Marianna Florenzi Waddington
Saggio sulla filosofia dello spirito
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PARTE PRIMA.

DISCORSO PRIMO. DELL ARTE.

III.

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III.

Le forme generali dell'arte, di cui abbiamo fino ad ora ragionato, nella concreta produzione artistica si specificano più determinatamente e costituiscono il sistema delle arti particolari. In esso sistema però quelle tre forme sono come tre momenti in cui si sviluppano le arti particolari; talchè delle cinque arti che formano il sistema delle arti belle, l'architettura costituisce il momento simbolico, la scultura il momento classico e le altre tre rimanenti, cioè la pittura, la musica e la poesia ne sono il momento romantico.

E poichè ogni arte particolare contiene in l'intero ideale artistico, per questo avviene che ogni arte nel suo sviluppo successivo riproduce le tre forme generali come tre suoi momenti particolari, secondochè si vedrà nel breve cenno che daremo di ciascuna.

Il cominciamento dell'arte è l'architettura, che è il primo tentativo che fa lo spirito di circoscrivere l'infinito ideale in una forma finita. Questa forma è indeterminata e perciò lungi dal racchiudere l'idea serve appena ad accennarla. L'origine dell'architettura non si deve dunque cercare nella soddisfazione di un bisogno particolare, come hanno creduto taluni; non è stata la necessità di cercarsi un ricovero ovvero il sentimento religioso che ha sospinto l'uomo a costruire il luogo per esercitare il culto verso Dio; non è stolta, in breve, la casa, il tempio la prima opera architettonica. Queste costruzioni si riferiscono a fini esterni che possono essere cercati in un'età posteriore, ma che non possono essere state la prima spontanea ed indipendente origine dell'arte.

L'architettura ha cominciato per rappresentare sensibilmente un'idea, e quest'idea voluta rappresentare è stata la prima grande radunanza degli uomini, che si è cercato di tramandare ai posteri per mezzo di qualche grandioso monumento. Tale è stata la torre di Babele secondo il simbolo che le attribuisce la Scrittura: torre che non era una casa un tempio, ma semplice monumento che ricordasse l'unione delle genti prima che si dividessero per la terra. Qui l'architettura si mostra puramente simbolica ed indipendente, e qui bisogna collocare il suo primo cominciamento.

Colla casa e col tempio l'architettura assume un nuovo carattere, quello cioè di riferirsi ad un fine esterno. La casa richiama alla memoria l'uomo che deve abitarla, ed il tempio aspetta il Dio che deve esservi adorato. L'uomo ed il Dio sono essenzialmente legati con queste produzioni artistiche, e l'indipendenza del simbolo è già sparita. Questo secondo momento è il momento classico dell'architettura; è l'architettura quale si trova principalmente in Grecia, mentre il primo momento prevale soltanto in Oriente.

L'architettura ha una terza forma, in cui le due prime si trovano riunite, ed è la forma romantica, o meglio il momento romantico di questa forma. L'opera architettonica dei tempi cristiani è insieme indipendente come la simbolica, e collegata con fini esterni come la classica. Dal prevalere però di questo secondo aspetto sopra del primo, cioè dal trovare l'architettura piuttosto subordinata ad un fine esterno che indipendente, nasce la coscienza dell'imperfezione di questa forma e della sua inadeguatezza a rappresentare l'ideale. Dall'architettura si passa alla scultura. Nella scultura lo spirito trova la forma più appropriata a contenerlo, e questa forma è il corpo umano. Questa forma è presentata dalla natura medesima, e perciò lo spirito se la trova d'innanzi e non deve elaborarla colla sua fantasia come ha dovuto fare coll'architettura. L'interno e l'esterno, lo spirito e il corpo sono congiunti insieme nell'unità della persona umana. Onde come l'architettura è l'ideale simbolico incarnato in un'arte particolare, cosi l'ideale classico è la scultura.

L'individuo umano è però circondato da tanti accidenti che non sarebbero compatibili coll'arte. La scultura deve eliminare tutte queste accidenze, ed esprimere la fusione e la compenetrazione dell'universale e dell'individuale, ritenendo dell'individuo quel tanto che non è soggetto a passare, ossia ciò che v'ha di sostanziale e di permanente. L'ideale classico della scultura non ammette quelle fuggevoli movenze che si riferiscono ad un subitaneo e passeggiero sentimento individuale, ma deve manifestare la serena compenetrazione dell'individuo coll'universale.

Ma la scultura ha avuto anch'essa uno sviluppo, e da una parte si congiunge colla forma simbolica, dall'altra colla romantica, sicchè questa tranquilla e plastica forma dell'ideale plastico non si trova che nel momento di mezzo. Nella stessa guisa che la schietta forma simbolica si trova nel solo primo momento dell'arte simbolica, e che la schietta forma romantica si troverà nel terzo momento di questa arte; così parimente lo schietto ideale classico si trova rivelato nel periodo greco, che tramezza fra l'egiziano ed il cristiano.

