Camillo Berneri
Mussolini grande attore
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CAPITOLO SECONDO IL BARNUM DEGLI DEI

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CAPITOLO SECONDO

IL BARNUM DEGLI DEI

Per lanciare La Plante ci volle la stampa quotidiana. Questa è la vera creatrice delle grandezze politiche. Non è un caso che il giornale sia stato istituito dagli imperatori romani. E si sa che Napoleone si occupava del Moniteur al pari dell'artiglieria: «Una grande fama, diceva, è un grande rumore».

Mussolini è dello stesso parere. Ha scritto: «Detesto coloro che mi prendono a argomento dei loro scritti», ma ciò si legge nella prefazione a Dux di Margherita Sarfatti, il libro più ammirativo che sia stato scritto su di lui. E siccome le apologie degli altri non gli bastano, ha scritto egli stesso la sua vita, intreccio delle menzogne più sfacciate e dei più grotteschi auto-incensamenti. Mussolini ha sempre curato la propria réclame. Nel 1903 e nel 1904, espulso dal cantone di Berna e da quello di Ginevra, e minacciato d'estradizione per aver falsificato la data del passaporto, pubblicò numerosi articoli su Le Peuple di Ginevra sulle sue avventure, dipingendo a foschi colori la sua situazione di perseguitato. Direttore del giornale socialista rivoluzionario La lotta di classe di Forlì ebbe sempre cura di mettere in rilievo la sua attività di agitatore. Così fece quando giunse alla direzione del quotidiano socialista Avanti!. Il Popolo d'Italia fu ancora di più il suo giornale personale, e sulle sue colonne veniva esaltato come il «duce». A partire dalla fondazione dei Fasci, nel 1919, fino ad oggi una gran parte dell'attività del partito fascista è stata assorbita dalla più continua e frenetica esaltazione della personalità del «duce», rappresentato come un condottiero senza macchia e senza paura, come un geniale costruttore, come il più grande uomo di Stato che mai il mondo abbia visto.

In un libro (Dolores Mingozzi, Mussolini visto dai ragazzi, con pref. di Augusto Turati, San Casciano Val di Pesa, Società Editrice Toscana, 1929) una maestra ha raccolto i giudizi degli alunni e delle alunne della scuola elementare su Mussolini: giudizi nei quali vediamo riflessa la letteratura apologetica che lo storico e lo psicologo di domani studieranno come il prodotto di una vera psicosi collettiva. Come ha fatto Mussolini a conquistare il potere? Risposta di un alunno: «Studiava sempre: divenne capo del fascio e poi dei ministri. Studiava sempre, e divenne Duce». Un altro vede in lui un miracolo di lavoro: «Lavora sempre e non dorme mai, o quasi. Chiude gli occhi ogni dieci minuti, poi si desta, si una bella lavata, e torna subito a lavorare che è fresco come una rosa». Un terzo lo ritiene molto coraggioso «tanto è vero che, due ore dopo l'attentato di Bologna, andò a suonare il mandolino con la sua famiglia».

Come abbiamo visto, le scuole sono fra i maggiori semenzai di mussolinismo. I maestri hanno quasi ogni giorno l'occasione, imposta, di parlare del duce. Basta consultare il «diario» di una alunna romana nel 1927-28:

12 ottobre. Battaglia del grano (la maestra spiega agli alunni lo sforzo intrapreso da Mussolini, a mezzo di concorsi e di premi, per produrre tanto grano quanto basti ai bisogni).

14 ottobre. Visita alla «Mostra del grano».

21 ottobre. Commemorazione di Crispiinevitabile un parallelo fra Crispi e Mussolini).

26 ottobre. Tutti gli alunni scrivono una frase di gratitudine al Duce; la migliore gli è inviata.

27 ottobre. Vigilia dell'anniversario della Marcia su Roma, su cui la maestra intrattiene gli alunniimpossibile non parlare del Duce).

