Pellegrino Artusi
Vita di Ugo Foscolo
Lettura del testo

CAPITOLO XXIV. Gazzettino del bel Mondo. – Sua rinomanza in Inghilterra. Passa in East Moulsey. – Un consiglio da amico.

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CAPITOLO XXIV.

Gazzettino del bel Mondo. – Sua rinomanza in Inghilterra.
Passa in East Moulsey. – Un consiglio da amico.

Con la data di Londra 1817 abbiamo di lui uno scritto originale italiano Sullo stato politico delle Isole Ionie che, a giudizio del signor F. S. Orlandini, «si raccomanda per la giustezza, maturità, ed elevatezza di senno politico con cui, senza astrazioni ed utopie, ma con pratica sapienza è pensato: per la purità, severità, ed evidenza di stile, emulo talvolta di quello del Machiavelli, con cui è dettato, ed è finalmente prezioso documento novello di quanto e di qual maschio affetto il Foscolo amasse la sua terra materna

Verso la fine di quell'anno corsero trattative fra lui e il libraio Murray per un'opera in tre volumi che doveva trattare degli usi, della letteratura e della storia politica d'Ingllilterra e d'Italia.31 Si proponeva il Foscolo di pubblicarla in forma di lettere comparative, alcune delle quali uscirono in luce, come saggio, col titolo di Gazzettino del bel Mondo e dal medesimo si potè rilevare come quel lavoro sarebbe riuscito interessante ed utile se, autore e tipografo, fossersi nelle condizioni accordati.

A titolo egualmente di saggio ne riporto alcuni frammenti nella persuasione di non far cosa discara al lettore.

I LACCHÈ.

È una lettera che finge scrivere al contino C*** a Milano.

«Inoltre, Contino mio, avete come l'Alfieri, comperato a Londra de' be' cavalli; e non sì tosto tornato in patria, vi siete avventato a' peggiori pericoli, galoppando addosso alla gente, frantumando il Tilbury inglese (e il cavallo morì sul fatto) non però l'uomo che fu per caso ravvolto dalle vostre ruote, e che non morì, se non dopo due giorni allo spedale. E voi vivo ed illeso, e compianto dalle Dame, e ammirato nei caffè, e rispettato da' Tribunali, ed esecrato forse in qualche tugurio, siete diventato eroe della Moda, e son oggi per l'appunto tre anni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

» Io giovinetto udiva spesso in certi crocchi esaltare il conte P***, appunto perchè, guidando una quadriglia inglese, faceva perire tutti i lacchè, i quali l'un dopo l'altro si gloriavano di morire al servizio di sì potente signore. Allora i lacchè, in farsetto e calze di tela bianca, tanto che non paressero nudi, e con un elmetto a piume di mille colori, correvano inseguiti, incalzati da' cavalli (sdrucciolavano e stramazzavano travolti spesso dal cocchio) e anche a' più veloci mancava la lena; ma avrebbero perduto la gloria del mestiero ed il pane, se s'attentavano di pigliar fiato. E il polmone rigonfiavasi, e il cuore palpitando scoppiava quasi dal petto, e il sangue fluttuava a gorghi impetuosi per le viscere, e bolliva dentro il cervello: e quei pur correvano col viso di color pavonazzo, vomitando sangue, e spiravano giovinetti; e i padri vostri s'affrettavano tuttavia co' loro cavalli, per non far aspettare gli ospiti in villa

I VIAGGI.

È un'altra lettera diretta al medesimo Contino.

«Voi in Inghilterra ci siete già stato per tre settimane, e il conte C*** per quattro, e il marchese V*** per cinque, e altri così, fra' quali a' scorsi il marchese G*** esaminò l'Inghilterra nell'Hôtel Sablonière, e non usciva mai che per vedere il bel mondo nel circuito di Leicester Square; e bastavagli. S'annoiò; e dopo quindici giorni partì a ridire e giurare e confermare l'antica novella della inospitalità degl'Inglesi. Ma voi, Contino mio, vi siete affaticato correndo a vedere il paese col volo e l'occhio dell'aquila, e avendo conversato con postiglioni e con osti, non potete parlare che della ruvidità degl'Inglesi; e il marchese C*** e voi vi siete doluti della venalità di tutti e di tutte.

