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Alfabetica [« »] epperò 8 eppure 33 er 3 era 971 eran 65 erano 115 erba 16 | Frequenza [« »] 1105 da 1097 se 1047 lui 971 era 931 quel 927 dice 926 lo | Gherardo Nerucci Sessanta novelle popolari montalesi Concordanze era |
Novelle
1 1| Zelinda e il Mostro~ ~ ~ ~ ~C’era una volta un pover’omo, 2 1| di queste la più piccina era anco la più bella e garbata 3 1| siccome il cancello ’gli era soccallato, lui lo pinse 4 1| e in un cantuccio e’ c’era un cespuglio alto di rose 5 1| gli domandorno quel che era stato e se gli era intravvenuto 6 1| quel che era stato e se gli era intravvenuto qualche disgrazia.~ ~ 7 1| e a che patto infine lui era potuto ritornare a casa:~ ~– 8 1| nentrati che furno, nun c’era, com’al solito, persona 9 1| grande, dove nel bel mezzo c’era una mensa apparecchiata 10 1| né poco, perché lui ’gli era troppo brutto e come una 11 1| raccontò al Re quel che gli era intravvenuto per filo e 12 1| siccome s’avveddan che nun c’era rimedio e il Re nun c’era 13 1| era rimedio e il Re nun c’era caso di smoverlo dalla sua 14 1| la porta della spelonca era stata aperta, e l’Orchessa 15 1| di dormire.~ ~L’Orco nun era mica persuaso a questo parlare, 16 1| s’accorse che in casa c’era gente, principiò a fiutare 17 1| iscoprendo nulla, pensò che era meglio [9] insaccare nel 18 2| vedova Ginanni)~ ~ ~ ~C’era una volta una balia di quelle 19 2| chiamava Caterina, e che era una ragazza a modo, aocchiata, 20 2| assapere all’Assunta, che era un’altra ragazza di su’ 21 2| Caterina, con un lume a mano, era ita a pigliare la farina 22 2| facciaccia propio ispaventosa.~ ~Era un ladro.~ ~La Caterina 23 2| alla Caterina la fame gli era ita via, e steva lì tutta 24 2| ne’ [12] giorni di festa era anco barbieri. Si sa, in 25 2| nun lo voleva, perché lui era un ladro, un assassino.~ ~ 26 2| c’entrò di mezzo e ’gli era dimolto contenta, e con 27 2| addove la strada nun c’era più; ma ’nvece un bosco 28 2| volta che la Caterina ’gli era lì vicino alla strada, deccoti 29 2| vedeva punto, ricoperta com’era con de’ panni.~ ~Ma quando 30 2| accorsano che la Caterina ’gli era telata via con tutte le 31 2| il capo ladro:~ ~– ’Gli era col currieri del Re.~ ~E 32 2| tieneva da lui e chi gli era contrario; sicché finirno 33 2| veder quel signore la s’era insospettita, perché lei 34 2| signore, che propio ’gli era il ladro del buratto, o 35 2| altro, tutti i santi giorni era lì in bottega a fare il 36 2| scartino, e la Caterina era grossa nel mese, vicina 37 2| compagnia, che il bambino era appunto nato:~ ~– Che bel 38 3| badava dimolto, perché ’gli era la su’ sola ricchezza.~ ~ 39 3| dalla terra, s’accorge che era un mortaio tutto d’oro e 40 3| Caterina, perché il Re ’gli era una persona aducata.~ ~A 41 3| ma comando di Re, e nun c’era da opporsi: sicché lui piglia 42 3| gli raccontò quel che ’gli era accaduto, e che il Re aveva 43 3| Re, in nel sentire quant’era furba la Caterina, gli vien 44 3| arrivò a casa che ’gli era più morto che vivo. Ma la 45 3| presano per una matta e nun c’era versi che la volessano lassar 46 3| un altro contadino e che era sotto il portico. In nella 47 3| della vacca fu sveglio, era tutto allegro e andette 48 3| quell’altro. – La vacca ’gli era lega al carro, il carro ’ 49 3| sentenziò, che quel del carro era il padrone vero e legittimo 50 3| lui, e che la su’ parola era sacra per ugni persona, 51 4| Silvia Vannucchi)~ ~ ~ ~C’era una volta un contadino, 52 4| e di mitidio, sicché lei era il divertimento di tutto 53 4| addolorata, e a nissuno ’gli era mai rinuscito di farla ridere. 54 4| tant’allegra, ché dove lei era, la malinconia pareva isbandita.~ ~ 55 4| e a quel modo scalza com’era, e colla rocca infilzata 56 4| dargli la notizia che la c’era; però, abbeneché dimolto 57 4| racconti redicoli, Giovanna era capace di scommoverla alle 58 4| vestuario, ma che in fondo lei era un’ignorante, che nun sapeva 59 4| darglielo: disse, che lui era vecchio e bramava la su’ 60 4| per vinto, anco perché s’era impegno in sin da principio 61 4| fora della Principessa che era servita sempre da Giovanna.~ ~ 62 4| vede una cucina, e lì c’era il coco tutto acciaccinato 63 4| cucina dell’albergo nun era dicerto: e poi di que’ desinari 64 4| s’accorse che la cucina era la cucina del palazzo reale. 65 4| capire in che maniera ’gli era successa quella disgrazia.~ ~ 66 4| lagrime agli occhi giurava che era innocente; sicché a quella 67 4| attorno al focolare; il Re s’era gufo infrattanto dientro 68 4| compagne quel che ’gli era intravvenuto; al racconto 69 4| ragazza. E siccome Giovanna era con la paura che il Re almanaccasse 70 4| coppia per coppia. Giovanna era col Re; ma abbeneché lei 71 4| per il vino bevuto; ’gli era come se avessin del piombo 72 4| ricovero la notte, siccome lei era di bon core, fece nentrare 73 4| Fortuna che la finestra ’gli era bassa!~ ~Il Re battiede 74 4| il calzino; più che altro era male di amore dispregiato, 75 4| possedere Giovanna, perché lui s’era addato che fussi stata la 76 4| ma siccome Giovanna ’gli era ardita e dimolto vogliolosa 77 4| letto.~ ~Il Re, che nun s’era di nulla accorto, si sdraiò, 78 4| volontà nel letto, quando lei era rinsanichita: sicché Giovanna 79 5| Silvia Vannucchi)~ ~ ~ ~C’era una volta una donna campagnola 80 5| altra, tutt’all’incontro, era brutta quanto si pole dire: 81 5| quella stella poi ’gli era per loro dua un pruno fitto 82 5| bella da quel giorno che era stata a visitare le Fate, 83 5| alla Brutta la coda gli era di già ricresciuta un bon 84 6| Silvia Vannucchi)~ ~ ~ ~C’era una volta, ma indove nun 85 6| arricordo, un’Ostessa, che era dimolto bella, e però ’gli 86 6| parlargli. Quest’Ostessa nun era sola; con lei ci steva pure 87 6| Ostessa. La figliola gli era un pruno in negli occhi 88 6| andette in cammera addove era serrata la Bell’Ostessina 89 6| ugni mo’ quest’idea gli era vienuta in capo con un po’ 90 6| giurò che pur troppo ’gli era tutto vero il su’ dire, 91 6| che la su’ figliola ’gli era morta da un parente lontano, 92 6| che gli addomandò chi lei era e che faceva mai a quell’ 93 6| mancava, e la Bell’Ostessina era trattata come una Regina.~ ~ 94 6| mazzo de’ fiori: ma nun se l’era accosto a mala pena al naso, 95 6| quanto la Bell’Ostessina ’gli era buona, con certi unguenti 96 6| cognosceva che la su’ figliola era ghiotta delle stiacciate, 97 6| cammera ne mangiò quante ce n’era: ma di lì a un po’, giù 98 6| se ne innamorò a bono; n’era innamorato cotto, via. ’ 99 6| Infrattanto la Strolaga era arritornata dall’Ostessa, 100 6| è detto si dice ora, gli era un bel giovanotto scapolo, 101 6| però nun sapeva che chiave era quella e che uscio apriva; 102 6| della Bell’Ostessina; lui era mezzo ammattito dalla disperazione. 103 6| trovorno di niussuna qualità: c’era il deserto. In nella prima 104 6| lupi: e quando una pietanza era finita, subbito delle mane 105 6| splendida, e in fondo c’era un salone smenso; ma rimaseno 106 6| il racconto di quel che era successo; e allora la Bell’ 107 6| dal giorno che il Re ’gli era sortito a caccia co’ du’ 108 6| della sua figliola, che nun era mica morta, che ’nvece se 109 6| figliolo; ma per un altro ’gli era stizzita, perché il Re aveva 110 6| arrispose, che lui addov’era ci steva troppo bene, che 111 6| questo coll’assercito s’era partito per dar l’assalto 112 6| presenzia della Regina, lì c’era pure su’ madre l’Ostessa, 113 6| gli disse, che il meglio era di buttar viva la Bell’Ostessina 114 6| sfacciati.~ ~Tutto dunque era preparato per il supplizio 115 6| volse sapere quel che ’gli era mai accaduto; e quando glie 116 7| Elena Becherini)~ ~ ~ ~C’era una volta un omo e una donna, 117 7| e ignoto del poi.