Giuseppe Giacosa
Come le foglie

ATTO TERZO.

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ATTO TERZO.

 

La stessa scena del secondo.

 

 

 

SCENA PRIMA.

 

 

Giulia poi Nennele.

 

Giulia sull'uscio di Nennele.

 

Nennele.

 

Voce di Nennele.

 

Mammà.

 

Giulia.

 

Dammi la chiave del tavolino.

 

Nennele entra

 

Quale tavolino?

 

Giulia indica quello appoggiato alla parete.

 

Quello.

 

Nennele.

 

Per farne che?

 

Giulia.

 

Dammela.

 

Nennele.

 

Scusa. Per farne?

 

Giulia.

 

Per pigliar del danaro.

 

Nennele.

 

C'è qualche conto da pagare? Sono qui.

 

Giulia.

 

Nessun conto. Per me. Devo darti causa di scienza?

 

Nennele.

 

No certo. Puoi domandare quello che vuoi al papà e io non ho da saperne nulla. Ma quelli sono per la casa, li ho in custodia e restano per la casa.

 

Giulia.

 

Sei tu la padrona qui dentro?

 

Nennele.

 

No. E appunto per questo non posso disporre di ciò che non mi appartiene.

 

Giulia.

 

Se te ne domandasse Tommy!

 

Nennele.

 

Glie ne ho offerti otto giorni fa.

 

Giulia.

 

Dico bene!

 

Nennele.

 

Ma non glie ne offrirei più oggi. Ho rimproverato ad altri la debolezza. Non voglio esser debole io.

 

Giulia.

 

Se credi che Tommy non trovi anche lui ridicole le arie che ti dai.

 

Nennele.

 

Ho visto che ve l'intendete. Sei diventata la sua confidente.

 

Giulia.

 

C'è poco da confidare. Ha accettato un lavoro ingrato e ci attende. Ne dubiti?

 

Nennele.

 

No. Non so capire perchè evita di trovarsi con me. Si direbbe che mi nasconde qualche cosa. Se lavora, fa il suo dovere. Mi sono persuasa che qui ognuno deve fare con rigore quello che gli spetta.

 

Giulia.

 

E a te spetta di farmi da istitutrice eh? Da otto giorni ti ho sempre ai panni. Così ha ordinato il padrone di noi tutti, il signor Max.

 

Nennele.

 

Non hai altro a dirmi?

 

Giulia.

 

Ho a dirti che se il signor Max è per te il modello di tutte le perfezioni, dovresti sposartelo e finirla cogli equivoci.

 

Nennele.

 

E dopo questo non hai altro? C'è il papà che sta salendo. Intenditela con lui.

Rientra in camera.

 

 

Giulia.

 

Impertinente.

 

 

 

SCENA SECONDA.

 

Giovanni e Giulia.

 

Giovanni con un pacco in mano.

 

Hanno portato per te questa roba.

 

Giulia.

 

Che cos'è?

 

Giovanni.

 

Non so.

 

Giulia.

 

Ah sarà il resto dei miei studi. Quelli che non si sono venduti.

 

Giovanni.

 

Ne hai venduti?

Fa per strappare lo spago.

 

sorride sdegnosa.

 

Che domanda! Ero sulla lista per gli acquisti del Circolo. Non tirare così che li guasti.

 

Giovanni.

 

Dammi le forbici.

 

Giulia.

 

E sciogli il nodo. Lo spago può servire.

 

Giovanni.

 

Che massaia!

Fa per sciogliere.

 

 

Giulia.

 

Nennele sola saprà tener da conto!

 

Giovanni.

 

Oh. Crepi l'avarizia.

Prende le forbici sul tavolino e taglia.

 

 

Quanti erano?

 

Giulia.

 

Dodici.

 

Giovanni li conta.

 

Tre, sei, nove.... Ci sono tutti.

 

Giulia.

 

Impossibile.

 

Giovanni.

 

Contali.

 

Giulia.

 

È stato un errore. Ero sulla lista. Me lo ha detto Helmer. Li manderanno a riprendere. Vedrai.

Dispone gli studi sulla credenza.

 

 

Giovanni.

 

Se credi che mi rincresca.

 

Giulia.

 

Ecco alla prima apparenza di un insuccesso non hai più fede in me.

 

Giovanni.

 

Ma non ne ho mai avuta. E ringrazio il Signore che non sei un'artista.

 

Giulia.

 

Ah è così? Allora capirai che devo riprendere le mie attribuzioni. Sono tua moglie. Tocca a me il governo della casa.

 

Giovanni.

 

Riprendere? A Milano per le cose grandi c'era Andrea il maggiordomo che faceva i conti con me e per le piccole c'era Lucia che dipendeva da Nennele.

 

Giulia.

 

Perchè una signorina deve imparare....

 

Giovanni.

 

Ecco. E ha imparato.

 

Giulia.

 

Così devo star soggetta a Nennele

 

Giovanni.

 

Non sei soggetta a nessuno. Sono soggetto io?

 

Giulia.

 

Se ho bisogno d'una tazza di caffè dovrò domandar licenza a Nennele?

 

Giovanni.

 

Lo dici a Marta. Hai domandato licenza fin'ora?

 

Giulia.

 

Finchè mi credevi e potevo credermi utile per altre vie, ci stavo. Il mio contributo alla casa lo davo. No?

 

Giovanni.

 

Sì sì.

 

Giulia.

 

Ma se non servo ad altro, farò la massaia, come tu dici.

 

Giovanni.

 

Chi ti proibisce di dipingere?

 

Giulia.

 

La fede ci vuole. Ti rallegri se non mi comprano gli studi? Va benissimo. Allora, qua la cassa, qua il libro dei conti, un grembiule bleu e marche.

 

Giovanni.

 

Misericordia! Non darmi altri fastidi.

 

Giulia.

 

Sono tua moglie? Sono la padrona?