» E così va fatto, dacchè è pur moda, e anche Inglese. Anzi per dir giusto, l'andare e tornare volando è oggi in tutta l'Europa un indizio di suprême bon ton. Per lo più siffatti viaggiatori portano seco fuori di casa loro tutte le virtù, eccettuata l'indulgenza, perch'ei se la serbano per poterla esercitare assai più utilmente con le lor Dame. E intanto vedono a Milano, a Firenze e altrove le contesse A B C D sino alla Z, che assordano l'aria e tutte le vie col fracasso e la pompa delle carrozze, e saltando da Baccanti nei balli, e sfoggiando nelle veglie e ne' palchetti in teatro dinanzi a' forestieri, allo splendore di mille lumiere, i loro vezzi invecchiati per la gioventù del paese, aspirano, non potendo altro, alla celebrità dell'infamia: però i forestieri tornano attoniti dell'inverecondia delle Italiane. Ma scioperati! a voi bastano le lettere dell'abbiccì a registrare ne' vostri itinerarii le venti o ventiquattro che fanno chiasso per mille; ma a contare le vereconde vi bisognerebbero numeri, e non le trovereste mai fra quelle poche, che sole ne' pochi giorni della vostra dimora possono darvi nell'occhio. Le cittadine Italiane, alle quali la mediocrità della fortuna concede modeste passioni e modestissima vita, hanno più desiderio e più agio di coltivare il loro ingegno e il loro cuore, e tremerebbero d'aprire la loro stanza a sfaccendati, impertinenti, curiosi, imprudenti, fastosi, quali pur siete, e lasciarvisi vedere quando le stanno le lunghe ore sedute cogli occhi intenti ora ad un libro, e or al viso del loro bambino dormiente

IL CAVALIER SERVENTE E IL CONFESSORE.

Dopo aver parlato di alcuni risibili costumi inglesi come quello fra gli altri, che la figliuola di un bottegaio quando va sposa a un bottegaio suo pari, esige, per patto irrefragabile ch'ella sia condotta ogni anno a villeggiare, prosegue:

«Ridete? Ma e vent'anni fa le madri e le suocere patrizie in Italia non ottenevano forse che il notaro nella scritta dotale rogasse che una giovinetta, allevata fino allora al candore e al pudore, avrebbe avuto diritto di scegliersi a genio della madre e della suocera un cavaliere servente ed un confessore? Ed erano indispensabili, affinchè la sposa non fosse dissimile della suocera e della madre. Il cavaliere servente le faceva a un tratto smarrire la ridicola semplicità del candore, e il confessore avvezzavala a poco a poco a raccontare senza pudore i suoi falli, a saldare i debiti con la coscienza, ed a farne con più fiducia degli altri.»

LA LETTURA DEI ROMANZI.

È un'altra lettera diretta allo stesso contino C*** di Milano, e tratta degli studi romanzeschi:

«Ma il sommo danno consiste in ciò, che tutte le giovinette ed i giovani si avvezzano in quelle letture a un'abituale inerzia d'ingegno, e ad un bisogno di attività agitata e continua d'affetti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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» Il secondo danno bensì deriva dalla moltitudine de' lettori giovani, i quali non avendo sortito tanto vigore da sostenere la tempesta di perpetue passioni, tanto ingegno da vederne i rischi e l'evento, s'educano a ostentare di sentire più che non sentono, onde far ammirare in que' caratteri che hanno ammirato nel libro. Da prima con buona fede, poscia con ipocrisia di virtù . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

» Ma oltre all'essere ridicoli ed ipocriti seduttori, sono, nel sesso donnesco, individui più funesti alla gioventù. Illudono medesime e i loro amanti con le apparenze di virtù e d'ingegno accattato, destano negli altrui petti un calore che esse non provano, e un amore a cui non possono che tepidamente rispondere. Guai in che vanno pericolando, e che, se fossero state virtuose, non avrebbero affrontato, e se fossero passionate davvero, non curerebbero, eccitano in esse dei terrori improvvisi che le riducono ai ripieghi del calcolo; e quando altri più arde esse più circospette ragionano. Finalmente l'entusiasmo con che le si erano trasfigurate si fa inopportuno, la maschera strappata mette la disperazione del disinganno in tutti i pensieri di chi le amava; e da indi in poi lo funestano di un cupo senso di misantropia finch'ei vive

I GESUITI.32

«Io spesso ho considerato attento l'onnipotenza de' Gesuiti, in quanto leggesi contr'essi ho potuto trovarne le cause. Finchè (ed è osservazione fatta da altri, ma non so d'averla mai letta) parvemi che la loro grand'arte consistesse nel farsi predicatori contro i vizi che essi indirettamente insegnavano; e quindi adulando, dominavano le coscienze che gli altri frati atterrivano. Però dai Classici latini che essi stampavano per le loro scuole rimovevano i passi licenziosi, ed irritavano la curiosità; indi li stampavano in calce del libro, sì che la gioventù potesse trovarli presto, senza doverli cercare leggendo tutto l'autore.