~ ~Nun era dimolto che steva il ragazzotto 118 7| perché a [55] lui nun gli era vienuto ’n capo quel conforto: 119 7| serrarla, [56] e ugni volta c’era dientro una bella muneta 120 7| troppo, il ragazzotto ’gli era stato allevo soltanto tramezzo 121 7| soffitto da gran sbalzi che era [59] ubbligato a fare; il 122 7| prigione a domandare chi era quel gustoso che si spassava 123 7| del su’ sposo. Lui però era stato furbo in nel fare 124 7| scandolo e barbarietà nun c’era da mettercela, e pensò meglio 125 8| Elena Becherini)~ ~ ~ ~C’era una volta un omo pescatore, 126 8| sapere quel che mai ’gli era accaduto al pescatore, che 127 8| fantasticava cercando qual era il meglio modo di cocerlo.~ ~ 128 8| tanto tra di loro, che nun era possibile ricognoscergli 129 8| rimedio di più gran male, s’era obbligato con il Mago a 130 8| mattina la sorte appunto era toccata alla figliola del 131 8| intiera piena di rammarico s’era vestita a bruno.~ ~Il giovane, 132 8| nome, e poi gli disse che era vienuto per libberarla dalla 133 8| guardare la Principessa se n’era subbito innamorato a bono, 134 8| furia di levargli le teste s’era rotto l’incantesimo; e accosì 135 8| ugni modo la parola reale c’era, sicché al Re gli conviense 136 8| urlare, che il ciabattino era un bugiardo e che lui il 137 8| mentre a Corte la mensa era ammannita e dimolti gl’invitati; 138 8| rivolse al cane che gli era a cuccia a’ su’ piedi, e 139 8| contento: ma il ciabattino ’gli era pieno di temenza e di sospetto, 140 8| quel modo, sentito che ’gli era di quel giovane, pure lui 141 8| segno raccontò quel che gli era accaduto.~ ~Il ciabattino 142 8| disse, che quella selva era incantata, e qualunque ci 143 8| aspettarci il giorno.~ ~La grotta era piena di statue di marmo 144 8| che anco il primogenito era passato per di lì da que’ 145 8| nun cognoscendo se ’gli era in mezzo a persone di garbo 146 8| raccontorno quel che gli era accaduto; ma il primogenito 147 9| il babbo gli morì e lui era sempre giovanotto, e accosì 148 9| proda a un’isola deserta.~ ~Era lì Ferdinando in quell’isola, 149 9| soltanto in sulla spiaggia c’era un bel frutto fronzoluto, 150 9| in verso il frutto addov’era Ferdinando niscosto, e lì 151 9| fondo a quella buca, e c’era una bella cammera tutta 152 9| mangiare ugni ben di Dio; c’era anco un cammino con il su’ 153 9| vecchio che mi menò qui ’gli era appunto il mi’ babbo, e 154 9| a bono: lui ’nfatti ’gli era pur troppo il figliolo del 155 9| n quel mentre che ’gli era lì, dice:~ ~– Ferdinando, 156 9| levata di sole il ragazzo era bell’e morto, che nun ci 157 9| frutto per cercare se c’era un modo di nuscire da quell’ 158 9| comparse da lontano, e tanto era strasmisurato che pareva 159 9| guardare in che logo lui era, abbeneché fusse mezzo sbalordito 160 9| servivano a un modo, che era una festa. Satollato che 161 9| disse a Ferdinando:~ ~– Ci s’era scorde di consegnarti anco 162 9| visto in nel cortile, e lì c’era una porticina tutta d’argento. 163 9| ma oramai la porticina era bell’e aperta, sicché lui 164 9| medesima indove Ferdinando ’gli era naufragato, lo porta addirittura 165 10| albergo, addove dirimpetto c’era un magnifico palazzo signorile. 166 10| un bosco folto, che nun c’era né strade né viottoli, e 167 10| scimmie e la caporiona gli era dirimpetto.~ ~A una cert’ 168 10| pauroso, nunistante ’gli era imbrogliato a bono di trovarsi 169 10| sarà; e in un mumento ’gli era di già addormito.~ ~Ma in 170 10| lettere sul cassettone ce n’era un catafascio. Lui le piglia 171 10| perché dientro alle lettere c’era scritto che Antonio la sposa 172 10| e figuratevi se lui ’gli era curioso di cognoscere la 173 10| sentuto che il su’ figliolo s’era trascelta quella sposa, 174 10| Vienuta la mattina, ugni cosa era ammannita in nella cappella 175 10| che ti vede! La scimmia s’era trasmutata in una bellissima 176 10| queste parole Giovanni s’era tutto sconturbato; ma la 177 11| in pochi giorni lei ’gli era vienuta in fin di vita; 178 11| raccontargli piagnendo quel che gli era successo.~ ~Dice la balia:~ ~– 179 11| volta ’l cervello; ma nun c’era da ripricare. Monta dunque 180 11| come lo voleva il Re nun c’era verso che lo trovassi.~ ~ 181 11| ugni mo’, siccome lui se n’era innamorato e la voleva sposare, 182 11| disse che da ora ’n là lei era in obbligo di sposarlo, 183 11| che a quella proposta s’era un po’ sentuta rinanimire:~ ~– 184 11| scalinata del palazzo reale c’era il figliolo del Re di quell’ 185 11| Re a Zuccaccia, che ’gli era lì per la cucina:~ ~– Sai, 186 11| descrivere quanta ma’ gente che c’era; signore e signori d’ugni 187 11| come la si chiamava, chi era e da che paese vieniva; 188 11| riviense ’ndietro, la dama era bell’e ita via, che nissuno 189 11| dalla pena e dall’amore nun era nemmanco andato a letto, 190 11| ci ho propio gusto. E chi era questa bella dama? Che nome ’ 191 11| badava a dirgli che se n’era ’nnamorato, ma che voleva 192 11| per addimostrargli che lui era dimolto contento di vederla 193 11| al ritorno la dama non c’era più e nissuno gli poté dire 194 11| poté dire da che parte ’gli era ita via.~ ~La mattina il 195 11| Zuccaccia mia, la dama c’era anco ieri a sera! Ma, me 196 11| arriva alla sera, e tant’era la folla nel palazzo reale, 197 11| in nella sala. Ma com’ell’era, la nun si pole descrivere! 198 11| lui rialzò il capo la dama era sparita, e nun si potiede 199 11| a quella dama, ché se n’era ’nnamorato e nun sapeva 200 11| comparì tale e quale lei era.~ ~Vi potete figurare l’ 201 11| lui nun la ricognobbe che era la su’ figliola.~ ~Quando 202 12| perché la donna s’accorse che era gravida; e vienuta a’ nove 203 12| vent’anni e propio ’gli era una bellezza maravigliosa, 204 12| Sicché dunque Bell’-e-fatta era tutta sgomenta per serbare 205 12| framezzo a un bosco, che non c’era via né sentieri, e finì 206 12| aspettare il sole, e stracca com’era ci s’addormì addirittura.~ ~ 207 12| disse, che la su’ intenzione era di custodire il ricordo 208 12| cammera a terreno, addove c’era una finestra sopra una strada 209 12| quel frattempo il Re ’gli era [98] vienuto al finestrino 210 12| la Regina di Portogallo era vedova e ’gli aveva una 211 12| t’ordino.~ ~Infrattanto era arrivo il Re e smontò al 212 12| al su’ logo; ma di già v’era arriva Bell’-e-fatta, e 213 12| doppo dimolti contrasti s’era fatto dare Bell’-e-fatta 214 12| orazioni, e come il Re ’gli era addormentato per bene sonare 215 12| sulla mana della sposa nun c’era il neo di Bell’-e-fatta, 216 12| abbeneché il Re avessi sonno, c’era un divano, sicché fece qualche 217 12| sicché dunque su’ madre era quasimente disperata; e 218 12| in un mumento? Dianzi nun era così.~ ~Ma vedendo che quella 219 12| che da Bell’-e-fatta nun c’era stato nissuno. Il Re però 220 12| nissuno. Il Re però nun era troppo persuaso delle parole 221 12| che su’ legittima sposa era Bell’-e-fatta e suo quel 222 13| gli raccontò quel che gli era intravvienuto.~ ~Dice:~ ~– 223 13| gli dasse retta: la balia era sgomenta, nun sapendo come 224 13| mortorio e gli dissano che era il funerale d’una vecchia 225 13| il figliolo del Re, che era un giovanotto piuttosto 226 13| filò tutto quel lino, che era proprio una maraviglia a 227 13| fiori d’oro, ché di meglio era ’mpossibile trovare. Tutti, 228 13| figliolo del Re poi nun era [109] dimolto persuaso, 229 13| finta, e che di sotto c’era una bellissima ragazza. 230 13| storia, e come il babbo, che era pur lui un Re, l’aveva scacciata 231 13| Vanno, e la ragazza s’era in quel mentre vestita per 232 13| lei fece di quel che gli era successo. Insomma e’ s’accordorno 233 13| ricognoscette.~ ~L’apparecchio era, che ognuno aveva a tavola 234 13| il padre s’accorgette che era la su’ figliola e disse 235 14| un Re, che a nissuno gli era rinuscito mai di farlo ridere, 236 14| giorno che questo giovanotto era affacciato alla finestra 237 14| sotto la finestra d’addove era affacciato quel figliuolo 238 14| smania addosso, che nun c’era rimedio.~ ~Finalmente, disperato, 239 14| persuadere, che la sua ’gli era una malinconia; ma quando 240 14| Dice l’Orchessa:~ ~– Nun era bona la cena? Oh! che vi 241 14| fame, eh!~ ~Più ’n là c’era il ciabattino, che arrabinato 242 14| al palazzo, e a terreno c’era la Fata Morgana ritta ’n 243 14| Aspetta un po’.