 

Giovanni.

 

E io.... cosa sono?

 

Giulia.

 

Non è una ragione per sovvertire l'ordine di natura. Me la vedrò con Nennele.

 

Giovanni.

 

Lascia stare Nennele, brava, lasciala stare.

 

Giulia.

 

Già. Perchè t'intimorisce, perchè fa la voce grossa. Ma l'ho anch'io una voce.

 

Giovanni.

 

Oh se l'hai.

 

Giulia.

 

E mi sentirà madamigella.

 

Giovanni.

 

Guarda. Ho già la testa che non mi regge. Sono stanco, stanco, stanco. Ammalerò se mi date altri fastidi. Tu non sai, nessuno sa la vita che faccio da tre mesi. Nessuno. Prenditi il governo, i conti, il danaro, ma che non siano guai in casa, per carità.

 

Giulia.

 

Oh a quel patto! Lo dirai tu a

Nennele.

 

Giovanni.

 

Sì. Lo dirò io.

 

Giulia.

 

Subito.

 

Giovanni.

 

Il Signore misericordioso poteva ben mandare a qualcuno l'ispirazione di comprarti quei....

 

Giulia chiama.

 

Nennele.

 

Giovanni.

 

Ora?

 

Giulia.

 

Bisogna battere il ferro mentre è caldo. Vedrai che ordine ti metto io qui dentro. E senza far la pittima.

 

 

 

SCENA TERZA.

 

Detti e Nennele.

 

 

Nennele.

 

Hai chiamato? È venuto Massimo?

 

Giovanni.

 

Non ancora.

 

Nennele.

 

Il treno arriva alle nove. Sono le undici.

 

Giovanni.

 

Oh colla burrasca di ieri e di stanotte! Magari è nevicato sulla montagna. Avrà perduto il treno.

 

Nennele.

 

Avrebbe telegrafato.

 

Giovanni.

 

O si sarà trattenuto in città per i suoi affari.

 

Nennele.

 

No, prima viene qui.

 

Giulia.

 

Tuo padre ti voleva dire....

 

Giovanni.

 

Lascia a me.

Trae Nennele in disparte.

Nennele, mammà desidera di tenere lei d'ora in avanti il governo della casa.

 

Nennele.

 

E tu glie lo dai?

 

Giovanni.

 

È un desiderio legittimo.

 

Nennele.

 

Giusto. È subito fatto. Ecco qui.

Va al tavolino per aprire il cassetto.

 

Giovanni le va vicino, piano.

 

Te n'hai per male?

 

Nennele.

 

No.

 

Giovanni c.s.

 

Per la pace.

 

Nennele.

 

Sì.

 

Giovanni.

 

Sorridimi, cara, sorridimi.

 

Nennele.

 

Come sei buono!

 

Giovanni c. s.

 

E.... badaci ancora.

 

Nennele c.s.

 

Non temere.

A Giulia.

Qui ci sono sessantatre lire e trenta centesimi. Qui c'è il libro delle spese, e questi sono i libretti dei fornitori.

 

Giovanni.

 

Vi annunzio che domenica vi conduco tutt'e due a Chamonix.

 

Giulia.

 

Era tempo.

 

Nennele.

 

A far che?

 

Giovanni.

 

È cosa intesa con Massimo. Massimo inaugura domenica il suo primo tronco di ferrovia. Sono stanco. Due giorni d'aria fresca mi faranno bene. Ne ho di bisogno.

 

Nennele.

 

Tu. Ma noi?

 

Giulia.

 

I paperi menano le oche a bere.

 

Giovanni.

 

Non me la godo da solo.

A Nennele.

Non darti pensiero della spesa. C'entra.

 

Nennele.

 

Ne vanno tanti!

 

Giovanni.

 

Avara. Fidati di questo dissipatore. So quello che mi dico. Quando viene Massimo me lo mandi giù nello studio.

S'avvia.

 

 

Nennele.

 

Sì.

Via Giovanni.

 

 

 

SCENA QUARTA.

 

Nennele e Giulia.

 

 

Nennele.

 

Dimenticavo. Questa è la chiave del cassetto. Sarà bene tener chiuso.

 

Giulia.

 

Che vuoi dire?

 

Nennele.

 

L'altra settimana mi son mancate trenta lire. Tre giorni fa mi sono accorta di non aver più quella treccina d'oro che mi aveva regalato la zia Irene. Di Milano l'ho portata di sicuro. Ma da poi che siamo qui non m'era più occorso di metterla. Chissà da quando è scomparsa. Ieri l'altro avevo dato ordine al cassetto del comò, e avevo segnato bene il posto di ogni cosa, per accorgermi se altri ci toccasse. E ieri mi son trovato mancare quella cornice d'argento per fotografie. Ti ricordi?

 

Giulia.

 

Mi pare, sì. Un orrore. Non mi piaceva.

 

Nennele.

 

Ad ogni modo....

 

Giulia.

 

Con quelle persone di servizio a buon mercato!

 

Nennele.

 

Marta è fedele.

 

Giulia.

 

Tante cose non si trovano sul momento e poi saltano fuori.

 

Nennele.

 

L'ho rimessa ieri l'altro a suo posto.

Con aria leggermente ironica.

A te non è mai mancato nulla?

 

Giulia.

 

Perchè sorridi?

 

Nennele.

 

Domando se ti sei mai accorta....

 

Giulia.

 

Oh chissà quante cose. Ma io mi fido di tutto e di tutti. A me anche un bambino potrebbe farla.

 

Nennele.

 

Già.

 

 

 

SCENA QUINTA.

 

Dette, Giovanni, Helmer Strile.

 

Giovanni.

 

Giulia. Guarda, c'è qui un signore che domanda di te.

 

Giulia premurosa.

 

Helmer.

 

Helmer.

 

Domando scusa dell'ora indebita.

