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CAPITOLO XXIX. Considerazioni sul suo carattere. – Sepoltura. – Miss Floriana. – Carte del Foscolo. – Frammenti del Carme alle Grazie. – Orditura del medesimo. – Articoli pubblicati nei giornali inglesi. – Lettera apologetica. – Edizione del Dante illustrato. CAPITOLO XXX. Casa dove morì. – Trasporto a Firenze delle sue ceneri. – Funzione funebre. – Villa dell'Ombrellino. – Sonetto del Maffei. – Reliquie di Ugo Foscolo. – Studi antropologici sul suo cranio. – Stato del cadavere. |
Casa dove morì. – Trasporto a Firenze delle sue ceneri. – Funzione funebre. – Villa dell'Ombrellino. – Sonetto del Maffei. – Reliquie di Ugo Foscolo. – Studi antropologici sul suo cranio. – Stato del cadavere.
Per completare la storia di Ugo Foscolo darò ora, come in appendice, un cenno del trasporto in Italia de' suoi resti mortali, e per chi tenga a sapere il luogo preciso dov'egli esalò l'ultimo respiro, fu esso: Bohemia House, Centre, Turnahm Green.
Dirò ancora che la più fortunata nella famiglia Foscolo fu la signora Rubina, il cui figliuolo Pasquale, datosi per vocazione al sacerdozio, fu nominato arciprete e parroco di Mogliano nella Diocesi di Treviso ove la convivente rispettabile madre sua morì nel gennaio 1867 in età di 86 anni.
Don Pasquale Molena vive tuttora e da esso potrebbesi avere ancora forse qualche notizia inedita ed importante intorno all'illustre suo zio e alla famiglia Foscolo; ma il carattere di lui, a quanto sento, timido, circospetto, ossequente ai principii del suo ministero, gli detta una prudente riservatezza che, per essere naturale, va tanto più rispettata. Un'altra fonte da cui potrebbesi attingere qualche cosa di nuovo e schiarire alcuni dei fatti accennati, sono certe carte risguardanti avvenimenti della vita privata del Foscolo notati in più luoghi dell'Epistolario; le quali parrebbe dovessero trovarsi nella Labronica, ma che in realtà non vi sono perchè non le furono mai consegnate, come ne ho avuta contezza dal gentilissimo Bibliotecario.
«L'Italia avrebbe verso la memoria di Ugo Foscolo il maggior debito; ma in che parte, in che angolo di essa si permetterebbe di onorare la tomba di uno degli oratori della sua libertà e indipendenza? In questi infausti tempi non si potrebbe sperare quest'atto giusto e pio, che dalla Toscana.»
Così scriveva il Pecchio come per intuito divinatorio, e questo debito l'Italia lo pagò quando la sua libertà ed indipendenza furono raggiunte, imperocchè allora solo e non prima avrebbe potuto farlo con quel decoro e spontaneità che richiedeva l'atto solenne: e perchè allora solo si poteva liberamente alzare la voce, come fece il professor Paolo Pavesio, contro l'abbandono in che erano lasciate le ossa di lui in terra straniera, rampognando l'Italia. Giustizia voleva che il famoso tempio, illustrato da' suoi versi immortali, ne racchiudesse le ceneri, le quali giudiziosamente furono collocate fra i mausolei di Dante e di Alfieri, e a due passi dalla tomba del Niccolini.
Il troppo intenso studio sopra Dante gli abbreviò la vita; dell'Alfieri cercava di emulare la fama e l'ossa d'entrambi fremono amor di patria; al Niccolini professava schietta amicizia e lo stesso santo principio, la libertà e l'unità d'Italia, animava lo spirito di queste quattro grandi figure.
E se verrà un giorno l'Italia vera, io l'avrò giudice pia. Queste parole di spirito profetico dirigeva il Foscolo a G. B. Giovio nel 1813 per l'appunto da quella stessa Firenze che, divenuta capitale d'Italia, si fe' giudice pia, interpretando il volere della nazione. E perchè i tempi erano maturi, l'impresa non ebbe grandi difficoltà.