~ ~Ma la Fata era ita in cammera a arrotarsi 244 14| granata nova, e da voi nun c’era stato ma’ verso di farmela 245 14| acqua!~ ~Ma l’acqua nun c’era, sicché lei pure disse:~ ~– 246 14| rivestiva di ’gnuda che era.~ ~Quando poi fu vestita, 247 14| racconto di quel che gli era intravvienuto, e mettiede 248 14| Principe; ma la Mora nun se n’era addata. La Mora guarda ’ 249 14| Principe sale in cammera e c’era la Mora a aspettarlo. Gli 250 14| a aspettarlo; e siccome era la su’ sposa oramai, bisognò 251 14| al giardinieri reale gli era però intravvienuto per più 252 14| male, che l’appetito gli era ito via, e volse che la 253 14| ridiventa quel che ’gli era prima, la sposa del Principe.~ ~ 254 14| cominciò a raccontargli chi lei era, e perché lei si trovassi 255 15| ditto, che il mortaio ’gli era bello, ma che ci mancava 256 15| sentenziava, Grisèlda gli era sempre contraria, e al Re 257 15| quest’opporsi accosì gli era vienuto dimolto a noia.~ ~ 258 15| il carro e che però gli era del contadino.~ ~Figuratevi 259 15| riebbe il su’ muletto, che era giusto, perché era di lui.~ ~ 260 15| che era giusto, perché era di lui.~ ~Quando il Re fu 261 15| fermò che a casa sua, quand’era notte fitta. Picchia, e 262 16| vedova Ginanni)~ ~ ~ ~C’era una volta un mercante di 263 16| Bellindia: ma questa ’gli era differente dall’altre dua, 264 16| tornava da Livorno, e lui ’gli era più allegro del solito.~ ~ 265 16| sul piazzale, addove nun c’era anima viva. Va dunque al 266 16| uscio vedde che in salotto c’era una tavola ’mbandita, e 267 16| strigliato, ma propio a garbo. Era lì per montare ’n sella, 268 16| Bellindia, perché a lei ’gli era vienuto questo capriccio.~ ~ 269 16| su’ figliole quel che gli era intravvienuto. L’Assunta 270 16| scale, sopra una porta c’era scritto:~ ~– Appartamento 271 16| viva.~ ~Il mercante ’gli era tutto sgomento a dover lassare 272 16| andette nel salotto addov’era la tavola apparecchiata. 273 16| sorelle sentirno che lei era tanto contenta e ricca, 274 16| in dito.~ ~La Bellindia era mezza disperata, perché 275 16| s’avvedde che la pietra s’era dimolto intorbidata; sicché 276 16| Bellindia, che l’avvisava che era sposa anco quell’altra su’ 277 16| divorava, e la sorella maggiore era anco più dispettosa e arrabbiata, 278 16| alle sorelle quel che gli era intravvienuto per essersi 279 16| giorni, quando la pietra se n’era tutta quanta annerita.~ ~ 280 16| per la su’ colpa a lui gli era successa quella disgrazia. 281 16| con meco.~ ~La Bellindia era tutta isbalordita e nun 282 17| su’ gran bellezza, e lei era però arricorda da tutte 283 17| tirare ’nnanzi la locanda che era stata messa su dal su’ marito 284 17| menarcela a casa.~ ~Ruberto nun era mica un allocco, ma un giovanotto 285 17| con loro.~ ~La Maria, che era sana come una lasca, s’addimostrò 286 17| colore rosato, e la su’ voce era dolce come quella del rusignolo; 287 17| cognoscere, perché Ruberto nun era più allegro e tanto pensieroso, 288 17| incontrario, mangiata com’era nel core dall’aschero che 289 17| in bocca nun ce n’aveva; era come se avess’il cervello 290 17| da cavallo, e la Maria s’era butta in ginocchioni davanti 291 17| sul tramonto del sole c’era di già arrivata, e a poca 292 17| naufragato, e nel barchetto c’era il Capitano medesimo in 293 17| Ruberto in que’ giorni ’gli era ito a Livorno per certi 294 17| inutile.~ ~Ruberto però che era furbo nun ci credé alle 295 17| della Bella Giuditta, e s’era messo in testa pur troppo 296 17| Genova per cognoscere se era vero che la Maria si trovava 297 17| più vista da quando lui era stato a pigliarla assieme 298 17| quattrini per pagarlo nun n’era al possesso in quel momento 299 17| punti; la su’ intenzione era di trovare qualche servizio, 300 17| sole, e siccome la notte era buia e lei dimolto stracca, 301 17| stropicciava gli occhi e che s’era levata.~ ~Cominciorno a 302 17| sapeva, poero sciaurato, qual era il su’ vero interesso, e 303 17| sapendo di quello che s’era trattato, e si sgomentò 304 17| cognosceva parenti, che era una ragazza spersa per il 305 17| Subbito il Re di Francia, che era l’alleato di quel d’Ungherìa, 306 17| Principessa di Francia nun era altro che la su’ propia 307 17| dalla borgetta le lettere; c’era quella della Regina e un’ 308 17| bene e il popolo però s’era dimolto incattivito; e gli 309 17| perché il Principe nun s’era scorruccito a quella brutta 310 17| lui ’n quella lontananza s’era pentito della su’ passione 311 17| Maria a vedere quel che era stato, e abbeneché dapprima 312 17| arraccontai tutto quel che era avvienuto, e che lei, abbeneché 313 17| principe Alessandro se n’era innamorato a morte, il Re 314 17| erano; che badassi se mai c’era erro in quel che lui aveva 315 17| nascita de’ mostri, che nun c’era versi d’abbonirgli nemmanco 316 17| dubbietà e ’nnamorato com’era della Felicina, daccapo 317 17| né vedergli, e che se nun era eseguito il su’ comando 318 17| al giorno fissato tutto era pronto in sulla piazza come 319 17| tanto, e in ugni modo gli era d’allegrezza ubbidire a’ 320 17| per cognoscere addove ’gli era approdata.~ ~Ma si ritrovò 321 17| volse vedere in che logo era capitata e se c’era modo 322 17| logo era capitata e se c’era modo di nuscirne a bene; 323 17| sopra e al di là d’un rio c’era una casetta con dinanzi 324 17| parole, che la su’ vita era peggio di quella d’una bestia, 325 17| piagneva dì e notte.~ ~Oramai era passato dimolto tempo e 326 17| cavalcata dal palazzo regio, ed era propio un grande e bello 327 17| molte miglia, e da un lato c’era un paese deserto; ma a volerci 328 17| pasto, come si dice, ce n’era più di morte che dì vive; 329 17| accanto a una fresca fontana c’era un bel sedile d’alabastro; 330 17| che in quella bestia c’era assoluto qualche misterio 331 17| siccome però Alessandro gli era dirieto per tirargli un 332 17| in quel mentre che lui era rimaso mezzo sbalordito 333 17| deserto, sino a che, quand’era sera ormai, gli arrivorno 334 17| del bello a nuscirne, tant’era fitto e intrigato.~ ~Lì 335 17| fitto e intrigato.~ ~Lì era il posto addove abitava 336 17| se lo ’mmaginò, tanto lei era rifinita di carni e strucia 337 17| lui per i su’ interessi era ito alla su’ città, la mamma 338 18| vedova Ginanni)~ ~ ~ ~C’era una volta una donnetta, 339 18| bono da mangiare, e nun c’era versi che gli entrass’in 340 18| ce ne fussi stato! ’gli era finito da un pezzo. E ’mperò 341 18| mattina, che il sole nun era nemmanco levo, pigliato 342 18| entrarci.~ ~Nell’orto nun c’era anima viva, e il garzone 343 18| volse sapere quel che gli era intravvienuto; e lui gli 344 18| discorso si chetò; e poi nun c’era rimedio; e allora delibberorno 345 18| co’ capelli biondi, ch’era propio una gran bellezza 346 18| una torre, addove nun c’era per montarci su punte scale, 347 18| siccome chi la custodiva era la Catèra, la gli diceva 348 18| lei s’avvedde invece che era un bel giovanotto, un figliolo 349 18| visto il maialino? ’Gli era lui, il su’ damo, e vo’ 350 18| sentirsi arraccontare com’era ita via la Prezzemolina 351 18| Infrattanto l’Orco a corsa ’gli era arrivo a vedergli da lontano 352 18| tutte le strade, e nun c’era valico per andar oltre.~ ~ 353 18| chiesa, e ’l su’ giovanotto era il prete che si parava ’ 354 18| arritornare a casa sua. Guà! nun era malizioso lui. Quando la 355 18| accorto, che la chiesa era la Prezzemolina e ’l prete 356 18| tutta a vedere quel che era stato.~ ~– Ben arrivato! 357 18| arrivato! ben arrivato! ’Gli era tant’anni, che non si sapeva 358 18| si sapeva più addove Lei era; se era morto, oppuramente 359 18| sapeva più addove Lei era; se era morto, oppuramente vivo. 360 18| da su’ madre; e lei ’gli era mezzo disperata e nun si 361 18| che il su’ figliolo nun s’era lasso baciare da lei, sguisciò 362 18| sposa Prezzemolina se n’era bell’e scordo.~ ~E accosì 363 18| una figliola di Re; e s’era già incomincio a fare l’ 364 18| giovanotto, quando lui era sempre a letto.