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Vinicio andò direttamente alla casa di Miriam. All'entrata incontrò Nazario, il quale si turbò alla vista del patrizio; Vinicio salutò il giovine cordialmente e lo pregò di condurlo da sua madre.
Oltre Miriam, Vinicio vi trovò Pietro, Glauco, Crispo e Paolo di Tarso, il quale era ritornato da poco da Fregelle. La sua comparsa fece salire su tutti i volti la meraviglia.
– Vi saluto nel nome di Cristo che voi onorate.
– Sia gloria al suo nome in eterno! risposero.
– Conosco la vostra virtù e sperimentai la vostra gentilezza: perciò io vengo a voi come un amico.
– E noi ti salutiamo come amico, rispose Pietro. Siedi, signore, e dividi con noi la refezione come ospite.
– Sederò e prenderò parte al vostro pasto; ma prima sentitemi, voi Pietro e voi Paolo di Tarso, così saprete se sono sincero. So dove abita Licia. Torno ora dalla casa di Lino, che è vicino a questa casa. Licia è mia per concessione di Cesare e a casa mia tengo quasi cinquecento schiavi. Potrei circondare il suo nascondiglio e impadronirmene; ma non l'ho fatto e non lo farò.
– Per questa ragione la benedizione del Signore cadrà su te e il tuo cuore sarà purificato, disse Pietro.
– Grazie; ma ascoltatemi di nuovo; io non l'ho ancora fatto, quantunque io viva addolorato e triste. Prima di conoscervi l'avrei presa senza dubbio e me la sarei tenuta colla forza; ma la vostra religione, malgrado non sia la mia, ha cambiato in me qualche cosa, così che non mi valgo della violenza. Non so il perchè di tutto questo, ma è così; perciò io vengo a voi, perchè voi tenete il posto di padre e di madre di Licia, e vi dico: Datemela come moglie e io giuro che non solo non le impedirò di credere in Cristo, ma che comincierò io stesso a studiare la sua religione.
Egli parlò a testa alta e risoluto; tuttavia egli era commosso e le gambe gli tremavano sotto il mantello. Durante il silenzio egli soggiunse, come se avesse voluto prevenire una risposta sfavorevole:
– So che ci sono degli ostacoli, ma io l'amo come i miei occhî, e quantunque io non sia ancora un cristiano, io non sono nè un vostro nemico, nè un nemico di Cristo. Voglio essere sincero, perchè abbiate fiducia di me. In questo momento si tratta della mia vita, nondimeno vi dirò la verità. Un altro potrebbe dire: battezzatemi; io dico illuminatemi. Io credo che Cristo sia risorto perchè lo dicono le persone che amano la verità e che lo videro dopo la morte. Credo, perchè ho visto io stesso che la vostra religione insegna la virtù, la giustizia e la misericordia, e non i delitti di cui vi si accusa. Non so molto della vostra dottrina: quello che so l'ho imparato un po' da voi, un po' da quello che fate, un po' da Licia e un po' dai discorsi che ho fatto con voi. A ogni modo vi ripeto che ha prodotto in me qualche cambiamento. Prima facevo ubbidire i miei schiavi con una mano di ferro; ora non posso; ignoravo la pietà, ora la conosco. Mi abbandonavo ai piaceri, e invece l'altra notte sono fuggito dallo stagno di Agrippa perchè mi mancava il respiro dal disgusto; prima credevo al trionfo della forza, ora l'ho abbandonata. Sappiate che non mi riconosco più. Sono stomacato dei banchetti, del vino, delle canzoni, delle cetre, dei serti, della corte di Cesare, dei corpi nudi e di ogni delitto. E quando penso che Licia è pura come la neve alla sommità delle montagne, l'amo sempre di più; e quando penso ch'ella è così per la vostra religione, io amo e desidero anche questa. Ma siccome io non la conosco e non so se potrò vivere e conformarmi ai suoi precetti, nè se la mia natura potrà sopportarla, così io sono in lotta tra l'incertezza e la tortura, come se fossi in prigione.
La sua fronte si corrugò dall'angoscia e le sue guance si colorirono come da una fiammata; dopo riprese a parlare con crescente rapidità e maggiore emozione:
– Come vedete, io sono torturato dall'amore e dall'incertezza. Gli uomini mi dicono che nella vostra religione non ci sia posto per la vita, per la gioia umana, per la felicità, per la legge, per l'ordine, per il potere supremo, per l'impero romano. È vero? Mi si dice che voi siete dei pazzi; ditemi voialtri che cosa recate. È peccato amare, è peccato godere, è peccato aspirare alla felicità? Siete voi nemici della vita? È necessario che un cristiano sia povero? Devo rinunciare a Licia? Qual è la verità? Le vostre azioni e le vostre parole sono trasparenti come l'acqua; ma che c'è sotto l'acqua? Vedete che io sono sincero. Disperdete le tenebre. Mi si dice pure che la Grecia ha creato la bellezza e la sapienza e che Roma ha creato la forza; ma i cristiani che cosa recano? Ditemi, allora, che cosa recate? Se v'è la luce dietro le vostre porte, apritele.
– Noi rechiamo l'amore, disse Pietro.
– Se io parlassi colle lingue degli uomini e degli angeli senza amore, la mia voce suonerebbe di rame.
Il cuore del vecchio Apostolo era commosso da quell'anima che soffriva, la quale, come un uccello in gabbia, lottava per l'aria e il sole; così, stendendo la mano a Vinicio, disse:
– Bussate e vi sarà aperto. La grazia di Dio è su te; per questa ragione io ti benedico, benedico la tua anima e il tuo amore, nel nome del Redentore del mondo.
