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DAL 1821 AL 1858 Rivoluzione greca. Rivoluzione francese del 1830. | «» |
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Quarantadue giorni prima della morte di Napoleone, cioè il 24 di marzo 1821, Ypsilanti, capo dell'Eteria ellenica, proclamò a Yassy esser giunto il tempo di scacciar gli Ottomani dall'Europa. Pochi giorni dopo questa dichiarazione, scoppiò effettivamente a Patrasso la rivoluzione della Grecia moderna. La guerra dell'insurrezione ellenica durò nove anni, cioè sino al 1830. Illustri si resero in quella guerra i nomi di Ypsilanti, di Maurocordato, di Capo d'Istria, di Miaulis, di Colocotroni, dei due Botzaris. Tutto il Popolo ellenico in cumulo, uomini e donne, si mostraron degni dei loro padri; merito dei Greci moderni, ma di un occulto ordine di cose ancora, poichè l'anno 1821 (5821 massonico) nel quale l'Eteria fece scoppiare a Patrasso l'insurrezione Greca, era il ventesimo terzo anno secolare dell'anno più glorioso della Grecia antica, cioè del 3521 massonico, che fu l'anno delle battaglie delle Termopili, di Imera e di Salamina.
Memorabili furono, fra le altre vicende della guerra dell'indipendenza ellenica, le due difese di Missolungi. La prima avvenne nel 1822. Marco Botzaris, ad imitazione di Leonida, penetrò nottetempo nel campo dei Turchi assedianti, con soli 240 uomini; e dopo aver sparsa la strage fra i nemici, si fece eroicamente trucidare insieme co' suoi compagni. Rinnovossi l'assedio di Missolungi nel 1826. Un altro Botzaris, cioè Noto Botzaris, era il comandante della città. Dopo l'estremo della resistenza penetraronvi i Turchi; ma Noto Botzaris, dando fuoco al magazzino delle polveri, fece saltar in aria sè stesso, il presidio, i Turchi e la fortezza.
Nel 1820 era avvenuta la rivoluzione, prima in Ispagna poi a Napoli. Nel 1821 avvenne in Piemonte. In tutti e tre i luoghi fu proclamata la costituzione Spagnuola del 1812. Fu abbattuta però dagli Austriaci, durante il medesimo anno 1821, in Piemonte e nel regno di Napoli; e nel 1823 in Ispagna dai Francesi; per ripristinare in tutti e tre i luoghi la monarchia assoluta.
Nel giorno 6 luglio nostro, 24 giugno pei Russi e pei Greci, dell'anno 1827, le tre potenze di Francia, Gran Bretagna e Russia, guarentirono la pacificazione e l'autonomia della Grecia. Nell'anno stesso, la grande pugna navale di Navarino fu vinta dalle flotte alleate delle tre potenze protettrici, contro la flotta Ottomana, nel giorno 20 ottobre.
Carlo X re di Francia, preparò il colpo di Stato, meditato da lui, da Polignac e dagli altri suoi ministri, sciogliendo la Camera legislativa con decreto del 16 maggio 1830. Il re Carlo X pubblicò le ordinanze contro la libertà della stampa ai 25 di luglio 1830. Quelle ordinanze violavano apertamente, ed in due modi, la costituzione del 1814, perchè si promulgarono senza l'assenza del Parlamento, e perchè la Carta costituzionale guarentiva la libertà della stampa. La rivoluzione, perciò, divenne necessaria e legittima. Il popolo di Parigi insorse nel giorno 27. Nel giorno 29 di luglio, ultima delle tre famose giornate, ottenne piena vittoria, e costrinse Carlo X alla fuga. La rivoluzione francese del 1830, come quelle del 1789, del 1792, del 1848 e del 1870, presentano delle notabili armonie cronologiche colle date di alcuni dei principali avvenimenti della storia di Roma antica. Ognuno che il voglia potrà prenderne special cognizione confrontando le date degli anni e dei giorni.
La Camera dei Pari e la Camera dei Deputati adottarono una Costituzione alquanto più liberale di quella accordata da Luigi XVIII nel 1814. La principal differenza consisteva in una estensione del diritto elettorale, di guisa che dove gli elettori, sotto Carlo X, erano circa ottantamila per tutto il regno, furono un po' più di duecentomila colla nuova Carta; base eccessivamente ristretta ancora, la quale condusse ad un'altra rivoluzione dopo diciotto anni. Addì 9 di agosto 1830 le Camere nominarono re dei Francesi Luigi Filippo d'Orléans, figlio di quello che nella grande rivoluzione assunse il titolo di Filippo Égalité, e fu decapitato nel 1793. La Camera dei Pari poteva, per legge, condannare alla morte i ministri di Carlo X, per aver violato lo Statuto, ed aver fatto tirare sul popolo, non in difesa della legge, ma contro di essa; ma li dannò soltanto alla prigionia perpetua o temporanea. Polignac, primo ministro di Carlo X, mentre tentava d'imbarcarsi per l'Inghilterra in compagnia di sua moglie, fu scoperto per una ridicola circostanza, simile a quella che fece scoprire ed arrestare Luigi XVI. Polignac voleva figurare come il servo di sua moglie; ma il loro albergatore notò che il preteso lacchè aveva delle mani aristocratiche, e si metteva dei guanti per pulire le scarpe della pretesa padrona. Più tardi Luigi Filippo commutò ai fedifraghi ministri la pena del carcere in quella dell'esilio.
