici, era ora, col cambiamento del vento, ritornato dall'altra parte della riva. Aveva divorato ciò che aveva potuto ed era spento.

L'Apostolo e Vinicio, seguìti da Chilone, uscirono anch'essi dalla cava. Il giovine tribuno non si arrischiò a interrompere le sue preghiere; perciò gli andava dietro in silenzio, implorando pietà con lo sguardo e tremando dalla inquietudine. Molti si avvicinavano a baciare le mani di Pietro e il lembo del suo mantello; le madri gli presentavano i loro bimbi; alcuni si inginocchiavano nell'oscuro e lungo passaggio e colle candele in mano imploravano la benedizione; molti altri se ne andavano cantando inni. Così che non v'era modo di domandare di rispondere. Usciti dal passaggio all'aria aperta, da dove si vedeva la città che bruciava, l'Apostolo li benedì tre volte e disse volgendosi a Vinicio:

– Non inquietarti; la capanna del cavatore è vicina, in essa troveremo Lino e Licia, col suo servo fedele. Cristo te l'ha destinata e conservata.

Vinicio barcollò e appoggiò la sua mano ai macigni. Il viaggio da Anzio, gli avvenimenti intorno la cinta cittadina, la ricerca di Licia tra le case che ardevano, la mancanza di riposo e le terribili inquietudini lo avevano esaurito; e l'annuncio che la più cara persona del mondo gli era vicino e che fra poco l'avrebbe veduta, gli tolse il resto delle forze. La debolezza era tanta ch'egli cadde immediatamente ai suoi piedi, gli abbracciò le ginocchia e rimase così, senza poter dire una parola.

– Non a me, non a me, ma a Cristo, disse l'Apostolo che non voleva essere ringraziato.

– Che buon Dio! disse la voce di Chilone che stava loro dietro; ma che cosa devo fare delle mule?

Alzati e vieni con me, disse Pietro al giovane.

Vinicio si alzò. Col bagliore dell'incendio si vedevano lacrime sul suo viso, pallido di emozione. Le sue labbra bisbigliarono come una preghiera.

Andiamo, diss'egli.

Chilone, ripetè di nuovo:

Signore, che cosa devo fare delle mule che aspettano laggiù? Forse questo degno profeta preferisce cavalcare che andare a piedi.

Vinicio non sapeva che cosa rispondere; ma udendo che la capanna del cavatore era vicina, disse:

Conducile da Macrino.

– Ti domando scusa se ti ricordo la casa in Ameriola. Con un incendio spaventevole come questo è facile dimenticare una cosa così meschina.

– Tu l'avrai.

– O pronipote di Numa Pompilio, non ne ho mai dubitato, ma ora che questo magnanimo profeta ha udito la tua promessa, non voglio neanche rammentarti il vigneto. Pax vobiscum. Ti troverò, signore. Pax vobiscum.

Ed essi risposero:

– E la pace sia con te.

Entrambi voltarono a destra verso i colli e strada facendo Vinicio disse:

Maestro, lavami nelle acque del battesimo, perchè io possa chiamarmi un vero servitore di Dio, perchè io lo amo con tutte le forze dell'anima mia. Lavami presto, perchè io sento che il mio cuore è preparato. Tu mi dirai che cosa devo fare di più.

Amare gli uomini come i tuoi fratelli, rispose l'Apostolo, perchè è solo coll'amore che potrai ubbidirlo.

– Sì, questo lo capisco. Ragazzo credevo negli dèi romani, ma non li amavo. Ora amo il Dio unico, tanto che darei volentieri la mia vita per lui.

E guardò verso il cielo, ripetendo con esaltazione:

Perchè egli è unico, perchè lui solo è buono e misericordioso; perciò perisca non solo questa città, ma il mondo intero. Lui solo voglio riconoscere e servire.

– E benedirà te e la tua casa, concluse l'Apostolo.

Svoltarono in un'altra gola, in fondo alla quale si vedeva come un filo di luce. Pietro puntò la mano verso quel luogo e disse:

– Ecco la capanna del cavatore che ci diede asilo, quando al ritorno dall'Ostriano con Lino ammalato, noi non potevamo andare al Trastevere.

