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Sala da pranzo in casa dell'avvocato Giulio.
SCENA PRIMA.
Emma siede davanti al caminetto, pensosa. Fabrizio entra dallo studio, si guarda attorno, viene non avvertito fin dietro di lei, le prende la testa fra le mani, la rovescia verso di sè e la bacia sulla bocca.
Emma.
Mi fai morire!
Dimmi che mi ami; dammi il buon
giorno con una parola d'amore!
Emma.
Ti amo.
Dimmelo ancora.
Emma.
Ti amo, ti amo, ti amo! Sei venuto,
sono contenta.
Non mi aspettavi?
Emma.
Ti aspetto sempre!
Stamane non dovevo venire così presto in studio. I passi mi ci hanno portato. Ogni giorno mi dico: non l'ho mai amata tanto! Sono salito. Non speravo di vederti, volevo essere un momento nella casa ove tu sei. Ma poi Giulio discorreva nel suo gabinetto, non s'è accorto di me: ho sentito qui il tuo passo tranquillo e lento.... Come sei bella!
Emma.
Mi vuoi bene?
Ti amo.
Emma.
Mi vuoi anche bene?
Come facevo a vivere quando non
ti amavo?
Emma.
Mi vuoi anche bene?
Lo sai.
Emma.
Rispondi. Quando poi tu sei uscito, le tue parole restano qui. Tu hai gli affari che ti distraggono, le mie faccende mi lasciano andar via colla mente e ascoltare la memoria. Quando sono sola ti lascio dire, ti lascio dire, come facevo con te quella sera lassù in montagna che tu avesti paura del mio silenzio e io mi godevo la tua voce. Ma pensa! Tutta la giornata! Bisogna dirmi tante cose che me ne resti, e: tante cose vuol poi dire una cosa sola, non è vero? e ripeterla mille volte come un'orazione. Vai già via?
Per forza - sono salito in furia, non mi posso trattenere.
Emma.
Emma.
Lo sai che non sono viva quando tu non ci sei. Stassera?
Sì: ogni sera uscendo mi prometto di non tornarci mai più e poi la mattina comincio a contar le ore. Non potrei non venire, ma è un tormento!
Emma.
E per me!
Tu puoi tacere: sei lì china sul tuo lavoro, mi senti vicino, mi ascolti parlare e puoi tacere e pensare. Io devo discorrere con Giulio, badare a quello che mi dice, sorridere, ridere, e intanto sento il tuo sguardo e il tuo respiro che mi fanno raccapricciare!
Emma.
Ti ricordi prima? Che sere! Quante cose dicevano tutte le parole! Tu lodavi la stagione e ti sentivo dirmi il tuo amore e ti dicevo il mio parlando della casa.
Anche ora.
Emma.
Sì: ma con tormento. - Che sarà di noi?
Non pensiamo. Domenica da tuo zio?
Emma.
Sì.
Ti voglio anche bene.
Emma.
Sì.
Ma ti amo anche tanto!
Emma.
Sì.
Emma.
No.
Allora esco di là che Giulio non mi veda. Addio.
Via.
Un silenzio. Emma prende certe stoviglie che sono sulla tavola di mezzo e le mette nella credenza.
Emma, c'è di là Ranetti; gli ho offerto il vermouth.
Emma.
Vedi che non ho finito di assestare.
Ranetti vede di peggio a casa sua.
Emma.
Lasciami levare quei panni dal fuoco.
Perchè? Dove c'è bambini si sa! il vermouth è qui nell'armadio?
Emma.
Sì.
Giulio apre l'armadio, prende una bottiglia e il cavatappi mentre Emma ripone le stoviglie.
Ranetti mi ha portato il mio dividendo nella liquidazione dei molini. Abbiamo venduto con un profitto insperato. Ranetti è un diavolo per queste cose! Indovina quanto mi tocca.
Emma.
Non so.
Undici mila lire. Non dici nulla?
Emma.
Già, tu non sai il valore del denaro. Quando tre anni fa sono entrato per tre mila lire nell'affare dei molini tu me ne sconsigliavi. Quei denari volevi metterli ad abbellire la casa.
Emma.
Sono una sciupona.
Ti dico questo per scusarmi di avere avuto giudizio.
Vedendo che Emma prepara due soli bicchieri.
Emma.
Io non ne piglio. Faccio economia.
Sei ingiusta.
Emma.
Hai ragione, perdonami, ma mi farebbe male. E poi ho da fare di là.
Rimani un momento. Ranetti ha piacere di salutarti. Lo chiamo?
Emma.
Eccomi. Come sta madama?
Emma.
Bene, e lei?