Cominciò, a quanto intesi, a muovere il primo tasto il defunto Raffaello Angeloni di Napoli, il quale avendo trovato facile ascolto in un gruppo di generosi, questi si costituirono in comitato, e contribuendo ciascuno per lire 100, pubblicarono il seguente
Ugo Foscolo, vissuto molti anni in esilio per non prestare giuramento al governo austriaco oppressore d'Italia, morì travagliatissimo nella terra straniera, dopo aver lungamente sostenuto l'onore italiano dapprima colle armi, poi colla potenza dell'alto ingegno e della sapiente parola, che vive ancora, bella, giovane e forte nei suoi scritti, splendido ornamento del secolo nostro. Cercò per ogni via l'indipendenza d'Italia, e per essa sfidò le ire del conquistatore di Francia, amò ardentemente la libertà, fece ogni sforzo per educare ad essa i discordi Italiani e insegnò le virtù necessarie a raggiungerla; nemico acerrimo sempre ai furori dei despoti e delle sètte, agli amici delle tenebre, ai tiranni della ragione.
Le sue ceneri dopo quarantatrè anni rimangono ancora esuli da questa terra, che fu il suo perpetuo amore, il suo desiderio supremo. Per cessare quest'oblio non onorevole a noi, per compiere un sacro dovere, i sottoscritti si adoprarono a togliere ogni difficoltà che si opponesse al ritorno dell'Esule; e fatte le pratiche convenienti coi governi d'Inghilterra e d'Italia, ora invitano tutti gl'Italiani amici della libertà, degli studi e dell'onore nazionale, tutti i generosi giovani, cui il Foscolo colle sue opere insegna l'amore del bello e delle virtù degli uomini liberi, a rendergli concordi l'estremo tributo di affetto, contribuendo perchè le ossa del forte Cittadino e del grande Scrittore ritornino fra noi e riposino accanto ai Grandi che più onorarono la patria, nel Pantheon di Santa Croce, da lui celebrato con un canto immortale.
Il comitato.
Ubaldino Peruzzi, ff. di Sindaco di Firenze, Presidente. – Pier Silvestro Leopardi, Presidente onorario. – Aleardo Aleardi. – Raffaello Angeloni. – Luigi De Benedictis. – Francesco Brioschi. – Michele Coppino. – Alberto Erbera. – Francesco Lattari. – Angelo Papadopoli. – Francesco Paolo Perez. – Atto Vannucci. – Guido Corsini, Segretario.
A questa voce gli Italiani non risposero condegnamente poichè dalle Università, dai Municipi, dagl'Istituti, dalle Accademie e da oblazioni private si poterono raccogliere soltanto 18 mila lire circa; laonde il Municipio di Firenze contribuì per lire 5 mila; venne in soccorso il Ministro dell'Istruzione pubblica per lire 1800, quello dell'Interno per lire 1000 e per altre mille fu generosa la Deputazione provinciale di Roma.
Al comm. Angelo Bargoni fu conferito l'onorato incarico di recarsi in Inghilterra a tal uopo, e, per solennizzare più degnamente la festa dello Statuto del 1871, che cadeva il dì 4 di giugno, si voleva far coincidere l'arrivo delle ceneri di Ugo Foscolo a Firenze in quel giorno; ma la sera de' 24 maggio il comm. Peruzzi riceveva dal prefato commissario un telegramma con cui si avvertiva di sospendere i preparativi perchè gli avanzi del cantor de' Sepolcri erano scomparsi, nè era più possibile rintracciarli. Fatte però più diligenti ricerche nel cimitero di Chiswick, furono finalmente trovati e l'onorevole Bargoni esultante potè darne il grato annunzio al Ministro dell'Istruzione pubblica, onorevole Correnti, col seguente dispaccio.
Ugo Foscolo è restituito all'Italia. Fu compiuto il dissotterramento; il cadavere fu trovato in istato perfetto di conservazione dentro a due casse ben condizionate, l'autenticità ne è completamente accertata; il ministro Cadorna e buon numero d'Italiani era presente.
