Giuseppe Giacosa
Tristi amori
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ATTO SECONDO.

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ATTO SECONDO.

 

La stessa scena dell'atto primo.

 

Sulla tavola di mezzo c'è una lunga scatola bianca e dentro un taglio d'abito di velluto.

 

 

 

SCENA PRIMA.

 

Giulio, Gemma poi Marta.

 

 

Giulio tiene Gemma sulle ginocchia e la fa ballare dicendo.

 

Il cavallo del gradasso

Va di passo, va di passo

Pian pian pian pian.

Il caval del giovinotto

Va di trotto, va di trotto

Ran ran ran ran.

Quando il re sta sulla groppa

Si galoppa, si galoppa

Vlan vlan vlan vlan.

Ma nel giorno della guerra

Il cavallo cade a terra.

Dan dan dan dan.

 

Rimette la bambina a terra.

 

Gemma.

 

Ancora.

 

Giulio.

 

Oh sì!

 

Gemma.

 

Allora la storia.

 

Arrampicandosi sulle sue ginocchia.

 

Giulio.

 

Una volta c'era un Re....

 

Marta dal fondo.

 

Viene subito.

 

Giulio.

 

Cosa fa di ?

 

Marta.

 

Non so, era chiusa in camera. Ha detto che viene subito.

 

Via.

 

Gemma.

 

C'era un Re....

 

Giulio.

 

Non so altro.

 

Gemma.

 

Che aveva un figlio....

 

Giulio.

 

E una figlia.

 

Gemma.

 

Vedi che la sai?

 

Giulio con aria di mistero.

 

Senti, Gemma, quando viene mamma..... noi non diciamo niente....

 

Gemma.

 

Sì.

 

Giulio.

 

Lei vede quella scatola che c'è sulla tavola e domanda: Cos'è?

 

Gemma.

 

Sì.

 

Giulio.

 

E noi rispondiamo: mah!

 

Gemma.

 

Mah!

 

Giulio.

 

E lei domanda. Chi l'ha portata?

 

Gemma suggerisce la risposta.

 

Non sappiamo.

 

Giulio.

 

Cara! non sappiamo: sì. E allora la mamma....

 

Gemma vedendo Emma.

 

Sst!

 

 

 

SCENA SECONDA.

 

Emma e detti.

 

Giulio facendo saltare la bambina.

 

Il caval del giovinotto....

 

Emma.

 

Mi vuoi?

 

Giulio a Gemma.

 

Sst!

 

Forte.

 

Va di trotto, va di trotto!

Pian pian....

 

Gemma.

 

No: Ran, ran!

 

Emma.

 

Mi hai fatto chiamare?

 

Giulio c. s.

 

Quando il Re sta sulla groppa....

 

Emma è ritta presso la tavola senza avvertire la scatola.

 

Gemma piano a Giulio.

 

Non la vede.

 

Giulio.

 

Aspetta.

 

Gemma forte.

 

Io vedo una cosa sulla tavola.

 

Emma.

 

Dici a me?

 

Gemma.

 

Sulla tavola.

 

Emma vede la scatola.

 

Ah! Cos'è?

 

Gemma.

 

Mah!

 

Emma.

 

Chi l'ha portata?

 

Giulio.

 

Mah! Non sappiamo. N'è vero, Gemma?

 

Gemma.

 

No: guarda, guarda!

 

Emma l'apre.

 

Oh!

 

Gemma.

 

Che cos'è?

 

Emma.

 

Un abito di velluto! Giulio!

 

Giulio.

 

Sono gli spilli per la vendita dei molini. Non lo guardi?

 

Emma.

 

È bello! grazie.

 

Giulio.

 

Sei pallida.

 

Emma.

 

No.

 

Giulio.

 

Sì.

 

Emma.

 

Ho un po' di emicrania. È molto bello questo abito! Ma troppo lusso! è una follia!

 

Giulio.

 

Sono due anni che la medito. L'anno passato avevo cominciato dal primo gennaio a mettere in serbo una lira il giorno. Poi è scappato quel Forgia che mi doveva 800 lire e addio regali. L'altra sera al contratto di nozze della Pianna c'era la signora Sequis con un abito di velluto come questo. Ma lo portava così male, ne spandeva da tutte le parti. Il velluto non dona che alle persone sottili: le grosse le ingrossa. Io pensavo: Ah quando vedrò Emma vestita così! Appena Ranetti mi portò i denari dei molini mi è tornato in mente. Tu sì che starai bene! sì che sarai bella!

 

Emma.

 

Come hai fatto a scegliere da te solo?

 

Giulio.

 

Ho comprato male?

 

Emma.

 

Ma no, benissimo!

 

Giulio.

 

Guarda, esamina pure, è morbido? è fitto, è lucido?

 

Emma.

 

Sì, sì.

 

Giulio.

 

È un pregiudizio il credere che gli uomini non s'intendano di queste cose. I devoti sanno adornare la Madonna. Gli uomini capaci di voler molto bene, cioè di amare fortemente e virilmente 2, hanno tutti il senso degli ornamenti femminili. Gli è che in fondo di ogni loro pensiero e di ogni loro azione sta l'immagine cara che li fa pensare ed agire. E questa non è una debolezza! Tutti gli uomini forti e buoni amano. Mi credi di quelli?

