Marco Monnier
La camorra: notizie storiche raccolte e documentate
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APPENDICE

XI. – Vari gruppi di camorristi.

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XI. – Vari gruppi di camorristi.

Per desiderio di brevità, riunisco sotto questo titolo i malfattori esercitanti industrie diverse, e rinunzio a narrare particolarmente i precedenti di ognuno per non abusare della pazienza del lettore. Mi basti di affermare che tutti, senza eccezione, subirono molte condanne per furti, frodi, assassinii o delitti congeneri. Dico tutti, senza eccezione.

Mi limito dunque alle specialità che li distinguono.

Vincenzo D'Ascoli e Pasquale Esposito, per esempio, borsaioli e camorristi, rubavano i fazzoletti in piazza del Castello e ponevano taglie ai giuocatori nel caffè del Sebeto. Pasquale Canino e il celebre Centrella (che ancora non si è potuto arrestare) prediligevano il delitto in grande, cioè il furto a mano armata. Altri, come Biagio D'Elia, Ignazio Flaminio, Ignazio Mosella, Gaetano Castronuovo, Luigi Riccio, Francesco Cuomo, Vincenzo Totino, tutta una banda come si vede, stavano sul Ponte della Maddalena, all'ingresso di Napoli; e , durante il giorno, esigevano la camorra dai conduttori di carrette e dai mercanti di commestibili: poi nella notte aggredivano le carrozze e svaligiavano i passeggeri. Uno di essi, Francesco Cuomo, si gettò con tal violenza sopra una carrozza che era in ritardo, che cadde sotto le ruote, e vi si ruppe un braccio; è rimasto monco per tutta la vita.

Un altro gruppo è quello de' camorristi politici, e naturalmente borbonici. Per un momento, nel 1860, si atteggiarono a liberali, sperando la libertà di fare il male, ma accortisi che il nuovo regime era loro più molesto dell'antico, divennero partigiani di Francesco II e del Santo Padre. Tale è Carmine Schiano, che recentemente divertivasi per conto della reazione a incendiar delle bombe per le vie. Tale Luigi Curci, che condannato sotto l'antico regime a 15 anni di ferri, avea alleggerito la sua catena e abbreviato la sua pena, facendo al Bagno la spia della polizia e il tormentatore de' liberali. Divenne così capo di squadra e come molti altri disparve poi nel 1860, e ricominciò il suo mestiere di ladro e di assassino, fino a che nel 16 settembre dell'anno corrente fu nuovamente arrestato. Tale fu ancora quel Raffaello Esposito, che colpevole di sette delitti commessi fra il 1843 e il 1848; furti, ferimenti, incendio del commissariato di San Giuseppe, saccheggio, omicidio, nonostante fu assoluto quasi sempre dalla clemenza del sovrano, cui questo malandrino volgare rendeva costantemente de' piccoli servigi politici. Ma togliamoci da questa feccia, che è troppo schifosa!


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