~ ~Dunque 365 18| scordo anco di quando s’era per la strada, e che l’Orco 366 18| coreano a vedere quel che era successo. E Giannino gli 367 19| Giovannini sarto)~ ~ ~ ~C’era una volta, in ne’ tempi 368 19| voleva male, ma siccome era quasimente un bambinuccio, 369 19| perché a que’ tempi non c’era ’l vapore, e il mercante 370 19| trambustìo de’ postiglioni, e poi era anco buio, non s’accorgette 371 19| che il mi’ babbo nun se n’era mica avvisto di me in sulla 372 19| facile a ficurarselo, ’gli era una Fata, e sapeva ugni 373 19| sdigiunarsi picchiò all’uscio.~ ~C’era la massaia che impastava 374 19| lì, e quella donna, che era una birbona, n’ebbe aschero 375 19| delicato, ma che ’n verità nun era altro che veleno; e quando 376 19| ultimo si distese quant’era lungo e moritte.~ ~In nel 377 19| tanto picchiare il masso era forato parte parte nel mezzo.~ ~ 378 19| quando il Re sentiede che c’era uno con uno ’ndovinello 379 19| nascette nel core; ma oramai c’era nello ’mbroglio, e poi s’ 380 19| Ci vol’ poco: Pizzio era un tu’ fratello, che per 381 19| parse che questo partito era meglio, perché chi sa che 382 19| subbito gli addomandò, chi lui era e addove se n’andeva.~ ~ 383 19| principio gli disse chi lui era, il viaggio suo, che aveva ’ 384 19| nsomma ugni cosa che gli era intravvienuta; sicché il 385 19| salita, e in un’ ora ’gli era ’n vetta di quella Montagna 386 19| che pareva un mostro e era il maggiordomo del Mago.~ ~ 387 19| nell’accollo di Francia s’era lasso mettere ’n mezzo da 388 19| la su’ ricchezza, e gli era manco il credito; sicché 389 19| stramoggiava; la dovizia era smensa; robbe, vestuari, 390 19| questo mondo.~ ~Difatto c’era ’l fratello di Menichino, 391 19| affortunato, e lui, che era il cucco di su’ padre, messo 392 19| di Menichino quando lui c’era dientro, e vedde pur troppo 393 19| verga. Figuratevi se ’gli era disperato e sgomento Menichino! 394 19| scapataggine, e finito quel che c’era, mancava il mezzo a riempire 395 19| Barbanera per ’ndovinare chi lui era; ma fu tutto inutile, perché 396 19| voleva appalesarsi quand’era vincitore; diede dunque 397 19| dubitavano per insino se proprio era il cavaglieri ’gnoto della 398 19| la su’ ferita, e che se l’era fasciata con la pezzola 399 19| ve ne sarete accorti, gli era lui ’n persona:~ ~– Che 400 19| diverse settimane, e ’gli era la stagione de’ cacciatori, 401 19| piangere: la colpa ’gli era sua e lo striderci su era ’ 402 19| era sua e lo striderci su era ’nvano; sicché doppo un 403 20| vedova Ginanni)~ ~ ~ ~C’era una volta un Re d’una gran 404 20| la più piccina, che ’gli era anco la più bella, disse:~ ~– 405 20| vederla, genti mia! come ’gli era bella e garbosina, con gli 406 20| anco, dalla vergogna ’gli era diventa tutta rossa rossa 407 20| disse:~ ~– Maestà! ’gli era per chiasso, per ragionare 408 20| sentirla parlare se ne’ era ’nnamorato, gli disse:~ ~– 409 20| mesi, via! la Regina ’gli era gravida, e al Re gli toccò 410 20| scatola imperò, perché ’gli era di legno, rimanette a galla, 411 20| insenza sapere che strada era quella, e a buio deccoteli 412 20| omo! Lui dalla guerra ’gli era torno vincitore, ma a vedere 413 20| arrivieniva al palazzo ’gli era tanto stracco, che nun si 414 20| mumento che per lui ’gli era meglio morire, s’arrampicò ’ 415 20| questi figlioli, se nun era la mi’ moglie a mancarmi 416 20| abitazione, in quel mentre che era a tavola, raccontò tutte 417 20| mare ce la buttai, ma’ gli era di legno e steva a galla. 418 20| La ragazza dunque, che era sola ’n casa, scendé con 419 20| tornorno da caccia, lei non era più allegra e contenta al 420 20| viense a un logo, dove c’era un vecchino:~ ~– Addove 421 20| s’accorgessi se lui ’gli era sperso o morto.~ ~Arriva 422 20| lei pure arriva in dove era il solito vecchino; lei 423 20| arnese (un arnese, ma com’era fatto nun si sa), si mettiede 424 20| in una locanda.~ ~Il Re era disperato, perché e’ nun 425 20| Regina. Poera donna! ’Gli era secca rifinita, allampanita, 426 21| Tanfane e Zufilo~ ~ ~ ~ ~C’era una volta tre fratelli, 427 21| e Zufilo; ma Zufilo ’gli era piuttosto ’mbecille che 428 21| furbizia, perché lui ’gli era giucco:~ ~– S’ha a partire 429 21| comprare il su’ coio; sicché s’era fatto già notte, e le botteghe 430 21| un pezzo ’n su addove c’era un mucchio di querce, e, 431 21| dibbandonato in sulla sciabbia.~ ~Era quasimente buio e Zufilo 432 22| vedova Ginanni)~ ~ ~ ~C’era un Re ne’ tempi passi, e 433 22| e bella a quel mo’, ’gli era un po’ capricciosa e scontrosa, 434 22| purché nun fuss’un ladro, lui era contento di tutti; e il 435 22| un marito a quel mo’ ’gli era ’mpossibile che lo pigliassi:~ ~– 436 22| presenta per il primo e che nun era un ladro. Dunque lei dev’ 437 22| giorni, e il Magnano ’gli era in questo frammezzo di tempo 438 22| sciaurata di Principessa, che era stata avvezza alla vita 439 22| quella vista!~ ~Oramai nun c’era più rimedio, e per forza 440 22| casa; sicché l’Angiolina era obbligata a far tutte le 441 22| fatto sempre accosì, quand’era vivo il mi’ Cecco bon’anima.~ ~ 442 22| stessa città del Magnano c’era un Re giovane con la Regina 443 22| la Regina la compativa e era contenta di vederla, il 444 22| bugìe, e che propio lui ’gli era il su’ Magnano.~ ~Dice:~ ~– 445 22| per un gran desinare, e c’era assieme il Re babbo dell’ 446 23| furia, sicché Fidati ’gli era a ugni mumento addreto, 447 23| quel pane e mezzo che lui s’era cotto.~ ~Quando arrivorno 448 23| mettersela in su’ buchi addove c’era gli occhi, e gli occhi arritornan 449 23| diviato in ne’ buchi addove s’era cavo gli occhi, e gli occhi 450 23| cerca della fortuna, ma era rimaso più poero di prima, 451 23| quattro cavalli; ma che ’gli era il su’ fratello nun lo ricognobbe, 452 23| una parola sola.~ ~’Gli era una muneta di Leopoldo, 453 23| racconto di quel che gli era successo dal mumento che 454 23| successo dal mumento che era rimaso solo in nel bosco.~ ~ 455 24| sentire se nun è vero.~ ~C’era un Re, ma nun c’era verso 456 24| C’era un Re, ma nun c’era verso che lui fusse ma’ 457 24| sempre si battibeccavano, che era propio una disperazione; 458 24| contentezze!~ ~Dice quello che era travestito da orefice di 459 24| persona, e quando lui gli era dinanzi a petto, la Regina 460 25| e s’accorge che lei nun era soltanto bella, ma anco 461 25| al palazzo, perché ’gli era l’ora di desinare.~ ~Quando 462 25| domandò al su’ figliolo chi era questa sposa, sicché lui 463 25| arrivi a du’ vie, siccom’era dimolto buio, scambio di 464 25| delle porte però nun ce n’era di nissuna sorta; soltanto 465 25| il muraglione. Che! ’gli era impossibile.~ ~In nel mentre, 466 25| per segno di quel che gli era intravvienuto.~ ~Dice il 467 25| In ugni mo’ Pietro nun era contento di starsene lì 468 25| padrone, e il padrone ’gli era ausato di dare a’ ragazzi 469 25| grande da marito, che s’era ’nnamorata di Pietro, e 470 25| bene, che ugni persona ’gli era contenta.~ ~Ma per fare 471 25| camberieri gli dissano se c’era modo d’impiegarsi in qualche 472 25| su’ avventure e come ’gli era capitata insin nel palazzo 473 25| cammera di Pietro quel che era successo, e si trovan davanti 474 26| alla mattina quando ’gli era tempo di levarsi e la moglie 475 26| Per l’addietro lui era solo e ora son dua i poltroni. 476 26| possuto dormire quanto gli era parso, nun ci ripensò all’ 477 26| che nella su’ zucca gli era oramai vienuto in mente 478 26| mezzo.~ ~Tutta l’udienza era maravigliata da questo discorso; 479 26| ma poi saputo quel che era successo, acclamorno alla 480 27| Un certo Re, che lui era giovanotto e nun aveva che 481 27| finestra di terreno, che era spalancata, si sentiva dimolto 482 27| deserto.~ ~Il Re, che s’era fermato sotto alla finestra, 483 27| arraccontò tutto quel che gli era successo. La Regina s’imbizzì 484 27| tienessin bene la sposa che già era gravida e vicina a parturire, 485 27| che nel su’ bottaccio c’era una cesta a galla, che vieniva 486 27| fare; ma il rimedio nun c’era verso che loro lo trovassino, 487 27| folto, che già il sole ’gli era calato e principiava a far 488 27| palazzo tutto splendente, che era propio una maraviglia.