 

 

Emma.

 

Sì.

 

Giulio.

 

L'hai forte eh, l'emicrania? Si vede. Hai gli occhi lucenti e stanchi. - Che voleva poi quel conte Arcieri? È lui che ti ha dato il mal di testa.

 

Emma sforzandosi a sorridere.

 

No!

 

Giulio.

 

Che voleva?

 

Emma.

 

Vuol dar moglie a suo figlio.

 

Giulio.

 

E perchè viene da noi?

 

Emma.

 

Perchè lo aiutiamo a persuaderlo. Il figlio non vuole.

 

Giulio.

 

In massima ha torto. Chi sarebbe la sposa?

 

Emma.

 

La figlia di Rubbo.

 

Giulio.

 

Ah! Fabrizio ha ragione. Rubbo è un cattivo soggetto. Come te la sei cavata?

 

Emma.

 

Insisteva tanto.

 

Giulio.

 

M'immagino. Hai promesso di parlare a Fabrizio?

 

Emma.

 

Ho fatto male?

 

Giulio.

 

Hai fatto benissimo. E ne hai parlato?

 

Emma.

 

No. È stato qui due minuti appena.

 

Ha chiusa la scatola, la prende e si avvia.

 

Giulio.

 

Vai via?

 

Emma.

 

Vado a riporre....

 

Giulio.

 

E a me?

 

Emma.

 

Cosa?

 

Giulio.

 

Gli spilli. - Sei tu che me li devi dare.

 

Emma.

 

Che posso darti io?

 

Giulio.

 

Oh!

 

La prende per le mani e fa per attirarla a .

 

Qua!

 

Emma fa un involontario moto di resistenza.

 

Giulio.

 

No?

 

Sorpreso.

 

Emma rimettendosi gli porge le fronte.

Giulio la bacia.

Emma prende la bimba e la copre di baci.

 

Giulio.

 

Rendimeli pure a quel modo. Ne sono contento. - Sai cosa si dovrebbe fare? Prendiamo Gemma con noi e andiamo a fare una passeggiata fuori all'aperto. Ti va?

 

Emma.

 

Come vuoi.

 

Giulio.

 

Gemma, va' da Marta e dille che ti vesta.

 

Gemma.

 

Sì, sì.

 

Via dal fondo.

 

Giulio.

 

Un po' d'aria ti farà bene: sei sempre qui chiusa a dar punti.

 

Emma.

 

Già mi passa.

 

Giulio.

 

Oggi mi do vacanza. Sai che stamattina ho fatto il conto che da due mesi ho incassato, incassato, nota, quasi 1000 lire! E a registro sono più di 2000. E vero che sono i mesi buoni, ma 9000 lire all'anno escono. Siamo a posto; siamo quasi ricchi, Emma! Domani porto 10,000 lire alla banca! E otto anni fa non avevo un soldo. Va' che hai avuto coraggio a sposarmi. Il nostro bilancio era presto fatto: zero via zero.... Come fa piacere voltarsi indietro! Posso dire di avere sgobbato come un facchino, ma tu mi aiutavi tanto! La vita mi è stata facile. Sorridi!

 

Emma.

 

Giulio!

 

Giulio.

 

Ne abbiamo passate delle ore a sospirare i clienti. Ti ricordi? che ti mettevi alla finestra a vedere se ne entrava nel portone? E non ne veniva mai. Ti ricordi quella volta che sei entrata nello studio con un gran velo che ti nascondeva la faccia, a domandare un consulto? Che risate! Che pazza che eri! Come ridevi tutta quanta! Ci tornerei guarda! E la casa! Che povera casa avevamo!

 

Emma.

 

Ora l'hanno demolita.

 

Giulio.

 

È vero: per farci il quartiere degli alpini. Ci sono capitato un giorno quando l'abbattevano. Ho riconosciuta la nostra camera in alto, tappezzata di quella brutta carta olivastra a fiori turchini: c'erano ancora tre pareti ritte, la quarta era caduta con mezzo il soffitto. Ricordavo tante cose! Ti rattristo? Va' che le gioie buone sono con noi: le abbiamo portate via tutte! E nessuno le abbatte quelle. - Che hai?

 

Emma.

 

Nulla.

 

Giulio.

 

Vatti a vestire.

 

Emma.

 

Sì.

 

Si avvia.

 

Giulio.

 

Marta sta in casa, eh?

 

Emma.

 

Ti occorre?

 

Giulio.

 

Oh! se viene Fabrizio che gli dica di trattenersi a pranzo.

 

Emma.

 

No!

 

Giulio.

 

Perchè?

 

Scampanellata di dentro.

 

Emma.

 

Non ci ho pensato. Ora il pranzo è combinato!

 

Giulio.

 

Fabrizio non soggezione.

 

Emma.

 

No: lascia stare.

 

Giulio.

 

Perchè? oggi sono contento.

 

Emma.

 

Ti prego, lascia stare.

 

Giulio.

 

Come vuoi, ma non capisco.