Essendosi dovuto perciò procedere ad operazioni e a verifiche, la cui durata non era agevole determinare, il Comitato concertò col Ministro suddetto che la cerimonia del trasporto si differisse. Accettarono il mandato di recarsi a Susa per ricevere la salma al suo ingresso in Italia, il cav. Andrea Maffei come rappresentante del Governo, e i delegati del Comitato, senatore Atto Vannucci e comm. Paolo Perez.
Ai 19 dello stesso mese di giugno giunse a Pistoia, dalla cui stazione fu, sopra un carro assai riccamente addobbato, trasportata con molta pompa e deposta nella grand'aula del Municipio. Colà rimase fino al dì stabilito pel solenne ingresso a Firenze ove, ricorrendo prossima la festa del santo titolare Giovanni, si volle cogliere quella occasione a maggiore onorificenza. Si compiè quindi il dì 24, che fu di sabato, verso l'ora di mezzogiorno.
La sala della Stazione centrale delle Strade ferrate era riccamente ornata di bandiere, di festoni e di fiori ed ivi preventivamente eransi adunate le Autorità governative, provinciali e municipali non solo di Firenze, ma benanche di altre città d'Italia, non che i rappresentanti di Roma e di Venezia, gl'Istituti, le Accademie e le Università del Regno, le diverse Società e Corporazioni morali; e tutti con le rispettive insegne accompagnarono il feretro fino al tempio di Santa Croce. La folla che si accalcava per le vie era immensa.
Due squadroni di cavalleria, due reggimenti di fanteria, mezza compagnia di Guardia Nazionale e cinque bande musicali facevano più splendido e più imponente il corteggio, che precedeva e seguiva l'elegantissimo carro coperto di un velluto celeste, su cui posava l'urna, contenente la spoglia del poeta, dietro la quale venivano il Peruzzi e il Bargoni. Il carro era tirato da sei cavalli bardati in velluto nero condotti da altrettanti palafrenieri, e sull'urna, di quercia a fregi d'oro, posava una corona d'alloro. Gli otto cordoni dorati erano tenuti dal conte Mamiani vice-presidente del Senato, dal comm. Mordini vice-presidente della Camera dei Deputati, dal Ministro di Spagna, dal Ministro dell'Istruzione pubblica, dal consigliere Delegato della Prefettura, dal Ministro d'Agricoltura e Commercio, dai Comandanti della Guardia Nazionale e della Divisione militare di Firenze.
Sulla piazza di Santa Croce, di faccia al monumento di Dante, depostasi l'urna con non lieve difficoltà pel peso enorme di mille chilogrammi all'incirca, l'onorevole Bargoni diè conto della sua commissione consegnando al comm. Peruzzi, qual sindaco di Firenze, l'atto del ricuperamento della salma e degli oggetti trovati nella tomba di Chiswick. E a sua volta il Peruzzi pronunziava un breve discorso di circostanza facendo noto l'ardente desiderio del Foscolo di vivere, di morire e di aver sepoltura in questa città il che però, disse, non avrebbe potuto che a patto di parlare e scrivere a modo d'altri o tacere. Accennò alle sue prose robuste e a' suoi versi inspirati; ai patimenti dell'estinto che si augurava fossero rampogna e sprone alla gioventù della generazione pervenuta felicemente a far libera la Patria, e a sodisfare i voti del Cittadino e del Poeta.
Nel tempio, sul luogo ove doveva seppellirsi il cadavere, il Sindaco, assistito dalla Commissione sanitaria municipale, procedeva all'apertura delle casse, che erano quattro, descritte nel processo rogato a Londra, e richiudendole deponeva al di sopra della cassa esterna un tubo di piombo, contenente una pergamena in cui si legge:
Essendosi nell'anno 1870 felicemente compiuta la ricostituzione dell'Italia nella sua unità, a testimonianza di venerazione e di affetto alla memoria di Ugo Foscolo cittadino veneto nato a Zante nel 1778, morto a Londra in esilio nell'anno 1827, celebrato poeta, sapiente cultore delle lettere e critico profondo, per opera del Governo e di un Comitato e col concorso della Nazione, la salma del Poeta veniva restituita alla patria, delegato Angelo Bargoni deputato al Parlamento a ricondurla dall'Inghilterra, la quale nobilmente annuiva al generoso intendimento degli Italiani: e con solenne pompa e generale soddisfazione nel giorno 24 giugno 1871 veniva deposta in questo Tempio delle glorie italiche in presenza di Ubaldino Peruzzi Sindaco di Firenze, della Deputazione dell'Opera del Tempio, delle autorità e delle rappresentanze di tutta Italia con atto rogato dal Notaro Alessandro Morelli.