Nel dissolversi della forma architettonica comincia la scultura: nell'Egitto si trova la statua, ma non come indipendente come perfetta: si trova come momento simbolico, perchè il cominciamento di ogni arte è un tentativo ed un simbolo. Ivi la statua fa le veci di colonna, e serve al tempio come suo accessorio, è un semplice mezzo, nello stesso modo che il tempio diviene un mezzo alla statua nella Grecia.

La statua non è veramente indipendente che nell'arte greca. E non solo è indipendente ma è perfetta, regnando una perfetta armonia tra il corpo e lo spirito interiore. Quest'armonia si rompe nel mondo cristiano quando nella statua si vuol far trasparire l'intimo sentimento, ed alla scultura si vogliono fare rappresentare quelle emozioni che sono riserbate alla pittura. Le statue del mondo cristiano hanno questo fondamentale divario dalle statue greche che nasce dal diverso ideale che si vuole incarnare nella scultura. Mi ricordo la profonda commozione che ho provato a vedere un bassorilievo di Thorwaldsen rappresentante la notte, ed un gruppo dello scultore Kesels olandese che rappresenta il diluvio, una famiglia che cerca fuggire, dove le figure sono improntate, le prime di tanta tenerezza e di tanta mestizia e le seconde di tanto disperato dolore e di tanto amoroso affetto, che mi trassero le lagrime, come forse nessuna pittura avrebbe fatto.

Il contenuto delle arti romantiche racchiude tutta la pienezza del soggetto, i sentimenti, le passioni, le virtù, i vizî ed i loro conflitti, in mezzo ai quali vive e si mantiene l'unità individuale. L'ideale artistico si ritrae dalla esteriorità delle forme, e si riconcentra nella forma subbiettiva. La materia scelta per rappresentare ed incarnare l'ideale perde anch'essa parte delle sue dimensioni e si raccoglie nella sola superficie. La gravità, la profondità materiale che si rinviene nella scultura, nella pittura si riduce al puro contorno superficiale su cui la luce traccia l'impronta dell'interiore sentimento particolarizzato nel colore. La pittura non ha solo le pose e gli atteggiamenti che esprimono la permanenza dell'individuo, ma ancora il colorito, lo sguardo che ne rivelano il passeggiero sentimento. Col contrasto della luce e dell'ombra, essa raffigura sensibilmente il contrasto interno degli affetti; ed il suo ideale ci si presenta in movimento ed in azione, mentre il puro ideale scultorio era calmo e tranquillo.

La pittura è dunque la prima delle arti romantiche, il primo abbandono delle forme esteriori. Il suo ideale presenta però uno sviluppo che comincia dalle figure simboliche e religiose, e poi si va di mano in mano allargando nel contenuto storico e nazionale e finalmente si conchiude nel ritratto colla rappresentazione del puro soggetto individuale. Anche la qualità dei mezzi di cui si serve si va sempre più perfezionando, e gl'intendenti dell'arte sanno accuratamente rilevare la differenza del colorito appartenente alle diverse scuole, e nella cui perizia tengono il primato i Veneziani e gli Olandesi. Ma queste considerazioni speciali appartengono alla scuola tecnica della pittura ed escono fuori del proposito di queste nostre generali osservazioni. La forma materiale ed esterna per quanto si fosse assottigliata nel passare dall'architettura alla scultura e da questa alla pittura, nulladimeno è rimasta sempre qualche cosa di obbietivo e di permanente. Ora il soggetto con tutta la sua ricca suppellettile di contrasti esprime il contrario della permanenza, cioè un continuo cangiarsi, o una perenne negazione di se stesso. La forma dunque si trova inadeguata al suo contenuto, da una parte essendovi fissa permanenza, dall'altra mutazione continua. L'ideale artistico va cercando nel suo sviluppo progressivo una forma che manifesti sensibilmente la sua intima natura. Tra le forme sensibili una sola ve ne ha che col suo comparire e disparire continuo possa ritrarre il perenne annullarsi e riaffacciarsi del subbietto spirituale. Questa forma è il suono, negazione anch'esso dell'esteriorità della materia, e quasi voce universale con cui i corpi naturali tendono a rivelare la loro forma subbiettiva. Tra le forme naturali non ve n'è dunque una più adattata del suono ad esprimere l'intimità del soggetto. La musica è dunque un'arte eminentemente romantica e subbiettiva tanto pel contenuto quanto per la forma. Schelling osservava che le arti del disegno esprimono più fedelmente il legame che disposa l'idea colla materia. Imperciocchè mentre nella vita, quale si trova realmente nella natura, questo legame apparisce essenziale e profondo, lo scorrere, il disciogliersi e l'annullarsi di questo legame ci ammonisce che in realtà non è poi così profondo ed essenziale come a prima vista apparisce. Le arti del disegno invece mostrando la vita soltanto nella superficie, ci mostrano la superficialità di questo rapporto tra la materia e l'idea; ed in tal senso riescono più veritiere e più razionali della stessa natura. Esse ci dicono che il trovarsi dell'idea nella materia non è permanente ma fugace; non è essenziale ma superficiale e transitorio.