 

 

 

SCENA TERZA.

 

Marta, Ranetti e detti.

 

Marta.

 

C'è il signor Ranetti.

 

Giulio.

 

Avanti.

 

Ranetti.

 

E seconda apparizione!

 

Ad Emma.

 

La faccio scappare?

 

Emma.

 

No, andava già.

 

Ranetti.

 

Un momento. Vuole che le dica cosa c'è dentro?

 

Le mostra la scatola.

 

Ci sono 18 metri di velluto in seta, nero, alto 60 centimetri, fabbrica di Lione. Giulio ha fatto la spacconata oggi uscendo di Tribunale. È entrato nel negozio del Biondo con un'aria risoluta e grandiosa: ha messo sossopra tutta la mercanzia, ha pagato come un banchiere, ed è venuto a casa tirandosi dietro il figlio del Biondo che portava la scatola. La gente si fermava sulle botteghe a guardarlo.

 

Giulio.

 

E poi?

 

Ranetti.

 

E poi se ne parla al Caffè Vasco.  I tarocchisti hanno mandato Mutria in missione dal Biondo per sapere. Devo dire anche il prezzo?

 

Giulio.

 

Ti prego di no.

 

Ranetti ad Emma.

 

Faccia vedere.

 

Emma scopre la scatola.

 

Ranetti.

 

Magnifico!

 

Giulio.

 

Sono i molini, vedi? Tu sei un diavolo che li hai venduti così bene!

 

Ranetti.

 

Bada, la farina del diavolo va in crusca.

 

Giulio.

 

Non c'è pericolo. Dunque cosa vuoi?

 

Ranetti.

 

Indovina!

 

Giulio.

 

Eh sì! Guarda, vogliamo andare a passeggio con mia moglie.

 

Ranetti.

 

Ah mi rincresce 3 tanto per madama, ma tu non potrai.

 

Giulio.

 

Perchè?

 

Ranetti.

 

Perchè ho bisogno di te.

 

Emma.

 

Vado dalla bambina.

 

Via dal fondo.

 

Ranetti.

 

Mi hanno sfidato.

 

Giulio.

 

Chi?

 

Ranetti.

 

Gli ufficiali, due ufficiali. Sono venuti da me, due ufficiali da parte del tenente Rovi.

 

Giulio.

 

Quello del cotillon?

 

Ranetti.

 

Bravo!

 

Giulio.

 

E vieni qui e discorri d'altro come se niente fosse?!...

 

Ranetti.

 

Dovevo arrivare affannato per una inezia? Casca il mondo? Bella cosa! Dunque ho bisogno di te; e vorrei pregare anche l'avvocato Fabrizio.

 

Giulio.

 

Va bene.

 

Ranetti.

 

Sai dove si può vedere adesso?

 

Giulio.

 

Fabrizio? Ma dovrebbe venire.

 

Ranetti.

 

Perchè dovete essere in due eh?

 

Giulio.

 

Già, per le forme. Si può mandare a vedere in casa se c'è.

 

Ranetti.

 

Vado io.

 

Giulio.

 

No, mando Marta.

 

Chiama dal fondo.

 

Marta.

 

Torna a Ranetti.

 

Sei tranquillo!

 

Ranetti.

 

Ti fa meraviglia?

 

Giulio.

 

Meraviglia! Sì, sono cose che agitano.

 

Ranetti.

 

Oh non li aspettavo, ma una volta presa una decisione....

 

Giulio.

 

Se te la lasciamo prendere. Come li hai accolti quei due?

 

Ranetti.

 

Benissimo.

 

Giulio.

 

Sono stati cortesi?

 

Ranetti.

 

Compitissimi. Mi hanno domandato se riconoscevo di aver preso per un braccio il tenente Rovi.

 

Giulio.

 

E tu?

 

Ranetti.

 

Ed io ho risposto che riconoscevo benissimo.

 

Giulio.

 

Marta!

 

Ranetti.

 

Inutile negare, tanto più che....

 

 

 

SCENA QUARTA.

 

Marta e detti.

 

 

Marta.

 

Cosa vuole?

 

Giulio.

 

Sai dove sta l'avvocato Fabrizio?

 

Marta.

 

Io no.

 

Giulio.

 

In casa del signor Peirone, il cancelliere della Pretura, lo conosci?

 

Marta.

 

Quello che ha quella serva gobba, rossa?

 

Ranetti.

 

Sì, Polonia.

 

Marta.

 

Dove sta?

 

Giulio.

 

D'accanto a San Biagio, la porta dove c'è il botteghino del lotto. Qui a due passi. Va' a sentire se l'avvocato Fabrizio è in casa, e pregalo che venga qui subito. Fa' presto.

 

 

 

SCENA QUINTA.

 

Detti meno Marta.

 

Giulio.

 

Dove li troviamo quei due signori?

 

Ranetti.

 

Al Circolo, alle cinque.

 

Giulio.

 

C'è tempo. Io conto di fare così. Vado con Fabrizio. Si rifà la storia dell'accaduto. Noi dirigevamo il ballo....

 

Ranetti.

 

per mandato espresso della Direzione. Carattere ufficiale, dunque....