A Giulia accennando a Giovanni.

Il signor Rosani? Mi fate l'onore.

 

Giulia.

 

Come? Non.... Oh! Giovanni. - Helmer Strile, un grande maestro.

 

Helmer.

 

Onorato.

 

Giovanni.

 

La ringrazio.

 

Giulia a Nennele.

 

Helmer Strile.

 

A Helmer.

 

La figlia di mio marito. Sapete che mi hanno mandato indietro tutti gli studi?

 

Helmer.

 

Vengo appunto per questo. Dove sono?

 

Giulia.

 

Eccoli.

Conduce Helmer presso la credenza.

 

 

Giovanni piano a Nennele.

 

Maestro di che?

 

Nennele c. s.

 

È un pittore. Si danno di maestro fra di loro.

 

Giovanni.

 

È già venuto altre volte?

 

Nennele.

 

In casa mai.

 

Giovanni.

 

Ti piace a te?

 

Nennele.

 

No.

 

Giovanni.

 

Nemmeno a me....

A Helmer.

Con permesso. Io devo scendere.

 

Helmer.

 

Prego, prego.

Via Giovanni.

 

 

 

SCENA SESTA.

 

Giulia, Helmer e Nennele.

 

 

Nennele prende un libro sul tavolino e va a sedere nel vano della finestra.

 

Helmer.

 

Dovevano essere compresi nella lista del Circolo. Ma la combriccola ginevrina non ne volle sapere. Lodano, ma dicono che voi siete qui da tre mesi soltanto e che potete aspettare.

 

Giulia.

 

Aspettare! Lascierò l'arte io.

 

Helmer.

 

Non dite cose sacrileghe. L'arte non si lascia. È nel sangue. Per fortuna, un amico mio li ha visti, se n'è innamorato e mi ha incaricato di comprarne.

 

Giulia.

 

Tutti?

 

Helmer.

 

Per ora uno.... o due. Due, due. Per le condizioni tratterò col segretario del Circolo. Fra noi non si può discorrere di queste cose.

 

Giulia.

 

Hai sentito, Nennele?

 

Nennele.

 

Mi pare. Sì.

 

Giulia.

 

Ho venduto due studi. Ho piacere che tu lo sappia.

 

Nennele.

 

Chi li ha comprati?

Helmer con lieve imbarazzo.

Un mio compaesano. Un grande amatore d'arte.

 

Nennele.

 

Ah! Ah!

 

Helmer piano a Giulia.

 

Non vi si vede più. Sono venuto due mattine laggiù!

 

Giulia c. s.

 

È stata lei.

A Nennele.

Mi fai il piacere, Nennele, di scendere dabbasso, dove tengo i miei arnesi di pittura, e di prendermi nella cassetta grande dei colori, quella tavoletta che ci troverai appena abbozzata? Bada che è fresca.

 

Helmer.

 

Se potessi io.

 

Nennele esce senza dir parola.

 

 

 

SCENA SETTIMA.

 

Giulia e Helmer.

 

Giulia.

 

Ho una piccola memoria per voi. Aspettate.

Corre in camera sua.

 

Helmer guarda gli studi.

 

Con cento franchi!

 

Giulia torna con un ritratto, formato cabinet, in cornice d'argento, involto in carta velina, lo porge ad Helmer.

 

Al maestro ed all'amico.

 

Helmer.

 

Il vostro ritratto! Com'è bello. Come siete bella! E che squisita cornice. Come v'inquadra bene il candore freddo dell'argento. Una gentile cosa. Grazie.

Le bacia le mani.

 

 

Giulia.

 

Incartate presto e mettete via.... presto che quella non veda.

Avviluppa il ritratto nella carta velina. Helmer lo intasca.

Da otto giorni esce sempre con me, mi accompagna da per tutto. Vi ho veduto l'altra mattina, volevo scendere, ma.... ci veniva anche lei! Una vita!

 

Helmer.

 

Ho preso l'abitudine di lavorare con voi. Se mi mancate, l'universo svanisce, le cose non hanno più voce colore e non mi confidano più nulla.

 

Giulia.

 

Come si fa?

 

Helmer.

 

Avrei trovato un luogo così bello! Sull'altra sponda del lago! Un recesso patetico e solenne.

 

Giulia.

 

Non me ne parlate.

 

Helmer.

 

Possibile che non vi riesca di liberarvi un momento? Vorrei che lo vedeste.

 

Giulia.

 

Dov'è?

 

Helmer.

 

Ah, no. Vi ci voglio condurre io.

 

Giulia.

 

Impossibile con voi.

 

Helmer.

 

Mi avete tolto ogni pace.

 

Giulia.

 

Non devo ascoltare queste parole. È lontano?

 

Helmer.

 

No. Verrebbe anche il mio vecchio compagno. Mi lasciate sperare?

 

Giulia.

 

Vorrei. Non domandate di più. Non sono libera.

 

Helmer.

 

Ma non va mai fuori la signorina?

 

Giulia.

 

Due volte la settimana ha una lezione in città.

 

Helmer.

 

Quando? Domani?

 

Giulia.

 

Domani ce l'ha.

 

Helmer.

 

Vi aspetto al Circolo? A che ora?

 

Giulia.

 

No, no, domani non voglio.

 

Helmer.

 

Perchè?

 

Giulia.

 

Giorno di venerdì. Mai.

 

Helmer.

 

Sabato.

 

Giulia.

 

Non ha lezione.

 

Helmer.

 

Domenica.

 

Giulia.

 

Domenica. Domenica forse potrei.... È qui che viene. Parlate forte.

 

Helmer.

 

I realisti non vogliono capire che il simbolo....

 

 

 

SCENA OTTAVA.

 

Nennele e detti.

 

Nennele entra senza parlare e va a sedere dov'era prima.

 

Giulia.

 

Ebbene?

 

Nennele.