~ ~ 489 27| aver fabbricato, se nun c’era qualche settimana fa quand’ 490 27| mo’ soli, perché nun li era rinuscito di vedere punti 491 27| loro nun lo sapevano chi era il su’ babbo e la su’ mamma, 492 27| a su’ madre quel che gli era intravvienuto, e che aveva 493 27| assapere che in nel palazzo c’era riapparsa la vecchina fatata, 494 27| urla e piagni, che nun c’era versi di [246] fargli chetare, 495 27| perché quell’uccellino ’gli era scappato via, e si messan 496 27| tutti a corrirgli dreto; ma era impossibile d’acchiapparlo; 497 27| sulla finestrina in dov’era murata la moglie del Re, 498 27| quella disgraziata, che era stata tant’anni a quel modo 499 27| tre cani. Lì presente la c’era anco la Regina su’ mamma; 500 27| la [247] Regina, ma nun c’era modo di trovarla in nissun 501 28| persona bella, perché lei ’gli era la più bella di tutt’a tre.~ ~ 502 28| certo male, che nissuno ’gli era rinuscito a guarirlo, sicché, 503 28| guardavan sempre su che sieda s’era messo il padre: se su quella 504 28| del Re.~ ~Il Re, guà! s’era messo per perso.~ ~In nel 505 28| abboccare con il Re nimico, che era un bel giovanotto; e lui, 506 28| disse infra di sé, che lei era una donna, e la ’nvitò al 507 28| nun potiede sapere se lei era donna o omo. Figuratevi 508 28| giardino Fanta-Ghirò, e s’era cominciato a spogliare, 509 28| aspetta aspetta, mezzodì ’gli era già sonato da un pezzo e 510 28| Figuratevi se il Re ’gli era disperato davvero, perché 511 28| indovino che Fanta-Ghirò era donna. Leggete, mamma, questo 512 28| rumore in nel cortile. ’Gli era il rumore della carrozza 513 29| sarto)~ ~ ~ ~Adelame ’gli era un cavaglieri a servizio 514 29| un Re, e l’Adelasia ’gli era la figliola unica e bellissima 515 29| niscosto, perché Adelame nun era di sangue regio. Il Re nun 516 29| in nella torre, addove c’era una bella cammera tutta 517 29| e’ s’accorgette che lui era forastiero, gli s’accostò 518 29| ovverosia Adelame, che s’era appiccico quel soprannome, 519 29| Pareva un serpaio, tanto ’gli era trascurato e tutto in disordine. 520 29| giorni il terreno e le piante era una maraviglia a vederle, 521 29| con un cavaglieri che nun era di par suo, il Re su’ padre 522 29| accosì, che l’Adelasia ’gli era sempre viva e carcerata 523 29| piatti del desinare, che era destinato per la figliola 524 29| nun so leggere.~ ~Ma nun era’ vero che lui nun sapeva 525 29| montagna, e sali sali, ’gli era già buio fitto, e nun sapevano [ 526 29| di frasche, che dientro c’era un Eremita vecchio in ginocchioni 527 29| che oramai il male ’gli era fatto e nun e’ ora più rimedio.~ ~ 528 29| Adelasia; ma la culizione e’ v’era sempre lì ferma al mumento 529 29| più giù in nella vallata c’era un paesuccio, si mettiede 530 29| su’ nonno; e siccome ’gli era vestito tutto con la pelle 531 29| attorno per cognoscere chi era e da che paesi vieniva, 532 29| da che paesi vieniva, se era solo, oppuramente se lui 533 29| dire mai da che paese lui era vienuto.~ ~Con tutto questo 534 29| servitore a sentire quel che era successo.~ ~Dice il servitore:~ ~– 535 29| bon salario.~ ~Ma lui ci s’era annoiato lì, e un giorno 536 29| L’Adelasia in quel mentre era lì a raccattar delle foglie, 537 29| bon animo e che lui ’gli era il su’ figliolo.~ ~L’Adelasia 538 29| quel Capitano vecchio ’gli era stato padrino dell’Adelasia, 539 29| accorgette che Germano ’gli era figliolo di Adelame e della 540 29| 266] sentuto che Germano era figliolo legittimo dell’ 541 30| vedova Ginanni)~ ~ ~ ~C’era una volta un Re che andeva 542 30| i giorni quasimente ’gli era fora pe’ boschi rieto alla 543 30| giardino piccolo e in fondo c’era una palazzina, pulita veh! 544 30| conviense ir via, perché era tardi, lui gl’imprumesse 545 30| vasca del giardino, addove c’era dell’acqua fresca e chiara, 546 30| mi’ piedi. La mamma, che era scorruccita con meco, m’ 547 30| giardino e lì all’ontano c’era sempre il vezzo rosso ciondoloni.~ ~ 548 30| che lei l’aveva prima, era trasficurito e brutto.~ ~– 549 30| dipinta ’n sul viso; ’gli era scontroso e arrabbiato con 550 30| Ma Collo di Pecora nun c’era avvezza a rallevare i cani, 551 30| della prova, la Corte ’gli era raunata in sala, e il Re 552 30| cucito pareva un ricamo, nun era possibile di meglio.~ ~Collo 553 30| pensorno che di meglio nun era possibile; un ricamo, che 554 30| la stiacciò, e dientro c’era la camicia cucita, sicché 555 30| a dirlo propio come ’gli era quella camicia? Figuratevi 556 30| Collo di Pecora, nun c’era da dubitarne, ’gli aveva 557 31| pulito, ma quel pan solo nun era punto gustoso, sicché disse 558 31| al tramonto del sole ’gli era alla capanna del pecoraio.~ ~ 559 31| dato poco, perché nun m’era resto che un soldo di tre 560 31| Ma Pipetta la corata se l’era tutta presa per sé e già 561 31| Si vede che questa ’gli era una pecora insenza corata.~ ~ 562 31| avere.~ ~Il vecchino ’gli era proprio iscorruccito a bono 563 31| Ma dunque la corata c’era egli o no?~ ~Arrisponde 564 31| Pipetta:~ ~– Che! nun c’era.~ ~E subbito l’acqua gli 565 31| arrisponde Pipetta, – nun c’era.~ ~E l’acqua gli va in sul 566 31| marcia, e nissun dottore ’gli era bravo a guarirla più; sicché 567 31| arrivorno in nel bosco addove c’era una gran pietra liscia a 568 31| in dove sentì dire che c’era una ragazza, figliola d’ 569 31| finalmente volsan vedere quel che era successo, e come s’accorsano 570 31| fora viva e vispola, che era una maraviglia, sicché Pipetta 571 32| giovane, gran disgrazia! gli era rimasa una bella bambina 572 32| comandamenti la Rosina, che nun c’era avvezza, rimanette ammutolita, 573 32| filata e ammatassata che era propio uno ’ncanto.~ ~Che! 574 32| batuffolo, su’ madre ’gli era dimolto impermalita e gli 575 32| sole, sicché addove lei era ci si vedeva di notte quanto 576 32| arraccontò tutto quel che gli era successo in nel rubbare 577 32| striderci su’, ma nun c’era versi di disubbidire al 578 32| compagnia. La carrozza gli era di queste all’antica, che 579 32| bel pezzo di strada ’gli era mezzogiorno e il sole isfolgorava 580 32| arraccontò a su’ mo’ quel che era successo, tutto sgomento 581 32| un [285] giorno il coco era tutto acciaccinato per ammannire 582 33| spassi nun ne mancavano, e c’era un giardino co’ più be’ 583 33| diciott’anni, che oramai ’gli era un giovanotto fatto, un 584 33| propio un miracolo: ’gli era inutile opporsi, tanto il 585 33| Quel poero viaggiatore ’gli era bagnato come un pucino, 586 33| un salotto e nel mezzo c’era una bella tavola apparecchiata; 587 33| e sentiede bene che ’gli era una donna, e questa donna 588 33| accorgette che la donna ’gli era addormita davvero, pian 589 33| culizione nun più, niente c’era più in quelle parti; gli 590 33| addove la prima porta ’gli era d’argento, e quella di mezzo 591 33| aperto. Che ti vo’ vedere! C’era un branco di ragazze d’una 592 34| voglia di lavorare; ’gli era propio un briganzone scioperato 593 34| per sapere addove quello s’era fitto:~ ~– Che n’è egli 594 34| lavorava il podere e nun era bravo a altro che a far 595 34| per quelle campagne ’gli era arrivo a una villa; picchia 596 34| vergogna, gli arraccontò chi era e che della voglia di lavorare 597 34| frutta e pasticci, ce n’era d’avanzo: insomma, una tavola 598 34| Anco il padrone ’gli era incuriosito di questa novità, 599 34| a raccontargli quel che era successo per filo e per 600 34| doppo quella gente ’gli era più morta che viva! E’ l’ 601 34| su’ vendette.~ ~Sì! ’gli era più lì Giorgio a aspettarlo!~ ~ 602 35| fratelli, il maggiore ’gli era un giovanotto savio che 603 35| altro, il più piccino, ’gli era ’nvece mattarugiolo, un 604 35| muneta di dieci paoli, che c’era dientro, e poi la dà al 605 35| tondo luccichente che c’era dientro.~ ~Il Savio stiede ’ 606 35| dilontanarsi da casa e ’gli era verno, sicché prima d’andarsene 607 35| sicché in un attimo ’gli era stecchita e mostrava tutti 608 35| Camminato che ebbano un pezzo, s’era fatto notte scura in mezzo 609 35| n su per vedere quel che era.