19 febbraio. Giornata del riso (impossibile non parlare di Mussolini che ha proclamato il riso alimento nazionale).

26 marzo. Anniversario della fondazione dei Fasci di combattimento.

15 aprile. Giornata del Pane (altra iniziativa del Duce).

Alle pareti di tutte le scuole si legge il proclama:

«Mussolini ai bambini d'Italia». Sui banchi si trova il «Quaderno nazionale»: sulla copertina fa bella figura il ritratto di Mussolini, che adorna anche le aule. L'inaugurazione di questo ritratto è una delle più importanti cerimonie scolastiche. Ecco in proposito le istruzioni delle autorità: «Gli alunni saranno tutti radunati nella palestra e i direttori, avendo al fianco la bandiera della scuola, presenteranno l'effigie del Duce e parleranno della grande opera che egli ha compiuto per la nostra patria, liberandola per una nuova grandezza romana. Diranno che con Lui e grazie a Lui è cominciata una nuova storia, in cui l'Italia, veramente e fortemente unificata negli spiriti e nei cuori dei suoi figli, torna ad essere la maestra del mondo in saggezza e in civiltà; diranno che dopo l'effigie del sovrano, simbolo augusto della Patria, il ritratto di Benito Mussolini sarà il simbolo della nuova fioritura della Patria.

Che il discorso sia breve e sentito...

Finita la distribuzione dei ritratti, i gruppi sfileranno davanti alla bandiera e al ritratto del Presidente del Consiglio».

In tutte le scuole si distribuisce gratuitamente La vita di Mussolini di Giorgio Pini e si raccomanda ai maestri di leggere e di spiegare in classe lunghi passaggi della biografia del Duce di Margherita Sarfatti.

Alcune scuole possiedono il fonografo che serve a fare intendere la voce del padrone. (Vedi il bel libro di Hélène Tuzet, L'éducation du peuple italien selon les fascistes et selon lui-même. Paris, 1931).

Questo culto di Mussolini nelle scuole prende le forme più grottesche. Basta, per averne una idea, leggere questa preghiera che si è fatta imparare agli alunni delle scuole italiane in Tunisia e che si può leggere sulla Tribuna di Roma del 25 luglio 1927:

«Io credo nel sommo Ducecreatore delle Camicie Nere. – E in Gesù Cristo suo unico protettore – Il nostro Salvatore fu concepito – da buona maestra e da laborioso fabbro – Fu prode soldato, ebbe dei nemiciDiscese a Roma; il terzo giornoristabilì lo Stato. Salì all'alto ufficioSiede alla destra del nostro Sovrano – Di ha da venire a giudicare il bolscevismoCredo nelle savie leggi – La Comunione dei cittadini – La remissione delle pene – La resurrezione dell'Italia, la forza eterna, così sia».

Si potrebbe raccogliere una massa di simili documenti per farne un volume che farebbe impallidire il ricordo dei Faraoni e degli Imperatori romani. Mi limito ad alcuni saggi. Ecco una circolare inviata dal deputato Scorza (l'organizzatore dell'aggressione che è costata la vita al filosofo Giovanni Amendola, e attualmente capo delle organizzazioni fasciste degli studenti delle scuole secondarie e delle Università) dopo le cerimonie che hanno avuto luogo per l'anniversario della marcia su Roma, nell'ottobre 1931:

«Ricordo a tutti – Universitari, Giovani Fascisti e Comandanti – la più rigida osservanza delle mie disposizioni date con l'ordine 49 del 10 marzo 1931.

In diverse manifestazioni di questi giorni, si sono uditi Universitari e Giovani Fascisti invocare ritmicamente il nome di questo o quel gerarca e cantare delle strofe esaltanti illustri sconosciuti. I Giovani Fascisti e gli Universitari non devono scandire che un solo nome: quello del Duce. Non devono cantare inni che non siano fascisti e devono cantare soltanto per Lui.