Ho incontrato la sua bambina ora per strada. Gemma la chiamano eh?
Emma.
Sì.
Emma la madre, Gemma la figlia.
Volevo chiamarla collo stesso nome di mia moglie. Essa non ha voluto dicendo che faceva confusione: allora ho aggiunto un G.
L'iniziale del tuo nome. E che bambinona prosperosa! Marta stentava a tenerle dietro. Va già a scuola?
Emma.
No, Ha cinque anni. La mando con Marta a far la spesa per farla camminare un po'. Io non trovo mai tempo di uscire la mattina.
A Giulio che gli offre il vermouth.
Madama prima.
Emma.
Le dà alle gambe? Alle signore il vermouth dà alle gambe. A me le rinforza e ne ho di bisogno. Sono in piedi da ieri mattina.
Emma.
Come va?
Non sa che stanotte c'è stato il ballo grande al circolo?
Chi lo direbbe il più attivo e solerte dei procuratori? Balla tutta la notte.
E sgobba tutto il giorno. Madama non mi domanda nemmeno come è andato?
Emma.
Com'è andato?
È andato male. Oramai al circolo non si può più ballare.
A Giulio.
Son venuto anche per parlarti di questo.
A me?
Non sei tu il presidente? È la solita storia. Noi paghiamo, gli ufficiali se la godono e ci sbeffeggiano. Il tenente dei carabinieri balla cogli speroni. Ieri sera ha fatto un sette nell'abito della signora Pastòla, che ci passava il mio cappello. Pastòla vuol mandargli il conto. L'altra sera strepitavano che essi vengono in spalline, che noi si doveva andare in marsina. Almeno al ballo grande dicevano. Sono andato in giacchetta e dirigevo io. La legge in paese ce la devono fare i forestieri? Le ragazze non hanno occhi che per loro. Rubano ad ogni giro! I borghesi non possono mai ballare.
Sono giovani.
E noi? Intanto non sposano mai e fanno delle scenate.
Ma sì! Ieri sera dirigevo io. Se non si comanda la queue non c'è più ordine, non è vero? E bisogna vociare: scelgono me per questo: quando comando io, tremano i vetri. Ebbene ieri sera una volta che grido la queue, un capitano che stava in prima fila colla signora Sequis dice: Che cannonata! e si tura gli orecchi. Io mormoro fra di me, fra di me, nota bene: se alle cannonate si turano gli orecchi! Nient'altro! Finito il ballabile, vengono due ufficiali e mi domandano che avessi detto. Io ho usato prudenza e ho risposto che non ricordavo: Lei ha detto di qui fin qui; e mi ripetono la mia frase in tono minaccioso. Io uso prudenza e nego. Come si fa? Battersi? Le tocco. Più tardi al cotillon....
Giulio va all'uscio dello studio.
Ti secco?
No.
Guarda nello studio poi torna.
Tira innanzi.
Al cotillon si faceva la figura delle farfalle: nota che l'ho introdotta io al circolo quella figura, e ho regalato le farfalle che avevo fabbricato io nel retro bottega di Pasca. Sai com'è la figura delle farfalle?
Me lo immagino.
Si prendono....
Ebbene Béssola mi avverte che c'era il tenente Rovi che entrava sempre nella figura quando non gli toccava. È uno sperlungone che sfonda le cupole, naturale che le farfalle le acchiappa lui. Béssola che è piccolo non ci arriva mai. Che avresti fatto tu?
Mah!
Io adocchio e quando vedo il tenente Rovi entrare fuori di turno, lo prego di ritirarsi. Colle buone s'intende. Mi rispondeva di sì e seguitava. E una volta lo prego, e due lo prego, e tre. Alla quarta lo prendo per un braccio per tirarlo via. Si scioglie con uno strappo e mi dà del villano, là, forte!
Oh diavolo! e tu?
Io ho usato prudenza e sono andato a cena. Ma ti avverto che al circolo si mormora contro di te. Tu sei il presidente!
E ti hanno riconfermato: dunque tocca a te a provvedere. Ma le sere dei balli non ti si vede mai.
Emma.
Non ne ho voglia.
Una signora giovane! Anche di questo si mormora.
Emma.
Non faccio del male a nessuno.
Di mala voglia anche allora. Emma ha un carattere posato, non ama trovarsi colla gente, non ama discorrere.
Oh! un'apparizione.
Emma.
No, guardo nello studio se non è entrato nessuno. L'ho lasciato aperto.
Il tuo sostituto ama i suoi comodi.
Gli avvocati non hanno dei sostituti, hanno dei collaboratori.
Oh scusi!
