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Un salone fastoso aperto (per un'arcata che si può chiudere con imposte scorrenti e rientranti nei muri) verso una fastosissima sala da pranzo. Questa è tappezzata di cuoio a fondo scuro con grandi fiorami dorati, ed ha mobili di noce scolpiti. Il salone ha un soffitto a cassettoni a borchie dorate e le pareti coperte di arazzi. La gran tavola della sala da pranzo è ingombra di sacche da viaggio, porta scialli, porta ombrelli, ecc. Nel salone, mobilio inglese delicatissimo. Nessun sopramobile. Si capisce che la casa sta per essere abbandonata. A destra due porte: la prima mette nella camera di Giovanni, la seconda in quella di Tommy. A sinistra, alla seconda quinta, la porta comune. Alla prima quinta porta che mette nella camera di Giulia. La sala da pranzo ha una sola porta in un angolo, a destra dello spettatore.
SCENA PRIMA.
Al sorgere della tela, tre facchini, carichi di valigie, vengono dalla sala da pranzo ed escono per la Comune. Si vede nella sala da pranzo Lucia che viene e va, portando robe che depone sulla tavola. Nennele nel salone, ritta presso una consolle sta registrando su di un foglio volante il numero dei colli. Si ode di quando in quando uno scampanellìo rabbioso ed impaziente.
Quante sono?
Un facchino.
Sei dabbasso e qui tre. Nove.
Via.
Tre della signora e due del signorino.
Sono pronte?
Ho chiuso adesso l'ultima della signora. Quelle del signorino non saprei.
Quando verrà la zia Irene bisognerà chiamar subito il papà.
Dov'è papà?
Non lo so. È tutta la mattina che è in giro per la casa. Va, viene, non può star fermo. Sono entrata in camera sua un'ora fa per portargli la posta e stava ritto davanti la specchiera tamburellando colle dita sul cristallo. Poi è sceso in scuderia. Poi è ripassato di qui. Lei non l'ha veduto?
Sì sì. Appena levata sono andata a salutarlo.
Pensi che alle cinque aveva già chiuso la valigia. E ha aiutato lui Andrea a scenderla. Sapeva bene che dovevano venire i facchini. Ho voluto prendere il suo posto, ma non ci fu verso. Mi ha detto: Lascia fare che mi diverte.
Ah signorina Nennele. Pensare che fra un'ora!...
Suono insistente di campanello.
Ma chi suona così?
Tommy sull'uscio della sua camera ha i calzoni corti (knickerbockers) e le calze di lana fino al ginocchio, all'alpinista. È in manica di camicia.
È mezz'ora che lo chiamo. Digli che salga a finire di vestirmi.
Lo ha mandato il papà. Non puoi vestirti da te?
Sì, colla fretta. A queste ore!
Sono le nove e mezza. Io mi sono vestita da me alle sei.
A Lucia.
La voce di Giulia dalla sua camera.
Sì, esempio di virtù. La valigia grande è lesta. Gaspare stava per chiudere la piccola quando l'hanno chiamato. Ho provato a chiuderla da me, ma sforza. Il tub non ci vuole entrare.
Lascialo. Tanto!
Brava, non farò il bagno in Svizzera! Poveri, ma puliti.
Sta annodandosi la cravatta.
A me.
Glie la annoda.
Oh Tommy. D'ora in avanti domestico e cameriera, eccola qui.
Di' la verità, che ti diverte il genere.
No, ma non ne muoio dal dolore.
E hai ragione. Queste sono le risoluzioni eroiche del primo momento. Vedrai. Si prova.... ma poi! Quando saremo all'estero!
Lucia dalla camera di Giulia s'avvia verso la comune.
Vado a portare questi biglietti della signora.
Alla posta?
No. Al recapito.
Mi ha detto di prendere una carrozza.
A lei.
Ti do la mancia. Tienilo. Te lo regalo.
E tu?
Eh! eh!
Come a dire che ne ha molti.
Grazie allora. Vatti a vestire presto.