 

Non c'era nessuna tavoletta, né abbozzata, da abbozzare.

 

Giulia.

 

Non hai trovato? Nella piccola cassetta.

 

Nennele.

 

Mi avevi detto nella grande, ma ho guardato anche nella piccola.

 

Giulia.

 

È strano.... perchè....

 

Nennele.

 

Oh, mamma!

 

Helmer.

 

Posso portarli via addirittura questi studi?

 

Giulia.

 

Come volete. Ve li incarto.

Prende due studi.

Questi due?

 

Helmer.

 

Sono tutti belli. Scegliete voi.

 

 

 

SCENA NONA.

 

Massimo e detti.

 

Massimo.

 

Gran ritardo.

 

Giulia.

 

O Max.

 

Massimo.

 

Buon giorno, zia.

A Nennele.

Come va?

 

Nennele.

 

Ti aspettavo.

 

Massimo.

 

Mille guai.

Vede Giulia coi due studi in mano.

È la tua pittura quella?

 

Giulia.

 

A te non piacerà.

 

Massimo.

 

Fai vedere. Mi piace.

 

Giulia.

 

Davvero?

 

Massimo.

 

Mi piace proprio. Non so se tu deva pigliarlo per un elogio.

 

Helmer.

 

L'arte si sente, non si ragiona.

 

Massimo.

 

Scusi, signore, io la ragiono. Mi piace la pittura che non capisco e mi piace perchè non la capisco.

 

Helmer.

 

La penetrazione dell'occulto.

 

Massimo.

 

Eh?

 

Helmer.

 

Dico: la penetrazione dell'occulto.

 

Massimo.

 

Ecco. Se quello che lei dice fosse in pittura, mi piacerebbe. I quadri che parlano chiaro sono sempre quelli. Comandano loro. È un bosco. È un prato. E io non sono sempre disposto a compiacermi di un bosco e di un prato. Invece in questi, ci vedo quello che voglio, secondo gli umori del momento. Comando io.

 

Nennele.

 

Bravo Massimo. Le migliori pitture sono le macchie dei muri.

 

Helmer.

 

Oh!

 

Massimo.

 

Vero, vero. La mattina allo svegliare le guardo e ci vedo delle nubi, dei dromedarii, delle grotte, un imperatore, una focaccia....

 

Giulia dispettosa.

 

Arte economica.

Stende un foglio di carta sulla tavola.

 

 

Helmer.

 

Un momento.

Leva il ritratto di tasca.

Ci metto anche....

 

Giulia piano.

 

Badate.

Helmer fa il pacco.

 

 

Massimo a Nennele.

 

Credevo di non arrivare. Non c'è stato anche qui un tempo scellerato?

 

Nennele.

 

Sì.

 

Giulia davanti alla tavola per nascondere Helmer.

 

Ieri e stanotte.

 

Massimo.

 

Oh, lassù. Disastri. L'Arve straripato, due ponti crollati, case rovinate, tre persone travolte nella corrente....

 

Nennele.

 

Morte?

 

Massimo.

 

Oh! Chi ci casca! In mezzo minuto! Nemmeno il tempo di affogare! Sbattuto ai massi ed ai tronchi....

 

Giulia a Helmer che ha fatto il pacco.

 

A me. Tenete. Io lego.

 

Nennele.

 

Vedremo le traccie domenica salendo a Chamonix.

 

Massimo.

 

Ah, ci venite poi?

 

Giulia.

 

Per mio conto ho pensato di no.

Si mette per legare il pacco che Helmer tiene in mano.

 

 

Nennele.

 

Come? Eri tu che insistevi.

 

Giulia.

 

A me non piace sfoggiare virtù al primo momento. Rifletto e faccio poi per il meglio.

 

Nennele.

 

Già

Il ritratto scivola dal pacco e cade.

 

Massimo a Helmer.

 

Guardi.

Lo raccoglie.

 

 

Giulia glielo strappa di mano.

 

Nennele ha veduto e scoppia in una risata.

 

Massimo a Nennele.

 

Che c'è?

 

Nennele ridendo.

 

Nulla.

 

Giulia incarta e lega in furia.

 

. Così non scapperà più.

 

 

A Helmer.

 

A voi. Vi accompagno fino all'uscio dell'orto.

 

Helmer.

 

Grazie. Signorina. Signore.

 

Via Helmer e Giulia.

 

 

 

SCENA DECIMA.

 

Massimo, Nennele poi Giulia.

 

Massimo.

 

Mi spieghi?

 

Nennele.

 

Mi fa schifo, schifo, schifo. S'è fatta comprare due sgorbi da quel bel signorino, che le fa il patetico intorno. Ha capito che era lui il compratore.... lui stesso moriva dalla voglia di tradirsi. M'hanno mandata via con un pretesto da collegiali. Che abbiano macchinato non so, ma lei, lei che prima era pazza per andare domenica a Chamonix e mi aveva rimbeccata per certe mie osservazioni, dopo.... hai sentito.... la saviezza! Ah, che anima bassa! E io ho passato una settimana a fare l'odioso e stupido mestiere di cane da guardia. Ho fatto questa ridicola cosa. Te la immagini eh? Una ragazza della mia età, che prende in custodia la virtù della sua matrigna.... Ti stupisce ch'io parli così? Non devo sapere? Non devo vedere? Ah! Tutte sanno e tutte vedono. Va . Le commedie che c'inibiscono in teatro, le vediamo in casa, in casa, in casa. Solo mi fa meraviglia che m'offendano ancora. Di' la verità che ti sembro un piccolo essere corrotto e grottesco! Che pietà! Che ribrezzo! Che pensi di me, Massimo.... che pensi di me?

 

Massimo.

 

Imparo. Mi accorgo che il mio genere di vita, mi ha lasciato ignorare molte cose. Ma quello che penso di te, non ti può spiacere. Trovo molto salutare la tua rivolta.

