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CAPITOLO XXVII. La sua figliuola. – Digamma-cottage in South Bank. – Duello generoso. – Persecuzioni de' creditori. – Lavori sul Boccaccio e su Dante. – Nuove angustie. |
La sua figliuola. – Digamma-cottage in South Bank. – Duello generoso. – Persecuzioni de' creditori. – Lavori sul Boccaccio e su Dante. – Nuove angustie.
Le peripezie di alta e bassa fortuna che furono sempre fide compagne al Foscolo, seducendolo talvolta di falso bagliore, non lo abbandonarono negli ultimi anni della sua vita. Dai primi giorni ch'ei pose piede in Inghilterra fece ricerca della figliuola che ebbe, come già si disse, in Fiandra da una giovane prigioniera inglese, e trovò che la madre, essendo andata a marito, l'aveva affidata alla nonna, la quale presane cura, finchè visse la tenne seco educandola. Morta la vecchia nel 1822 le lasciò in legato lire tremila sterline, che gli esecutori testamentari, col consenso di lui, investirono in livelli, a lunga scadenza, di terre su cui esistevano tre villette nei dintorni di Londra, luogo chiamato South-Bank.
Essendosi dopo trovato il Foscolo in condizione piuttosto florida; uomo di ottimo gusto e di squisito sentire com'egli era, solendo dire che una bella casa e un'affezione di cuore erano a lui come all'Alfieri, impulso al genio e alla volontà di studiare, fu preso dalla cattiva idea di fabbricare una quarta villa a sue spese in quel luogo stesso, battezzandola Digamma-cottage; e in seguito di questo strano nome si dirà il perchè. L'architettò al gusto italiano, circondandola di giardino, orto e boschetto; la corredò con eleganza e ricchezza; e perfino, volendo incarnare l'idea poetica delle tre Grazie, di cui aveva abbellita la sua dimora campestre, erasi circondato di tre graziose cameriere sorelle; ma calcolando male i suoi capitali e i proventi co' quali far fronte, si trovò presto sbilanciato negl'interessi. Le mille noie che gli contristarono allora la vita derivarono tutte, dic'egli, da una mia villetta fabbricata in mal punto, venduta peggio, e finita, a quant'odo, in grette speculazioni. A questo punto un altro amico, Santorre Santarosa, mosso a compassione di saperlo sì impelagato, a similitudine del Pellico gli scriveva li 21 giugno 1824, consigliandolo di dare un ordine alle sue cose, e, scongiurandolo di non far debiti senza avere i mezzi da pagarli, diceva: «se ciò vi riesce (lasciatevene pregare e ripregare da chi vi ama e vi desidera sinceramente pace e gloria), ordinate le vostre cose in modo da non incominciare una nuova serie di piccole, ma pure amare calamità. Forse le grandi calamità esaltano l'uomo; ma le piccole lo contristano e lo abbassano»
Alla rovina economica che minacciavalo, pretendendo far argine col lavoro indefesso, (tuttochè deplorasse soventi volte di dover per bisogno consumare l'ingegno in istudi che non potevano rendergli fama) vi dedicava quattordici e quindici ore al giorno, e non dormiva tranquillo le notti per lo ruminar della mente e per consultar libri nel letto.38 Così il già indebolito temperamento, tra la fatica e i pensieri maggiormente soffriva, onde interruzioni spesse per febbri infiammatorie e reumatiche, e mal d'occhi che gli si iniettavano di sangue, mettendolo in apprensione di cecità.
Frattanto i suoi creditori lo incalzavano da tutte parti, e minacciavanlo dell'arresto, fra cui certo Graham, già scrivano e traduttore a' suoi servigi. Costui preso da sdegno perchè non aveva potuto rivaleggiar d'amore col Foscolo per una delle tre leggiadre cameriere, dicesi che un giorno il picchiasse di santa ragione con un frustino, andandogli sopra all'improvviso, nel momento ch'esso stava leggendo a cavalcioni di una sedia col dorso rivolto all'uscio; la posizione e la sorpresa avendogli impedito di potersi schermire. Ne seguì un duello alla pistola, e il Graham per sorte ebbe la preminenza del tiro; ma non avendo colto l'avversario, questi, di animo buono e generoso, qual era, gli fece grazia del colpo suo e il rimandò perdonato.