Senti. E poi torna qui che discorriamo un po' tu ed io.
Ho da fare l'involto degli scialli.
Ma sì, ma sì.
Rientra in camera. Tornano i facchini scarichi.
Di qua.
Chi è?
Possono entrare quegli uomini a prendere i bauli?
Avanti, avanti.
Andrea senza livrea. Viene dal fondo della sala da pranzo con un mazzo di chiavi.
Queste sono le chiavi della nostra camera, della cucina e del tinello.
Avete fatto voi il giro delle camere di servizio? Non c'è più nulla dentro?
Nulla che appartenga alla servitù. Ho chiuso io tutto quanto.
Bravo. Le chiavi mettetele lì nella sala da pranzo nella credenza grande. Nel cassetto a destra ce ne troverete dell'altre. C'è scritto sul cartellino?
Sì, signorina. Ho verificato io. Tutto è in ordine.
Mi comanda altro?
I facchini traversano coi bauli.
Tommy porta in un involto per scialli, un plaid, un soprabito chiaro.
Là.
Non troppa roba eh?
Quello che occorre.
Rientra in scena con altra roba, fra cui due racchette del Tennis.
Ecco tutto. Che vuoi?
Nulla. Ho bisogno di stare un momento con una persona che m'intenda. Ecco. Col papà devo mostrarmi allegra. Mammà non è nostra madre! Sono qui da tre ore a dare delle disposizioni che mi sembrano mortuarie. Mi pare di seppellire la nostra casa. E poi! E poi!...
Oh. Abbattere! Ci vuol altro. Rattristare sì. Tanto tanto. Ho lasciato la mia camera per non entrarci mai più. Ho chiuso le finestre, ho sbarrato le imposte così buio che non sapevo più venir via. Ho avuto come un senso di paura nell'uscirne. Mi pareva di vedermi morta sul letto. C'era morta tutta la mia gioventù, il fiore della vita.
C'entreranno degli altri, sarà d'altri.... i muri, i mobili, le stoffe. Sai cosa ho scritto sul muro nel vano della finestra? Ho scritto: Chiunque tu sia che occuperai questa camera, sii maledetta. Nennele.
Non si troverà più a vendere la casa adesso!
Come? Credi?...
Apre il portascialli e lo stende sulla tavola.
No, no, no. Vivi tranquilla. Vorrei entrarci io in una camera stregata da te. Povera Ninnì, Nenné, Nennele! Così giovane e tanto vendicativa! Vedi? Non bisogna mettere amore alle cose terrene!
Oh non mi spaventa mica la povertà, sai.
Però!
No, no. Guarda, l'ho già detto al papà.
Io darò delle lezioni d'inglese. A Ginevra si deve trovare.
Altro! No, no, no. Le maniche piegate in dentro.
Là. E io darò delle lezioni di Tennis. Su le falde adesso....
Così?
Sì. Guai a te se mi gualcisci quel pastrano. È un modello di Londra. E mammà dipingerà all'acquerello il lago ed il Castello di Chillon. Vendita sicura.
Ha fatto ieri la provvista dei colori.
È venuto stamattina il negoziante a cercare i quattrini.
Non aveva pagato?
No. Ma lui l'ha saputo che si partiva.... lo sanno tutti, ed è piombato qui con un tono! oh!
E mammà?
Era chiusa in camera. Ho dovuto parlarle attraverso l'uscio. Ha risposto che avrebbe mandato prima di partire. L'altro strepitava. Ho pagato io ottanta lire.
Tu?
E ho dato altre ottanta lire alla guantaia e sessanta al profumiere, tutte provviste fatte di questi giorni. Ora mi restano poche lire, oltre il tuo marengo. Se ne vengono degli altri bisognerà bene mandarli al papà.
Ma sì. Però hai fatto bene. Il papà dev'essere a corto di quattrini in questo momento.
S'era tanto raccomandato che gli consegnassimo per tempo tutti i conti, chè non voleva lasciare strascichi.
Ma sicuro. I piccoli debiti bisogna pagarli.