~ ~Dice il capo-ladro:~ ~– 610 35| quercia per vedere quel che era successo. Dimolti fiaschi 611 35| in tricioli, ma il resto era sano, sicché tra lui e il 612 36| il Re si sturbò; lui ’gli era appunto il Re di Spagna 613 36| un bosco folto, addove c’era il mare vicino, disse il 614 36| collo; la piaga imperò non era mortale, perché poi rinsanichì 615 36| addove il bambino ’gli era stato messo dal servitore, 616 36| robusto e virtudioso, che era propio una meraviglia.~ ~ 617 36| giardino, che dientro c’era un giardinieri a innaffiare 618 36| mangiare.~ ~Al giardinieri gli era garbato dimolto il giovanotto 619 36| incontrano!~ ~E po’ qui ’gli era un destino. Sicché un giorno 620 36| fratello del Re, che pur lui era Re del Portogallo, e gli 621 36| al Re del Portogallo, e c’era dientro scritto, che ’l 622 36| perché dissano che nun era cavaglieri di nascita; sicché 623 36| su’ gioielli, perché lei era figliola di Re, lo nominò 624 36| che il Re di Spagna ’gli era morto e che su’ erede alla 625 37| in sul campo, perché lei era più [310] sderta e ardita 626 37| giubba per vedere quel che c’era sotto, lei scambio d’aver 627 37| e quando fu a mezzo, c’era lì per le terre una lapida, 628 37| zoccoli e scendette, e c’era un bell’appartamento, ma 629 37| sicché in pochi anni s’era fatta una gran bella ragazza, 630 37| la lapida, e trova che c’era lì [311] un giovanotto molle 631 37| andarsene e la ragazza ’gli era contenta che lui stasse 632 37| Testa di Bufala, e ’gli era un corredo da Regina.~ ~ 633 37| bosco.~ ~La lapida ’gli era sempre aperta e la sposa 634 37| pur troppo quel che gli era successo e ci pativa, perché 635 37| e ci pativa, perché lui era divento malinconico; sicché 636 37| la su’ mala sorte che gli era tocca per la su’ smemoriataggine.~ ~ 637 37| La domenica dunque c’era tutta la Corte raunata nella 638 37| sala reale e la Regina ’gli era accanto al Re, tutt’addua 639 37| buca e più bella che nun era allora. Cara madre, la scelta 640 38| cristiani dalla fame tanti, che era una disperazione e faceva ’ 641 38| borgo, e il su’ marito gli era morto da un pezzo, e lei 642 38| morto da un pezzo, e lei era rimasa vedova con du’ figlioli, 643 38| Gianni a giurare di no, e che era un regalo del su’ zio.~ ~ 644 38| che un giorno Gianni ’gli era dientro a un bosco a cercare 645 38| retta a nissun omo e che era innocente: ma il Re la ragione 646 38| struggeva di sapere chi era il su’ babbo, fece attaccare 647 38| mezzo su d’un tappeto c’era sieduto il figliolo della 648 38| altra quando il bambino ’gli era più grande; tra un anno 649 38| gli raccontò quel che gli era intravvienuto con la figliola 650 38| alla reale, che nun ce n’era altri de’ compagni, e nissuno 651 38| principiò a urlare, che nun era vero, che lei nun lo cognosceva 652 38| perché la prova per lui era bona e intendeva di mantienere 653 38| pigionacolo; ma lei nun era contenta, e che la nun era 654 38| era contenta, e che la nun era contenta l’addiede subbito 655 38| lampana, insennonò nun c’era più rimedio; tutto l’incanto 656 38| accordo; sicché lui ’gli era sempre a girare di qua e 657 38| giorno dunque che Gianni era fora, viense a passare di 658 38| voleva dar via quel che c’era di vecchio per la casa.~ ~ 659 38| siem fritti! Quella lampana era tutta la mi’ rendita, perché 660 38| tutta la mi’ rendita, perché era una lampana incantata.~ ~ 661 39| contadino, e siccome ’gli era bonina e garbosa, gli mettiede 662 39| e baldorie, e la gente c’era fitta com’il lino allo spettacolo 663 39| la fu a diciott’anni, lei era propio una ragazza ammodo, 664 39| garbava, e che la bambina ’gli era nostra. E’ son ora più di 665 39| perché per lei su’ padre era una persona ’gnota, e nun 666 39| forza l’Uliva in dove c’era un pancone, lì con una coltellaccia 667 39| La sciaurata dell’Uliva era mezza morta per gli strapazzi 668 39| chiedere un po’ di carità. Era il palazzo d’un Re, ma tutto 669 39| perché lei nun morissi. Se n’era pur troppo accorta la Regina 670 39| concludere.~ ~La Regina ’gli era forte sdegnata, e lo rimbrontolò 671 39| se ’n nel palazzo nun c’era l’accordo, almanco per nun 672 39| Regina in nel convento che s’era trascelto, e l’Uliva rimanette 673 39| con una lettera dell’Uliva era dal Re; ma intanto la vecchia 674 39| moglie in nel partorire ’gli era morta assieme alle creature, 675 39| In ugni mo’, che questo era un tradimento di su’ madre 676 39| della cattiva sorte che ’gli era tocca nell’esser fora alla 677 39| cammina cammina, quand’era quasi buio arrivò a una 678 39| scale e doppo poco ’gli era nel più fitto della macchia.~ ~ 679 39| mumento; e anco ’l Re, che era molle come un pucino bagnato, 680 39| alla su’ novella, e questa era il racconto della su’ vita 681 40| Il fratello maggior ’gli era già l’ultimo mese del fissato 682 40| propio maravigliose nun gli era per anco rinusco di vederle, 683 40| della vittoria, e quasimente era sgomento, perché già all’ 684 40| maggiore. Il più piccino nun era arrivo.~ ~[337] Venghiamo 685 40| dell’uva salamanna nun ce n’era; lui nun l’aveva ma’ sentuta 686 40| palazzo di su’ padre: tutto era al solito. Poi lo smosse 687 40| rinviolì, e al terzo ’gli era bell’e guarita da saltar 688 40| d’uva salamanna lei nun c’era arte che la potessi rinsanichire.~ ~– 689 40| fratelli; perché se nun c’era verso di corrire qui subbito 690 40| della figliola del Re se n’era quasimente smenticato.~ ~ 691 40| giorni il padiglione di seta era in nelle mane del fratello 692 40| Il fratello più piccino era sgomento e temeva pure che 693 41| ragazzettaccio di nome Orlandino ’gli era rimaso insenza babbo e insenza 694 41| servizio, e siccom ’gli era lì presente, al Re pure 695 41| vedere la bona fortuna che era tocca in un mumento a Orlandino, 696 41| regalo.~ ~Il Re, che ’gli era un po’ di testa debole e 697 41| dell’Orco; ma quando lui era quasimente per arrivarci 698 41| scambio casca per le terra.~ ~Era quel che voleva Orlandino, 699 41| insuperbito della su’ ’mpresa, s’era [344] vantato di portar 700 41| Accosì Orlandino alle 24 ’gli era all’uscio dell’Orco, e quando 701 41| l’indettato del Vecchio s’era provveduto d’un cartoccino 702 41| a un po’, che il sole s’era bell’e levo, l’Orco disse 703 41| capì subbito quel che ’gli era successo, e corre alla finestra, 704 41| prutestò che questo nun era vero, piagnette, ma fu tutto 705 41| nel vedere che Orlandino era stato bravo anco a questa ’ 706 41| Su per giù Orlandino ’gli era come voi alto. I’ vorre’ 707 41| si stendette lungo quant’era in nella cassa e ci nentrava 708 41| cognoscere che Orlandino era quello che glie l’aveva 709 42| vedova Ginanni)~ ~ ~ ~C’era una volta un poer’omo che 710 42| siccome nel listesso tempo lei era ruzzolata dientro la cassa, 711 42| le disperazioni! Ma nun c’era più rimedio; i morti non 712 42| arrabinava quella matrigna ’gli era a far disperare la Rosina, 713 42| assieme alla Rosina, che era buio fitto, e per istrada 714 42| terra della sembola che s’era messa per le tasche del 715 42| una scodella piena. Se c’era la Rosina, gli toccava di 716 42| di cavolo, e siccome ce n’era una scodella d’avanzo, disse:~ ~– 717 42| nsenza su’ colpa, perché lei era troppo creatura innocente 718 42| dientro una fratta. ’Gli era il Re di que’ posti, che 719 42| a un po’ che il Re se n’era ito apparse la Vecchina, 720 42| arritornò a casa scapolo siccom’era partito.~ ~Dice lui a su’ 721 42| bolgetta un’altra, addove c’era scritto: “La tu’ cara Rosina 722 42| in ribillione, perché c’era dimolti soldati a guardare 723 42| intendere, che la Rosina era fuggita via co’ su’ orrendi 724 42| nel vedere che dientro c’era la Rosina e le su’ creature 725 42| quel Re forastiero ’gli era appunto il su’ propio marito; 726 42| Rosina a vedere quel che era successo.~ ~Dice il camberieri:~ ~– 727 42| mia a Sua Maestà, se lui era ammattito quando scrisse 728 43| vedova Ginanni)~ ~ ~ ~C’era una povera vedova con un 729 43| perché la su’ casa ’gli era lontana.~ ~Dice all’oste:~ ~– 730 43| raccontò allo zio quel che gli era successo.