» I Gesuiti più prosperi di Napoleone ne' loro intenti, perchè operavano più lentamente, avevano avuto l'arte di erudire la nobiltà in guisa, che dopo molti ameni studi si rimanesse idiota; e i pochi patrizii che uscivano letterati da quelle scuole erane infatuati di Ovidio più che di Omero, di Plinio secondo più che di Tacito, e del Petrarca e de' suoi imitatori più che della Divina Commedia. Anzi uno de' corifei de' Gesuiti volle, quasi a' nostri, distruggere la fama di Dante.

BELLEZZA E VIRTÙ.

«Certo, la Bellezza è una specie di armonia visibile che penetra soavissima ne' cuori umani. Se non è abbellita dal lume della virtù, allora, purtroppo, non è che terrena; ma una bella giovine animata da un cuore virtuoso, è un individuo fra il mortale e il celeste; e chi la contempla può alienarsi dai sensi, ed eccitarsi ad azioni generose, e salire con lo spirito sino al Creatore d'ogni Bellezza

Essendosi mostrato il Foscolo nelle pubblicazioni periodiche più che scrittore originale, filologo e critico valente, era salito in tal rinomanza da passare colà (sono parole sue) pel Genio più grande che fossesi conosciuto fra' viventi; ed avendo avuto accoglienza felicissima gli articoli di letteratura italiana che pubblicava nell'Edinburg Review e nel Quarterly Review, era incoraggiato di scriverne spesso coll'offerta di due ghinee per pagina. Erano celebri allora queste due Riviste letterarie trimestrali, alla cui compilazione collaboravano uomini di gran nome e ministri di Stato fra' quali lord Holland e lord Byron.

Più che da questa sorgente ideava il Foscolo di formarsi uno stato da un'impresa colossale che volgeva in mente; proponendosi di andare poi a goderselo in pace a Firenze fino alla morte. Calcolava che quattro o cinque anni di lavoro assiduo fossero a ciò sufficenti ed aveane stabilite le basi con diversi librai. Trattavasi dell'edizione in trentasei volumi de' maggiori classici italiani, il cui testo originale doveva essere illustrato in inglese (la note grammaticali e critiche, vita degli autori e storia del loro secolo, in guisa che risultasse un Corso di Letteratura italiana per gl'Inglesi. E a pregustare intanto queste liete speranze di una più grande prosperità appresso, troviamo che verso la metà del 1818 ha egli cambiato il suo romitorio di Kensington con un Cottage33 in East Moulsey, dandosi anche il lusso di un quartierino in città.

Queste buone novelle del Foscolo, fors'anche alquanto esagerate dalla fama, giunserò alle orecchie di Silvio Pellico, il quale conoscendo nell'amico l'indole prodiga e non curante dell'avvenire, pensò bene di premunirlo de' suoi consigli scrivendogli. La lettera è in data di Milano 17 ottobre 1818, e dice:

«Intesi da Everett il tuo stato apparente, che tu però mi dici non essere così felice come altri giudica. Questo significa che niun uomo è senza afflizioni segrete, ma quella prosperità che si può sperar sulla terra, par che tu l'abbia. Onorato nel paese d'Europa dove la dignità umana è più rispettata, abbastanza ricco per avere casa in città ed in campagna, un giardino delizioso, un cocchio, cavalli . . . . padrone di stampare quel che t'aggrada, sicuro che il Governo i librai ti strozzeranno, ma anzi premieranno secondo il loro valore le opere del tuo ingegno . . . . La trista Italia non t'avrebbe mai offerto tanta fortuna; e m'addolora il pensare che questa fortuna ti terrà forse per tutta la vita lontano da noi. Ora ascolta un consiglio dell'amico tuo. Non essere così dimentico, come sei sempre stato, della tua pace avvenire; aduna un tesoretto per la vecchiaia, affinchè tu possa negli ultimi anni, se sentirai il bisogno di rivedere la patria, venirvi indipendente, senza necessità di nulla chiedere





31 La storia d'Italia doveva abbracciare il periodo dal 1796 al 1816.



32 De' Gesuiti era Ugo stato scolare a Venezia.



33 Chiamano gl'Inglesi Cottage, ossia capanna, una villetta di campagna.



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