La musica mostra anche più evidentemente delle arti del disegno la fugacità di questo legame, perchè se le arti figurative colgono la fusione dell'idea colla materia in un dato istante e la fissano e la eternano, la musica fa disparire anche questo istantaneo legame, e prepara il totale affrancamento dell'idea da ogni forma esteriore. Da tutte queste cose è agevole il dedurre che se nelle altre arti precedenti l'intuizione artistica rimane legata ad un oggetto esteriore, nella musica essa diventa intieramente soggettiva: nelle altre arti noi siamo soltanto spettatori, o almeno la produzione della nostra fantasia è determinata dallo esterno; nella musica noi siamo attori, ed il suono ci ricongiunge con sentimenti che sono nostri propri, perciò la musica è stata chiamata il linguaggio universale del cuore umano.

Il tempio, la statua, il quadro rimangono come oggetti sempre fissi ed opposti al nostro soggetto: del suono al contrario non rimane nulla di esterno, e alla sua indeterminata oscillazione noi leghiamo i nostri sentimenti, i nostri affetti, tutti noi stessi.

In ultimo l'idea si svincola anche dal suono e ritorna libera ed indipendente ad incarnarsi nell'immagine puramente interiore della fantasia. Il suono rimane come segno arbitrario nella parola, la quale si volge direttamente allo spirito ed ivi risveglia la corrispondente idea come un segno fa della cosa significata. Così il suono che era forma essenziale nella musica diviene segno accidentale nella poesia. Da ciò consegue che la poesia è un'arte universalissima, perchè la sua forma puramente interiore comprende ed abbraccia tutte le forme delle altre arti rimanenti. La forma architettonica, la scultoria, la pittorica, la musicale sono più o meno immerse nella esteriorità, più o meno legate colla materia sensibile; la sola forma poetica sorvola su tutte queste particolari circoscrizioni, quindi la poesia si può meritamente chiamare la perfetta ed adeguata realizzazione dell'ideale artistico. Essa contiene in tutte tre le forme generali dell'arte, la simbolica, la classica e la romantica, e non solo le contiene ma le esprime con eguale perfezione. Noi abbiamo veduto che ciascheduna arte particolare contiene anche essa in tutte tre le forme generali, come tre momenti del suo sviluppo; ma abbiamo altresì notato che un solo di questi momenti è più esattamente proporzionato all'ideale contenuto di ciascun'arte; mentre gli altri momenti sono incompleti e sproporzionati al loro ideale. Nella forma simbolica, p. e., il primo momento esprime il puro simbolo, e segna il punto culminante di quella forma: nella forma classica questa perfezione è raggiunta nel secondo momento; nella forma romantica finalmente nel terzo. La poesia al contrario per l'universalità e pieghevolezza della sua forma è capace di esprimere potentemente e perfettamente tutte e tre questi momenti. Essa si divide in tre generi che corrispondono alle tre forme generali dell'arte; l'epopea corrispondente alla forma simbolica, il dramma alla classica, la lirica alla romantica. L'epopea si rinviene perciò nell'inizio di ogni nuova civiltà, e contiene involuti in gli altri due generi che si sviluppano da lei come dal simbolo si svolgono le altre forme artistiche. La poesia drammatica sorge nella civiltà adulta ed esprime l'ideale dell'uomo socievole in contrasto colle situazioni diverse del mondo che lo circonda. La lirica finalmente ritrae il raccogliersi dello spirito individuale sopra di , come il dramma rappresentava il momento opposto dello espandersi nel mondo obbiettivo ed esteriore. La lirica perciò segna l'ultimo limite della poesia, l'annullamento di ogni forma esteriore, il ripiegarsi ed il raccogliersi dello spirito sopra di , quasi per prepararsi a ripigliare nuovo cammino verso un ideale più puro quale è quello della scienza. Pietro Giordani, con vera e poetica similitudine, paragonava Dante alla stella del mattino, e Leopardi all'astro del tramonto della poesia italiana, perchè se Dante mandò il primo canto epico ed iniziò l'arte nuova, Leopardi pianse sul disparire delle ultime forme artistiche che dileguandosi cedevano il posto alla nuda verità.

…..………..A noi ti vieta
Il vero, appena è giunto,
O caro immaginar; da te s'apparta
Nostra mente in eterno; allo stupendo
Poter tuo primo ne sottraggon gli anni:
E il conforto perì de' nostri affanni4

Ora da quel che sì è detto si può forse conchiudere che l'arte ha finito di fare il suo corso, e che sia morta per sempre? A questa domanda rispondiamo colle parole di un valoroso critico vivente: «La fede se n'è ita, la poesia è morta; o, per dir meglio, la fede e la poesia sono immortali: ciò che è ito via è una particolare loro maniera di essere. La fede oggi spunta dalla convinzione, la poesia scintilla dalla meditazione. Non sono morte, sono trasformate5





4 Leopardi, Canzone ad Angelo Mai.



5 Saggi Critici di Francesco De Sanctis, pag. 181.



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