~ ~Dice lo zio:~ ~– 731 43| andette; ma da bue che lui era si fermò daccapo a albergo 732 43| apparecchia.” Il tovagliolo nun era più quello e non gli apparecchiò 733 43| bambino prendette il bastone! Era un bel bastone lustro, con 734 43| racconto di quel che gli era successo, e po’ disse:~ ~– 735 44| e ’l su’ mestieri ’gli era di girar per il mondo in 736 44| mei, miserere mei, e ’gli era la Compagnia della Chiesa 737 44| sapere da lui quel che ’gli era successo e in che modo aveva 738 44| legnaioli gli domandorno chi era.~ ~Dice lui:~ ~– I’ sono 739 45| Ginanni)~ ~ ~ ~A Perugia c’era una volta un giovanotto 740 45| s’è visto, cugino! ’Gli era tanto tempo che ti s’aspettava. ’ 741 45| diedano a volontà, sicché ’gli era un po’ allegro e si pigliava 742 45| casa delle cugine, che già era buio e loro ammannivano 743 45| cambera, ma gl’insegnorno dov’era il licit, ’n fondo a un 744 45| brighe che fu nentrato, c’era la bodola spalancata, e 745 45| fondo dell’orto quanto lui era lungo.~ ~Paolino rivienuto 746 45| ripensava a quel che gli era successo; oltre ’l freddo 747 45| disperarsi, perché ’gli era ’mpossibile che da sé solo 748 45| della sepoltura, che già era giorno quasimente, da un 749 46| il minore di tutti gli era il più caro al padre.~ ~ 750 46| indovinarla la su’ malattia; ’gli era una cosa troppo difficile: 751 46| assieme con gl’indovini e’ s’era introdutto di niscosto anco 752 46| Domandò subbito il Re, chi era quel Mago; ma nimo l’aveva 753 46| medesima nave, e in poco tempo era alle viste dell’Isola di 754 46| que’ dua sperduti.~ ~Com’era giusto, nello ’ncontrarsi 755 46| giorni della fermata, ’gli era già rimonto in sulla nave; 756 46| settimane, ’gl’insegnò che c’era un omo che forse lo poteva 757 46| Isola del Pianto.~ ~’Gli era un paese tristo e disabitato; 758 46| con lo stioppo, ma ’gli era lì come una statua e nun 759 46| risplendente palazzo; d’attorno c’era una gran quantità di fabbriche 760 46| diverse porte e a una c’era al solito ritto un soldato 761 46| doppo tanto girellìo gli era vienuta a Andreino la fame 762 46| pietanze gustose e, di più, c’era sopra un tondino d’argento 763 46| letto parato, e dientro c’era tutta ’gnuda una leggiadra 764 46| amenissimo giardino e ’n fondo c’era una villa spaziosa; vi si 765 46| Basti sapere che nel mezzo c’era una vasca con una fonte 766 46| bottiglia di Andremo nun era quella bona, e a lui nun 767 46| babbo s’arrabbiava e lui era sgomento, e nun sapeva raccapezzarsi 768 46| credere che quello ’gli era il core del su’ figliolo 769 46| metterla ’n mezzo e che era un bel bugiardo; sicché 770 46| sua e il popolo.~ ~Il Re era sgomento, e principiò allora 771 46| anco lui! Ah! dicerto ’gli era ’nnocente Andreino, e tutto 772 46| l’ebbe Andreino, e gli s’era barattata noi nell’Isola 773 46| Il Re se n’avvedde che c’era sotto qualcosa, epperò disse 774 46| gli arraccontò quel che era successo, e ’n quel mentre 775 46| sposata in nel dormire e ’gli era già nato un bellissimo bambino, 776 46| per questo fatto Andreino era stato quello che aveva libberato 777 46| Isola di Parimus.~ ~E’ nun c’era più quel silenzio dell’altra 778 46| Parimus? A que’ tempi ’gli era accosì? Che ti successe?~ ~ 779 46| che quel giovanotto ’gli era insenza dubbio il su’ Andreino, 780 47| vedova Ginanni)~ ~ ~ ~C’era un paese tutto pieno d’artieri, 781 47| quella poera donna! Ma nun c’era più rimedio.~ ~Doppo del 782 47| alla macchia, e quella ’gli era la casetta degli assassini; 783 47| E ora, che si fa egli? S’era trovo una donna per le faccende 784 47| questo ’nvito, perché lei s’era annoiata a quel modo sola, 785 47| carrozza con Tonino, se nun era ’n camicia ci mancava poco.~ ~ 786 47| Caterina; ma siccome lei era più furba delle su’ sorelle, 787 47| Una sera che la Caterina era mezzo appisolata su una 788 47| Doppo un po’ che la Caterina era rimasa sola, deccoti dalla 789 47| da’ ladri tra’ morti nun era morto, bensì pieno d’ammacchi 790 47| donna di garbo, eh! E com’era tutt’acciaccinata a pulire 791 47| gli garbavano troppo, e s’era ’ncaponito di vedere se 792 47| gli raccontò quel che gli era successo, e che la Caterina 793 47| rispondeva. Guà! la Caterina ’gli era scappata via, lo credo! 794 47| s’accorgevano che dientro era vôto di persone vive.~ ~ 795 47| cognobbe bene che quel signore era Tonino, e dato una voce 796 47| arrestarlo, Tonino ’gli era di già sparito e nun ricomparse 797 47| cambera. La Caterina però nun era contenta e steva ’n sospetto 798 47| Infrattanto il Capo-ladro ’gli era ito da una vecchia, che 799 47| perché quella lettera ’gli era ’ncantata coll’alloppio, 800 47| riappisolò.~ ~Eh! pur troppo ’gli era stato quel ragazzetto serro 801 47| in cambera soa.~ ~Lei s’era ’nsospettita che ’n quegli 802 48| Ginanni riquadratore)~ ~ ~ ~C’era in nella città di Turino 803 48| idea del su’ figliolo nun era punto contento, sicché un 804 48| perché la su’ propia simpatia era quella soltanto di viaggiare, 805 48| soltanto di viaggiare, e che era troppo ’ngiusto che ’l su’ 806 48| di Costantinopoli.~ ~’Gli era Giuseppe in alto mare, quando 807 48| strabalzava di su e di giù e nun c’era modo che i marinai lo potessano 808 48| pezzi e tutta la gente che c’era sopra dové morire affogata: 809 48| nominassino Vice-Re, com’era uso per le leggi di quel 810 48| la figliola del Re ’gli era la più brutta ragazza che 811 48| arritornare a casa sua nun c’era punti versi. Dunque, sulla 812 48| arrivorno alla tomba, che era una gran caverna sotterranea 813 48| accorgé che de’ cataveri ce n’era dimolti e con quegli un 814 48| ripiva pian piano. ’Gli era l’animale detto esofo.~ ~ 815 48| acqua poté cognoscere che c’era un’apertura che finiva dientro 816 48| faceva giorno, e che nun era prudente ’nsino a buio di 817 48| simile discorso che la donna era la moglie del pescatore 818 48| arracontò tutto quel che gli era successo, e che a mezzanotte 819 48| Subbito, con una fune che s’era intorcigliata d’attorno 820 48| racconto di quel che gli era successo, furno loro accolti 821 48| quest’isola.~ ~Ma il male era che gli badavano a Giuseppe 822 48| sua, e doppo pochi giorni era bell’albergato a Costantinopoli 823 48| vivi: lui, dal giorno che era partito da Turino nun n’ 824 48| spargette per ugni lato che c’era questo personaggio forastiero 825 48| per tienersi niscosto e’ s’era appiccico una barba finta.~ ~ 826 48| vedde bene che ’l vecchio era il su’ babbo e godé d’arriscontrarlo 827 48| portava alla su’ partenza, lui era della su’ listessa grandezza; 828 49| improvviso il padrone, che era un cosaccio com’un Mago 829 49| di loro, la maggiore, che era l’Assunta, delibberò d’acconsentire, 830 49| L’Assunta, rimasta sola, era sgomenta; nun sapeva come 831 49| diede a intendere che se l’era cotta per desinare.~ ~Dice 832 49| Deccomi, padrone.~ ~’Gli era la Manetta tutta d’un pezzo 833 49| Tognarone, ma oramai nun c’era da ritornare addietro e 834 49| Deccomi, padrone.~ ~Gli era lei tutta d’un pezzo come 835 49| nella medesima stanza addov’era l’Assunta e ci mettiede ’ 836 49| pigliarvi.~ ~La Caterina, che era più furba, dimolto persuasa 837 49| perché subbito pensò che era più meglio infingersi, e 838 49| andiede al solito.~ ~’Gli era istata ’n sull’undici unce 839 49| arrispose nimo; la Manetta era strutta e svaporita.~ ~– 840 49| isbergolava Tognarone, che nun s’era avvisto della billèra. – 841 49| un palazzo, siccome ’gli era stracco e tutto molle di 842 49| gli portassi.~ ~Oramai gli era rinuscito alla Caterina 843 49| l’uscio di cambera, che era a finestre soccallate, e 844 49| come al mumento che lui era partito; ’n furia salisce 845 49| scambio che quella ficura ’gli era soltanto un mucchio di cenci 846 50| Diddi contadina)~ ~ ~ ~C’era una volta un signore di 847 50| abbeneché aggraziatina, ’gli era però un po’ civetta e dimolto 848 50| padre fu di sentire, che n’era della su’ ragazza.