IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Per tre giorni o piuttosto tre notti nulla turbò la loro pace. Finito il solito lavoro della prigione, il quale consisteva nel separare i vivi dai morti e i gravemente ammalati da quelli che stavano meglio, e quando i carcerieri stanchi andavano a sdraiarsi nei corridoî, Vinicio entrava nel sotterraneo di Licia e vi rimaneva fino al mattino. Ella adagiava la testa sul suo petto e tutti e due parlavano sommessamente d'amore e di morte.
Coi pensieri, colle parole e anche coi desiderî e colle speranze, entrambi, inconsciamente, si staccavano sempre più dalla vita e ne perdevano il vero significato. Erano come persone che, abbandonata la spiaggia sulla nave, non vedevano più la riva e si perdevano gradualmente nell'infinito. Entrambi si mutavano a poco a poco in due anime addolorate, l'una innamorata dell'altra e di Cristo, pronte a prendere il volo. Solo, di tanto in tanto, il dolore turbinava nel cuore di Vinicio e prorompeva in lui la speranza, nata dall'amore e dalla fede nel Dio crocifisso; ma anche lui si staccava sempre più, di giorno in giorno, dalla terra e si rassegnava alla morte. Alla mattina, quand'egli se ne andava dalla prigione, considerava il mondo, la città, le conoscenze, gli interessi personali, un sogno. Ogni cosa gli pareva estranea, lontana, vuota, fugace. Anche i tormenti avevano cessato di spaventarlo, dal momento che si potevano attraversare col pensiero e cogli occhî rivolti a un'altra cosa. L'uno e l'altra supponevano che l’eternità avesse incominciato a riceverli. Conversavano come si sarebbero amati e come avrebbero vissuto insieme, ma oltre la tomba; e se i loro pensieri ridiscendevano a intervalli sulle cose terrene, erano i pensieri della gente che si prepara per un lungo viaggio e discute sul modo di compierlo.
Di più, circondati dal silenzio sepolcrale, erano come due colonne dimenticate in un deserto. La sola preoccupazione per loro era che Cristo non li separasse; e siccome ad ogni momento si riconvincevano ch'Egli non li avrebbe separati, così lo amavano come un vincolo che li univa in una felicità infinita e in una pace eterna. Mentre erano ancora in terra, la polvere terrena cadeva da loro. L'anima di ciascuno di essi aveva la purezza di una lacrima. Sotto il terrore della morte, in mezzo alla miseria e ai patimenti, sepolti in quell'antro della prigione, il paradiso era incominciato, perchè ella lo aveva preso per la mano e, già salva e santa, l'aveva condotto alla sorgente della vita senza fine.
Petronio stupiva di veder nascere sul viso di Vinicio una pace sempre crescente e una certa maravigliosa serenità che non aveva veduto prima. Sovente s'imaginava persino che Vinicio avesse trovato un modo di salvarla, e si sentiva offeso che il nipote non gli avesse confidato le sue speranze. Alla fine, non potendo più trattenersi, gli disse:
– Ora tu hai un altro aspetto; non avere dei segreti per me, perchè desidero e posso aiutarti. Hai tu concertato qualche cosa?
– Sì, rispose Vinicio, ma tu non puoi aiutarmi. Dopo la sua morte confesserò di essere cristiano e andrò a raggiungerla.
– Dunque tu non hai più speranza?
– Al contrario. Cristo la darà a me e io non sarò più separato da lei.
Petronio si mise a percorrere l'atrio, disilluso e trepidante.
– Il tuo Cristo non è necessario per questo; il nostro Thanatos20 può rendere lo stesso servigio.
Vinicio sorrise tristamente e disse:
– No, mio caro, tu non hai voglia di capire.
– Non ne ho voglia e non ci riesco. Ora non è tempo di discussioni; ricordati che cosa dissi quando non riuscimmo a portarla fuori dal Tullianum. Io avevo perduto tutte le speranze e strada facendo, verso casa, tu dicesti: «Io credo che Cristo può restituirmela.» Ch'egli te la restituisca. Se io getto una coppa nel mezzo del mare, non c'è Dio pagano che possa restituirmela; se il vostro non è migliore, non so perchè dovrei onorarlo più di ogni altro.
– Ma egli me la restituirà.
– Sai tu, diss'egli, che i cristiani illumineranno domani i giardini di Cesare?
Dinanzi alla imminenza della realtà spaventevole il suo cuore tremò d'angoscia e di paura.
– Questa è forse l'ultima notte che io potrò passare con Licia, si disse.
Così, dato l'addio a Petronio, corse difilato dall'ispettore delle fosse putride a prendere la tessera. Ma ivi lo aspettava la disillusione, perchè l'ispettore rifiutò di dargliela.
– Ti domando scusa, diss'egli, ho fatto quello che ho potuto, ma non posso arrischiare la mia vita. Stanotte devono condurre i cristiani ai giardini di Cesare. Le prigioni saranno piene di soldati e di ufficiali. Se ti si riconoscesse, io e i miei figli saremmo perduti.
Vinicio si convinse che sarebbe stato inutile insistere. Gli balenò tuttavia la speranza che i soldati che l'avevano visto prima lo avrebbero lasciato passare anche senza tessera; così, venuta la sera, si camuffò, come le altre volte, da portatore di cadaveri, e cintasi la testa di una tela, si avviò alla prigione.
Ma in quella sera le tessere venivano esaminate più scrupolosamente delle altre; e per di più il centurione Scevino, soldato rigido e devoto corpo ed anima a Cesare, riconobbe Vinicio. Ma indubbiamente sotto il petto corazzato eravi una scintilla dl pietà per la sventura. Invece di dare l'allarme coi colpi della sua lancia, lo prese da parte e gli disse:
– Ritorna a casa, signore. Ti riconosco, ma siccome non voglio rovinarti, non apro bocca. Non posso lasciarti passare; va per la tua strada e che gli dèi ti consolino.
– Tu non puoi lasciarmi passare, disse Vinicio; permettimi di stare qui a guardare coloro che vengono fuori.
– Gli ordini ricevuti non me lo proibiscono, disse Scevino.
Vinicio se ne stette all'entrata. Verso mezzanotte le porte della prigione vennero spalancate e i prigionieri uscirono in fila, uomini, donne e fanciulli circondati dai pretoriani armati. La notte era luminosa, così che si poteva distinguere, non solo le figure, ma anche le facce dei disgraziati. Era un lungo corteo di prigionieri a due a due, in mezzo al silenzio rotto solo dal risuonare delle armi. Ne uscirono tanti che i sotterranei dovevano essere stati vuotati. Alla coda del corteo, Vinicio distintamente vide Glauco, il medico, ma Licia e Ursus non erano tra i condannati.