E il mio collaboratore non è in studio perchè è andato in pretura per conto mio.
Volevo ben dire che non era il ballo la cagione del ritardo.
Perchè il signor conte Arcieri non ci fa l'onore di mettere i piedi al circolo.
Ha altro per la testa.
E poi non siamo gente del suo bordo.
Emma si alza e fa per allontanarsi.
Madama ha da fare. Leviamole l'incomodo.
Emma.
No, volto questi panni perchè non brucino.
Tanto.... la discrezione....
Lascia stare la discrezione, e poichè sei un bravo ragazzo abbi un po' d'indulgenza nei tuoi giudizî.
Ho detto che il tuo collaboratore non è del nostro ceto - un nobile!
Firma: avvocato Arcieri senz'altro.
Come a dire che il titolo non gli occorre portarlo, che tutti lo dobbiamo conoscere.
Se lo portasse gli fareste il rimprovero a rovescio.
Di' che non sta sulle sue!
È serio, è vergognato della vita equivoca e viziosa di suo padre.
Suo padre almeno è gioviale, alla mano, pieno di spirito.
I dissoluti sono tutti così. Ma deve a mezza la città. Il figlio in quanti incontra ha paura di trovare un creditore.
Ma paga come può. Il padre non ha più un soldo. Campa di giuoco e di peggio. Ha dato fondo a tutto il patrimonio del figlio. A questo non rimane che una pensione di 2000 lire che gli deve passare quell'usuraio di Maraschi. Ebbene non ne tocca un quattrino, la mette tutta quanta a riturare qua e là le buche più grosse. Questi sono fatti che contano. Vive di quelle poche cause che gli cedo io, ma nessuno di voi altri l'aiuta. Tu procuratore avviatissimo, non gli hai ancora mandato un cliente.
Li mando a te.
Non è la stessa cosa. Io ho una bambina e ne possono venire degli altri. Del lavoro che viene a me ho il dovere sacrosanto di sbrigarne io quanto più posso. Egli stesso non ne vuol sapere: l'altro giorno mi disse che s'accorgeva di essermi di peso, parlava d'andar via per cercar fortuna. Ma finchè sta qui spera di tenere in soggezione il padre, che non le faccia troppo grosse. È una cosa dolorosa. Altro che le farfalle del Cotillon! Vive come un anacoreta. Si lesina il centesimo, non si è associato al circolo per via della spesa. Abitare col padre non può: è così poco rispettabile quella casa! Sta a dozzina dal cancelliere di Pretura: ha un aspetto elegante perchè riduce e finisce di usare gli abiti smessi di suo padre, che fa il damerino a cinquanta anni. Ti prego poi di non andare a blaterare di queste cose al Caffè Vasco. Ma chi può dire se tu ed io saremmo capaci di fare altrettanto? E invece di ammirare o almeno di apprezzare quella virtù, di sostenere quel coraggio, voi altri gli mostrate una freddezza ripulsiva che egli attribuisce a diffidenza, a disistima per la triste fama del suo nome. È una cosa dolorosa.
È da un pezzo che ti volevo dire queste cose. Ma mi ripugnava mendicare amicizie a chi merita di trovarle spontanee.
Hai ragione. Gli mando oggi un famoso cliente. Sei contento?
Farai bene. È abilissimo.
Tarderà molto a venire?
Non so.
Tu lo aspetti?
No, alle dieci vado in tribunale.
Allora bisognerà che gli lasci un biglietto perchè vada subito dal dottor Brusio. Sai che il dottore è invalido, non si può muovere.
È quello il cliente?
Sì. Buono eh? Rubbo l'impresario doveva pagare ieri sera al dottore una somma di 15,000 lire.
È per questo che non paga. Lo conosco, è cavilloso come un cattivo procuratore. E se non ha pagato s'intavola una litaccia che si farà grossa come una casa. Dove posso scrivere il biglietto?
Emma siede vicino al fuoco pensierosa.
È un buon diavolaccio.
Emma non si muove. Giulio le si avvicina e quasi per svegliarla.
Oh!
Emma.
Sei buono!
Perchè? Perchè ho difeso Fabrizio? Farebbe lui altrettanto e più per me. Non lo credi?
Emma.
Sì. Sei buono.