Fra questi grandi abiterà in eterno.
Queste per sommi capi furono le onoranze rese alla memoria del Foscolo, ampiamente descritte nei giornali d'allora. Le quali nel tutto insieme e nei particolari si palesarono degne di Firenze che, nelle pompe pubbliche, è maestra di eleganza e buon gusto; ma furono dovuto premio ad un uomo che, senza tener conto delle opere dell'intelletto, aveva sempre aspirato al titolo d'uomo forte e costante nei principii e ne' portamenti politici, titolo ch'io mi procacciai, dice egli, a prezzo di sacrifizii lunghissimi, e più coll'altezza dell'animo che coll'ingegno.
In questa circostanza non passò dimenticata l'abitazione ch'egli occupò durante il maggior tempo di sua dimora a Firenze, cioè la già rammentata villa di Bellosguardo, detta dell'Ombrellino, abitata per un tempo da Galileo e di recente restaurata sontuosamente dall'egregio e benemerito proprietario presente, il generale russo, signor Alessio Zoubow. Recatosi il Comitato nell'ora vespertina in quel luogo ameno, fu proferito un discorso dal Perez, e recitato dal Maffei un sonetto col quale, prendendo egli argomento dai versi del Foscolo:
«Tu non altro che il canto avrai del figlio
O materna mia terra: a noi prescrisse
Il fato illacrimata sepoltura,»
«Illacrimata sepoltura il
fato
Ugo a te non prescrisse; ha le catene
La tua patria d'affetto ora spezzato
E de' sacri tuoi mani a lei sovviene.
Più l'Inghilterra non ti
avrà: traslato
Dal suo torbido cielo alle serene
Aure d'Italia, di quel Grande a lato
Starai che teco ne illustrò le scene.
Che se partir dolesse
all'Astigiano
La gloria del Coturno, e in aria bieca
Guatasse il cippo che gli sorge accanto,
Dante e Petrarca ti daran la
mano
Lieti perchè di lor la grazia greca
Parlò nel tuo funereo italo canto.»
E col lodevole intendimento di lasciar colà una memoria ai posteri, sopra un muro esterno della villa medesima, fu collocata la seguente epigrafe, scritta probabilmente dal Perez o dal Bargoni.
QUI
DI CITI VENDEVA LO INGEGNO E LA PATRIA
QUI
CHE AL SEVERO CANTORE DEI SEPOLCRI
QUI
AD AFFRONTARE
DELL'ESULE
DALL'AGOSTO 1812 AL LUGLIO 1813.
Indi, per dedicare intera la giornata all'idolo della festa, fu aperto quella sera il teatro con la già mentovata commedia del Castelvecchio.
E poichè ho nominato i giornali (dai quali tolsi parte di queste note, di altre mi dichiaro grato alla cortesia dell'onorevole Sindaco di Firenze e de' suoi impiegati all'istruzione pubblica) non va preterito ciò che leggevasi nella Nazione (26 giugno 1871). «Sappiamo che l'Assessore municipale, inviato espressamente da quel Comune, Venezia, a rappresentare la regina dell'Adriatico alla cerimonia della tumulazione di Ugo Foscolo, faceva noto al nostro Sindaco che quel Municipio aveva preso l'iniziativa di una sottoscrizione per un monumento all'illustre italiano, stanziando la somma di lire mille.
» Quest'atto generoso non ha bisogno di commenti.»