 

Giulio.

 

Voi non volevate obbedire alle norme....

 

Ranetti.

 

prescritte. Ma....

 

Giulio.

 

Lasciami dire. Vi abbiamo invitato varie volte colle buone.

 

Ranetti.

 

Sì, ma....

 

Giulio.

 

Lasciami dire. Non avete ceduto. Allora nostro malgrado noi siamo stati costretti a trattenervi per un braccio.

 

Ranetti.

 

Noi, noi, noi! Io! Ero io solo che dirigevo. Nessuno s'è mosso in mio sostegno: Solo ero.

 

Giulio.

 

Ma si usa dire così.

 

Ranetti.

 

Ah basta, basta! Ma vai troppo per le lunghe. Io direi semplicemente così: Il signor Ranetti non si batte.

 

Giulio.

 

Eh!

 

Ranetti.

 

Non si batte.

 

Giulio.

 

Anch'io voglio arrivare a questa conclusione, ma ragionando e persuadendoli.

 

Ranetti.

 

Che ragionando? che arrivare? Questo è un fatto. Questo è il punto di partenza, non quello di arrivo. Non mi batto. Tutto il resto è vanità.

 

Giulio.

 

Ma allora perchè mandi noi?

 

Ranetti.

 

Per dirglielo.

 

Giulio.

 

Potevi dirlo tu.

 

Ranetti.

 

Le forme!

 

Giulio.

 

Ma non so se Fabrizio vorrà fare questa parte.

 

Ranetti.

 

Che parte?

 

Giulio.

 

Andare a dire da bel principio che uno non si batte.

 

Ranetti.

 

Subito che è vero.

 

Giulio.

 

Va bene, ma....

 

Ranetti.

 

Tu stai per il duello?

 

Giulio.

 

No, ma, o non si va, o si discute.

 

Ranetti.

 

Che! che! Non rispondere è una cosa grossolana, discutere è una debolezza. Chi accetta la discussione ammette di poter aver torto e di doverlo riconoscere. Io non voglio.

 

Giulio.

 

Diavolo! ma è difficile.

 

Ranetti.

 

Perchè? Quando c'è stato il colera  avete visto se me ne impippavo del pericolo, ma pigliarmi del villano e una sciabolata, è cretino. Se il tenente vuol venire all'erba con due bastoni ci sto. Pari, pari. Ma non sono abbastanza ben vestito per la cavalleria.

 

Giulio.

 

Cosa vuoi che ti dica? io credo che Fabrizio non ne vorrà sapere.

 

 

 

SCENA SESTA.

 

Marta e detti.

 

 

Marta.

 

L'avvocato Fabrizio non è in casa, non è nemmeno andato a far colazione.

 

Giulio.

 

Va bene.

 

Marta via.

 

 

 

SCENA SETTIMA.

 

Detti meno Marta.

 

 

Giulio.

 

Sarà dal dottor Brusio per quella causa.

 

Ranetti.

 

No, quella causa non si fa.

 

Giulio.

 

Rubbo ha tirato fuori i quattrini?

 

Ranetti.

 

Ha pagato. Non tutto in contanti, ma.... Una cambiale di 8000 lire del conte Arcieri.

 

Giulio.

 

Il padre?

 

Ranetti.

 

S'intende.

 

Giulio.

 

E il dottore l'ha accettata?

 

Ranetti.

 

Me lo domandi? con una buona firma!

 

Giulio.

 

Per Dio! non so che buona firma abbia potuto trovare quello spiantato!

 

Ranetti.

 

Come non sai? La tua!

 

Giulio.

 

La mia?!

 

Ranetti.

 

Tu non hai firmato una cambiale del conte?

 

Giulio.

 

Io non ho mai firmato cambiali in vita mia. Chi t'ha detto questo?

 

Ranetti.

 

L'ho veduta un'ora fa.

 

Giulio.

 

Colla mia firma?

 

Ranetti.

 

Diavolo! la conosco eh?

 

Giulio.

 

Ma è falsa!

 

Ranetti.

 

Eh!

 

Giulio.

 

È falsa! Ah! per esempio lo mando in galera dritto. La mia firma tu hai veduto?

 

Ranetti.

 

Ma se ti dico....

 

Giulio.

 

Ah questa!

 

Ranetti.

 

Anzi il dottore sapendo che abbiamo venduto i mulini, contava....

 

Giulio.

 

Ma è falsa, è falsa.... io non pago se mi indorassero. Canaglia! in galera lo mando.

 

Ranetti.

 

Mi spiace per suo figlio.

 

Giulio.

 

Pensa bene a quello che dici, Ranetti, tu oggi avevi la testa via.

 

Ranetti.

 

Che? per il duello? non ci pensavo nemmeno: ma ti dico una cambiale di 8000 lire avvallata Giulio Scarli.

 

Giulio.

 

Ma capisci bene se io.... 8000 lire! Come mai il Dottore ha potuto credere?...

 

Ranetti.

 

Chi è che va a pensare ad un falso! D'altronde tu sei tanto amico del figlio che potevi benissimo.... Io stesso quando ho visto il tuo nome, ho pensato: ecco uno dei bei regali dell'amicizia! E mi son detto: Giulio si fida!