 

Nennele.

 

Non ne posso più. Se tu sapessi le idee che mi vengono in certi momenti! E mi sono anche alienato l'animo di Tommy. Tommy, che ha un sentimento così squisito dell'eleganza, deve aver trovate tanto misere e sciocche le mie pretese e la mia condotta. E si è voltato dalla parte di mammà! Se la intendono. Sorridono insieme, discorrono fra di loro, tacciono quando arrivo....

 

Massimo.

 

Ne sei gelosa?

 

Nennele.

 

Meno di quanto avrei creduto.

 

Massimo.

 

L'orgoglio!

 

Nennele.

 

Non mi capisci. Ne sono rattristata però. Tu sai nulla di Tommy?

 

Massimo.

 

No. Novità?

 

Nennele.

 

Non so.

 

Massimo.

 

Ci attende, al suo ufficio?

 

Nennele.

 

Credo. Se ne va tutte le mattine, rientra per la colazione, torna ad uscire, fino all'ora del pranzo. Ma ha l'aria scontenta. Ho fatto tanto per infondergli una volontà allegra. Ho cercato di volere per lui. Tu mi dicevi un giorno che la volontà può ogni cosa.

 

Massimo.

 

Bene applicata.

 

Nennele.

 

Tu credi di poter sempre conseguire quello che vuoi?

 

Massimo.

 

Quasi sempre. Col tempo e col silenzio.

 

Nennele.

 

Credi che potrei anch'io?

 

Massimo.

 

Credo di sì. Nei limiti del non assurdo. È certo che se tu volessi fare un uomo forte di Tommy.... che ha un sentimento così squisito dell'eleganza! E poi in te c'è ancora il dissidio fra gli istinti.... o meglio fra le abitudini e la ragione.

 

Nennele.

 

Non mi capisci.

 

Massimo.

 

Ad ogni modo, non stancare la volontà, a cose vane. Chi si vuol perdere lascia che si perda. Che vuoi fare colla tua matrigna per esempio? Io credo che tuo padre l'ha pesata e giudicata, e che domanda una cosa sola, che non lo distragga dal suo lavoro.

 

Nennele.

 

Non senti la ribellione?...

 

Massimo.

 

Vuoi ribellarti contro le foglie che il vento disperde? Trattienile se puoi. Hanno tanta grazia, e tanta eleganza, e non sai dove vanno a finire. Quella gente non finisce. Nessuno farà mai la bricconata concludente: svolazzano di viltà in viltà e dileguano nella viltà universale. Un bel giorno, ti volti, non ci sono più.

 

Nennele.

 

Così la pensi anche di Tommy?

 

Massimo.

 

Non so ancora. Volevo passare stamani dal mio amico per averne notizie. Ma con quel ritardo! Gli ho telegrafato dall'ultima stazione, che me ne telegrafasse qui. Sentiremo.

 

Giulia entra dal fondo.

 

Nennele appena la vede, a Massimo.

 

Guarda che il papà ti aspetta nello Studio.

Massimo s'avvia.

 

 

Appena sai nulla vieni a dirmelo, eh?

 

 

Via Massimo.

 

 

 

SCENA UNDICESIMA.

 

Giulia e Nennele.

 

Giulia.

 

L'hai mandato via per rimaner sola con me?

 

Nennele.

 

No. Il papà aveva detto di mandarglielo.

 

Giulia.

 

Si può sapere il perchè di quella risata sconveniente?

 

Nennele fa per andarsene.

 

Giulia.

 

Vieni qui.

 

Nennele.

 

Mammà, è meglio che tu mi lasci andare.

 

Giulia.

 

So quello che pensi. Ci sarà una sola cornice d'argento al mondo!

 

Nennele.

 

Non parliamo di queste cose. È così volgare. Non ti dico nulla, non voglio saper nulla.

 

Giulia.

 

Hai creduto che fosse la tua eh?

 

Nennele.

 

Lasciami andare. Non parliamo. Mi ripugna.

 

Giulia.

 

Lo sospettavi. Mi avevi fatto il tuo bravo interrogatorio.

 

Nennele.

 

Era la mia, l'ho riconosciuta. Sospettavo prima di parlartene. Dopo avertene parlato ne fui certa. Ieri, passando ti ho veduta entrare in camera mia. Sono scesa nell'orto, mi son messa a cantare per non darti sospetto. Tu hai fatto capolino fra le tende. Sono risalita dopo qualche minuto, ho visto aperto il mio cassetto e mi sono accorta ogni cosa. Ho voluto parlartene per mostrarti che stavo sull'avviso. Non sarei mai più tornata su questo discorso.

 

Giulia.

 

Inventi. Non è vero che io sia entrata in camera tua.

 

Nennele.

 

Tommy ti ha veduto uscirne.

 

Giulia.

 

Avrò aperto l'uscio per cercarti.

 

Nennele.

 

Se ti piaceva potevi domandarmela.

 

Giulia.

 

Non mi piaceva.

 

Nennele.

 

Infatti. Per l'uso cui la destinavi....

 

Giulia.

 

Quale uso? Ora ne viene un'altra. Quale uso? Volevo mostrare la mia gratitudine a chi si è dato la briga d'insegnarmi l'arte. Ho incorniciato, del mio, un mio ritratto. Vedi che te lo dico, tanto è innocente. Era un mio ritratto. Tu non lo sapevi nemmeno.

 

Nennele.

 

Si capiva.

 

Giulia.

 

Ne capisci tu delle cose!

 

Nennele.

 

Molte, più che non credi.

 

Giulia.

 

Ma sì. È da un pezzo che mi stai sulle piste. Bel rispetto! Fingevo di non accorgermene per riguardo a quel pover uomo di tuo padre.

 

Nennele.

 

Eh.

 

 

Sorriso amaro.

 

 

Giulia.