Poco dopo vi giunsero. La capanna era piuttosto una buca in una roccia, dissimulata al di fuori da un muro d'argilla ricoperto di canne. La porta era chiusa, ma per un'apertura che serviva da finestra si vedeva l'interno illuminato dalla luce del focolare.

Una figura gigantesca andò loro incontro:

– Chi siete?

Servi di Cristo, rispose Pietro. La pace sia con te, Ursus.

Ursus si prostrò ai piedi dell'Apostolo; poi, riconoscendo Vinicio, gli prese la mano e se l'appressò alle labbra.

– E a te pure, signore, diss'egli. Che il nome dell'Agnello sia benedetto per la felicità che tu porti a Callina.

Aperse la porta ed entrarono. Lino giaceva sur un mucchio di paglia, colla faccia emaciata e con una fronte gialla come l'avorio. Vicino al fuoco era Licia intenta a preparare il pesce per la cena. Pensando che non fosse entrato che Ursus, non alzò gli occhî. Ma Vinicio le si avvicinò pronunciando il suo nome e stendendole la mano. Ella balzò in piedi. Un lampo di sorpresa e di gioia illuminò il di lei viso. Senza una parola, come una fanciulla che dopo tanti giorni di paura e di angoscia trova il padre e la madre, ella si gettò nelle braccia che l'aspettavano per premersela al seno. Egli lo fece con un trasporto come se fosse stata salvata da un miracolo. Poi le prese la faccia colle due mani e ne baciò la fronte, gli occhî, abbracciandola di nuovo, chiamandola col nome, inchinato alle sue ginocchia, baciandole le mani con una ebrezza e una felicità infinita.

Alla fine le disse come era partito da Anzio; come l'aveva cercata intorno le mura, in mezzo al fumo della casa di Lino; che cosa aveva patito e come ne era stato spaventato; e tutte le sofferenze che aveva sopportato prima di avere trovato l'Apostolo che lo aveva condotto al suo rifugio.

– Ma ora, diss'egli, ora che ti ho trovata, non ti lascierò vicino all'incendio e a una moltitudine furiosa. Le persone sotto le mura si uccidono a vicenda; gli schiavi sono in rivolta e si sono dati al saccheggio. Dio solo sa quali sventure possono ancora cadere su Roma. Ma io salverò te e tutti voi. Oh, mia cara, andiamo ad Anzio: c'imbarcheremo per la Sicilia. Le mie terre sono le tue terre, le mie case sono le tue case. Ascoltami. In Sicilia troveremo Aulo. Voglio restituirti a Pomponia e riprenderti dalle loro mani. Non avere più paura di me, carissima. Cristo non mi ha ancora lavato, ma domanda a Pietro se sulla strada non gli ho detto del mio desiderio di divenire un vero discepolo di Cristo e se non l'ho pregato di battezzarmi, anche in questa capanna del cavatore. Credimi, credetemi tutti.

Licia ascoltava con rapimento. I cristiani e per le persecuzioni degli ebrei e per l'incendio e i tumulti vivevano di timore e di incertezze. Un viaggio nella tranquilla Sicilia metterebbe fine a tutti i pericoli e aprirebbe un periodo di felicità per la loro esistenza. Se Vinicio avesse voluto prendere solo Licia, senza dubbio ella avrebbe resistito alla tentazione, perchè non avrebbe voluto abbandonare Pietro e Lino; ma Vinicio disse loro:

– Venite con me; le mie terre saranno le vostre terre, le mie case le vostre case.

Licia s'inchinò a baciare la sua mano in segno di obbedienza.

Dove tu sei, Caio, ivi sono io, Caia.