 

Giulio.

 

Mi fido! Certo mi fiderei di Fabrizio!

 

Ranetti.

 

Denari e donne non fidarsi di nessuno!

 

Giulio.

 

Sì, va', lascia le sentenze ora. Fabrizio non c'entra. L'essenziale è che io non riconosco la firma, e che il dottore lo deve sapere sul momento.

 

Ranetti.

 

Bisognerà provare.

 

Giulio.

 

Oh le firme false si conoscono. Vieni con me, andiamo dal Dottore.

 

Ranetti.

 

Bada che quello non ci mette tempo in mezzo. Va dal Procuratore del Re, dritto.

 

Giulio.

 

Ebbene ci vada.

 

Ranetti.

 

E Fabrizio?

 

Giulio.

 

Povero ragazzo!

 

Ranetti.

 

Può pagare?

 

Giulio.

 

Mai più!

 

Ranetti.

 

Allora è un processo.

 

Giulio.

 

Oh!

 

Siede accorato.

 

Ranetti.

 

Capirai che col padre accusato di falso e condannato, la sua carriera è bell'e finita. È certo che se non pagate tu, lui, il Dottore non è tenero, il processo lo fa.

 

Giulio.

 

Povero ragazzo!

 

Ranetti.

 

Ma non mi hai detto che ha una pensione di 2000 lire?

 

Giulio.

 

È vero!

 

Ranetti.

 

Allora può trovare.

 

Giulio.

 

Sì sì sì. Non ci pensavo. Già con quelli può rispondere.

 

Ranetti accomiatandosi.

 

Se lo vedo te lo mando.

 

Giulio.

 

Sì, 8000 lire eh?

 

Ranetti.

 

Otto mila.

 

Giulio.

 

Bene - ora vai - lasciami. Inutile che ti raccomandi il segreto.

 

Ranetti.

 

Oh! - E per il mio affare?

 

Giulio.

 

Quale?

 

Ranetti.

 

La sfida!

 

Giulio.

 

Se tu potessi scusare senza di me? Vedi bene?

 

Ranetti.

 

È perchè tu sei il Presidente del Circolo.

 

Giulio.

 

Signore Iddio!

 

Ranetti.

 

Abbi pazienza!

 

Giulio.

 

A che ora è l'appuntamento?

 

Ranetti.

 

Alle cinque al Circolo.

 

Giulio.

 

Sono le tre. Ci sarò.

 

Ranetti.

 

E se incontro Fabrizio te lo mando.

 

Giulio.

 

No... non gli dir nulla. E va' via - lasciami pensare - va' via.

 

Ranetti.

 

Addio!

 

Scampanellata violenta.

 

Questo è Fabrizio e sa tutto: si sente dalla mano.

 

Giulio.

 

Non una parola.

 

Ranetti.

 

Siamo intesi eh? Non mi batto.

 

Via.

 

 

 

SCENA OTTAVA.

 

Fabrizio e Giulio.

 

Fabrizio.

 

Tu hai firmato una cambiale di mio padre?

 

Giulio.

 

Chi ti ha detto?

 

Fabrizio.

 

Lo sai già! Ranetti è venuto ad avvertirtene. Non ci ha creduto nemmeno lui! Sono disonorato!

 

Giulio.

 

Ma no, Ranetti non è venuto per questo.

 

Fabrizio.

 

Non importa! sono disonorato!

 

Giulio.

 

E quando l'avessi firmata?

 

Fabrizio.

 

Non è vero.

 

Giulio.

 

Ma se....

 

Fabrizio.

 

Non è vero, non è vero. Non cercare d'ingannarmi. Me l'avresti detto. Prima di tutto non l'avresti firmata. Tu non metteresti il tuo nome d'accanto a... E poi me lo avresti detto. E va bene! Sono il figlio di un falsario.

 

Giulio.

 

Fabrizio!

 

Fabrizio.

 

Oh! non mi fa nemmeno meraviglia, guarda! Non ho visto la cambiale, ma appena il Dottore mi ha detto che aveva la tua firma, ho pensato subito: è falsa! Subito! Come alla cosa più naturale del mondo! Lui stesso stamattina.... ora capisco!... Mi rincresce che è il tuo nome di mezzo!

 

Giulio.

 

Senti, Fabrizio.... non l'ho firmata, è vero, è inutile ingannarti. Tu resti quello che sei e nessuno conosce nulla. Dunque tutto si riduce alla perdita del denaro... che è una cosa gravissima.

 

Fabrizio.

 

Oh!

 

Giulio.

 

No - gravissima, lascia stare. Ad ogni modo nel male non è il peggio danno. Questione di trovarli.

 

Fabrizio.

 

Per questo....

 

Giulio.

 

Faremo così. Tu mi passi una scrittura d'obbligo con cui vincoli in mio favore per quattro anni la rendita....

 

Fabrizio.

 

Ma....

 

Giulio.

 

Lasciami finire.

 

Fabrizio.

 

Spero di aver provveduto.

 

Giulio.