 

Ma ora che hai osato sospettarmi, voglio che si vada in fondo. Luce, luce.

 

Nennele.

 

No, mammà, no, non facciamo guai.

 

Giulia.

 

Niente, niente, si deve venire in chiara. Prove ci vogliono. Mi accusi? Prove. Tuo padre giudicherà.

 

Nennele.

 

Te ne prego.

 

Giulia.

 

Hai paura, eh?

 

Nennele.

 

Paura?!

 

 

 

SCENA DODICESIMA.

 

Tommy e dette.

 

Nennele.

 

Ah, Tommy. Vieni, vieni. Non potevi capitar meglio.

A Giulia.

Ti rimetti in Tommy?

 

Giulia.

 

Altro.

 

Tommy.

 

Cos'è stato?

 

Giulia.

 

È stato che tua sorella mi accusa di frugare nei suoi cassetti. Dice che tu mi hai veduto ieri, prendere....

 

Nennele.

 

No, prendere, no. Tu negavi di esser stata in camera mia: ho detto che Tommy ti ha veduto uscirne.

 

Tommy.

 

Ma che questioni sono queste? Andiamo, io non so nulla.

 

Nennele.

 

Oh, Tommy. Non evitare di rispondere. Vedi bene! Vuoi che possa dire che ho mentito? Ieri ti ho incontrato qui quando risalivo dall'orto. Ti ho domandato.... mi ricordo che l'ho fatto col tono il più indifferente, perchè non volevo metterti in sospetto. Ti ho domandato se avevi veduto mammà. Non volevo correre il rischio di entrare in camera e di trovarcela ancora. Mi avrebbe tanto imbarazzato! E tu mi hai risposto....

 

Tommy è sempre stato impassibile guardando in aria.

 

Nennele fissandolo.

 

Non è vero?

 

Tommy.

 

Non ricordo.

 

Giulia trionfante.

 

Ah!

 

Tommy piano a Giulia,

 

Taci.

 

Nennele.

 

Non ricordi nemmeno di esser stato tu ad ispirarmi il primo dubbio....

 

Tommy.

 

Che dubbio?

 

Nennele.

 

Oh, ti sarà passato di mente, Tommy. Hai la memoria così labile!

 

Tommy.

 

Finiamola, eh?

 

Nennele.

 

No, no, anche questo va detto, per misurare fin dove vanno le mie invenzioni. Otto giorni fa, proprio l'altro giovedì, ti avevo parlato di trenta lire....

 

Tommy.

 

Tu sogni.

 

Nennele.

 

Mammà, ti domando perdono, sono una bugiarda.

 

Giulia.

 

Vedi?

 

Tommy piano a Giulia.

 

Ti prego....

 

Giulia.

 

Mi basta, mi basta.... Imparerai.... Mi basta....

Va in camera sua.

 

 

 

SCENA TREDICESIMA.

 

Tommy, Nennele poi Massimo.

 

Nennele dopo un silenzio.

 

Povero Tommy. Quanto ti deve essere costato!

 

Tommy commosso trattenendo a stento le lacrime e con grande amarezza.

 

Tu sei la persona cui voglio più bene sulla terra.

 

Nennele.

 

Lo so.

 

Tommy.

 

Non dirmi nulla.

Va a sedere al tavolino e vi appoggia la testa.

 

 

Massimo dal fondo con un foglio in mano.

 

Nennele.

 

Tommy.

 

Oh!

Fa per levarsi ed andarsene.

 

 

Nennele a Tommy.

 

Stai , stai , lo mando via.

 

Tommy torna a mettersi colla testa sul tavolino.

 

Nennele va a Massimo, lo tira in disparte e gli dice piano.

 

Lasciaci un momento.

Lo guarda.

Come sei pallido. Cos'è accaduto?

 

Massimo le un telegramma.

 

Leggi. È di quell'amico mio dove avevo collocato tuo fratello.

 

Nennele legge con crescente dolorosa maraviglia.

 

Massimo riprende il telegramma.

 

C'è andato un giorno solo.

Fa un passo verso Tommy.

 

 

Nennele.

 

Non gli parlare. Lasciami.... L'hai detto al papà?

 

Massimo.

 

Non ne ho avuto il coraggio.

 

Nennele.

 

Scendi.... scendi dabbasso, nel prato. Ti chiamerò poi.

 

Massimo.

 

Sì.

Via.

 

 

 

SCENA QUATTORDICESIMA.

 

Tommy e Nennele.

 

Nennele va a Tommy, gli solleva la testa e lo bacia.

 

Che sarà di te? Che sarà di noi?

 

Tommy.

 

Che ti voleva Massimo?

 

Nennele.

 

Mi ha fatto leggere una lettera di quel suo amico. Ci sei andato un giorno solo.

 

Tommy s'alza e s'allontana.

 

E già. È così.

 

Nennele.

 

Sta qui.... sta qui vicino a me.... che parliamo.

 

Tommy.

 

A che serve?

 

Nennele.

 

Oh a nulla. A soffrire un po' di più. Mammà lo sapeva?

Tommy fa cenno di sì col capo.

 

 

Nennele.

 

Era la tua confidente?

 

Tommy.

 

Ha indovinato.

 

Nennele.

 

Io no. Non avrei mai indovinato. Dove andavi tutte quelle ore che stavi fuori di casa? Lo vuoi dire dove andavi? Oh, puoi parlare, sai. Sono una ragazza a cui si possono dire le cose. Andavi da quella signora? Ne sei innamorato?

 

Tommy fa cenno di no.

 

Nennele.

 

Un giorno solo hai durato! Ti stancava? Ti sentivi umiliato eh? Come io alla prima lezione. Ti pareva una cosa meschina e grossolana, O forse lo pensavi già da principio che non avresti durato a quel lavoro?

 

Tommy.

 

Se tu sapessi la pena che mi fa, solo il tuono della tua voce!

