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Non riassumo più: copio testualmente il rapporto della Questura, perchè trattasi di una varietà di camorra, che non ha fin qui trovato luogo nel mio opuscolo.
«Son questi (Tommaso Mazzola e Antonio Sangiovanni) tra i più protervi camorristi che tenevano a soqquadro le pubbliche contrattazioni della Piazza degli Orefici. Sotto sembianza di farla da sensali, essi inframettevansi, buono o mal grado, nelle altrui faccende, per compra o per vendita di argenti e dorerie, ed esigevano il tributo della loro burbanza, manomettendo la libertà delle convenzioni, sì da parte degli orefici, che degli estranei avventori. Fin dall'anno 1858 gli archivi giudiziari hanno avuto a raccogliere delle prove fulgidissime delle costoro estorsioni. Fra gli altri fatti segnalati in quell'anno, vi ha questo, che un giorno il Sangiovanni avea carpito un paio di orecchini ad un orefice di nome Luigi Talamo, facendo le lustre di doverle presentare ad un signore che dovea comprare di oggetti somiglianti, e poi, sol perchè chiamavasi Antonio Sangiovanni, e potea far pagar caro altrui il rifiuto di soddisfare alle sue cupidigie, erasi recisamente negato a restituirli. Quell'orefice non si spaventò delle sue minacce: ne reclamò alla polizia, ne elevò querela di frode, e fu pure tratto in arresto l'indegno frodatore; ma non ne uscì punto emendato dello spirito di camorra, che lo avea compreso e che formava la sua vita. Invece, pochi mesi dopo, accorreva la forza pubblica per nuovi clamori di brighe che avvenivano sulla Piazza degli Orefici, e causa di quel subbuglio erano le baldanzose pretensioni del Sangiovanni, il quale, solo per aver proposta la vendita di due pendenti di oro e di una spilla di brillanti tra due orefici, reclamava il compenso di otto ducati, comunque si fosse sciolto bentosto ogni vicendevole impegno tra le parti interessate per non aversi potuto accordare sul prezzo di quegli oggetti.
»Allo stesso modo fu colpito ripetutamente dalle mani della giustizia, in mezzo agli eccessi delle sue ree passioni, il secondo di questi sedicenti sensali, Tommaso Mazzola, ed una volta, nel 23 novembre 1848, veniva ristretto in carcere e denunziato al magistrato penale qual vagabondo e disturbatore della pubblica tranquillità; un'altra, a' 5 novembre 1858, quando per simili sopraffazioni dello esercizio degli altrui diritti, riportava la pena di quindici giorni di prigionia; ed una terza volta, nel febbraio di questo anno, per asportazione di arma vietata ed oltraggi verso gli agenti della forza pubblica. Ma i due compagni, tenendosi bordone nelle loro camorre, ed avendo pure ai loro cenni un'altra bordaglia di loro aderenti, punto non isgomentavansi dei momentanei rigori della giustizia, che mentre cadevano su l'uno o l'altro di essi, lasciavano il resto in piena balia delle loro estorsioni; e quindi, lungi di scemarsi, aggravavasi ogni dì maggiormente la baldanza de' loro animi, e con essa la violenza sulle altrui convenzioni.
»Il diritto di poter trafficare le proprie cose e patteggiare le altrui a seconda dei naturali risultati della libera concorrenza delle offerte e delle richieste non si è cominciato a godere veramente, nella Piazza degli Orefici, se non quel giorno in cui, con l'arresto di Mazzola e di Sangiovanni, vennero a sconcertarsi le trame misteriose delle loro camorre.»