 

Bene, mi dirai dopo le tue combinazioniadesso sta' a sentir le mie. Tu sei più agitato di me, dunque c'è probabilità ch'io ragioni meglio. Tu vincoli in mio favore per quattro anni la pensione di due mila lire che ti passa il Maraschi; di più, siccome io non sono un signore, ti obblighi di pagarmi l'interesse del 5 per cento. I tuoi guadagni te lo permettono. D'altronde questo andrà sempre scemando. E io riconosco la firma e pago.

 

Fabrizio.

 

Grazie - no!

 

Giulio.

 

Nota che non devo ricorrere a nessuno per avere i quattrini. Ranetti mi ha portato stamane undici mila lire di mia parte per l'affare dei molini che tu conosci. Dunque li ho.

 

Fabrizio.

 

Grazie, ma è già fatto. Ho già quasi disposto e avrò la somma domani.

 

Giulio.

 

In che modo?

 

Fabrizio.

 

Una combinazione. Ti assicuro....

 

Giulio.

 

Ti rincresce che paghi io? ma io ti do la somma.

 

Fabrizio.

 

Non è questo: ti dico che ho trovato.

 

Giulio.

 

E dimmi anche come. Se esiti è segno che è un carrozzino. So bene che non mancheresti di fiducia in me.

 

Fabrizio.

 

Ho realizzato il capitale.

 

Giulio.

 

Del tuo vitalizio?

 

Fabrizio.

 

Sì.

 

Giulio.

 

Con Maraschi? Maraschi ha acconsentito?

 

Fabrizio.

 

Sì.

 

Giulio.

 

Quanto ti ?

 

Fabrizio.

 

Più di quanto mi occorre.

 

Giulio.

 

Per Dio! lo spero bene! Ti occorrono otto mila lire!

 

Fabrizio.

 

Me ne dodici.

 

Giulio.

 

Dodici mila lire per un vitalizio di due mila! Con un giovane di 28 anni; robusto che ha 30 anni di vita, a dir poco, davanti a . E lui te ne paga sei! Che ladro!

 

Fabrizio.

 

Ti prego di non insistere.

 

Giulio.

 

Hai un bel pregare! Sei matto!

 

Fabrizio.

 

L'importante è di pagare.

 

Giulio.

 

Subito che pago io.

 

Fabrizio.

 

Non voglio debiti.

 

Giulio.

 

Dal momento che sei sicuro di rendermeli.

 

Fabrizio.

 

Potrei morire.

 

Giulio.

 

Prima di quattro anni?

 

Fabrizio.

 

Chi lo sa! Tu hai famiglia.

 

Giulio.

 

Ebbene facciamo così. Tu possiedi ancora quella bicocca a Gardena.

 

Fabrizio.

 

Quattro muraglie.

 

Giulio.

 

Quattro muraglie che sono una casa. Pastòla te l'ha voluta comprare.

 

Fabrizio.

 

E non volli disfarmene.

 

Giulio.

 

In tua vita. Ma se devi morire prima di questi benedetti quattro anni.

 

Fabrizio.

 

Guarda, Giulio, ho appuntamento con Maraschi. Ti ringrazio di quello che vuoi fare per me. Non ne dubitavo. Lascia che ne esca a modo mio. Non sono un ragazzo.

 

Giulio.

 

Ma sì che lo sei e caparbio. È così assurdo quello che fai, che.... ci dev'essere qualche ragione che non vuoi dire, perchè non viene in mente a nessuno. Nemmeno se ti offrissi un patto disonorevole. Eviti perfino di guardarmi: si direbbe che ti pesa accettare un piccolo servizio.

 

Fabrizio.

 

Sono già troppi.

 

Giulio.

 

Ah! è per questo? Bada, questo è il ragionamento degl'ingrati. D'altronde, che servizio ti ho reso?

 

Fabrizio.

 

Mi hai accolto, mi hai ospitato, mi hai dato da lavorare, hai spartito con me i tuoi guadagni....

 

Giulio.

 

Oh! oh! Come li conti! sì che ne tieni registro!

 

Fabrizio.

 

Ebbene sono orgoglioso; non voglio che la gente....

 

Giulio.

 

Che ci ha vedere la gente? Vieni qui, vieni qui: oggi non puoi ragionare a segno. Ma appunto per questo devo supplire io. È naturale che ora in te, ferito così nella tua dignità e nella tua fierezza, l'orgoglio s'inacerbisca e che t'ingrossi le cose... E mettiamo, puoi anche credere che io colpito dalla gravità e dall'urgenza del pericolo, abbia pensato un provvedimento fuori di luogo. Ebbene, sentiamo una terza persona che non sia al fatto.

 

Fabrizio.

 

Ma....

 

Giulio.

 

Non un estraneo. Guarda, chiamo mia moglie!

 

Fabrizio prontissimo.

 

No!

 

Giulio.

 

Essa è di buon consiglio e conosce le tue condizioni.

 

Fabrizio.

 

No, no!

 

Giulio.

 

Abbiamo parlato insieme tante volte dei tuoi affari... tu stesso....

 

Fabrizio.

 

Non voglio.

 

Giulio.