S'intende. Voglio dire che i piccoli hanno la voce più stridula.
È vero. Quella gente mi squadrava con tanta diffidenza! Guardava questi mobili, questo lusso con un'aria così ironica! Non ci credono mica, sai, alla rovina!
No eh?
Nennele. prende in mano l'astuccio delle racchette.
To'.
Per farne che?
Ma non lo sai che Ginevra è un campo delle mie glorie! Sono socio onorario dell'Elvetic Club. Ci ho vinto la gara internazionale del Tennis, due anni fa.
Altri tempi!
Sta per mettere l'astuccio nell'involto.
Che c'è di mutato? Siamo meno ricchi. Cosa fai?
Fuori vanno. Sotto le cinghie, che si vedano.
Dunque nemmeno tu non ci credi alla rovina.
Quel negoziante di colori, diceva che i milioni sono impegolati, che a chi li ha avuti per le mani ne resta sempre attaccato alle dita. E lo diceva per offenderci.
Che male ci sarebbe?
Allora questa povertà sarebbe finta. Se non ci fosse male, perchè fingere?
Insomma tu immagini proprio la miseria nera, la soffitta, il giaciglio e le dame visitatrici in toelette di carità che verranno a portarci la coperta di lana per tutta la famiglia.
Ieri Lucia ha supplicato il papà che la conducesse con noi..., che ci veniva senza salario. Il papà l'ha ringraziata colle lacrime agli occhi, ho visto io, e le ha risposto che i suoi mezzi non gli permettevano di tenerla in casa.
Sono di quelle cose!
È una finzione!?
Cosa vuoi che ti dica! Non bisogna mettere il senso della vita che abbiamo noi, venuti su fra cose delicate, e nella contemplazione della bellezza, con quello di un uomo che per quarant'anni ha sempre lavorato dalla mattina alla sera. I nostri sentimenti hanno l'elevazione delle cose inutili. Noi rappresentiamo una umanità superiore. La realtà non la facciamo nè tu nè io.
Tu però sei disposto ad accettarne i benefici.
Mi faresti desiderare la miseria.
Sono gusti. Del resto, ti giuro che non so nulla.
Vuoi che non pensi male? - È fatto. Non penso male.
Non si può parlare sul serio con te. Aiutami a serrare le cinghie.
Povera Lucia eh? senza salario veniva!
È la sola a cui oso ancora dare di tu. I domestici mi fanno soggezione vestiti come l'altra gente.
Oh, a me no. Gaspare m'è entrato in camera stamattina vestito di un tout-de-même, a scacchi, del mio spoglio dell'anno passato.... e colle scarpe gialle. Eppure.... L'hai veduto?
Non ci ho badato.
Pareva un gentleman. Sbarbato com'è....
Non gli manca nulla.
Certo ha l'aria più distinta di nostro cugino Massimo.... soprannominato il Salvatore.
Ci vuol poco.
Pensare che laggiù l'avremo sempre fra i piedi!
Peggio. Ci avrà lui fra i piedi.
È così ben calzato! Ti ricordi quegli stivaletti mirobolanti?
E il gilet? Credeva di far colpo, sai.
E risoluto.
E soddisfatto.
E vorrà sposarti.
Offrire a suo zio dugento e cinquanta lire il mese di stipendio!
Io non so capire come il papà abbia accettato.
Ma ci sarò io là.
Oh Tommy. Fortuna che ci sei tu. Ero nera nera e mi hai tutta rasserenata.
Gaspare, appare dalla comune vestito di un tout-de-même a scacchi.
Ecco Gaspare.
Ero in cortile.
Guardalo, se non pare un signore.
Ma, se non sbaglio, c'era ancora il tub da fare entrare nella mia cesta.
Vado subito.
Se vuole avere la compiacenza!
Gaspare, entra in camera di Tommy.
Questi lo segue.
Nennele a Tommy che segue Gaspare.
Tommy. Te la sei cavata coll'aria canzonatoria, ma del tu non glie lo hai dato.