È ad augurarsi che questa buona intenzione, non siasi esaurita nel fervore di que' giorni: che soltanto sonnecchi, e che si risvegli fra breve tempo, quando si vedrà sorgere lì presso il monumento dell'intimo amico suo, l'autore del Foscarini e dell'Arnaldo da Brescia, per l'esecuzione del quale stannosi facendo le pratiche. E giacchè un infaustissimo caso ha fatto sì che in questo momento ferva in Italia il desiderio di pagare un ultimo tributo d'affetto e di riconoscenza al nostro amato Re, sulla cui tomba tuttora aperta versiamo lacrime amare, vorrei che il sopravanzo delle abbondanti oblazioni fosse erogato a mettere in mostra il sepolcro di que' fra i più degni che, avendo consacrata la vita al risorgimento italiano, (nel numero de' quali certamente è il Foscolo) attendono ancora dalla nazione redenta una dimostrazione di gratitudine. E vorrei pure che i monumenti a Vittorio Emanuele, a questo re saggio, di fermi propositi, leale e prode, il cui nome compendia in sè le aspirazioni patriottiche di migliaia di martiri nel percorso di secoli, fossero, piuttosto che molti e mediocri, pochi e superbi e sopra tutto ne vorrei uno imponente nella eterna città ad indicare che, per concorde volere, l'unità d'Italia ha una base che più non crolla e a confusione di quel partito appo il quale è grave misfatto amar la patria.
Dirò finalmente, per chi bramasse vedere gli oggetti trovati nella tomba di Chiswick, che questi con altri relativi alla cerimonia descritta, trovansi esposti nella Sala delle bandiere del Museo di San Marco a Firenze e sono:
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Una lastra di metallo portante il nome di Ugo Foscolo e la data di sua morte. |
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2. |
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Due monete inglesi di rame che gli chiudevano gli occhi. |
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2. |
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3. |
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Due vasi di vetro che contengono, uno i capelli l'altro la barba. |
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4. |
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5. |
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6. |
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6. |
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7. |
Un nastro di raso bianco ricamato in oro inviato dagli studenti Trentini ad Innsbruck. |
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8. |
La coltre di velluto che ricopriva il feretro il giorno della cerimonia. |
Vi si osserva inoltre un Tacito aperto, macchiato e interlineato col lapis; probabilmente quello stesso che portò seco nell'esilio. Questo libro fu da lui regalato, poco prima di morire, al suo amico dottor Collièrs il quale ebbe il gentile pensiero di consegnarlo in Londra al Bargoni, perchè fosse ridonato all'Italia, e l'onorevole Correnti lo passò al Municipio di Firenze, onde lo unisse alle altre reliquie del Poeta.
Ne' suoi primi anni di gioventù aveva tradotto i primi tre libri degli Annali ove una nota dice: «L'autore va compiendo l'intera versione di questo istorico per imprimerla rimpetto a quella del Davanzati.» Messi a confronto alcuni periodi delle due versioni, sembra (taccio de' pregi particolari di quella del Davanzati) che ne' saggi del Foscolo il costrutto corra più regolare, sia la frase più eletta ed energica, eguale la concisione. E come, per successione d'idee, dall'un pensiero ne nasce un altro, così questo Tacito richiama alla memoria mia, e probabilmente a quella del lettore, un altro prezioso libro, pur esso compagno d'esilio, del quale sorge desiderio di sapere il destino. S'intende già ch'io voglio parlare di quell'Omero postillato dall'Alfieri. Lord Holland ricusò d'accettarlo in dono dal Foscolo e questi, in riconoscenza dell'ospitalità ricevuta dal club de' viaggiatori in Londra, il depose, a quanto pare, nella libreria del medesimo.
E poichè ho mentovato il Museo di San Marco, non istimo senza interesse il dire, che a pochi passi da quello trovasi il Museo Antropologico ed Etnologico il quale, per le solerti cure del suo Direttore, il chiarissimo prof. Mantegazza, è per divenire, se non lo è di già, il più completo d'Europa. Questo egregio scienziato, per quell'amore alla scienza che tanto lo distingue, si diè cura di studiare il cranio del Foscolo e di levarne il modello in gesso, per collocarlo nell'incipiente collezione craniologica degli uomini celebri, compendiandone una monografia che gentilmente mi ha favorito.