 

Oh non temere, non dico parola della cambiale. Essa non saprà mai. Le faccio il quesito.

 

Va verso il fondo.

 

Fabrizio.

 

No - no, Giulio! te lo proibisco!

 

Giulio.

 

Ma sei pazzo!

 

Chiama.

 

Emma! Emma!

 

Fabrizio per partire.

 

Addio!

 

Giulio trattenendolo.

 

Ah no! Stai qui.

 

Pausa.

 

Lo senti eh! che ti darà torto? Vedrai, alle prime parole! È così evidente!

 

 

 

SCENA NONA.

 

Emma e detti.

 

Emma.

 

Mi hai chiamato?

 

Fabrizio.

 

fa un rapido movimento verso Emma.

 

Giulio interponendosi.

 

No, no, no! Non prevenirla. Essa non deve sapere!

 

Giulio è in mezzo, Emma a destra, Fabrizio a sinistra.

 

Emma impaurita.

 

Che cos'è?

 

Giulio.

 

Vogliamo sentire la tua opinione....

 

A Fabrizio.

 

Di' pur tu se vuoi.

 

Fabrizio.

 

È inutile, non accetto.

 

Giulio.

 

Allora parlerò io. Fabrizio deve pagare domani una somma di otto mila lire. Non l'ha naturalmente. È un debito d'impegno che gli ha fatto suo padre. Per procacciarsele ha pensato di realizzare il capitale di una pensione che gli deve passare Maraschi. Ma il Maraschi che è un ladro, offre dieci per quello che vale trenta.

 

Fabrizio.

 

Come vuoi che una signora....

 

Giulio.

 

Oh Emma sa fare i conti benissimo. Io gli ho offerto la somma.

 

Fabrizio.

 

E io non voglio.

 

Giulio.

 

In prestito, bada. Tu sai che stamane Ranetti mi ha portato.... Cogl'interessi. Che ne dici tu?

 

Emma.

 

Ma non saprei... è una questione... come posso io?...

 

Fabrizio.

 

Ma sicuro!

 

Giulio.

 

In prestito ti dico - per impedirgli di fare un carrozzino.

 

Emma.

 

Capisco, ma....

 

Giulio.

 

Ma?...

 

Fabrizio.

 

Vedi che essa pure.... È così imbarazzante questo discorso.

 

Giulio a Emma.

 

Tu non trovi?

 

Emma.

 

Che vuoi? Il miglior giudice è lui. Se non crede... avrà i suoi motivi.

 

Giulio.

 

Fuori questi motivi.

 

Fabrizio.

 

Li ho detti.

 

Giulio.

 

Delle assurdità - e tu Emma?

 

Fabrizio.

 

Ah adesso hai visto!

 

Giulio.

 

Lascia, lascia, ero così lontano da aspettarmi.

 

Emma.

 

Non vorrà che la gente....

 

Giulio.

 

Anche tu l'hai colla gente! È strano che ti vengano in mente delle obbiezioni che io non avrei mai sognato. In un affare fra noi due, che ci ha che vedere la gente?

 

Fabrizio.

 

Si saprà che ho pagato.... si sa che non li ho.... se non dimostro dove li ho presi....

 

Giulio.

 

Li hai presi da me - andremo dal notaio, se vuoi.

 

Fabrizio.

 

Ecco... e diranno....

 

Giulio.

 

Che siamo amici.

 

Emma.

 

Per te stesso.

 

Giulio.

 

Per me? Cosa possono dire di me?

 

Fabrizio.

 

No - ma....

 

Giulio.

 

Cosa possono dire di me? Che faccio per lui quello che lui farebbe per me. Tu non credi?

 

A Fabrizio che vuole interrompere.

 

Lascia!

 

A Emma.

 

Tu non credi che Fabrizio?...

 

Emma.

 

Sì certo.

 

Giulio.

 

E dunque? Un aiuto di questo genere è vergognoso per chi lo accetta, e ridicolo per chi lo , solamente se è immeritato.

 

Fabrizio.

 

Giulio!

 

Giulio.

 

Ti prego di lasciarmi dire. Parlo con lei. Vattene se vuoi.

 

Ad Emma.

 

Proprio tu stai dalla sua? E senza esitare un momento, così risolutamente. Bisogna dire ch'io ho perduta la testa, perchè la cosa mi pare così chiara! Bisogna dire che sia una fissazione. Sarà una fissazione. Spiegati, Emma.

 

Emma.

 

Non dico mica la mia opinione - io sono una povera donna.... capisci?... cerco d'indovinare quello.... che.... egli.... - Probabilmente Fabrizio penserà che tu hai famiglia.

 

Giulio.

 

Sì - me l'ha già detto anche lui! Tu ripeti quello che m'ha detto lui.

 

Emma.

 

È certo che non gli puoi imporre....

 

Giulio.

 

I miei servigi eh? Di' la parola anche tu: che sono già troppi!

 

Emma.

 

No... ma se il suo orgoglio....

 

Giulio.

 

Quello che è certo si è che se vi foste intesi prima non andreste più d'accordo. - Oh Emma! non senti com'è ingeneroso?

 

Fabrizio.