Via.
Nennele, Andrea, poi la signora Lablanche colla piccola, poi Giulia.
Signorina. C'è la signora Lablanche.
La sarta? Cosa vuole?
Domanda della signora. Ha con sè la piccola con una scatola.
Guardate se il papà è in camera sua.
Non c'è. L'ho visto or ora che stava discorrendo col giardiniere. Lo chiamo?
No no. Dov'è?
Nella serra.
Andrea obbedisce. Entra la signora Lablanche. La piccola depone la scatola sopra una sedia presso l'uscio e sta in fondo.
Buon giorno. Mamma verrà subito.
Giulia viene dalla sua camera in un bellissimo costume da viaggio.
Ci trova di partenza, signora Lablanche.
Me lo ha detto ieri sera la signora Altovini, Mi sono subito affrettata di far terminare il suo vestito. Le mie ragazze hanno lavorato tutta la notte.
La ringrazio, ma non c'era premura. Stavo anzi scrivendole. Un lutto improvviso....
Oh mi rincresce!
E volevo pregarla se potesse disporre altrimenti di quel vestito.
Se la signora me lo avesse detto due o tre giorni fa....
Ha ragione.... m'è passato di mente. Ma rimettendoci al bisogno.... Ora non saprei nemmeno come portarlo via. Non l'aspettavo così presto.
Già, ma siccome più tardi non l'avrei trovata....
Va bene, va bene. Me lo spedirà allora.
Come comanda.
Alla piccola.
La piccola si avvia lasciando la scatola.
No, riprendi.
La piccola esce colla scatola.
Ci sarebbe ancora quel piccolo conto.
Me lo mandi insieme al vestito.
Sono mortificata di dover insistere, ma non posso aspettare.
Nennele esce risoluta dal fondo della sala da pranzo.
In questo momento....
Non è una gran somma. Mille trecento lire.
Sul punto della partenza! Sono cose che non si fanno. È un conto di tre mesi alla fine. E non le ho mai fatto perdere un centesimo.
È vero, ma non vorrei cominciare adesso. La signora sa benissimo che non parte per un viaggio di piacere nè per la campagna. Il signor Rosani ha ottenuto un concordato da' suoi creditori. Se ne avessi avuto notizia per tempo, mi sarei fatta viva. Ne fui avvertita ieri sera. Sono commerciante, ho famiglia, devo curare i miei interessi. Se lei crede che mi rivolga a suo marito....
No, no, no.
Un po' di vergogna è presto passata.
No no.
S'avvia per la sua stanza, poi si ravvede e va alla porta di Tommy.
Un momento. Vengo subito.
Facciamo mille. Quell'abito se lo tiene.
Mille e cento allora.
E ci rimetto!
Le do mille lire. Non un soldo di più.
Dammi 500 lire. So che le hai. È un conto che ho dimenticato di consegnare a tuo padre. A dirglielo ora sarebbero lacrime. È un conto di 1000 lire. Io ho le altre 500.
Non hai di più?
Dove le devo pigliare? Non lasciarmi in imbarazzo.
Giocare che ne hai da parte un mazzetto?
No come è vero Dio. Sii buono, va. Dammele.
Fuori le tue 500.
Entra correndo nella sua camera.
Tommy zufola a mezzo soffio dondolandosi sulle gambe, poi guarda la signora Lablanche.
Ben messa.
Prende una sigaretta e l'accende.
La cantante? Sissignore.
I miei complimenti. Ieri sera aveva un amore di costumino floreale.
Quello.
Quaranta centimetri di vita.
Giulia torna un po' imbarazzata con un biglietto da 1000 che vorrebbe nascondere.
A Tommy.
Qua.
Ah! Bisogna che tu mi renda. Non ho che biglietti da 1000.
No!
È così. E non mi fido della mia matrigna. A me il resto e sono qui.
Gli è che.... non posso....
Anche tu?! Ah l'avarona! Hai una carta da 1000 anche tu? Come è vero Dio! Ebbene paga coi tuoi adesso. Appena avrò spezzato ti darò la mia parte.
