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(Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)
A’ tempi antichi vivette un Re, che de’ figlioli maschi nun n’aveva punti, ma soltanto tre belle ragazze che si chiamavano accosì: la prima Calorina, la mezzana Assuntina e l’ultima Fanta-Ghirò, persona bella, perché lei ’gli era la più bella di tutt’a tre.
Questo Re pativa d’un certo male, che nissuno ’gli era rinuscito a guarirlo, sicché, poer’omo, lui passava le su’ giornate in nella cambera, addove ci tieneva tre siede, una celeste, una nera e una rossa; e le su’ figliole, quand’andevan da lui la mattina, guardavan sempre su che sieda s’era messo il padre: se su quella celeste, voleva dire allegria; su quella nera, morte; su quella rossa, guerra.
Un giorno le ragazze rientrano dientro in cambera e ti veggono il Re che siedeva in sulla sieda rossa.
– Signor padre, oh! che gli è intravvienuto?
– I’ ho ricevuto – arrisponde lui – una lettera del Re al confino, e lui mi dichiara la guerra. Ma io, a questo modo ammalato, nun so addove sbacchiare il capo, perché da me nun posso andare al comando dell’esercito. Bisognerà dunque ch’i’ trovi un bon generale.
– Se lei me lo permette, il generale sarò io. Vedrà ch’i’ son capace a comandare i soldati.
– Che! nun sono affari di donne, – scramò il Re.
– Oh! la mi provi, – dice la maggiore.
– Sì, farò a tu’ modo, – arrispose il Re; – ma con questo, che se per istrada te rammenti cose da donne, subbito ’ndreto a casa.
Quando si furno accordati, il Re chiama il su’ fido servitore e gli comanda di montare a [249] cavallo con la Principessa per accompagnarla alla guerra, ma che lui la rimeni al palazzo, se la Principessa rammenta cose da donne.
Ugni cosa ammannita, montan dunque a cavallo que’ dua e vanno via, e ’l servitore gli steva accanto alla Principessa. Camminato che ebbano un bel pezzo, deccoteli a un bel canneto.
Scrama la Principessa:
– Oh! che belle canne! Se s’avessano a casa, quante ma’ rocche ci si farebbano.
– A casa, a casa! – sbergolò il servitore. – Vo’ avete ricordato cose da donne.
E ritornorno a casa.
Doppo si fece allora alla presenzia del Re la mezzana, che volse in tutti modi andar lei a comandare la battaglia; ma il Re ce la mandò co’ medesimi patti della maggiore.
La mezzana a cavallo col servitore alle costole, quando vedde il canneto stiede zitta; ma poi passorno tramezzo a una palaia, sicché lei disse:
– Bada, Tonino, che be’ pali svelti e diritti! Se s’avessano a casa, quanti ma’ be’ fusi per filare.
– A casa, a casa! – bociò subbito Tonino. – Vo’ avete rammentato cose da donne.
E bisognò arritornare alla città del Re.
Il Re, guà! s’era messo per perso.
In nel mentre che il Re nun sapeva come rimediarla, deccoti va da lui Fanta-Ghirò e lo supprica di mandarla lei alla guerra.
– Tu sie’ troppo bambina! Nun sono rinuscite quell’altre a bene, che vo’ tu che speri ’n te?
– Che mal ci sarà egli a provarmi, babbo? – domandò la ragazza.
– Vo’ vederete ch’i’ nun vi farò disonore a mandarmi. Provate, via!
Dunque il Re volse provare anco lei, e al servitore gli diede i medesimi comandamenti.
Infrattanto Fanta-Ghirò si vestì da guerrieri, con la su’ spada, le pistole, la montura; pareva un bel dragone valoroso. Insomma, montano a cavallo e vanno via con l’esercito dreto; passano il canneto, passano la palaia e Fanta-Ghirò zitta: arrivati al confino, Fanta-Ghirò si volse abboccare con il Re nimico, che era un bel giovanotto; e lui, a male brighe che la vedde Fanta-Ghirò, subbito disse infra di sé, che lei era una donna, e la ’nvitò al su’ palazzo per parlar meglio delle ragioni della guerra prima di battagliarsi.
Quando dunque questo Re fu al palazzo, lui corse da su’ madre e gli arraccontò del guerrieri che comandava l’esercito contrario, e gli disse che lui l’aveva menato con seco per [250] l’abboccamento.
