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Si dispone a partire. – Strana
proposta. – Silvio Pellico.
Arrivo a Londra.
Dopo all'avvenimento testè raccontato si tolse il Foscolo dal suo romitorio di Hottingen e tornò a dozzina in una famiglia qualche miglio di là distante; ma ben presto di quivi si traslocò in una locanda a Zurigo, non potendo più sopportare, così diceva, i ladronecci e le angherie de' suoi nuovi ospiti, intenti solo ad estorcere per avidità d'interesse.
Non poteva compatire che un popolo libero come gli Svizzeri mettesse il proprio sangue a prezzo in servigio di governi stranieri senza curarsi, nè della giustizia della causa che prendeva a difendere, nè del caso probabile di doversi reciprocamente trucidare, come nemici, cittadini della stessa nazione. L'incruenta e già vacillante Guardia del Vaticano è l'ultima traccia che oggi resta di quell'anomalia politica, la quale influiva a predisporre Foscolo sinistramente e perciò gli pareva che le loro azioni private prendessero norma dalla medesima venalità, la quale, quando a queste si riferiva, egli scusava in parte avuto riflesso alla povertà loro.
Sollecitava frattanto la partenza, non vedendo l'ora di lasciare un luogo divenutogli odioso per dispiaceri, e vi si apparecchiava con più tranquillo animo, chè in questi giorni il fratello Giulio, ottenuto congedo e pensione di 600 fiorini all'anno, era dall'Ungheria ritornato in Italia presso alla vecchia madre; ma gli fu d'uopo rimanere ancora per qualche mese se volle veder terminata la ristampa dell'Ortis.
In quel mentre ricevè il Foscolo una lettera dell'abate Giuseppe Bottelli, amico suo e traduttore in esametri latini de' suoi Sepolcri e di quelli del Pindemonte, la quale sì per la strana proposta, quanto perchè si accenna ad un sistema medico pur troppo in voga a que' tempi, stimo non indegna di riferirsi.
È in data di Milano 24 maggio 1816, e dice:
«Tra le disgrazie tante che ci affliggono universalmente; di fame e di malanni, io fui quest'anno travagliatissimo per l'amara perdita di molti amici, onde più e più mi concentro tra pochi sinceri che mi rimangono. E non posso tacere che m'adiro altresì con questi medici, ne' quali è invalsa per modo la manìa di cavar sangue, che appena appare febbre, la lancetta apre la vena; e così si prosegue mattina e sera di diciotto in diciotto once, finchè i poveri pazienti cadono esanimati, o vivono a stento esangui. Abbiamo un'opera sull'abuso de' salassi: ma una satira, per Dio, ma amara, che li ponesse in canzone, sarebbe pure più fruttuosa, e renderebbe maggior servizio all'umanità. Credimi, i medici sono ancora soggetto nuovo per la satira; e tu non impiegheresti male l'ingegno mandandomene una, che pubblicherei con alcune dissertazioni di medici inglesi che tra poco qui si pubblicheranno, e tra le quali una tratterà di queste materie.»
Per ragione inversa, se non una satira, un epigramma almeno potrebbe stare il dovere a certi medici, i quali portando oggigiorno all'esagerazione il sistema opposto, senza prendere in esame le condizioni di clima, di temperamento, gli alimenti in uso ne' paesi ove curano, lascierebbero morire il malato di un'infiammazione polmonare o di una congestione di cervello, per orrore al sangue.
Ritornando ora sulle disposizioni che il Foscolo prendeva per trasferirsi a Londra, stimò egli opportuno di tastare prima colà il terreno per esser certo se, come straniero ed emigrato politico (essendovi stato promulgato l'Alien Bill), vi potesse poi rimanere con quiete d'animo; molto più che le autorità svizzere minacciavano di dargli lo sfratto da quel Cantone. Perciò si rivolse ad un suo conoscente, Guglielmo Stewart Rose, persona di grande influenza come letterato, membro del Parlamento e figliuolo di un ministro inglese, il quale operò in modo che il signor Canning, ambasciatore presso la Confederazione Svizzera, gli rilasciò un ampio e valido passaporto inglese, e un altro ancora l'ambasciatore Prussiano, e un terzo, senz'esser chiesto, la Confederazione stessa per riparare al mal passo del minacciato esiglio.
Silvio Pellico non potè accettare l'offerta di accompagnarlo, essendosi pochi giorni innanzi impegnato per aio di due ragazzi presso un patrizio milanese, il conte Luigi Porro, a cui faceva anche da segretario, allo scopo principalmente di poter soccorrere i suoi poveri genitori, coll'onorario che ne traeva, di lire 1000 italiane l'anno, tavola e alloggio. E fu questo un gran male per ambedue, imperocchè Silvio rimanendosi, come era probabile, in Inghilterra, avrebbe evitata la grave sventura che appresso il colse, ed Ugo con tale un amico ai fianchi, che sarebbe stato consigliere e moderatore alla sua imprudente prodigalità, non avrebbe al certo fatta sì trista fine; ma fu un bene all'Italia: il modesto libricciuolo, Le mie prigioni, di quell'ottimo italiano, colla simpatia compassionevole che destò in ognuno per l'autor suo, non fu forse de' meno efficaci nemici che debellarono l'Austria.
Pellico non potendosi congiungere all'amico si adoperò per sistemargli le sue cose in Italia, e fra l'altre gli procurava la vendita per centoventi zecchini de' libri rimasti a Milano, scrivendogli che, se gli fosse convenuta la spesa di ritirarli a Londra, il compratore dei medesimi era disposto di fargliene dono. Non nominava persona, ma chi poteva essere capace di un atto sì generoso se non la Donna gentile? Ed era ella appunto.
Con la somma suddetta, con altrettanta all'incirca ritratta dalle pubblicate edizioni, e zecchini duecento27 avuti dal fratello Giulio, in compagnia di Andrea Calbo, presa la via di Ostenda, dopo una burrascosissima e pericolosa navigazione, giunse a Londra li 11 settembre 1816. Era il Calbo un giovine greco con cui Ugo era vissuto famigliarmente a Firenze, utilizzandolo come copista, che la Donna gentile gli mandò in luogo del Pellico. Giulio, giovine savio, generoso e di nobili sentimenti, appagò di gran cuore e senza farsi pregare la dimanda del fratello, mettendo a sua disposizione la somma anzidetta, frutto delle economie fatte a Lodi colle quali soleva anch'egli soccorrere madre e sorella se non che gli si raccomandava spesso di essere moderato nello spendere onde nessuno, per debiti insodisfatti, potesse intaccare la sua delicatezza. E i libri, considerato che lo spedirli a Londra non conveniva, proponevagli di saldare col ricavato, un credito di Giuseppe Visconti da Lodi, uomo di ottimo cuore, il quale, benché in istato non facoltoso, stante l'affetto e la stima che sentiva per Ugo, eragli largo di esibizioni.