È così facile quando si è contenti. Paragono la mia vita alla sua e mi trovo possedere tante ragioni di felicità e lui così poche, che mi pare di essergli in debito. Io ho te, ho Gemma, gli affari prosperano, la gente mi vuol bene. E lui! Domenica quando andavo a raggiungerti alla villa di tuo zio, avevo presa la scorciatoia che costeggia il Vasco: l'ho visto là tutto solo che andava su e giù per il greto, con un'aria così abbandonata! L'ho chiamato, è venuto arrossendo di che lo avessi colto in flagrante delitto di poesia, diceva lui! Gli altri della sua età e della sua condizione la domenica vanno in brigata, se la godono, egli aveva proprio l'aria di non essere di nessuno. Eravamo a pochi passi dalla villa, l'ho invitato ad accompagnarmi che avrebbe pranzato con noi. Non ci fu verso. Mi sono voltato due o tre volte a guardarlo ancora che tornava in città. Povero diavolo! Ti fa pena eh?
Emma.
Si vede! Quel padre è così spregevole! I giorni di mercato tutto elegante com'è, si rintana in un bugigattolo alle Tre Colombe e giuoca a macao coi negozianti di bestiame che scendono dalla montagna. Quindici giorni fa il Rosso, l'impresario della diligenza, l'ha schiaffeggiato perchè faceva saltare le carte.
Emma.
Che orrore!
Pensare che Fabrizio potrebbe innamorarsi di una brava ragazza, e che c'è caso gliel'avessero a ricusare perchè è figlio di suo padre.
Emma.
Sì, alle 10.
Emma.
Verrai a mezzogiorno per la colazione?
Sì, sì.
Oh bravo.
Emma.
Sarà Fabrizio.
Venga qui, venga qui. Si parlava di lei in questo momento.
L'interrogatorio Bonola rinviato a quindici giorni, Martino assolto.
Un bicchierino di vermouth?
Grazie, no.
Di me?
Sì, per un affare che può farsi grosso. Può venire con me subito?
Ma!
Va' pure. Io ho udienza in Tribunale, ma non aspetto nessuno.
Le avevo scritto un biglietto, ma se viene lei si fa più presto. In mezz'ora ci si sbriga. Le affido un famoso cliente.
È permesso?
Guarda un po'.
È permesso?
Mio padre!
Posso entrare qui?
Si accomodi.
Vuoi me? Vieni.
Dacchè ho la fortuna di poter salutare una bella signora, non me la lascio scappare. Come sta, signora Scarli?
Emma.
Io non ho mai occasione di trovarmi con lei, avvocato, ma so tutto quello che ha fatto e che fa in favore di mio figlio. È inutile dirle che gliene sono riconoscente.
Fabrizio mi aiuta, stiamo bene insieme.
Sì. Oh Ranetti!
Bene, se godo le sue grazie. E stanotte ne abbiamo fatte delle vittime eh? L'indomani di un ballo è un coro generale d'imprecazioni mascoline contro di lei.
Qualche ufficiale?
No, i mariti. - Vedo che l'avvocato ha intenzione di offrirmi il vermouth.
Oh scusi!
lo serve.
Bada che ho molto da fare. Se ti occorre veramente di parlarmi.
Mi occorre tanto che sono andato a cercarti in Pretura.
Se vuoi venire di là. - Scusi, signor Ranetti, sento quello che vuole mio padre e poi sono da lei.
Devi uscire col signor Ranetti?
Sì.
Ne avranno per un pezzo?
Ebbene, siccome una mezz'ora almeno di colloquio con mio figlio occorre anche a me, le cedo il passo. Gli affari anzi tutto.
A Fabrizio.
Tu ritorni qui?
Qui!
Domando perdono alla signora e all'avvocato se do appuntamento a mio figlio in casa loro, ma siccome vorrei parlare anche con loro, anzi prima con loro....
Il guaio è che io alle dieci devo essere in tribunale e
Emma.
Con me?
Se mi permette.
È proprio indispensabile che io venga con lei?
Sarebbe meglio.
Tu non puoi rimettere ad oggi?
Impossibile: ma ti dico hai tutto il tempo, prima di parlare con te io ho piacere di dire due parole alla signora.
Abbia pazienza, vada senza di me.
Si direbbe che ti dà fastidio di lasciarmi qui solo. Sono sicuro che l'avvocato non ha nessuna difficoltà a concedermi di rimanere mezz'ora con sua moglie.
S'immagini!
Ma io....
Come si fa?
A Fabrizio.
Allora tuo padre ti aspetterà qui.
Per chi mi pigli?
Madama....
Emma.
A rivederlo.
Giudizio eh? E mi voglia bene.
Sempre.
Fabrizio ad Emma salutandola.
Torno subito.
A Giulio.
Via per lo studio con Ranetti.
Detti, meno Fabrizio e Ranetti.
Perdoni un momento, due parole a mia moglie.
Mi dà una soggezione!
