Henryk Sienkiewicz
Quo vadis

CAPITOLO VI.

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CAPITOLO VI.

 

Petronio era a casa. Il portiere non osò trattenere Vinicio, il quale era entrato nell'atrio come una procella. Saputo che il padrone era in biblioteca, vi andò difilato collo stesso impeto. Lo trovò che scriveva. Gli strappò di mano lo stilo, lo fece in quattro, andò coi piedi sui pezzi sparsi per il pavimento, poi ponendogli le dita sulla spalla, colla faccia rasente la faccia dello zio, domandò con voce rauca:

– Che hai fatto di lei? Dove è?

Si produsse una cosa strana. Il magro ed effeminato Petronio afferrò la mano del giovane atleta che gli premeva la spalla, poi gli afferrò la seconda e tenendole entrambe in una colla stretta di una morsa, disse:

– Solo alla mattina io sono fiacco; alla sera riacquisto la mia forza d'una volta. Provati a scappare, se puoi. Ti deve avere insegnato ginnastica un tessitore e le buone maniere un fabbro.

Sulla faccia di Petronio non era neppure il segno dello sdegno, ma nel suo occhio erano certi riflessi pallidi di energia e di audacia. Poco dopo lasciò cadere le mani di Vinicio, il quale gli stava dinanzi umiliato e fremente.

– Tu hai una mano d'acciaio, diss'egli; ma se tu mi hai tradito, giuro per tutti gli dèi infernali, di sprofondarti un coltello nel cuore, fosse pure nelle aule imperiali.

Discorriamo freddamente, disse Petronio. L'acciaio, come tu vedi, è più forte del ferro. Quantunque due delle mie braccia facciano uno dei tuoi, pure io non ti temo. Mi dolgo solo della tua rozzezza; e se l'ingratitudine degli uomini potesse ancora stupirmi, mi stupirei della tua.

Dove è Licia?

– In un bordello, vale a dire nella casa di Cesare.

Petronio!

Calmati e siedi. Ho domandato a Cesare due cose: la prima di togliere Licia dalla casa di Aulo; la seconda di darla a te. Non nascondi un pugnale nelle pieghe della toga? Forse tu vorrai pugnalarmi! Ti consiglio ad aspettare un paio di giorni, perchè ti si manderebbe in prigione e Licia si annoierebbe sola in casa tua.

Seguì del silenzio. Vinicio guardò Petronio con occhî stupefatti poi disse:

Perdonami; l'amo e l'amore mi offusca la ragione.

Guardami, Marco. L'altro ieri parlai a Cesare in questo : «Il figlio di mia sorella, Vinicio, si è talmente innamorato di una tisicuzza di fanciulla allevata dagli Aulo, che la sua casa si è tramutata in un lago di lacrime. tu, Cesare, io – noi che sappiamo che cosa sia la vera bellezza – non daremmo per lei neanche un migliaio di sesterzi. Ma quel ragazzo è sempre stato stupido come un tripode; e ora egli ha perduto tutto lo spirito che era in lui.»

Petronio!

– Se tu non capisci che ho detto così per la salvezza di Licia, sono pronto a credere di aver detta la verità. Persuasi Barbadibronzo che un esteta della sua forza non poteva considerare quella fanciulla una bellezza; e Nerone, il quale fino adesso non ha osato vedere che attraverso i miei occhî, non la troverà bella, e non trovandola bella non gli verrà il desiderio di averla. Era necessario premunirsi dalla scimmia, tenendola per la corda. Non da lui sarà ora apprezzata Licia, ma da Poppea; e Poppea farà di tutto per mandar fuori al più presto la fanciulla dal palazzo. Un po' dopo, senza dare importanza, dissi a Barbadibronzo: «Prendi Licia e dalla a Vinicio! Tu ne hai diritto, poichè essa è un ostaggio; e se la prenderai, infliggerai della pena agli Aulo.» Egli acconsentì. Non aveva ragione di non acconsentire, tanto più che gli davo l'opportunità di annoiare persone rispettabili. Faranno di te il tutore ufficiale dell'ostaggio e ti daranno nelle mani il tesoro licio; tu, come amico dei valorosi Lici, e servo fedele di Cesare, sciuperai nulla del tesoro, ma ti sforzerai di aumentarlo. Cesare, per conservare le apparenze, la terrà a corte pochi giorni e poi la invierà alla tua insula. Uomo fortunato!

– Ed è vero tutto questo? Corre ella nessun pericolo in casa di Cesare?