Giulia alla signora Lablanche.
Grazie. Dove posso scrivere la ricevuta?
Giulia guardando i mobili sguarniti.
Non c'è più nulla qui.
Lablanche va a scrivere la ricevuta, poi la consegna a Giulia.
Ecco signora. Ho fatto come lei ha voluto.
Giovanni alla signora Lablanche.
Le domando scusa se mi son fatto
aspettare. Lei ha un conto per me?
Ho firmato adesso la ricevuta.
A rivederla.
Ieri mi avevi domandato ottanta lire per comprare dei colori. Ti ho supplicato di non far spese, ti ho detto che ho i danari contati! Hai insistito, giurandomi di non avere un centesimo. Ero così umiliato! Hai insistito tanto che te li ho dati.
Oh poco....
Fai vedere.
Ho pregato Tommy, ha fatto lui. Non osavo disturbarti per un'inezia.
Fai vedere.
Prende il conto e lo legge. A Tommy.
Sei ricco anche tu.
Hai fatto benissimo. - I denari che ha mia moglie, li ha avuti da me. Sono il frutto delle economie sulla casa, mi spiace di privamela, ma in sostanza appartengono alla casa. Ma tu, da me non li hai avuti. Sono due mesi che vedevo venire la rovina, la tua vita oziosa mi disgustava da un pezzo, la mia borsa si era chiusa per te.... Sono dunque tuoi. E ti rimborso.
Oh papà!
Voglio che tu li prenda.
Mette un biglietto sulla tavola.
E se ti fa senso pigliarli, saranno ben collocati. Serbali. Chi sa che un giorno!...
Ho avuto la vena al giuoco. Ho guadagnato dodici mila lire il mese passato.
Lo sapevo. Mentre io mi dibattevo nel terrore del fallimento, tu passavi la notte nelle bische.
Hai guadagnato otto mila lire in una notte. Ne fui informato la mattina. Il giorno stesso che ho convocato i miei creditori. Ti ho fatto venire nel mio studio, ti ho esposto lo stato delle cose mie. Non volevo cominciare con dei rimproveri.... non volevo mostrarti che sapevo. Aspettavo un tuo buon movimento! Non hai detto una parola. Mi è caduto l'animo. Non sei avaro. Io so quello che pensi.
Silenzio; poi cambiando tono, a tutti e due.
Guardate che a momenti sarà qui Massimo. Dev'essere arrivato stamattina, e farà viaggio con noi, ben inteso. So che non è nelle vostre grazie, e nemmeno in quelle di Nennele. E si capisce. Ho già detto a Nennele quello che le spetta e dico a voi che non ammetto arie.
Se io ho mai!...
Massimo è parente vicinissimo, ed è la sola persona che mi sia venuto in aiuto in questa burrasca. Non lo vedevo da molti anni, è sempre vissuto in giro per il mondo, lavorando; non l'ho chiamato, e si è fatto vivo da sè. Senza di lui, sia detto per tua norma, Tommy, non so che sarebbe di noi. Altra cosa. Si passa per Modane, perchè le ferrovie mi hanno dato, come ad antico consigliere, il viaggio gratuito, e conviene quindi portarci quanto si può più in là colle reti italiane. Per la stessa ragione da qui a Modane si viaggierà in prima classe. Ma vi avverto che da Modane in poi basteranno le seconde.
A Tommy.
Me ne dispiace per i tuoi knickerbockers, ma quel bel costume ne vedrà dell'altre e si dovrà avvezzare. Si parte di casa fra mezz'ora. Prego di essere puntuali.
Hai detto tutto? Lo sai che mi hai parlato come ad un nemico?
Giovanni. Con impeto prende la testa di Tommy fra le mani e lo bacia in fronte. - Trattenendo
un singhiozzo.
Ti ho veduto crescere in questa casa. Non inteneriamoci. Ti serva, ti serva.
Scappa in camera sua, poi riappare.
È venuta mia sorella?
Quando viene, chiamatemi subito.