Oltrepassare questo limite significa non aver ancora raggiunto questa concezione unitaria del Fascismo che deve essere alla base della coscienza delle nuove generazioni. Siccome io non ho l'abitudine di ripetere i miei ordini, avverto che ho richiesto ed ottenuto da Sua Eccellenza il Segretario del Partito la facoltà di destituire immediatamente i comandanti di squadre, di centurie e di fasci che si dimostrano incapaci di ottenere dai loro uomini questa manifestazione di educazione spirituale. Nella Chiesa fascista vi sono molti santi, alcuni vescovi, un'armata di fedeli, molti scaccini, ma un solo Capo! Far confusione, significa bestemmiare. I comandanti provinciali trasmetteranno la presente ai comandanti di squadra. Darmi assicurazione che si è capito».

Nel novembre 1931, Giuriati, segretario del partito, disse a Mantova, in un pubblico discorso:

Bisogna credere che Mussolini ha sempre ragione, che non si inganna mai. Voi non dovete chiedere quando dovrete marciare e dove vi si conduce: vi basta sapere che Mussolini è alla testa delle sue legioni e che la strada ch'egli segue conduce all'Impero... Mussolini è convinto che una mano infallibile lo guida, e la vittoria sarà nostra.

Mussolini è il papa nero, Mussolini è il Pater che è in coelis et in terra. Non è soltanto l'inviato dalla Provvidenza – come l'ha salutato il Papa, ai giorni del Concordato – ma egli è anche la sua incarnazione. Nessuna meraviglia se è vietato nominarlo col suo cognome.

Una delle manifestazioni di questo culto idolatra è data dall'inflazione delle sue foto, di cui Henri Beraud, nel suo libro Ce que j'ai vu à Rome (Paris, 1929), ha ben reso l'ossessione:

«Mussolini è dovunque, in nome e in effigie, in gesti e in parole – più ancora che Kemal in Turchia e più ancora di Lenin a Mosca.

Apri un giornale qualunque: ecco riprodotto, commentato e celebrato un discorso "genialissimo" del Duce... Un negozio: ci mostra il grand'uomo inquadrato da fiori e da autografi. Ovunque indirizzate lo sguardo o portate i vostri passi troverete Mussolini, ancora Mussolini, sempre Mussolini. Senza sosta vi si parlerà di lui, in termini la cui esaltazione o prudenza mireranno a confondere lo straniero quale voi siete: caduto di fresco dalle lune democratiche e liberali... Non soltanto i caffè e i loro frequentatori, i giornali e le loro vetrine, le librerie e i loro scomparti, ma anche le mura, le nude mura, i cancelli dei cantieri non cessano di proclamare la sua gloria e il suo nome.

Quanto alle cartoline postali e alle foto di propaganda, si può avere un giudizio grazie a queste mostre in cui si vede il capo del governo in tutti i costumi e in tutte le pose, in redingote, in uniforme, da timoniere, da aviatore, da cavallerizzo, con un tricorno di piume in testa, con stivali a risvolto, pilota di una vettura grande-sport, mentre salta degli ostacoli, o arringa la folla, o trebbia il grano, o rimbosca la Calabria, o saluta romanamente, o assaggia il rancio dei bersaglieri, o doma le belve, o marcia su Roma, o suona il violino...

Dopo sette anni di istantanee e di stereotipie, la profusione di questi ritratti è davvero incredibile. L'immagine del Duce fa parte dell'esistenza: essa domina tutte le circostanze della vita italiana. Non parlo soltanto degli atti pubblici: parlo della vita quotidiana, della vita della strada.