 

Ma vedi come metti la questione fuori di posto!

 

Giulio.

 

È così poco naturale.

 

Fabrizio violentissimo.

 

Basta insomma!

 

Giulio.

 

Basterà, basterà. - Hai un tono! Basterà. Non mi hai mai parlato con quell'accento.

 

Fabrizio.

 

Perdonami. Ma d'altronde è un affar conchiuso.

 

Giulio.

 

Ah! Avevi detto: quasi.

 

Fabrizio.

 

Avrò sbagliato; sai in che stato ero.

 

Giulio.

 

Sì, sì, e anche adesso sei in uno stato... e anche Emma.

 

Fabrizio.

 

È naturale che essa....

 

Giulio.

 

Oh non hai da giustificarla. Ti dura il mal di testa eh?

 

Emma.

 

Sì.

 

Fabrizio.

 

Ma guarda! Lasciamola, parleremo poi.

 

Giulio.

 

Oh no! se è conchiuso. Questo argomento taglia la testa al toro, perchè avrai già scritto eh? Cogli usurai se non si scrive!...

 

Fabrizio.

 

Ho scritto.

 

Giulio.

 

Oh bene! D'altronde se il ricevere un beneficio da me ti disonora....

 

Fabrizio.

 

Non ho detto....

 

Giulio.

 

Ma sì... e anche Emma la pensa così. Quello che mi fa meraviglia è che tu abbia avuto tempo... perchè il debito lo hai conosciuto un'ora fa.

 

Fabrizio.

 

Ne avevo già parlato prima.

 

Giulio.

 

Con Maraschi?

 

Fabrizio.

 

Sì.

 

Giulio.

 

Prima di averne bisogno?

 

Fabrizio.

 

Perchè voglio andar via.

 

Giulio.

 

Ah!

 

Fabrizio.

 

Sai che già ti avevo accennato....

 

Giulio.

 

In nube sì - ed ora hai deciso?

 

Fabrizio.

 

Non posso più star qui. Mio padre mi perseguita. Parto domani.

 

Giulio.

 

E non me lo dicevi?

 

Fabrizio.

 

Oh! te lo avrei detto!

 

Giulio.

 

Al momento di salire in diligenza.

 

Fabrizio.

 

Contavo di parlartene oggi. La signora Emma lo sa.

 

Giulio colpito.

 

Tu lo sapevi?

 

Emma.

 

Sì.

 

Giulio.

 

Da quando?

 

Fabrizio.

 

Da stamattina.

 

Giulio.

 

Fabrizio ti aveva detto stamattina....

 

Fabrizio.

 

La signora Emma aveva avuto incarico da mio padre....

 

Giulio.

 

Rispondi sempre tu quando interrogo mia moglie. Temi che si confonda?

 

Fabrizio.

 

No, ma sembri un giudice istruttore!

 

Giulio.

 

In caso, è indubitato che voi altri sembrate due....

 

Fabrizio.

 

Che pensi?

 

Giulio.

 

Non ho detto la parola! Non so quello che penso. Delle cose informi. Vedo confusamente....

 

A Emma.

 

Tu stamattina hai parlato con Fabrizio, dell'incarico avuto da suo padre?

 

Emma.

 

Sì.

 

Giulio.

 

Perchè chini la testa? Gli hai fatta la proposta di sposare la figlia di Rubbo?

 

Fabrizio.

 

Certo!

 

Giulio.

 

Non affrettarti4 a confermare tu - tu non sai quello che fai.

 

Fabrizio.

 

Perchè?...

 

Giulio ad Emma.

 

Gli hai fatto la proposta?

 

Emma.

 

Sì.

 

Giulio.

 

Ricordati però che mezz'ora fa, qui, hai detto di no.

 

Emma.

 

Io!

 

Giulio.

 

Mi hai detto che Fabrizio s'era trattenuto due minuti appena.

 

Fabrizio.

 

Infatti....

 

Giulio.

 

Infatti ha mentito! - Perchè hai mentito, Emma? Ci dev'essere una ragione. Non me la puoi dire? È la prima volta che tu mentisci ch'io sappia..., ch'io sappia, bada! Perchè sono così credulo io!

 

Atterrito.

 

Lo vedi bene quello che penso, lo vedi bene, Emma? Dimmi di no - dimmi di no - Emma! Per carità! Emma!

 

Le si avvicina supplichevole.

 

Fabrizio interponendosi rapido.

 

Giulio!

 

Giulio.

 

Che fai? La difendi! Parola d'onore che hai l'aria di difenderla. Essa può dunque temere?

 

Imperioso.

 

Va' via.

 

Emma.

 

Ah!

 

Cade ginocchioni.

 

Fabrizio.

 

Giulio!

 

Giulio.

 

Via dalla mia casa!

 

Fabrizio.

 

Ti giuro che essa....

 

Giulio terribile.

 

Va' via!

 

Fabrizio via.

 

Giulio cade piangendo sopra una sedia.

 

Ah! ah! ah! ah!

 

 

Cala la tela.


 

 

 





2 Nell'originale "vilmente". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



3 Nell'originale: "rincrese". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



4 Nell'originale "affrettati". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



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