Giulia, Tommy, poi Nennele, poi Lucia.
Bisogna compatirlo perchè ha la testa debole. Se dava retta ai miei consigli non saremmo a queste.
I tuoi consigli?
M'intendo io. Volevo almeno risparmiargli questa spesa adesso.
Oh! Tu glie l'avresti risparmiata adesso e poi. Se la signora Lablanche non accorreva, di laggiù non li avrebbe più visti.
Ne ha avuti tanti! Bada che c'è lì quel danaro.
Sai bene che non è mio. Mi sono preso l'insaponata per farti piacere.
Vuol dire che non me lo dovrai più. Cosa credi? Li serbo per tutti già. Li ritroverete al momento del bisogno.
Ma sì.
Dodici mila lire hai guadagnato? Mi avevi detto sei l'altro giorno.
Di sei me ne hai cercate cinquecento. Se ti dicevo dodici me ne cercavi mille. E poi n'è andata la maggior parte. Avevo anch'io qualche conto da pagare.
Vergogna aver pagato i debiti?
Aver giocato.
Volevo ben dire! Un po' di morale!
Nennele entra dal fondo della sala da pranzo.
Vieni qui, vieni qui. Sei andata tu a chiamare il papà, eh?
Sì.
Tommy interponendosi. A Nennele.
Non rispondere.
Lucia entra dalla comune con un biglietto che consegna a Giulia.
Giulia lo prende, l'apre e lo legge con premura.
Tommy durante le azioni sopradette. A Nennele.
E non pensare che ci sono io per te? Sarò un cattivo soggetto, ma....
Hai consegnato in persona i miei biglietti?
Il conte Filippo dormiva ancora. L'ho dato alla cameriera. Il signor Sarzana l'ho incontrato per le scale e mi ha detto che sarebbe andato alla stazione. Don Michele è venuto lui in anticamera a consegnarmi quel biglietto. Mi ha domandato a che ora partivano; si troverà alla stazione anche lui.
Porteranno dei fiori.
Sono già di là. È venuto con me il domestico.
Lucia via. Giulia rilegge il biglietto.
Mancavano i fiori per il viaggio!
Mammà, si può chiudere in camera tua?
Sì. Venga Lucia.
Tieni. Riponili che non si guastino.
Che modo è questo?
Giulia la guarda, poi a Lucia.
Vieni con me.
Lucia si avvicina a Nennele carezzevole.
Nennele, Tommy, poi Andrea, poi Massimo.
Ha proprio da aver mente a queste cose, oggi!
Oh. Non moriremo per andare in Svizzera.
Posso mandare Gaspare coi bagagli, per la consegna?
Le mie valigie?
Le ha fatte scendere Gaspare per la scaletta.
Sa che è arrivato il signor Rosani.... il nipote.
Massimo? Dov'è?
L'ho visto ora dalla finestra che traversava il giardino.
Stanno attaccando.
Oh Massimo. Quando sei arrivato?
Stamattina alle sette, diretto da Buda Pest. Buon dì, Tommaso.
Partite anche voi?
Quando sono andato via, dieci giorni fa, lo zio era ancora incerto se venir solo o condurvi con sè. Ma ho capito ora a vedere i bagagli che venivate tutti.
Troppi eh?
Mai! Meglio, meglio. E lo zio?
Lo chiamo.
E come va di umore? S'è riavuto un po'?
È tranquillo.
E tu? - Ti rincresce venir via?
Non vedo l'ora d'esser partita.
Questo non dice. Ti rincresce molto?
Non vorrei restare.
Altra risposta che non risponde. Faremo conoscenza col tempo. Siamo primi cugini, ci diamo di tu, mi piacete tutti e due, ma da che siamo al mondo, ci siamo veduti due ore in tutto l'altra settimana.
Io ricordo di averti veduto che avevi dodici anni. Eri uno sperlungone alto come una pertica. Io ne avevo dieci e Nennele cinque.
Io d'Irene non mi ricordo affatto.
Nemmeno io di te.