– Oh! mamma, mamma! – scramava dalla passione che si sentiva in nel core:
Fanta-Ghirò,
persona bella,
Du’ occhi neri, dientro la su’ favella:
Carissima madre, mi pare una donzella.
– Portala in nella stanza dell’armi. Se lei è una donna, non le guarderà e nun le vorrà toccare.
Il Re fece subbito a quel modo; ma Fanta-Ghirò pigliava le spade e le provava; scaricò gli stioppi e le pistole, proprio a somiglianza d’un omo.
– Mamma, lei brancica l’armi com’un omo. Ma in ugni mo’:
Fanta-Ghirò,
persona bella,
Du’ occhi neri, dientro la su’ favella:
Carissima madre, mi pare una donzella.
– Portala giù ’n giardino. Se lei è una donna, piglierà una rosa o una viola ’n mano e poi se la metterà nel petto; ma, se ’gli è omo, vederai che si ferma al gelsumino catalogno, e doppo averlo annusato se lo metterà all’orecchio.
Dunque il Re menò Fanta-Ghirò giù nel giardino a spasseggiare; lei bensì colse un gelsomino catalogno, l’annusò ben bene e poi se lo mettiede all’orecchio. Il Re torna da su’ ’madre:
– Ha fatto com’un omo. Ma io son sempre della medesima idea:
Fanta-Ghirò,
persona bella,
Du’ occhi neri, dientro la su’ favella:
Carissima madre, mi pare una donzella.
Dice la madre, che vedeva il su’ figliolo tanto disperato per l’amore, e a lui il core gli faceva tuppete tappete dalla gran passione:
– ’Nvitala a desinare. Se lei piglia il pane e per tagliarlo l’appoggia al petto, è una donna; ma se ’n scambio lo taglia accosì per aria, allora poi ’gli è dicerto un omo e nun vale istar tanto sollevato.
Ma anco questa prova nun fu bona, perché Fanta-Ghirò tagliò il pane insenza metterselo alla vita.
– Mamma, ’gli ha fatto tutto il contrario d’una donna. Ma i’ son sempre delia medesima idea:
Fanta-Ghirò,
persona bella,
Du’ occhi neri, dientro la su’ favella:
Carissima madre, mi pare una donzella.
– Tu m’ha l’aria d’un matto. Ma fa’ anco questa di prove. Menala a letto con teco. Se è una ragazza, lei dirà di no.
Il Re andiede subbito a trovare Fanta-Ghirò:
– Quant’i’ sare’ contento se vo’ volessi vienire a dormir con meco.
– Sarebbe pure il mi’ piacere, Maestà, – disse lei. – Se lei vole, stasera si dormirà assieme.
Prima di mettersi a letto però volsano cenare, e a Fanta-Ghirò la bottiglia gliel’avevano alloppiata; ma lei furba nun ne bevve.
Quando poi furno da ultimo del mangiare, dice lei:
– S’ha da fare un brindesse ’nnanzi d’andare a letto.
Si baciorno, si presano a braccetto, e Fanta-Ghirò cantava:
E il Re arrispondeva:
Perché n’i’ beverò!
E ’ntanto lui beveva insenz’accorrersene la bottiglia alloppiata; sicché quando fu ’n cambera si buttò nel letto e intrafinefatta s’addormì, che russava com’un animale.
Allo svegliarsi della mattina il Re vedde Fanta-Ghirò bell’e ’n piedi e tutta vestita da dragone, e nun potiede sapere se lei era donna o omo. Figuratevi le disperazioni e la passione! Nun poteva più campare.
Il Re torna da su’ madre, che principiò a gridarlo forte della su’ mattìa; ma lui badava a dire:
Fanta-Ghirò, persona
bella,
Du’ occhi neri, dientro la su’ favella:
Carissima madre, mi pare una donzella.
– Dunque fa’ anco questa di prove; ma sarà l’ultima. ’Nvitala Fanta-Ghirò a bagnarsi ’gnuda con teco in nella pescaia del giardino in sul mezzodì. Se lei è donna, o nun ci viene, oppuramente te n’accorgi insenza dubbio.
Lui difatti fece quello ’nvito a Fanta-Ghirò, che gli disse:
– Nun mi par vero! Anco a casa i’ sono avvezza a lavarmi ugni giorno, e ora ’gli è un pezzo che non son entra nell’acqua. Ma però il bagno s’ha da fare domattina; stamani no, ché nun posso.