Abbi pazienza. Fabrizio verrà subito, hai visto com'era seccato. Se potessi rimanere, ma come si fa? Del resto vedrai che è compitissimo. Non posso immaginare cosa voglia da noi. Denari no, non oserebbe. Se mai....
Emma.
Io non ne ho, ma pensa che imbarazzo se me ne domandasse!
No, no, a te non osa. Se mi riesce di sbrigarmi, vado e torno. Addio eh?
Emma.
Se vuole accomodarsi.
La ringrazio.
È proprio una violazione di domicilio, a quest'ora indebita. Ma per le belle signore non c'è ora indebita. Esse trionfano a tutte le ore.
Emma.
Scusi se la ricevo qui nel tinello, ma in sala fa freddo, non c'è il fuoco acceso.
Ma qui è bellissimo, qui si sta d'incanto, anzi quest'aria casalinga è così attraente! Avevo già più volte pregato Fabrizio che mi accompagnasse da lei.
Emma.
Io faccio una vita così ritirata! Nelle città piccole non c'è l'abitudine....
Sono dunque doppiamente indiscreto. Ma si tratta di una cosa grave. Volevo rivolgermi a Fabrizio, poi ho pensato che era meglio cominciare dai suoi migliori amici. E sono anche contento di potermi aprire prima con lei sola. Le donne sono migliori alleati che gli uomini.
Emma.
Sissignora! Ma poi mi lascierà levarmi in piedi e non troverà sconveniente se non so star fermo. Sono un po' agitato. Si tratta di una cosa grave. È la prima volta che parlo con lei, ma so che lei è molto buona. Anche suo marito è un uomo di gran cuore, ma le donne sanno meno cose e ne capiscono di più. Mi perdo in preamboli, perchè non so come entrare in argomento. Si vede che a mio figlio spiaceva questa mia insistenza a rimanere. Io sono un po' il pupillo di mio figlio. Egli ha un certo diritto di sindacare la mia vita, io non ho quello, non dico di sindacare, perchè non è il caso, ma nemmeno di entrare nel giro della sua. Ci sono degli elementi della sua vita, delle abitudini, degli affetti che io devo ignorare, o lasciargli credere che ignoro.
Oh!
Ciò rattrista, perchè non sono vecchio e potrei essergli indulgente senza scapito della mia dignità. Sono sicuro che lei approva questi scrupoli, non è vero? Non mi risponde?
Emma.
Che le posso rispondere? Non comprendo quello che vuol dire.
Quello che dico e nulla più.
Emma.
Non so spiegarmi la ragione....
Del mio discorso? È semplicissima. Quello che io ignoro può forse esser conosciuto da lei.
Emma.
Dica.
Lei non sa se Fabrizio abbia qui in città.... o altrove.... un qualche legame?
Emma.
Sì.... un qualche amore.... sarebbe così naturale alla sua età.... qualche passioncella virtuosa e malinconica. Tutti ci passano e specialmente i giovani seri come mio figlio. Lei non sa?
Emma.
No.
Si capisce, a lei non arrivano le ciarle della gente.
Emma.
Le ciarle?
Oh le città piccole! Io non sono ingenuo, non è vero? Eppure ascolto spesso qua e là delle osservazioni così argute, delle malignità così ingegnose, delle induzioni così sottili, da esserne meravigliato e spaventato. Al caffè Vasco ci sono dei genii in questa materia. Suo marito ha torto di non andarci: per un avvocato dev'essere un famoso esercizio. Fra una partita e l'altra a tarocchi vi si dicono delle cose profonde. C'è della gente che tiene registro, non per modo di dire, ma che scrive veramente tutto quello che succede in città, specialmente i fatti che paiono insignificanti. È una fabbrica d'armi insidiose! Sanno tutto; a che ora uno esce di casa, a che ora ci ritorna, dove è andato, chi c'era, che aspetto aveva rientrando. Ci sono degli oracoli che predicono il futuro: per esempio, cito un fatto senza importanza, ma per darle un'idea.... Lei è andata al ballo ieri sera! Io non lo so. C'è andata?
Emma.
No.
Ebbene ieri l'altro al caffè Vasco lo si prevedeva.
Emma.
Lo credo.... ma faccio per mostrarle.... Per dirne un'altra.... io non so nemmeno se c'è andato mio figlio a questo ballo eh?
Emma.
Lei lo sa?
Emma.
Sì, lo so. E prevedevano anche questo?
Anche.
Sono oracoli a buon mercato. Sanno che Fabrizio non è socio del circolo.
Ah ecco! Fabrizio non è socio. Insomma lei non può dirmi nulla se Fabrizio sia libero.
Emma.
No.