Si capisce. Di Tommaso sì. Ti detestavo perchè avevi una cravatta più bella della mia.
Colle cravatte? Non ti devono mica andare a genio a te, le mie cravatte.
Perchè? Combinano con tutto il vestito.
Vuol dire che ti spiacerà tutto il vestito. Ma non lo cambio.
E hai ragione.
Giovanni viene dalla sua camera.
Zio.
Si abbracciano.
Mi fa tanto bene, sentirti con me.
Voi altri ci siete poi?
Nennele va in camera di Giulia.
A Tommy.
E tu fa il giro di tutta la casa, a vedere se sono chiuse le stanze. E presto.
Hai sbrigato i tuoi affari a Buda-Pest?
Benone. Ho ceduto l'appalto e con profitto.
Mi rincresce che per causa mia....
Meglio un lavoro solo ed attenderci, che dieci e fare la spola dall'uno all'altro. Tu hai accomodato qui. Ebbi il tuo telegramma.
Il deficit è di ottocento mila lire. Io abbandono questa casa che ha già un'offerta di trecento settanta mila lire. La scuderia, la rimessa, il mobilio, compresi gli arazzi e la biblioteca, furono calcolati ottanta mila, e cento mila la villa di Brianza che mi era costata oltre il mezzo milione. I creditori prenderanno il settanta per cento. A me non resta nulla. So che il Lauri, che era il mio principale creditore, fu così meravigliato della mia dabbenaggine, che mi diede del cretino, testuale, in piena borsa; ed un altro, amico mio anch'esso, e creditore soddisfatto anche lui, un elegantone, parlando del lavoro ostinato di tutta la mia vita e della mia probità altrettanto ostinata, ebbe a dire che sono un mulo corto - testuale anche questo.
Questo è il frutto che ho raccolto fuori di casa. In casa poi....
Oh non parlo di lui. Mio cognato, quando le cose furono bene assestate, mandò da me mia sorella....
È più volte milionario, mi pare.
Già. Naturale!
Va là, che ha fatto assai. D'altronde mia sorella mi ha detto ieri che sarebbe venuta stamattina a salutare Nennele che è sua figlioccia e lo diceva con intenzione. M'aspetto già che le porterà una qualche somma.
Non ti aveva offerto di tenere con sè la tua famiglia i primi tempi?
Sì. E avevo quasi accettato, per aver più agio laggiù di cercar casa. Ma poi.... Massimo. La casa è trovata. Se ti piacerà s'intende. Me lo ha telegrafato ieri l'altro il mio primo assistente. È una casetta di contadini svizzeri, ma che era stata già casa di campagna di gente agiata. Due piani, sei locali ogni piano, un luogo incantevole fuori di città, un gran prato davanti. Il proprietario ha comperato un podere lì accanto ed è andato a dimorarvi. Il mio assistente l'ha mezzo impegnata, per seicento lire l'anno. Io riterrò due camere a pian terreno, per metterci il tuo studio, e per quelle pagherò io cento lire. Restano cinquecento a tuo carico. Ti va?
Bada che non dico per indurti a lasciar qui la famiglia. Si capisce che ti sia di conforto averla subito con te.
Oh non è questo.
Pausa; poi con accento doloroso:
Sai perchè non li lascio? Non mi fido.
Di chi non ti fidi?
Dei miei. Se tu sapessi cosa ho veduto in casa mia dopo che è venuta la rovina! Mia moglie ti par frivola e svaporata.... eh?
Non ho mai detto....
Mi ha portato in casa un avvocato perchè mi persuadesse a frodare i creditori. Mi proponeva degli atti simulati.... per cessione della villa.... voleva vendere questi arazzi, alla macchia, e quando le dissi che sarebbe stata allora la bancarotta fraudolenta, il processo.... la prigione, sai cosa mi ha risposto? Mi ha risposto: Non faranno in tempo. Saremo partiti.
Già!