 

Nennele.

 

Lo credo, mi faccio tanta pena a me stessa. Siamo stati troppo insieme noi due. E tanto bene. Se ti perdi è finita anche per me. È la prima volta che non indovino i tuoi pensieri. C'intendevamo tanto. Quando il papà ha ripreso moglie, te ne ricordi, non abbiamo detto una parola.... mai.... di lui, di lei. Solo mi conducevi a passeggio tutte le mattine. C'intendevamo tanto! Eri buono.

 

Tommy.

 

Facile!

 

Nennele.

 

Sei buono.

 

Tommy sorride amaro.

 

Nennele.

 

Lo pensavi già da principio, di', che non avresti durato a quel lavoro? Fino da quando hai detto a Massimo che lo accettavi?

 

Tommy.

 

Perchè insisti?

 

Nennele.

 

Non so. Mi pare che tutto è .

 

Tommy.

 

Non capisco.

 

Nennele.

 

Mi pare che tutto l'avvenire è . Mi pare che è la domanda più importante che ti posso fare. Non so spiegartelo. Mi viene così.

 

Tommy.

 

È strano che mi domandi una cosa che m'è venuta in mente tante volte in questi giorni. Vuoi dire, se ho saputo volere almeno un momento.

 

Nennele.

 

Forse. Sì. Almeno un momento.

 

Tommy.

 

Difficile! Quando ho accettato ero persuaso di volerci durare.... Ma, se mi hai visto, mi son messo subito a scrivere un biglietto per mandarlo laggiù dove mi aspettavano a colazione. E mentre scrivevo, sentivo una voce ironica dentro di me: Bravo. Tieni una porta aperta. E ero stupito che la decisione non m'avesse costato più sforzo. Mi dicevo: Al momento buono vorrò. Contavo che le cose mi avrebbero preso. Ci sono andato. Il padrone mi ha fatto visitare tutta la fabbrica. Bello! Un apparato di energie delicate e sicure. Poi mi ha condotto nel suo studio e mi ha dato a scrivere due o tre lettere.... da nulla. Nulla mi ha colpito. Nessuna fatica, nessun disgusto.

 

Nennele.

 

Nessun ardore.

 

Tommy.

 

E l'indomani non sono tornato.

 

Nennele.

 

Hai combattuto?

 

Tommy.

 

No. Non ho mica deciso di non tornarci. Non ci sono tornato.

 

Nennele.

 

Le cose non ti avevano preso.

 

Tommy.

 

No.

 

Nennele.

 

Bisogna darsi alle cose. Che conti di fare?

 

Tommy.

 

Non voglio pensarci.

 

Nennele.

 

Puoi comandarti di non pensare?

 

Tommy.

 

Il pensiero è sempre, ma ne faccio passare degli altri davanti. Non ho imagini profonde. Mi vedo come in uno specchio. Come vedrei una persona indifferente. So quello che avverrà. Non farò nulla perchè avvenga, non farò nulla perchè non avvenga. Mi abbandono alla corrente.

 

Nennele come proseguendo un suo pensiero.

 

Alla corrente dell'Arve, in piena.... che non tempo neanche di affogare. Sbattuti ai massi ed ai tronchi....

 

Tommy.

 

Che dici?

 

Nennele.

 

Nulla. Mi tornano in mente delle parole di Massimo.... tu hai nominato la corrente.... e.... Non ci badare. Cose mie.

 

Tommy.

 

Il papà.... è informato?

 

Nennele.

 

Non ancora.

 

Tommy.

 

Ti è penosa eh la convivenza con mammà?

 

Nennele.

 

Oh! Oramai.

 

Tommy.

 

È un'incosciente. Piomberà come me, di caduta in caduta....

 

Nennele.

 

Tu non puoi più dirne male. Te la sei alleata.

 

Tommy.

 

Mi disprezzi tanto!

 

Nennele non risponde.

 

Tommy.

 

E non sai ancora. Se tu sapessi.... Devo dirti ogni cosa? Vuoi? Come ai tempi d'una volta?

 

Nennele.

 

Dimmi, sì.... Dimmi tutto. È una forza dir tutto. Quanto più ti costa tanto più devi parlare. Chissà. Dimmi presto.... Tommy.

Tommy.

 

Mi viene in mente una arietta di Metastasio: Voce dal sen fuggita....

 

Nennele.

 

Oh miseria!

 

Tommy cupo e violento.

 

Devo dei danari ad una donna. Capisci? Molti. Non glie li ho cercati....

 

Nennele.

 

Non scusarti.

 

Tommy.

 

È vero. Bisogna dirla intera la verità. Il male ed il bene. Me li ha offerti.... ha insistito.... perdevo, volevo rifarmi.... avrei dato dieci anni di vita per trovare.... e li ho trovati facili facili. Tutto facile è stato nella mia vita. Tutto facile fino dal principio, e continuamente, e sempre: facile il vivere, facili le cognizioni, facili i piaceri, facili l'ossequio e la benevolenza, facile la pietà, facili i vizi.... una cosa sola difficile.... la volontà, ma non mi occorreva. Fino a tre mesi addietro, la volontà per me si chiamava o consuetudine o capriccio.... il giorno che è bisognato volere...

 

Nennele.

 

Eri arrugginito.

 

Tommy.

 

Oh altro che arrugginito.... Mancava la ruota, mancava il congegno.

 

Nennele.

 

Non potrai volere neanche il male.

 

Tommy.

 

Oh il male.... lascia fare a lui. C'è chi lo vuole per me.

 

Nennele.

 

Quanto devi?

 

Tommy.

 

Inutile.

 

Nennele.

 

Se scrivessimo alla zia che è tanto ricca.

 

Tommy.

 

Mi manderebbe una spilla da cravatta.

 

Nennele.

 

Li domando a Massimo.

 

Tommy.