Subbito Fanta-Ghirò chiama il su’ fido servitore, che monti a cavallo e porti una lettera al Re su’ padre, e con pronta [252] risposta: in nella risposta da mandarsi per un dragone de’ meglio ci doveva dire: “Che lui steva male in fin di vita, e che voleva rivedere Fanta-Ghirò prima di morire.”
Il servitore se n’andette di carriera con l’ambasciata, e infrattanto il giorno doppo in sul mezzodì il Re ’gli aspettava giù nel giardino Fanta-Ghirò, e s’era cominciato a spogliare, quando la vedde comparire da lontano per una redola. Lesto, si leva d’addosso il rimanente de’ panni e si tuffa dientro la pescaia; lei però disse:
– Nun mi voglio per anco bagnare; i’ ho troppo caldo e son molle di sudore.
Ma faceva accosì, perché ’gli arrivassi ’l corrieri con la lettera, e aspetta aspetta, mezzodì ’gli era già sonato da un pezzo e nun appariva nissuno.
Fanta-Ghirò moriva dalla pena, perché il Re la pintava a ’gnudarsi e buttarsi giù in nella pescaia. Dice Fanta-Ghirò:
– Mi sento male. Mi vien certi gricciori per le spalle e per le gambe... Oh! ’gli è un segno cattivo; c’è qualche disgrazia per aria.
Il Re s’impazientiva:
– Nun è nulla. Spogliatevi e buttatevi giù, ché ci si sta tanto bene. Che disgrazie volete voi che ci siano?
In quel mentre si sente un rumore, e Fanta-Ghirò scrama:
– Un cavallo, un cavallo alla carriera, con uno de’ mi’ dragoni sopr’esso. Sta’, sta’! deccolo.
A male brighe il dragone gli viense dinanzi, gli diede la lettera di su’ padre a Fanta-Ghirò, e lei fece le viste d’aprirla con gran premuria, e quando l’ebbe letta, disse al Re:
– Mi rincresce, Maestà, ma ci sono delle cattive nove. Lo dicevo io, che que’ gricciori gli erano un segno cattivo! Mi’ padre è lì lì per morire e mi vole rivedere. Dunque bisogna ch’i’ me ne vadia in nel momento; sicché facciamo la pace, e se vi garba, vienite a trovarmi nel mi’ Regno. Il bagno si farà un’altra volta.
Figuratevi se il Re ’gli era disperato davvero, perché lui propio credeva che Fanta-Ghirò fusse donna, e ci moriva su dalla passione; ma gli conviense adattarsi al su’ barbaro destino e lassarla ir via Fanta-Ghirò insenza essersi sincerato.
Fanta-Ghirò dunque dapprima passò dalla su’ cambera e ’n sullo inginocchiatoio ci mettiede un foglio scritto, che diceva:
Donna è vienuta e donna se ne va;
Ma ’mperò cognosciuta il Re nun l’ha...
[253] Quando la mattina doppo il Re ’gli andette in quella cambera per isfogarsi della su’ passione, in nel girar gli occhi vedde il foglio e lo lesse; sicché rimase lì di sasso, come un baiocco, tra ’l dispiacere e l’allegrezza. Corre diviato da su’ madre:
– Mamma, mamma! Vedete, s’i’ l’avevo indovino che Fanta-Ghirò era donna. Leggete, mamma, questo foglio che lei ha lassato scritto in sullo ’nginocchiatoio della cambera.
E nun istiede ad aspettar la risposta di su’ madre, ma fatta attaccare la carrozza, si mettiede dreto a tutta carriera a Fanta-Ghirò.
Infrattanto Fanta-Ghirò se ne se va alla presenzia di su’ padre e gli arraccontava le cose che gli erano intravvienute, e come a quel mo’ lei avessi vinto le battaglie: quando doppo un poco si sente un rumore in nel cortile. ’Gli era il rumore della carrozza con quel Re innamorato, che subbito volse rivedere Fanta-Ghirò. E lì tra di loro dissan tante parole, che la concrusione fu la pace tra que’ du’ Re e lo sposalizio di Fanta-Ghirò con il Re dapprima nimico. Sicché lui la menò via con seco al palazzo nel su’ Regno, e quando poi moritte il babbo di Fanta-Ghirò, lei ebbe in redagione tutto il Regno di su’ padre.