Nel medesimo anno 1830 scoppiò la rivoluzione anche nel Belgio, ai 26 di novembre. In quell'anno pure fu riconosciuta l'indipendenza della Grecia.
Il 29 novembre 1830 ebbe cominciamento a Varsavia la formidabile insurrezione della Polonia contro il giogo della Russia; ma fu soffocata nel sangue dieci mesi dopo.
Quel memorabile anno fu illustrato ancora da un avvenimento pacifico di capitale importanza. Già da buon tempo eranvi delle strade a rotaje di lastra di pietra a Milano, ed in altre città d'Italia; poi vi furono delle strade ferrate a cavalli nelle miniere d'Inghilterra. Nel 1825 si aperse al pubblico la prima ferrovia per passeggieri e merci, ma con tiro di cavalli. Fu il primo esempio di quel genere economico di strade ferrate che oggi chiamano, con vocabolo creato dagli Americani, tramways, o, con parola composta derivata dal greco, ipposidere. Ma nell'anno 1830, e precisamente addì 14 di giugno, anniversario della battaglia di Marengo, si fece la prima prova dell'attuale sistema di strade ferrate propriamente dette, cioè con guide di ferro, e con macchina locomotiva a vapore, da Liverpool a Manchester. Venne solennemente aperta al pubblico nel giorno 15 di settembre 1830.
Nel susseguente anno 1831 fuvvi un serio tentativo di rivoluzione nell'Italia centrale. Nella notte dal 3 al 4 di febbrajo, Ciro Menotti, a Modena, stava concertandosi in casa sua con altri congiurati, fra i quali eravi anche Nicola Fabrizi, per rovesciare in quella notte stessa il governo del duca Francesco IV; ma il duca li prevenne assalendo la casa di Menotti, il quale, in un coi suoi compagni, dopo breve resistenza, fu fatto prigioniero.
Il duca mandò per istaffetta al governatore di Reggio una laconica e caratteristica lettera:
«Questa notte è scoppiata la rivolta. — Mandatemi il boja.
«Francesco.»
Nella seguente notte, dal 4 al 5, proruppe l'insurrezione, con miglior successo, a Bologna. Ricevutane la notizia il duca di Modena prese la fuga, e corse a ripararsi nella forte città di Mantova, appartenente all'imperatore d'Austria suo cugino; ma si fece seguire nel viaggio dalle sue truppe, da Ciro Menotti incatenato, e dal carnefice che aveva chiamato da Reggio.
Da Bologna l'insurrezione si propagò sollecitamente a tutta l'Emilia, cioè alle altre legazioni pontificie, ed ai ducati di Modena e di Parma. Si estese pure alla Marca d'Ancona ed all'Umbria, o provincia di Perugia. Una colonna d'insorti, condotta dal generale Sercognani, spingevasi verso Roma, ed era già pervenuta ad Otricoli. Militavano quali volontarij, nella colonna Sercognani, i due fratelli Bonaparte, Carlo e Luigi Napoleone, figli di Luigi che fu re di Olanda. Il primo dei due fratelli morì, poco dopo, di malattia, a Forlì; il secondo divenne più tardi imperatore dei Francesi. Ma anche quel tentativo di liberazione dell'Italia fu schiacciato dagli Austriaci colla battaglia di Rimini, combattuta il 25 marzo 1831, e colla susseguente presa d'Ancona.
I quattro grandi esperimenti rivoluzionarii italiani del 1815, del 1820, del 1821 e del 1831, benchè il primo fosse visibilmente capitanato da Gioachino Murat re di Napoli, furono tutti preparati e promossi dall'Eteria, o società segreta dei Carbonari. In parte fu promossa dalla Carboneria anche la rivoluzione francese del 1830.
La rivoluzione, atterrata in un luogo, risorgeva più potente in quello stesso luogo od altrove, come l'Anteo della favola. L'Ercole che soffocherà lo spirito rivoluzionario, non deve e non può essere la monarchia assoluta: il vero e giusto domatore dev'essere il trionfo pacifico e legittimo dei diritti del Popolo. Addì 24 di febbrajo 1832 la rivoluzione di Portogallo fu iniziata da Don Pedro col prendere possesso dell'isola di Terceira, e fu compita col riconoscimento di sua figlia Donna Maria de Gloria, regina legittima e costituzionale.