– Se vi dovesse rimanere per sempre Poppea parlerebbe di lei a Locusta; ma per pochi giorni non c'è pericolo. Nel palazzo ce ne sono diecimila di tutte le razze. Forse Nerone non la vedrà neanche, tanto più che mi ha dato carta bianca, al punto che il centurione era qui dianzi per informarmi che la fanciulla è a palazzo nelle mani di Atte. È una buona figliuola, Atte. E per questo ho dato ordine che la si consegnasse a lei. Della stessa opinione è indubbiamente Pomponia, perchè le ha scritto raccomandandole Licia. Domani c'è banchetto alla corte imperiale. Ho domandato un posto per te vicino a Licia.

Perdonami, Caio, perdonami l'irritazione. Credevo che tu l'avessi fatta prendere per te o per Cesare.

– Posso perdonartela; ma è più difficile perdonare gesti rudi, grida volgari, ed una voce che ricordi giuocatori di mora. Non amo, Marco, questi modi brutali e ti consiglio di guardartene. Sappi che Tigellino è il lenone di Cesare; e tieni bene a mente che se io volessi la fanciulla, direi, guardandoti in faccia: Vinicio! mi prendo la tua Licia e me la terrò fino a quando ne sarò stufo.

Così dicendo incominciò a fissare col suo occhio amandorlato gli occhî di Vinicio con uno sguardo glaciale e insolente.

– La colpa è mia, diss'egli. Tu sei gentile e buono. Ti ringrazio con tutta l'anima. Permettimi solo una domanda: Perchè non hai mandato Licia direttamente a casa mia?

Perchè Cesare desidera salvare le apparenze. Il popolo si occuperà del fatto. Mentre se ne parla, ella rimarrà nella casa di Cesare. Dopo, alla sordina, verrà mandata a casa tua e tutto sarà finito. Barbadibronzo è vile come un cane. Sa che il suo potere è illimitato e tuttavia fa di tutto per dare a ogni suo atto le parvenze della legalità. Sei tu rinsensato da poter filosofare un pochino? Più di una volta mi è venuto in mente questo: come mai il delitto, anche quando è strapotente come Cesare, e sicuro dell'impunità, cerca sempre le apparenze della verità, della giustizia e della virtù? Perchè darsi questa pena? Per me, assassinare un fratello, una madre, una moglie è qualcosa degno di un barbaro re di un regnucolo qualunque dell'Asia, non di un Cesare Romano. Tuttavia, se occupassi quella posizione, non manderei lettere giustificative al Senato. Nerone, invece, scrive; Nerone è codardo e ci tiene alle apparenze. Tiberio non era vigliacco, pure giustificava anche lui ogni passo che faceva. Che cosa vuol dire? Quale maraviglioso involontario omaggio fatto alla virtù dal vizio! E sai che cosa più mi colpisce? Questo: Perchè la trasgressione è brutta e la virtù è bella. Un esteta di genio è pure virtuoso. Ecco il perchè io sono virtuoso. Oggi devo spargere un po' di vino in onore di Protagora, di Prodico e di Gorgia. Pare che anche i sofisti possono rendere dei servigi. Ascolta, perchè io parlo ancora. Ho tolto Licia agli Aulo per darla a te. Bene. Lisippo farebbe di voi due un gruppo meraviglioso. Voi due siete entrambi belli; perciò è bello ciò che ho fatto, ed essendo bello non può essere brutto. Marco, ti sta dinanzi l'incarnazione della virtù, Caio Petronio. Se Aristide fosse vivo sarebbe obbligato a venire da me a offrirmi cento mine per il mio breve trattato sulla virtù.

Ma Vinicio, cui interessava assai più la realtà che i trattati sulla virtù, disse:

Domani vedrò Licia e poi l'avrò in casa mia ogni giorno, sempre, fino alla morte.

– Tu avrai Licia e io avrò Aulo sulla coscienza. Egli chiamerà su me la vendetta di tutti gli dèi infernali. Prendesse almeno la bestia una lezione preliminare in declamazione! Invece darà in escandescenze come il mio ex portiere, il quale svillaneggiava i miei clienti in un modo che ho dovuto mandarlo in una prigione alla campagna.

Aulo è stato a casa mia e ho promesso di mandargli notizie di Licia.

Scrivigli che la volontà del divo Cesare è legge suprema e che il tuo primo figlio porterà il nome di Aulo. È necessario che il vecchio abbia qualche consolazione. Io sono pronto a pregare Barbadibronzo di invitarlo al banchetto di domani. Ch'egli ti veda nel triclinio vicino a Licia.

– Non farlo. Sono dolente per loro, e sopratutto per Pomponia.

E sedette a scrivere quella lettera che tolse al vecchio condottiero anche l'ultima speranza.

 

 


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