Già. Eppure io ho bisogno di conoscere,... perchè non vorrei contrariare i sentimenti di mio figlio. Proverò a domandarne a suo marito.
Emma.
Ah!
Chissà che egli non sia informato e ad ogni modo può aiutarmi a cercare.
Cercare! Ma dunque lei crede proprio che Fabrizio.... che idea! Io mi domando cos'è che ha potuto mettere in mente.... Basta vederlo. Ha tanto da fare! Tanti pensieri! Giurerei!... E poi si capirebbe.... avrebbe capito anche lei: quando uno è innamorato si capisce, non è vero? Ebbene io lo vedo tutte le sere; viene qui, si fa tardi, si discorre, lui fa la partita con Giulio, io sto lì a lavorare, e le assicuro.... che pazzia! e poi me lo avrebbe detto, sono sicura che mi avrebbe confidata ogni cosa. - Mai più!
Meglio così. Allora tutto è più facile. Voglio dargli moglie.
Emma.
Ah!
Sì. Bisogna finirla con questa vitaccia di espedienti. Non ci siamo nati. Gli ho trovato un partito conveniente sotto ogni aspetto. Una ragazza, giovane, anche bella, allevata modestamente, 200,000 lire lì sulla tavola, senza contare le speranze. Figlia unica. Fabrizio mi farà delle difficoltà, me ne ha già fatte; ma deve finire per accettare: è assolutamente necessario. E si deve far presto. Io non ho tempo di aspettare. Bisogna che tutti quelli che possono agire su di lui, mi vengano in aiuto. Quando ho cercato di parlargliene egli ha troncato il discorso bruscamente, brutalmente, perchè ha preso un tono con me! Ora devo dare una risposta definitiva da cui dipendono molte cose, molte cose gravi.... perdoni se parlo così vibrato, ma glie l'ho detto in principio. Sono un poco agitato. Sono sicuro che lei mi aiuterà a persuaderlo. È necessario.
Ah!
Perchè, vede - caso mai - tutti questi amori mancini vanno a finire scioccamente e non conchiudono. Da principio tutto riesce.... l'amore, la poesia, le promesse! Si va guardinghi, nessuno scoprirà mai, e un bel giorno tutto si scopre, e allora l'amore bisogna bene che finisca e la poesia e le promesse. Ci sono delle altre promesse che tengono, quelle sancite dalla legge. E intanto l'occasione buona se n'è andata e non torna più, e si rimane colla vita sciupata, collo scorno di una caduta inabile, peggio che quello di una cattiva azione. La gente non vi aiuta più, e vi si accusa di ingratitudine.... bisogna ricominciare la vita con più anni e meno risorse. Ecco tutto!
Piantandosele in faccia.
Non ho ragione?
Suo marito lo metto subito dalla mia, ma deve aiutarmi anche lei, perchè non abbiamo tempo d'andar per le lunghe. Bisogna far presto! nell'interesse stesso di Fabrizio bisogna decidere su due piedi. Tanto vale. - Non sposa per amore, non è vero? Dunque? - Perchè quelli non aspettano più. Hanno un'arma.
Sempre più concitato.
È la figlia di Rubbo l'impresario. Rubbo vuol far contessa sua figlia. Rubbo ha un'arma, quello che vuole, vuole. È venuto da me stamattina - a mezzogiorno vuole la risposta. Bisogna almeno che gli possa dare delle speranze, ma la mia parola non gli basta. È così male educato! Vuol parlare oggi con Fabrizio - se no! - Lei mi aiuta, non è vero? non è vero che mi aiuta?
Emma.
Sì.
Emma.
Sì.
Subito appena torna?
Emma.
Sì, sì - ma che non ci sia lei.
Va bene. - Io prima gli dico di che si tratta.
Emma.
Ecco - e poi dopo....
Me ne vado.
Emma.
Sì. Facciamo così: quando Fabrizio ritorna io li lascio.
Ma poi?
Emma.
Glie l'ho promesso.
Capisce bene che dev'essere una cosa grave, se sono qui a pregarla come un'anima disperata.
Sono qui.
Emma.
Ah!
Fabrizio entra dallo studio e si avvicina ad Emma.
Non ne potevo più.
Non so.
Che le hai detto?
L'ho pregata che mi aiutasse a persuaderti di prender moglie.
Non c'è tempo agli interrogatorii. Rubbo vuole una risposta. Accetti?
No!
Bada!
Non me ne parlare. - È inutile - vieni via!
Bada!
Tu non sai di che si tratta - Fabrizio, ti prego colle mani giunte, non mi ricusare.
Vedi bene che non dev'essere un capriccio.
Voglio levarti da questa vita miseranda.