Poi, tutta confusa di avere pronunciato parole, che, secondo l'uso romano, non si devono pronunciare che al momento del matrimonio, si fece tutta rossa, e rimase nel riflesso della luce del focolare, colla testa umiliata, temendo che Vinicio si fosse offeso della sua arditezza. Ma negli occhî del giovine non si vedeva che una tenerezza indicibile. Indi si rivolse di nuovo a Pietro:

Roma, disse, brucia per ordine dell'imperatore. In Anzio egli si doleva di non avere mai veduto un incendio. E s'egli non ha esitato dinanzi a un tanto delitto, imaginate che cosa può accadere ancora. Chi sa ch'egli non abbia fatto venire delle truppe per massacrarci in massa? Chi può sapere se non ci aspettano le proscrizioni, la guerra civile, gli assassinî e la fame? Nascondetevi e nascondiamo Licia. Laggiù potrete aspettare che sia passata la bufera e poi ritornerete a seminare il buon grano.

Di fuori, dalla parte del Campo Vaticano, come per confermare le sue paure, si udivano le grida piene d'ira e di terrore. Entrò in quel momento il padrone della capanna, il quale chiuse in fretta l’uscio.

– La gente s'ammazza intorno al Circo di Nerone; schiavi e gladiatori si precipitano sui cittadini.

Udite? domandò Vinicio.

– La misura è colma, disse l'Apostolo, e i disastri irromperanno come un mare uscito dal suo letto.

Poi, volto a Licia, aggiunse:

Prenditi la fanciulla che Dio ti ha destinato e salvala, e permetti che Lino che è ammalato e Ursus ti accompagnino.

Ma Vinicio, che amava l'Apostolo con tutto l'impeto della sua anima, sclamò:

– Ti giuro, maestro, che io non ti abbandonerò alla tua rovina.

– Il Signore ti benedica per il pensiero, rispose Pietro, ma tu non hai udito che Cristo mi ha ripetuto sul lago tre volte: «Pasci il mio gregge

Vinicio tacque.

– Se tu, al quale nessuno ha dato l'incarico di prendersi cura di me, dici che non puoi abbandonarmi alla mia rovina, come puoi desiderare che io abbandoni il mio gregge nel giorno della sventura? Quando si fu sul lago ci trovammo in piena burrasca e noi eravamo terrorizzati; Cristo non ci lasciò soli; perchè io, suo discepolo, non imiterò il maestro?

Lino sollevò la sua faccia scarna e domandò:

– O vicario di Cristo, perchè non seguirò il tuo esempio?

Vinicio si passò la mano sulla fronte, come per sedare il tumulto dei suoi pensieri in lotta; poi, presa Licia per la mano, disse con voce nella quale tremava l'energia del soldato romano:

Ascoltatemi, voi, Pietro, Lino e tu Licia. Io ho parlato come mi dettava il sentimento umano; ma voi avete un'altra ragione che non riguarda il vostro pericolo, bensì i comandamenti del Redentore. Non compresi subito, perchè la mia natura d'altre volte si fa sentire ancora in me, e perchè la cateratta non è ancore tolta dai miei occhî. Ma poichè io amo Cristo e voglio essere uno dei suoi servi, benchè si tratti di una persona che mi è cara più della mia vita, mi prostro dinanzi a te e giuro che adempirò al comandamento dell'amore e che non abbandonerò i miei fratelli nel giorno della tribolazione.

S'inginocchiò, e trasportato dal fervore, colle mani e cogli occhî alzati, gridò:

– Ti ho io compreso, o Cristo? Sono io degno di te?

Le sue mani tremavano; i suoi occhî rilucevano di lacrime; tutte le sue membra erano agitate d'un santo desiderio. Pietro prese un vaso d'argilla pieno d'acqua e, andando verso lui, disse solennemente:

– Ecco che io ti battezzo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. Amen.

Una religiosa estasi s'impadronì di tutti. Pareva loro che fosse entrato nella capanna una luce soprannaturale e che udissero un'armonia celeste e che al disopra delle loro teste la roccia si fosse squarciata – che i cori degli angeli vagassero per il cielo, e che più in alto vi fossero con la croce le mani tese che li benedicevano.

Intanto le grida dei combattenti ingrossavano in mezzo al cupo brontolìo della città che bruciava.

 

 

 

 

 


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