Henryk Sienkiewicz
Quo vadis

CAPITOLO LVIII.

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CAPITOLO LVIII.

 

Signore, disse Chilone, il mare è come l'olio d'oliva, le onde sembrano addormentate. Andiamo all'Acaia. Ivi ti aspetta la gloria d'Apollo, ti aspettano le glorie del trionfo, il popolo farà di te un dio e i numi ti riceveranno come un loro pari; ma qui, o signore...

E si fermò, perchè il suo labbro inferiore incominciò a tremare così violentemente, che le sue parole divennero dei suoni incomprensibili.

– Vi andremo quando saranno terminati gli spettacoli, rispose Nerone. So che vi sono già alcuni che chiamano i cristiani innoxia corpora. Se me ne andassi, tutti ripeterebbero che sono innocenti. Di che cosa hai tu paura?

Poi, aggrottate le ciglia, fissò lo sguardo scrutatore su Chilone come se stesse aspettando la risposta, perchè non era che una finzione il suo sangue freddo. All'ultimo spettacolo egli stesso aveva sentito paura delle parole di Crispo; e anche dopo, ritornato al Palatino, non potè dormire dalla rabbia e dalla vergogna, ma anche dallo spavento.

Allora Vinicio, che aveva ascoltato il dialogo in silenzio, guardò d'attorno e disse con voce misteriosa:

Ascolta, signore, questo vecchio. Vi è qualcosa di strano nei cristiani. Il loro dio loro una morte facile e può essere vendicativo.

– Non sono stato io che ho preparato gli spettacoli, ma Tigellino, rispose prontamente Nerone.

– È vero, sono stato io, aggiunse Tigellino che aveva udito la risposta di Cesare; e me ne rido di tutti gli dèi cristiani. Vestinio è una vescica piena di pregiudizî, e questo valoroso greco è pronto a morire di terrore dinanzi una chioccia colle penne in aria in difesa dei pulcini.

– Tu hai ragione, rispose Nerone, ma d'ora innanzi ordina che si taglino le lingue ai cristiani e si tappi loro la bocca.

– Il fuoco li farà tacere, o divino.

– Me sventurato! gemette Chilone.

Cesare, incoraggiato dall'insolente fiducia di Tigellino, si mise a ridere, dicendo col dito puntato al vecchio greco:

Guardate la figura di un discendente d'Achille!

Chilone era divenuto davvero spaventoso. I pochi capelli rimastigli si erano incanutiti; sulla sua faccia era il timore, l'inquietudine e l'oppressione. In certi momenti pareva pure stordito e insensato.

Spesso non rispondeva alle domande; poi ridivenne collerico e così , che gli augustiani non si arrischiavano a canzonarlo.

Fate quello che volete di me, ma io non andrò agli spettacoli, gridò egli come disperato.

Nerone gli mise gli occhî addosso e dopo un po', volto a Tigellino, disse:

Bada che questo stoico sia vicino a me nei giardini. Voglio vedere l'impressione che faranno su lui le torce.

Chilone ebbe paura della minaccia che vibrava nella voce di Cesare.

– O signore, diss'egli, non vedrò nulla, perchè di notte non ci vedo.

– La notte sarà chiara come il giorno, rispose Cesare con una risata sardonica.

Poi si mise a chiacchierare cogli augustiani sulle corse che intendeva organizzare alla fine degli spettacoli.

Petronio si avvicinò a Chilone e gli domandò battendogli sulla spalla:

– Non t'avevo detto che non avresti resistito?

– Voglio bere, disse Chilone allungando la mano tremante verso una coppa di vino.

Ma non gli fu possibile di alzarla alle labbra.

Vestinio, che aveva veduto l'impotenza di Chilone, gliela tolse, e quindi gli andò vicino, domandandogli con una faccia spaventata:

– Sei tu perseguitato dalle Furie?

Il vecchio lo guardò per del tempo a bocca aperta, come se non avesse capito ciò che gli aveva detto. Ma Vestinio ripetè la frase:

– Sei tu perseguitato dalle Furie?

– No, rispose Chilone; sono perseguitato dalla notte.

– Come, dalla notte? Che gli dèi abbiano misericordia di te! Dalla notte?

– Dalla notte terribile e impenetrabile nella quale si muove qualche cosa, che viene alla mia volta; ma non so che cosa sia e ne sono terrorizzato.

– Non ho mai dubitato che vi siano le streghe. Non fai dei sogni?

– No, perchè non dormo. Non pensavo che sarebbero stati puniti in quel modo.

– Ne sei dolente?

Perchè spargete tanto sangue? Hai tu sentito che cosa disse uno dalla croce? Guai a noi!

– Ho sentito, rispose Vestinio a bassa voce. Ma dessi sono degli incendiarî.

– Non è vero!

– E nemici del genere umano.

– Non è vero!

– E avvelenatori d'acqua.

– Non è vero!

– E assassini di fanciulli.

– Non è vero!

– Come? domandò Vestinio sorpreso. Lo hai detto tu stesso e sei tu che li hai consegnati nelle mani di Tigellino?

– Perciò la notte mi è d'intorno e la morte viene alla mia volta. In certi momenti mi pare di essere già morto e voi pure mi pare che siate già morti.

– No! sono loro che muoiono; noi siamo vivi. Ma dimmi, che cosa dicono quando stanno morendo?

Cristo!

– È il loro dio. Ma è egli un dio potente?

Chilone rispose con un'interrogazione:

– Che razza di torce dovranno ardere nel giardini? Hai tu udito ciò che ha detto Cesare?

– Ho udito e lo so. Quelle torce si chiamano sarmentii e semaxii. Esse sono fatte d'uomini vestiti di «tuniche penose» incatramate di pece, legate ai pali, ai quali viene poi dato il fuoco. Che il loro dio non mandi qualche sciagura sulla città. Semaxii! È un orribile castigo!

– Lo preferisco, perchè non vi sarà sangue, rispose Chilone. Ordina ad uno schiavo di mettermi la coppa per la bocca. Voglio bere senza spandere il vino; la mia mano trema per la vecchiaia.

Altri pure parlavano dei cristiani. Il vecchio Domizio Afro li oltraggiava.

– Ve n'è una tale moltitudine, diss'egli, che avrebbero potuto suscitare una guerra civile; ricordatevi che si temeva che si rivoltassero a mano armata. Invece muoiono come pecore.

Provino a morire diversamente! disse Tigellino.

Petronio gli rispose:

– Voi v'ingannate. Essi si armano.

– Con che cosa?

– Si armano di pazienza.

– È una specie di arme nuova.

– È vero. Ma potete voi dire che muoiono come malfattori? No! Essi muoiono come se i delinquenti fossero coloro che li hanno condannati a morte, vale a dire noi e tutto il popolo di Roma.

– Quale frenesia! disse Tigellino.

Hic Abdera.19 rispose Petronio.

Gli altri, colpiti dalla verità dell'osservazione, incominciarono a guardarsi in faccia sorpresi.

Davvero! Nella loro morte c'è qualcosa di peculiare e di strano.

– Vi dico che loro vedono il loro Dio, disse Vestinio.

Perciò un numero di augustiani si rivolsero a Chilone.

– Sì, vecchio, tu li conosci bene; raccontaci dunque che cosa vedono.

Il greco si sparse il vino per la tunica e rispose:

– La risurrezione!

E incominciò a tremare in un modo che tutti gli ospiti che gli sedevano vicino irruppero in una clamorosa risata.

 

 





19 Un'espressione proverbiale che vuol dire il più stupido degli stupidi (N. d. A.)



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