No! Che t'importa di me?
Oh!
Quanto gli devi?
Tu credi?
Come sei acerbo!
Oh ti giuro che vorrei darti tanta tenerezza e tanta riverenza.
Non si direbbe. - Mi umilii continuamente. Tu soccorri alla mia miseria, ma non sai rispettarla.
Perchè....
Non è rispettabile, lascialo dire a me. Dovresti capire che delle qualità della mia razza, le più tenaci sono quelle che non servono a nulla. Posso gettare il mio orgoglio e degradarmi colla gente che mi è inferiore, ma non con te.
Non è questione d'orgoglio. Quel poco aiuto che sono in grado di darti non può offendere la tua fierezza e sostiene la mia. Quanto gli devi?
Non si tratta di denari. Tu non potresti!
Quel Rubbo ti tiene in qualche modo; come?
Ha la mia parola.
Per queste nozze?
Ti supplico di acconsentire.
Perchè vuol darmi sua figlia? Non sono un Narciso da innamorare le donne a distanza e quella pupattola non saprebbe innamorarsi.
Vuol farla contessa.
Sposala tu.
Che pazzia!
Ma sì. Io ti rinunzio i diritti di primogenitura. Il primo figlio che ne avrai sarà Conte in luogo mio.
Non scherziamo.
Non scherzo. Se credi che 200,000 lire valgano il titolo che portiamo, ebbene esso è più tuo che mio, dacchè l'ebbi da te. Tu sei vegeto, elegante, sei più giovane di me, io sarò il nonno de' tuoi figliuoli. Sei più tagliato alla vita che cercano quelli là. Tu sai essere vistoso. Una volta tornato nell'agiatezza saresti nel tuo stato perfetto. Io no. Le gioie che tu potresti sperare dal matrimonio, questo te le darebbe tutte: di quelle che potrei sperare io, non ne avrei nessuna. Perchè tormentarci in tanti, per ottenere essi quello che io non posso dare ed io quello che non cerco? Non è portando i tuoi abiti smessi che potevo avvezzarmi all'eleganza. Mi sento così poco nobile io! Non ho che virtù borghesi! So lavorare, amo il lavoro, non ho ambizione, mi compiaccio della vita intima. Un po' di tranquillità e la sicurezza del domani mi bastano. E vederti contento, e non essere costretto con te alla parte ingrata del mentore, e poterti dare tanta tenerezza figliale e tanto rispetto! non domando altro! Sposala tu!
Rubbo non vuole.
Hai già cercato e vieni da me alla peggio!
Vedi che hai orgoglio anche tu!
Alla tua età i patti sono chiari; non c'è frode possibile.
Non saresti il primo a fare un simile matrimonio.
Anche se rubassi, non sarei il primo ladro.
Quando ti dico....
Basta. Bisogna aver perduto ogni idea di rettitudine per non capire che il mio consenso sarebbe un'azione disonesta.
Credi che sia più onesto entrare nella casa di un galantuomo, guadagnarne l'amicizia, riceverne i benefici e sedurne la moglie?
Questo hai detto alla signora Emma?
Rispondimi, le hai detto questo?
Non ho ragione?
Nessuno può sospettare.
Ma tutti sospettano.
Non è vero.
E tu allora denunzia la calunnia al marito.
Guarda! Non curo difendermi! Ma se tu hai detto una parola di ciò alla signora Emma....
Lascia stare, ha quasi confessato.
Essa?
Qui, or ora.
Fabrizio abbassa la voce, e si guarda attorno.
Sst! Vieni via. Andiamo a casa tua. Non è possibile che tu abbia fatto questo! Un gentiluomo! Vieni via, vieni via!
No, tu rimani. La signora Emma ti vuol parlare.
A me?
Sì.
Ti sei fatto promettere che ti avrebbe aiutato?
Sì.
E te l'ha promesso! Vedi bene che i tuoi sospetti sono assurdi.
Tu avresti mezzo di mostrarne anche più chiaramente l'assurdità.
Sposando la figlia di Rubbo? Ho un mezzo migliore. Andarmene!
Ricusi ancora?
Certo!
Oh! l'ultima!
Anche se ti dicessi che ne va in parte dell'onore del tuo nome?
Tu ed io intendiamo così diversamente la parola: onore!
Se mai, fino a mezzogiorno sono in casa. Dopo sarebbe troppo tardi.
Fabrizio alla porta del fondo.
Emma.
Sì.
Emma.
Ha scoperto ogni cosa!
Lo so.
Emma.
Non sarà il solo.
Io parto.
Emma.
Quando?
Appena posso. Stasera.
Emma.