Vinicio, che aveva già parlato con calore, udita la benedizione si slanciò verso Pietro. Il discendente dei quiriti, il quale fino a poco tempo fa paragonava lo straniero alla bestia, afferrò la mano del vecchio galileo e se l'appressò alle labbra in segno di gratitudine.
Pietro ne fu contento, perchè comprese che la sua semente era caduta in un altro campo e che la sua rete aveva raccolto un'anima nuova.
I presenti, non meno contenti di quella manifesta espressione d'onore per l'Apostolo di Dio, esclamarono in coro:
– Gloria a Dio nell'alto dei cieli.
Vinicio si alzò colla faccia radiosa e incominciò:
– Vedo che la felicità può essere tra voi, perchè mi sento felice, e credo che possiate convincermi delle altre cose allo stesso modo. Ma aggiungerò che questo non può avvenire in Roma. Cesare va ad Anzio e io devo seguirlo, perchè ne ho ricevuto l'ordine. Voi sapete che la disubbidienza è morte. Ma se non vi sono spiaciuto, venite con me e iniziatemi alla verità. In quel luogo sarete più sicuri che non lo sia io. Tramezzo a quella folla di gente, voi potrete diffondere la dottrina alla stessa corte di Cesare. Si dice che Atte sia una cristiana e che vi siano cristiani anche tra i pretoriani, perchè io stesso ho veduto soldati inginocchiarsi dinanzi a te, Pietro, alla porta Nomentana. Ad Anzio io ho una villa ove potremo riunirci ad ascoltare i vostri insegnamenti, a fianco di Nerone. Glauco mi ha detto che voi siete pronto ad andare in capo al mondo per conquistare un'anima: fate per me quello che avete fatto per gli altri, venendo dalla Giudea, fatelo e non abbandonate l'anima mia.
Udito questo, incominciarono a consultarsi, pensando con giubilo alla vittoria della religione e al significato che la conversione di un augustiano e di un discendente di una delle più antiche famiglie romane avrebbe avuto nel mondo pagano. Erano pronti davvero a errare da un capo all'altro della terra per un'anima umana, e dalla morte del Maestro non avevano fatto altro; così non pensarono neppure a dare una risposta negativa. Pietro era però in quel momento il pastore di una moltitudine e non poteva assentarsi; ma Paolo di Tarso che era appena stato in Aricia e in Fregelle e che stava preparandosi per un lungo viaggio in Oriente per visitare le chiese e portarvi l'entusiasmo dello spirito nuovo, acconsentì di accompagnare il giovine ad Anzio. Era facile da questo luogo trovare una nave che facesse vela per le acque elleniche.
Vinicio, benchè dolente che Pietro, al quale doveva tanto, non potesse visitare Anzio, lo ringraziò vivamente e rivolse al vecchio apostolo un'altra preghiera:
– Sapendo dove abita Licia, diss'egli, avrei potuto andare da lei, e domandarle, come è dovere, s'ella consentirebbe a sposarmi una volta che la mia anima divenisse cristiana, ma preferisco domandare a te, o Apostolo: permettimi di vederla o conducimi da lei tu stesso. Ignoro quanto tempo rimarrò ad Anzio; e voi dovete ricordarvi che con Cesare nessuno è sicuro del domani. Petronio stesso mi ha detto che ivi non sarò senza qualche pericolo. Permettetemi che io la veda prima della partenza, che io mi diletti contemplandola e che le domandi se vorrà obliare il male che le ho fatto col darmi il suo bene.
Pietro sorrise dolcemente e disse:
– E chi potrebbe rifiutarti tale gioia, figlio mio?
Vinicio, che non poteva trattenere la piena del suo cuore, si curvò di nuovo a baciare la mano dell'apostolo. Questi, toccandogli la testa, disse:
– Non aver paura di Cesare, perchè io ti assicuro che non cadrà un capello dal tuo capo.
Mandò Miriam a prendere Licia, dicendole di non dir nulla alla fanciulla perchè la sorpresa le desse maggior gioia.
Non abitava lontano; così, di lì a poco, videro, tra i mirti del giardino, Miriam che veniva con Licia.
Vinicio voleva correrle incontro; ma alla vista dell'adorata fanciulla la felicità gli tolse le forze e lo lasciò lì col cuore che batteva da togliergli il respiro, colle gambe che sapevano a malapena reggerlo, cento volte più commosso di quando si sentì sibilare intorno la testa le frecce dei Parti. Poteva appena reggersi in piedi.
Ella entrò correndo, ignara della sorpresa; vedendolo, si fermò come inchiodata. La sua faccia divenne di fuoco e subito dopo pallidissima; guardò con occhî spaventati e maravigliati sugli astanti.
Ma non vide intorno che occhiate limpide e piene di dolcezza.
L'Apostolo le si avvicinò e le domandò:
Vi fu un momento di silenzio. Le sue labbra incominciarono a tremolare come quelle del bambino che sta per piangere perchè sa del fallo commesso e deve confessarlo.
Indi, con umiltà e ubbidienza e paura nella voce, disse, inginocchiandosi ai piedi di Pietro:
– Sempre.
In un attimo Vinicio s'inginocchiò a lato della fanciulla e Pietro mise le mani sulle loro teste e disse:
– Amatevi l'un l'altro nella gloria del Signore, perchè non vi è peccato nel vostro amore.