Entrate dal cappellaio, dall'orologiaio, dal droghiere, dal farmacista, dall'esattore: l'immagine del Dittatore, in camicia funebre, è , e col braccio teso vi osserva, domina il banco, presiede al traffico e attesta il civismo del commerciante. Andate da un cambiavalute: lo sguardo imperioso attraversa gli sportelli, osservando con un tetro piacere l'operazione che trasforma il vostro franco democratico in settantacinque centesimi dittatoriali. Sarà la stessa cosa alla stazione, in tramway o dal dentista. Ecco delle medaglie, ecco delle incisioni. Ecco la sua biografia in tutte le lingue. Ecco, sotto vetro, come un pio ex-voto, un vestigio del recente plebiscito: il Duce in uniforme da generale della Milizia, con in testa il fez con l'aquila e il pennacchio bianco, fra due certificati elettorali: 'Sì!', e due passi più in , dal profumiere, delle saponette col profilo del Sig. Mussolini.

E i cinema! Tutti, dall'umile sala dei sobborghi operai ai 'super' rutilanti d'oro e di tappeti, offrono come attualità le produzioni "Luce": cioè del cinema fascista di Stato. Tre o quattro volte per proiezione, il pubblico si alza in piedi come un sol uomo: sullo schermo appare l'ultima uscita del rinnovatore fotogenico e terribile.

Eccolo, in piena luce, che punta sul pubblico uno sguardo potente come desse la caccia nell'ombra a qualche fautore della massoneria o all'ultimo superstite dei partiti dello Aventino... E la folla batte le mani. Se l'ospite di Palazzo Chigi fa sentire la sua voce, è tutta un'altra cosa (perchè i primi films parlati proiettati in Italia hanno dato la parola a Colui che fa tacere tutti gli altri...).

Andate a teatro: Mussolini accentua il controllo e vi guarda senza debolezza indulgenza. Dovunque andiate, qualunque cosa facciate, questo sguardo vi seguirà; dovunque l'occhio del padrone. Mussolini è onnipresente, come un dio. Vi osserva dappertutto e voi lo vedete in tutti i luoghi; sotto tutti gli aspetti, sia negli esterni realisti del film e dell'istantanea che sotto la specie decorativa del ritratto stilizzato...

Ossessione singolare, che rafforza l'incontro frequente coi suoi sosia. Se ne vedono in gran numero. Perchè è inutile dire che la gloria ha assai diffuso il tipo mussoliniano e che ogni fascista provvisto di una fronte scoperta, di una forte mascella, di scure pupille, si volentieri arie terribili e lancia occhiate fascinatrici».

Un altro aspetto della réclame fatta a Mussolini è quella delle parate fasciste, organizzate minuziosamente con treni speciali, con un viatico largamente diffuso, con una vera mobilitazione di gregari. Inutile aggiungere che le immagini fotografiche e cinematografiche divulgano in tutta Italia le prove dell'attaccamento del paese al Duce. Tutto ciò costa molto. La visita del Duce a Venezia nel giugno 1923 costò al Comune più di 150.000 lire; quella fatta a Torino nel novembre dello stesso anno, circa 120.000 lire. Ecco la nota delle spese elencate nella delibera del 14 novembre 1923 del Commissario prefettizio, incaricato dell'amministrazione di quest'ultima città:

Addobbo della città e del Municipio

52.785

Alberghi

5.899,80

Banchetto

20.750

Auto

13.096

Targa offerta al Presidente del Consiglio

6.680,60

Addobbo del Monumento ai Caduti

915,15

Fuochi d'artificio

11.602

Spese diverse

5.223

Basti pensare che Mussolini non fa economia di visite per concludere che è un visitatore che costa caro. Se i Comuni italiani sono quasi tutti in stato di fallimento, lo si deve anche a quanto costa loro la réclame fatta al partito fascista e al suo capo. Mussolini in persona è il regista di quel teatro di comparse in cui è stata trasformata l'Italia. Il suo giornale è sempre stato pieno di grandi fotografie di manifestazioni fasciste. Quasi tutta l'attività organizzativa del partito è stata da lui diretta verso una sistematica serie di manifestazioni di potenza numerica.

Gli scenari pittoreschi non mancano in Italia e Mussolini ha sempre avuto il senso della scena e della coreografia. Lo si può veder ancor meglio osservandolo nei suoi più affettati atteggiamenti.


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