E mio figlio, quello che Giulia mi proponeva di fare è persuaso che l'abbia bell'e fatto! Oh lui non sa e non misura s'intende, e non me lo avrebbe consigliato, ne sono sicuro; ma così alla grossa crede che il gruzzolo in disparte ci sia.... e ci s'accomoda. E non è l'offesa che mi fa a me. Che m'importa? È il segno dell'animo.... è la promessa di quello che avverrà.
Per L'avvenire ci saremo noi.
Tu forse.... Ma io! Li ho rovinati.
Mio padre mi ha lasciato senza un soldo a quattordici anni, e lo benedico.
Non ho autorità. Sono un bue da lavoro e nulla più. Tu non sai lo sforzo che mi è costato essere severo questi giorni. Non ci saprò durare. Non ho mai esercitata l'autorità. Non ne vedevo il bisogno. La ricchezza abbellisce tanto tutte le cose! Sono un cattivo padre, Massimo.
Aria fresca, aria fresca! Vedrai.
Voce di Tommy dall'anticamera.
Ma no.... venite venite. Avranno tutti tanto piacere di vedervi.
Detti, Tommy, la signora Lauri, poi Giulia, poi Nennele e Lucia.
Solo un saluto! solo un saluto!
La ringrazio.
Non parlo, non parlo, perchè mi fa troppa pena. Perdo i miei migliori amici. Che desolazione! Chi parte non avverte il distacco; ma quelli che restano! Non ho chiuso occhio in tutta la notte.
Giulia! Tesoro! Due minuti soltanto: il tempo di abbracciarti.
L'abbraccia.
Come fosti buona!
E Nennele?
Eccola. Amore.
L'abbraccia.
Non posso dire quello che perdo.
E a me! Parto anch'io.
A voi la mano. Anzi tutte e due le mani.
Tommy gliele bacia una dopo l'altra.
Giovanni dal lato opposto della scena, a Massimo
Guardali. Guarda mia moglie. Guarda mio figlio. Ti sembrano compresi del loro stato? Tu non sai, tu non sai.
È seduto sul canapè. I gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa nelle mani.
No, per Modane.
Peccato, il Gottardo è così pittoresco!
A Nennele.
Tu sei stata mai in Svizzera?
Mai.
Massimo scuote amorevolmente Giovanni.
Tu non sai. Non li conoscevo. La colpa è mia. Ma la prosperità accieca. Ah la grazia, l'eleganza, la gentilezza, cosa nascondono! Vedrai Massimo. Lasciarli qui? Avrebbero seguitato una vita di dissipazione equivoca. Ah no! Con me, con me. Se pure basterà.
Oh che dici!
Vedrai. Quella è gente che non sa resistere alla bufera. Non c'è fibra Al primo soffio di vento se ne va, se ne va.
Detti, Andrea, poi la signora Irene.
A Massimo.
Non è venuta.
Tutti in piedi vestono i soprabiti, cercano ombrellini, bastoni.
Verremo a trovarvi.
Promessa. Consolare gli esiliati.
A lei dico una cosa sola: Cattivo.
I miei fiori. Dove sono i miei fiori?
Lucia porge a Nennele il cappello e la spolverina.
Mi giravi attorno, povera Lucia.
Lucia vuol baciarle la mano, piangendo.
Ah, vi trovo ancora.
Mia sorella.
Avevo una paura di non arrivare in tempo. Sarei andata alla stazione.... ma temo di commovermi. Ci sarà mio marito. Nennele. Ti ho portato un po' di cioccolatto.... per il viaggio.
Ma guarda. Ma che regalo! Ringrazia, ringrazia la zia. Brava zia.
Chi è? Chi è?
Ah, sei cresciuto.
Da quando?
Presto.
Vengo, vengo, scendo con voi.
Tornerete presto.... me lo dice il cuore.
Escono cicalando per la comune. Giovanni li guarda uscire.
Non temere. Si ricomincia.
Via tutti.
Lucia resta sola e si getta a singhiozzare su di una poltrona.
Nennele torna correndo, prende Lucia fra le braccia e la bacia mille volte in viso.