L'aneddoto è riferito dal Pecchio il quale, secondo Camillo Ugoni, ne giudicò come il volgo, e il Carrer dice che le lagnanze del fratello d'Ugo, relative a queste rivelazioni, devono metterci in guardia non solo intorno al modo quanto intorno alla verità di alcune circostanze. Però la parte che si riferisce al duello è pura storia confermata dallo stesso Ugo Foscolo; e Giulio, più che d'altro, si lagna del modo poco decoroso tenuto dal biografo nel raccontare questa strana avventura.39
Verso la fine del 1824 i creditori s'impossessarono della villa ond'egli, riducendosi in affitto a più modesto alloggio campestre, non vide però cessare le sue tribolazioni derivanti da librai falliti e da editori di giornali che gli ritardavano i pagamenti, o non gli mantenevano i patti, o glieli negavano; abusando anche talvolta della sua buona fede. Per questo e per mancanza di mezzi dovette sospendere una lite col Pickering e l'edizione di un Dante illustrato che erasi obbligato di dare alle stampe in cinque volumi in 4°, imperocchè, dicev'egli, la leggo qui divora la giustizia e a costringere per legge il debitore, questi si dichiarerebbe fallito riparandosi sotto l'Insolvent Act, ed io dovrei pagare le spese del processo, se no in prigione.
Dalla tipografia del detto editore uscì nel 1825 il Decamerone del Boccaccio40 con un discorso storico sul testo in lingua italiana, che Foscolo dedicò a Ruggiero Wilbram; ma in quanto al Dante, per le difficoltà sopraggiunte, non vide la luce, durante lo stesso anno, che il primo volume in più modesta edizione, in 8°, che comprende il Discorso sul testo della Commedia. Volle dedicarlo all'amico suo Hudson Gurney, coltissimo banchiere di Liverpool e membro del Parlamento del quale, pel bene che fece, dovrò presto riparlare con lode. Codesto lavoro sul Dante dovette costare all'autore molta fatica, ma tuttochè condotto con acume e buona logica, non pare sia riuscita lettura gradevole nè molto utile, trattandosi di lunghe confutazioni e sottigliezze accademiche sopra argomenti infine di secondario interesse. Però il suo Discorso sul Testo è degnissimo, dice il Padre Giuliani, di richiamare gli studi di quanti s'ingegnano di procurarne l'ottima correzione; e non si potrà contrastare al Foscolo (sono parole di quel giudice competente) il merito d'aver assottigliata la critica e la interpretazione della Commedia di Dante e sui Commenti che si produssero a luce da Iacopo della Lana insino al Biagioli.
Le traversie dianzi accennate avendo ridotto il Foscolo in povertà, fu consigliato da' suoi amici a riprendere le lezioni pubbliche. Non volle aderire per sentimento di delicatezza e d'amor proprio, temendo non accorressero gli uditori al solo scopo di gratificarlo. «Avrei potuto e potrei campare (scriveva egli al Bulzo nella lettera precitata) dando delle letture in italiano, ed il primo corso di esse nel 1823 mi fruttò da forse mille lire:41 ma l'anima mia s'umiliò; e credo che morrei di dolore e di bisogno, innanzi di assaggiare un'altra volta quell'amarissimo calice, d'esporre la mia faccia ad insegnare pubblicamente a gente che non intende, e che accorre chi per curiosità di vedere un animale famoso, e chi per desiderio di fare una carità.»
Pensò di andare piuttosto alle case a dar lezioni private; ma, come di già prevedeva, gli scolari facevano difetto, non più di due trovandone. Si decise allora di ritornare a Zante ove rimanevagli ancora qualcosa dell'eredità della madre, e dove sperava poter avere una cattedra. Chiese per là un passaporto al Governo inglese, ma la sua domanda trovò fortissimi ostacoli. Come Ionio il passaporto non gli si poteva negare, però a motivo delle voci corse ch'ei contrariasse il Governo Ionio, suggetto allora al protettorato inglese, ed incolpato a torto di essere lui l'autore di scritti anonimi contro il medesimo, gli fu fatto presentire che colà si sarebbe trovato sotto la sorveglianza giornaliera della polizia, e molto più poi se fossesi dato al professorato, chè in allora il terrebbero per sovvertitore delle teste giovanili, e per eccitatore di malcontento e di sedizione.
Ridotto così alla disperazione, si meravigliava di sè stesso che le tante sventure gli avessero a poco per volta fatto assumere la rassegnazione e la pazienza di Giobbe: ma frattanto la salute sempre più malandava.