Pellegrino Artusi
Vita di Ugo Foscolo
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CAPITOLO VIII. Ritorno in Milano. – Soggiorno a Brescia. – Versione dell'Iliade.

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CAPITOLO VIII.

Ritorno in Milano. – Soggiorno a Brescia. – Versione dell'Iliade.

Tornato di Francia in Milano ebbe una breve commissione in Valtellina per delinearvi, pare, alcune carte militari e poi, desioso di rimettersi, senz'altre preoccupazioni, con più ardore agli studi, volle prima (luglio 1806) dare una corsa a Venezia per riveder la famiglia, poi a Verona per salutare Ippolito Pindemonte e a Mantova per una visita al quasi nonagenario padre Saverio Bettinelli, infirmo.8

Ferveva allora in Italia, e specialmente nella capitale Lombarda, la vita letteraria e questo esempio degli altri gli era stimolo a tentar cose grandi. Erasi perciò proposto di scrivere un poema sui cavalli, invogliatone dal quadro del Tiziano, osservato a Venezia, che simboleggia la contesa fra il cavallo e l'ulivo; ma visto, com'egli dice, che gli bisognavano per quel lavoro quattro anni almeno di sacro ozio, ne depose il pensiero.

Resosi benevolo il ministro della guerra, Augusto Caffarelli, da cui dipendeva, fu nominato facente funzione di aiutante di campo, onde potè esimersi dagli esercizi militari e così raggiungere l'intento suo di darsi totalmente agli studi. Pensato quindi che a questo scopo opportuna gli fosse la quiete e la solitudine campestre, trovò stanza a mezz'ora di cammino da Brescia, attrattovi dall'amenità del luogo e più ancora (ci siamo!) dai vezzi di una gentile brunetta, la bellissima Marzia Martinengo, se dico il vero, poichè andava poscia ripetendo:

«Marzia piacque tanto agli occhi miei
Mentre ch'io fui di

Fu prima di recarsi colà che scrisse, Le osservazioni sul poema del Bardo di Vincenzo Monti, lavoro che il Carrer ritiene uno de' migliori del Foscolo in fatto di critica.

A Brescia dedicò il suo tempo più specialmente alle Muse. Giù fin da quando militava sulle coste dell'Oceano aveva posto mano alla traduzione dell'Iliade e lavoratovi fino al terzo canto, ignorando che il Monti in pari tempo accingevasi alla stessa ardua impresa. Non si arrestò quando il seppe, anzi, da buoni amici quali erano, si scambiarono il primo canto, che il Foscolo quivi condusse a pulimento, e a proposta sua furono entrambi stampati uniti, allo scopo di sottoporli al giudizio pubblico. «Stampo col mio il vostro primo Canto, scrivevagli, onde se l'Italia, come io credo, vi ascrivesse la palma, tocchi miglior poeta all'Iliade, ed io possa perdonare alla fatica, che spendo più per amor d'Omero che della fama

Un competitore di tal forza forse fu stimolo al Monti di dedicarsi con maggior energia al lavoro, che compì in poco più di due anni; mentre il Foscolo in venti, che tanti ne visse ancora, non ne lasciò ai posteri che sette canti; i soli tre primi completi, il quarto, il quinto e il sesto con qualche lacuna, del settimo soltanto una parte; e se, come pare, lavorò anche sull'ottavo e sul nono, questi non si trovarono. Pronto nel concepire, facile nel dar corpo alle idee, che soleva vestire di eletta forma, non si appagava poi mai della lima di cui era scrupolosissimo, e però alcune opere sue d'importanza sventuratamente non videro mai la fine.

Una sentenza esatta fra le due versioni non si sarebbe potuta pronunziare che a lavoro compìto; ma dai sette canti che abbiamo del Foscolo si ha tanto da conchiudere, parmi, dice l'illustre Carrer, «che nel pieno la versione del Monti è superiore per fluidità, uguaglianza e nobiltà non disgiunta da naturalezza, e per certa conformità d'indole col fare omerico, splendente e ampio; ma che in alcune parti meglio dal Foscolo sono ritratti i tempi e le costumanze, e fatte sensibili alcune circostanze e finezze d'affetto. Per via di similitudine potrebbe anche dirsi, che laddove uno dipinge, l'altro scolpisce

E il Pindemonte scrivevagli: «Leggo e rileggo i versi e la prosa, e sempre più ammiro l'ingegno vostro in così difficile impresa. Il tradurre in tal modo è uno scolpire in porfido: l'opera vostra potrebbe accanto al marmo pario del Monti dilettar meno il più dei lettori, ma sarà forse ammirata più dagl'intelligenti. Gli altri traduttori osservano più o meno in faccia il Signor dell'altissimo canto, ma voi gli andate dentro alle viscere





8 Il gesuita Bettinelli più che per altro è rimasto famoso per avere avuto in dispregio Dante. Tanto gli estremi si toccano, che giunto a Parigi andò a far visita a Voltaire e si trovarono ben tosto insieme d'accordo per dirne male. Trascorsero ad intervallo lunghissimi periodi e presso che secoli interi ne' quali l'altissimo poeta era quasi dimenticato; perciò gode l'animo il vedere nell'età nostra che ogni giorno più cresce la venerazione per lui, la quale, Dio voglia, sia preludio al ritorno de' buoni studi.



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