Cercherò una ragione. Non oso guardarlo. Se mi fissasse, capirebbe: non saprei trovare una parola per sviarlo. Ma questo avvertimento viene in tempo. Me partito, i sospetti cadono. Doveva finir così. Che ha detto mio padre?
Emma.
Non so più. Tante cose! Ho veduto subito che sapeva, subito da principio. Mi guardava - mi guardava! Le parole erano riverenti, ma lo sguardo oltraggioso! Poi deve aver minacciato, ma non so più. Che tortura! Lo sanno tutti eh?
No. Mio padre vede così facilmente il male. È così corrotto!
Emma.
Che ci ha indovinati!
Per carità non perdiamoci. Dobbiamo farci coraggio, per fingere fino a stasera. Non posso partire senza veder Giulio. Ci troveremo tutti e due nella sua presenza. Egli vorrà dissuadermi. Bisognerà sapere essere forti e fingere. Per lui! per lui! L'unico bene che possiamo fargli è d'ingannarlo.
Emma.
Non sapremo - siamo vili. - È l'ultima ombra di nobiltà che ci resta. - Ma l'avevamo preveduto eh? Almeno l'avevamo preveduto. Non si può dire che non avessimo coscienza di tutto.
No. - Chi lo sa come si comincia? È un veleno così sottile, così subdolo! Chi lo avverte da principio1? Ha tanti nomi! È pietà, è rispetto, è fede! Chi lo teme? Non è che un ardore di bene. Si appiglia a tutte le facoltà buone e forti dell'animo e le esalta per stancarle. Quando avvertiamo l'insidia, è padrone di noi.
Emma.
Non cerchiamo scuse. Ci siamo amati - sono stata vile - è finito!
Emma!
Emma.
Emma.
Che dirgli da un'ora all'altra?
Già lo meditavo. Glie ne avevo parlato. Non potevo più accettare questa parte.
Emma.
Non pensiamo a noi.
Penso a lui. La scoperta della mia colpa potrebbe ucciderlo; la continuazione dei benefici lo farebbe ridicolo.
Emma.
Partire così è una fuga - domani....
L'amore è vile, Emma. Se non ci armiamo di questi terrori esso ci ripiglia. È un mese che dico domani e che trascino di giorno in giorno il buon proposito.
No, no, no!
E se domani non ho più coraggio? Se mi addormento un'altra volta nella mia viltà? Tu mi supplicheresti invano, Emma! Quanto non m'hai supplicato! Ti vincerei un'altra volta, povera donna debole! Non fidarti di me! Se volessi portarti via, tu mi seguiresti.
Emma fa un movimento verso di lui.
Lo vedi se ti riprendo? Non fidarti di me. Sono uscito da una razza sfatta. Mio padre è uno scroccone, potrei essere un ladro.
Emma.
No, Fabrizio!
Ora! ora! mentre ho la mente a queste paure, mentre ti parlo di lui, e vorrei morire per non averlo offeso, se ti guardo mi sale al cervello la vampa della pazzia!
Emma.
Che!... La bambina?...
È rimasta di sotto a giuocare coi figli del droghiere. C'è la lavandaia che domanda se non ha portato ieri una tovaglia scompagna dalle nostre.
Emma.
Già, il conto tornava, ma poi piegandola ho visto bene io che ce n'era una non nostra.
Apre la credenza e prende una tovaglia.
Eccola qui.
Emma.
Lasci fare.
Via.
Emma.
Vedi bene! È giusto, va! Non è possibile! È una cosa degradante! Questa intromissione della casa in.... oh!... Ci vogliono gli uomini oziosi, le donne inutili.... Sì.... sì.... stasera parti.... stasera.... troverai un pretesto.... ma.... mai più.... mai più.... mai più!
Dovevo anche parlarti di quello che vuole tuo padre. Lo sai quello che vuole?
Sì.
Emma.
Ho promesso di persuaderti.
Oh!
Emma con involontaria passione.
No eh?!
Oggi verrò da Giulio. Gli dirò che voglio liberarmi dalle sollecitudini di mio padre.
Emma.
Sì.
Ecco fatto.
Fabrizio inchinandosi ad Emma.
A rivederla.
A rivederlo.
Glie l'ho mostrata e le ho detto che quando porterà la nostra, glie la ridaremo. - Vuol prendere i conti?
Emma.
Ora?
Emma va a prendere nel cassetto della mezza luna il libro dei conti e il calamaio, poi siede alla tavola di mezzo.
C'erano già dei carciofi in piazza - ma - salati! L'avvocato n'è ghiotto. Ma strapagarli!
Emma.
Filetto venticinque, burro quindici, patate tre....