Emilia Ferretti Viola (alias Emma)
La leggenda di Valfreda
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XXIV.

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XXIV.

Un dopo pranzo, sul finire di settembre, in quella stessa ora nella quale Beatrice narrava due mesi prima il suo segreto a Jeronima, questa comparve dinanzi a lei accompagnata da uno sconosciuto.

Quel forestiero si avanzò incerto e turbato; egli fissava con dolorosa maraviglia la contessa.

Beatrice, – disse piano, – non mi riconosce? –

La contessa gettò un grido, si alzò impallidendo, poi gli stese la mano. Il Campaldi si chinò baciando quella mano con riverenza.

– Sono scorsi ben più di vent'anni e vi ricordate ancora? – disse titubante la contessa.

–– Sarei forse qui se avessi dimenticato la madre di Gualberto? e se non avessi la speranza che essa mi ha perdonato tutti gli affanni patiti per me? – rispose con affetto; Beatrice sorrise. Ritrovò in quel momento uno di quei sorrisi dileguati da un pezzo, e che in altri tempi aveano inebbriato il cuore e la fantasia dell'artista.

Jeronima si accostò allora anch'essa, e con gentile pensiero volle dar tempo ad entrambi di riaversi dalla commozione di quell'incontro, prima della venuta di Gualberto.

Il Campaldi avea partecipato a suo figlio il desiderio che nutriva da un pezzo di presentarsi alla villa della contessa Beatrice, e allorchè Gualberto vi giunse in quella sera, e trovò suo padre seduto nel crocchio degli amici intelligenti ed eletti, che già in breve tempo s'era acquistata la famigliuola della villa, egli provò una gradita e desiderata sorpresa.

La conversazione era animata; il Campaldi parlava con vivacità, con eloquenza, e Jeronima lo incoraggiava con un sorriso affettuoso. Ma la contessa Beatrice taceva. Il suo volto pallido e delicato esprimeva una timida e nascosta felicità.

La sua gioia serena non poteva espandersi con parole.

Mentre Gualberto riaccompagnava gli amici e il Campaldi alle loro vetture, la contessa uscì pian piano dal salotto e andò a chiudersi nella sua camera.

Aveva bisogno di essere sola, di raccogliere il suo pensiero, di volgere la mente con pietoso raccoglimento a coloro che non erano più; aveva bisogno di ringraziare, con una preghiera, chi le aveva concesso la felicità di quella sera.


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