 

Te li darebbe certo. Ma poi! Ricomincerei da capo. Tanto vale, dare il tuffo, una volta per sempre.

 

Nennele fissandolo con occhi sbarrati.

 

Il tuffo!

 

Tommy ridendo.

 

Non nell'acqua, sai.... Hai creduto che parlassi d'ammazzarmi? Che! Non siamo di quelli.

 

Nennele.

 

No eh?

 

Tommy.

 

Il tuffo nei milioni. Pago. Me la sposo.

 

Nennele inorridita.

 

Tu sposi quella donna...?

 

Tommy.

 

Promessa data. Fra otto giorni.

 

Nennele.

 

Fra otto giorni ti giuro che non la sposerai.

 

Tommy.

 

Chi può impedirmelo?

 

Nennele.

 

Vedrai.

 

Tommy.

 

Bada che se Massimo mi dice una sola parola....

 

Nennele.

 

No....

 

Tommy.

 

E anche ti consiglio di non dir nulla al papà. Non gioverebbe. Inutile affliggerlo innanzi tempo. Se lo sapesse.... me ne andrei di casa sull'attimo. Sono libero. A cose fatte.... lascieremo Ginevra.... e lo saprà.

 

Nennele.

 

Dove vai ora?

 

Tommy.

 

.

 

Nennele.

 

Addio, Tommy.

 

Tommy.

 

Tu non mi rivolgerai mai più la

parola eh?

 

Nennele.

 

Non sai quello che dici! Addio, Tommy. Addio, povero Tommy.

 

Tommy esce precipitoso.

 

 

 

SCENA QUINDICESIMA.

 

Nennele poi Massimo.

 

Nennele rimane fissa, immobile, ritta accanto alla tavola. Con movimento incosciente batte colle dita sulla tavola. Guarda innanzi a sé, nel vuoto.

 

Tutto via.... Tutto via.... tutto è andato. Finito!

 

Si passa ripetutamente una mano sulla testa come carezzandosi i capelli.

 

 

Stassera.

 

Massimo.

 

L'ho veduto uscire. Non mi chiamavi.

 

Nennele.

 

È vero. Perdonami. - Sai? Sposa quella donna.

 

Massimo.

 

Non hai potuto dissuaderlo?

 

Nennele.

 

Non ho nemmeno tentato. Così crolla questa casa. Lo sfacelo.

 

Massimo.

 

Tuo fratello non è tutta la casa.

 

Nennele.

 

Oh il resto! Mammà se ne va anch'essa per altra via. Ne ho viste oggi delle cose. Una giornata piena d'insegnamenti.

 

Massimo.

 

E tuo padre?

 

Nennele.

 

Sì. Certo.

 

Massimo.

 

Così retto, così buono.

 

Nennele.

 

È vero. E vorrei mettermi in ginocchio davanti a lui, colle mani giunte e che vedesse l'amore che gli porto. Ma ci sono dei momenti in cui tutte le verità si affacciano nude e inesorabili. E bisogna riconoscerle. È debole anche lui.

 

Massimo.

 

No.

 

Nennele.

 

Non ha l'energia che vince le cose e domina gli animi. Tu sei più forte di lui mille volte.

 

Massimo.

 

Non credo. Io ho l'energia che intraprende. Egli ha quella che resiste. Che è la più difficile: quella che meno gioie.

 

Nennele.

 

O Massimo, se tu sapessi come mi rimorde dirti queste cose. Sono così piccole cose. Ma bisogna che tu le sappia, perchè resti tu solo a quel poveretto.

 

Massimo.

 

Io solo?!

 

Nennele.

 

Vedi? Stamattina, mi ha tolto il governo della casa, per darlo a mammà! Mi fa sorridere, pensare che ti racconto.... Sono tanto lontana da questo. Me lo ha tolto.... e non glie ne faccio rimprovero, ma poi, subito è venuto quasi a scusarsi, e a dirmi piano che sorvegliassi ancora!... Eh! Eh! Eh!

 

Massimo.

 

Come sei orgogliosa!

 

Nennele.

 

O no. Lo mettevo tanto su in alto. Di lui ogni piccola ombra mi ferisce più che le colpe degli altri. So quello che guadagna.... da principio siamo andati giusti giusti ma poi da un mese spendiamo molto di più.... e glie l'ho detto.... e ne ha riso. Miserie, miserie mie pensarle e dirle, ma per lui si sgretola l'intonaco, per gli altri cadono i grossi massi. Lo sfacelo.

 

Massimo.

 

Vuoi essere mia moglie, Irene?

 

Nennele.

 

Non accetto elemosine.

 

Massimo.

 

Non vuoi?

 

Nennele.

 

No.

 

Massimo.

 

Non puoi volermi bene?

 

Nennele.

 

Non è questo. Non credo che tu me ne voglia.... di quello. Non credo che tu sia disceso mai dentro l'anima mia.

 

Massimo.

 

Oh, fino in fondo.

 

Nennele.

 

Sì?

 

Massimo.

 

Cos'è che ti ride così nel fondo della pupilla?

 

Nennele.

 

Trovi che ride? - Ti ringrazio però, sai, Massimo.

Lunga pausa.

Stassera torni a Chamonix?

 

Massimo.

 

Per forza. Ho tanto da fare. Perchè me lo domandi?

 

Nennele.

 

Per nulla. Così.

 

Massimo va verso l'uscita.

 

Nennele.

 

Mi lasci?

 

Massimo.

 

Sì. Ho bisogno di scendere e di camminare.

 

Nennele.

 

Vuoi che scenda con te?

 

Massimo.

 

No. Ho bisogno di essere solo.

 

Nennele.

 

Vai via offeso?

 

Massimo.

 

No. Passeggio sotto.

Esce.

 

 

Nennele tristamente.

 

Non ha capito.

 

Cala la tela.


 

 

 


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