Comincia questa col tributare un meritato elogio all'odierno civile progresso, mercè del quale, «se il sublime cantor dei Sepolcri si fosse potuto trovar presente a quella scientifica operazione, avrebbe assistito dal limitare della sua tomba (dice l'illustre Antropologo) ad una scena pietosa, in cui la cresciuta civiltà concedeva alla scienza ciò che un culto superstizioso dei morti le aveva fin qui quasi sempre negato: egli avrebbe veduto come la riverenza più solenne possa accordarsi coll'osservazione scientifica delle spoglie d'un cadavere umano.»
Riepilogando le cose più notevoli, quello scritto ci porta a concludere che il cranio del Foscolo è anomalo e strano come l'ingegno e il carattere di lui. Di forma brachicefala poco rilevata, la sua fisonomia ha l'impronta della razza italiana, o meglio della latina. Di un volume inferiore a quello di molti uomini volgari, ed anche di parecchie donne; di un angolo facciale di 68°, con la sutura sagittale quasi scomparsa, presenta tutti i caratteri della senilità più avanzata, e ciò specialmente per due larghe depressioni ai parietali, le quali solo avvengono nella tarda età: talchè sarebbe stato giudicato di un ottuagenario da qualunque medico che avesse ignorato appartenere ad un uomo sulla cinquantina.
Un'altra singolarità di quel teschio è il contrasto sensibilissimo fra la parte anteriore e la posteriore come se appartenessero a due diversi individui. «Nella metà anteriore il grande sviluppo del frontale, le arcate sopraciliari salienti, la gobba nasale forte danno al teschio di Foscolo un'impronta virile; mentre se lo guardi dal didietro trovi nella sua rotondità, nella piccolezza delle creste ossee alle quali si attaccano i muscoli, tutti i caratteri più salienti del sesso femminile.» Così la descrizione, ed aggiunge che tutto insieme è di una sottigliezza più che femminea, patologica, e deplorevole lo stato dei denti. In fatti questi, che belli ebbe in gioventù, si resero anzi tempo caduchi ed attribuito era all'infiammazione generale del corpo, a cui soggiaceva spesso, il dolore che talvolta gli cagionavano.
La regola generale che stabilisce: quanto è maggiore la quantità del cervello più sviluppata sia l'intelligenza, non è senza molte eccezioni perchè a dinegarla vi possono concorrere elementi diversi, come sarebbero; le circonvoluzioni, le cui anfrattuosità quanto più numerose e profonde tanto più allargandone la superficie, suppliscono alla scarsezza; la qualità e quantità della sostanza grigia, e forse altri tuttora incogniti. Ma la sede dell'intelligenza dai moderni fisiologi vien collocata nella parte anteriore, anzi nella stessa sostanza grigia che del cervello riveste gli strati esterni, e sotto questo rapporto non ci dà un'assoluta smentita quello di Foscolo poichè, se nel suo complesso era piccolo, i lobi anteriori vi avevano però il predominio.
Questo è all'incirca quel poco che ha potuto indicarci la scienza nello stato d'infanzia in cui tuttora si trova su tale importante problema.
Il cadavere (e qui pongo fine) avendo subìto il così detto processo di saponificazione in grazia forse delle molte precauzioni prese all'atto del sotterramento, per l'atmosfera umida in cui si trovava, e perchè le due casse ben chiuse lo avevano sottratto all'azione dell'ossigeno, presentava ancora della fisonomia i principali lineamenti che risvegliavano l'idea della sua effigie. Ma appena toccato quel molle sapone tutto si decompose; però lo scheletro durerà ancora chi sa quanti secoli, imperocchè le ossa furono ripulite e divise dalle parti molli: imbevute quelle di acido fenico e rinchiuse queste in separata cassa di zinco entro il feretro stesso.