~ ~Dice 849 50| accorgette che la ragazza era per bene appioppata, prima 850 50| perché da povero che lui era prima ’gli era diventato 851 50| povero che lui era prima ’gli era diventato uno de’ più ricchi 852 51| contadina)~ ~ ~ ~Una volta c’era un Re e una Regina che avevano 853 51| struita perfetta; ma se lei era disubbidiente lo voleva 854 51| per gastigarla, e la pena era il taglio del capo.~ ~La 855 51| un bosco folto, in dove c’era un tabernacolo con l’immagine 856 51| premurioso a un’osteria, e nun era passa un’ora che già lui 857 51| un’ora che già lui se n’era innamorato tanto, che gl’ 858 51| racconto le su’ disgrazie. ’Gli era lì dibandonata e ’gnuda 859 51| girandolare di qua e di là, gli era capitato alla villa della 860 51| rumiccìo tutta sospetta e’ s’era svegliata e co’ una voce 861 51| quel birbone di Maestro. Era più meglio che avess’ammazzato 862 51| su’ strada e a buio ’gli era all’uscio d’una osteriuccia, 863 51| capitare all’osteriuccia, addov’era la Caterina: volsano dunque 864 51| mo’ da pastora come lei era; e l’oste in quel mentre 865 51| galantomo nell’apparenza, era ’n scambio un birbone e 866 51| di questo matrimonio nun era contento; anzi, per meglio 867 52| moglie. Su’ padre però nun era contento di dargliela, perché 868 52| dua no, e l’idea del Re era di farlo erede della corona: 869 52| e che lui giudicassi chi era degno di moglie.~ ~Il più 870 52| sperse per un bosco, che era già buio fitto, e pioveva 871 52| gli disse alla ragazza chi era e per che ragione lui viaggiava, 872 52| allogò per isguattero; ma nun era passo dimolto tempo che 873 52| gli palesò pane pane che s’era innamorata di lui. Dice:~ ~– 874 52| padrona, e siccome ’gli era affortunato finì con vienirne 875 52| sicché subbito domandò che c’era di novo:~ ~– E’ c’è la giustizia 876 52| che quel disgraziato ’gli era il su’ fratello maggiore. 877 52| ultimo Peppe disse, che lui era figliolo del Re e che la 878 52| nfrattanto la carrozza s’era ferma dinanzi a una pescaia 879 52| l’acqua, e visto che lui era ito sotto e nun riappariva 880 52| dolore della sposa, che s’era svienuta, i du’ fratelli 881 52| sicché i fratelli capirno che era più meglio lassarla ’n quiete, 882 52| locanda e diede avviso che era un medico famoso capace 883 52| visitare la Principessa. ’Gli era appunto quel che Peppe bramava.~ ~ 884 53| licenziarsi: il padrone però nun era contento che lui lo dibandonassi, 885 53| e scopre che nel letto c’era lungo stecchito un ammazzato 886 53| un mastio, e siccome lei era povera, certi signori l’ 887 53| perché s’accorsano che era stato un destino che gli 888 54| e ’n verso le cinque lui era già a casa.~ ~La moglie 889 54| cognati, mentre che lei era rimasa in nella miseria 890 54| lotto.~ ~L’Agata però non era troppo persuasa e volse 891 54| segretezza all’Agata quel che era intravvienuto a Menico là 892 54| doppo la mezzanotte ’gli era gufato tra le rame della 893 54| Cicerchia, apriti”. Se n’era smenticato per l’affatto; 894 54| vedere che Gigiuccio ’gli era a tocchi in quel mo’, e 895 54| ugni mo’ il calzolaio nun era strullo, e al tasto lo capì 896 54| si capisce da sé, ’gli era il capo-ladro, che bramava 897 54| gli appalesò che la serva era del su’ amico Menico, prima 898 54| giustizia poté scoprire chi lui era e tutte le su’ birbonate 899 55| Giovannini sarto)~ ~ ~ ~C’era una volta una Regina che 900 55| di faccia alla locanda c’era un bel [452] palazzo smenso 901 55| casuccia poera e dientro c’era una vecchia sola che lavorava.~ ~ 902 55| poera balia.~ ~Infrattanto s’era fatto buio, e la signora 903 55| male brighe che la Paurosa era scomparsa, gli tiense dietro 904 55| meglio doppo un pilastro era propio fora di sé per lo 905 55| Paurosa capì che quello era il su’ promesso sposo da 906 55| cavaglieri e di dame.~ ~C’era una festa da ballo e ugni 907 55| cercava.~ ~’Nentra e nun c’era un’anima lì; chiama, richiama 908 55| Sfacciata il Re nun se l’era immaginato: ma oramai, ’ 909 55| Palazzo reale.~ ~La madre, che era più mesi che l’aspettava, 910 55| erede nel trono; ma nun c’era rimedio, se il Re steva 911 55| molto annoiato: e’ nun c’era propio nulla che lo divertissi, 912 55| palazzo in un mumento, e c’era anco il mercante con la 913 55| figliola e a dire che nun era ’n sé: ma quella peggio 914 55| te? Disgraziati noi! ’Gli era più meglio che te nun fussi 915 55| medicargli la crepantosa che gli era casca in uno sforzo.~ ~– 916 55| quella che dormì con voi non era la figliola della balia; ’ 917 55| anco la madre del Re ’gli era matta dall’allegrezza.~ ~ 918 56| Diddi contadina)~ ~ ~ ~C’era una volta un padre e una 919 56| giardino reale, sicché ’gli era facile alle persone vedersi 920 56| sola e nel listesso tempo c’era nel giardino il figliolo 921 56| La Caterina però ’gli era più furba e maliziosa delle 922 56| figliolo del Re la mezzana ’gli era rimasa gravida e però, come 923 56| subbito si rafficurò chi era stato l’autore, e disse:~ ~– 924 56| tagliola, e che quando lui era ’a cucina con la ladra, 925 56| accostò. La Caterina di lì era ’mpossibile che si bucicassi, 926 56| volessi dire quel che gli era successo, sicché i dottori, 927 56| il difficile pere ’gli era, che la Caterina acconsentissi 928 56| domandare quel che ’gli era successo, e si mettiede 929 56| su’ cattivezza, che nun s’era vergognato a pigliarsela 930 57| A una cert’ora, che nun era però levo ’l sole, i tre 931 57| conversazioni, feste, e ugni sera c’era sempre un gran concorso 932 57| medesimo: il giovanotto però s’era ’nnamorato della figliola 933 57| tutti gli eran partiti e c’era rimaso lui soltanto! La 934 57| alla listessa città addove era vienuto il su’ fratello 935 57| che la conversazione ’gli era ita a casa, quel mammalucco 936 57| ferraiolo al più piccino nun gli era ma’ mancato nulla; pigliava ’ 937 57| arraccontarono la disgrazia che gli era tocca alle feste del Re:~ ~– 938 57| trovava; e siccome ’gli era un gran caldo, si levò ’ 939 57| e al più piccino poi gli era tocco anco peggio; un carico 940 57| meditazione su quel che gli era successo e nun sapevano 941 57| a sentire quel che ’gli era intravvienuto, e veddano 942 57| spargere dappertutto che lui era un gran medico bravo a levare 943 57| Fortuna che ’n cambera c’era mezzo buio, insennonò e’ 944 58| dientro [482] di sé ’gli era tanto forte, che quasimente 945 58| perché il giovanotto ’gli era disparso diviato, e non 946 58| raccontargli quel che gli era successo.~ ~Dice l’Imperatrice:~ ~– 947 58| la nova: l’Imperatore poi era divento mezzo matto, e diede 948 58| giovanotto disse, che lui era figliolo dell’Imperatore 949 58| me?~ ~Il giovanotto ’gli era proprio disperato e fece 950 58| crinale d’una montagna, e lì c’era ’l palazzo del Padre Cesere, 951 58| Padre Cesere, e siccome lui era di molto coraggioso e [487] ’ 952 58| abbeneché tanto scellerato gli era ito ’n paradiso, s’arrabbiò 953 59| damigelle.~ ~Questa Regina era giovine e bellissima da 954 59| mumento, che Fiordinando s’era di già levo, comparse ’l 955 59| da ultimo gli accennò che era libbero d’andarsene.~ ~Fiordinando, ’ 956 59| gli disse pane pane che s’era ’nnamorato cotto di quella 957 59| scoprirmi, il mi’ destino era che te fussi ’l mi’ sposo. 958 59| del tempo. Invogliato com’era di ricercare la bella Regina, 959 59| anco al su’ ministro; e già era buio. Loro diedano la colpa 960 60| perso, Petronio pensò che era più meglio di fuggir via 961 60| giovanotto, chiamato Anselmo, nun era tanto ricco; bensì di famiglia 962 60| grosso [499] mancamento; ’gli era geloso fradicio della moglie, 963 60| Filosafo veneziano, che era un indovino di cartello, 964 60| raddutta in pezzettini, ’gli era la listessa, perch’i’ sono 965 60| Petronio a quella vista ’gli era fora di sé dal contento, 966 60| cognobbe che quel cavaglieri era Petronio, ma più gli nascette 967 60| lui parseno secoli, tant’era la smania che lo rodeva 968 60| insino alla villetta ’gli era da Bologna piuttosto lunga, 969 60| sorpreso in nel vedere che lì c’era un palazzo tutto d’alabastro, 970 60| insino in dove nun ce n’era punto bisogno, e nun potiede 971 60| alla selva. Il palazzo ’gli era sparito. Gua’! gli toccò