La emancipazione degli schiavi nelle colonie Inglesi, decretata dal Parlamento nel 1833, fu recata ad effetto nel 1834, decimo ottavo anno secolare della morte di Gesù Cristo. Isabella II, fanciulla di due anni, fu proclamata regina di Spagna nel 1833; e nel seguente anno 1834 la reggente Maria Cristina, sua madre, aperse le Cortes, o Parlamento spagnuolo, dietro uno statuto concordato fra la reggente ed i capi di parte liberale ai 24 di luglio del 1834.
L'Europa non vide alcuna grande rivoluzione politica dal 1834 al 1848; però nel 1843 fu rovesciata la reggenza di Espartero in Ispagna; vi fu una secondaria, pacifica rivoluzione ai 14 di settembre ad Atene, ed un tentativo di rivoluzione a Bologna in Italia. Nello stesso anno 1843 il mondo ammirò la più splendida cometa che siasi veduta nel presente secolo. Un'altra quasi eguale si è veduta alla fine dell'anno 1882. Sono le due comete della più piccola distanza perielia che si conosca, avendo, l'una e l'altra, rasentato quasi la superficie del Sole, per allontanarsene poi nell'afelio, a molte migliaja di milioni di miglia.
Un impulso potente, benchè involontario, a nuove rivoluzioni politiche, venne donde si sarebbe meno aspettato, cioè dalla sede pontificale romana. Pio IX, eletto il 16 giugno 1846, pubblicò un decreto d'amnistia, in favore dei numerosi prigionieri od esuli dello Stato Romano per causa politica, il 16 di luglio. Quest'atto di umanità, di giustizia e di sana politica, benchè accompagnato da restrizioni le quali oggi moverebbero a sdegno, eccitò in tutta l'Italia un entusiasmo straordinario, e sproporzionato all'importanza intrinseca del decreto, ma agevole a' spiegarsi per l'aspettazione che creò di molto maggiori eventi.
Il pontefice, e dietro il suo esempio la maggior parte dei principi che avevano dominio in Italia, tranne l'imperatore d'Austria, accordarono varie riforme amministrative nel 1847; fra le altre una limitata libertà di stampa, o per meglio dire una mitigazione dei rigori della censura preventiva: la Guardia nazionale, e la Consulta di Stato. La Consulta di Stato era una commissione formata di due membri per ogni provincia, non però nominati dal paese ma dal principe. Nè già ad essi era data una voce deliberativa, ma una semplicemente consultativa intorno agli affari di Stato, specialmente in materia di finanze; che è quanto dire che il sovrano condiscendeva ad ascoltare il loro parere, ma per adottarlo soltanto nel caso che a lui piacesse. Nel 24 novembre, fu inaugurato il nuovo municipio Romano, con cento consiglieri.
Pio IX, sin dal principio del suo regno, gradiva gli omaggi popolari, e lasciavasi da essi condurre alquanto al di là del segno dove avrebbe voluto arrestarsi. Infine però giunse un momento nel quale egli decisamente fe' sosta, ed allora la separazione, fra lui ed il partito liberale, divenne inevitabile. Ma in quel periodo di quasi due anni, cioè dal 16 luglio 1846 al 29 aprile 1848, la sua popolarità andò sempre aumentando. Ad ogni nuova concessione del Pontefice, incominciando da quella dell'amnistia, la moltitudine dei Romani si radunava la sera sulla magnifica piazza del Popolo, e con fiaccole o torcie accese, con musica istrumentale ed innumerevoli grida di Viva Pio IX, discendeva la lunga e diritta via del Corso sino alla piazza di Venezia, di là saliva al Quirinale, dove allora il Papa risiedeva. I colori furono dapprima quelli della bandiera pontificia, bianca e gialla; poi s'incominciò ad aggiungervi il verde ed il rosso, quasi per maritare la bandiera di Pio IX collo stendardo nazionale italiano; ma da ultimo comparvero i tre soli colori nazionali d'Italia, bianco, rosso e verde.
La bella e grande piazza del Quirinale, capace di contenere un centomila persone, ne era quasi piena. Pio IX si presentava al gran verone, e colla mano e colla voce implorava sopra gli astanti la benedizione del cielo. Notai più volte, essendo presente a quel singolare spettacolo, che il silenzio della moltitudine era tale, che altro suono non si udiva se non la bella e musicale voce di Pio IX, ed il maestoso mormorìo della fontana, presso i colossi attribuiti a Fidia ed a Prassitele. Terminate le parole della pontificale benedizione, il popolo, con potente accordo d'intonazione, rispondeva: Amen. Confuse e prolungate per un pezzo ripeteva le grida: «Viva Pio IX;» indi quietamente si ritirava. Così tenevasi viva nel Pontefice la buona disposizione a concedere altre riforme. La plebe romana ha ereditato da' suoi remoti antenati questa prerogativa di saper fare le grandi dimostrazioni collettive con una intelligenza dell'opportunità, con una disciplina e con una misura, non eguagliate da alcun altro popolo moderno. Il capo visibile e noto delle dimostrazioni popolari, sotto Pio IX, era Ciceruacchio, popolano quasi illetterato, ma buono e generoso.
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