Marco Monnier
La camorra: notizie storiche raccolte e documentate
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APPENDICE

XIV. – Giovanni Cicala – Leopoldo Musco Gennaro d'Andrea.

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XIV. – Giovanni CicalaLeopoldo Musco
Gennaro d'Andrea.

«Non è alcuno certamente a cui non si stringa tuttavia il cuore dallo spavento nel ricordare quella comitiva di ladri che sullo scorcio dell'inverno del passato anno soleva mettere a ruba le private abitazioni, procacciandosene l'ingresso sotto sembiante di essere agenti della forza pubblica. Cosi fu saccheggiata la casa del conte Vargas, a Portici – così quella di Monsignore***: così l'altra di Canosa, già capo di Ripartimento dell'antica Prefettura di Polizia. – Que' scellerati camuffavansi d'ordinario colla divisa di Guardie Nazionali, mettendosi alla loro testa alcuno in borghese che figurava da Delegato di Questura, e toglievano di mira alle loro insidie chi per politici antecedenti era da aspettarsi che non avrebbe fatta la minima resistenza a disserrare la propria dimora a' funzionari di Pubblica Sicurezza. Di quella schiera di ladri e camorristi erano appunto i tre individui dinotati qui al margine. 13

»Il Leopoldo Musco, riconosciuto fra i suoi consorti col soprannome di Tenente, e che soleva affettare nella sua voce una inflessione forestiera, era colui che più di frequente capitanava quell'orda di malfattori spacciandosi per un Delegato di Pubblica Sicurezza, e due solenni rivelazioni che trovansi agli atti giudiziari del furto commesso a danno del gioielliere di Toledo, signor De Francesco, fanno fede e della organizzazione di simile comitiva e della parte che vi prendevano gl'individui anzi detti.

»E questi uomini, forse, ebbero ansa allo ardimento delle loro intraprese per le nuove condizioni del politico reggimento di queste Provincie, o non erano invece già veterani al delitto sotto il passato governo? Leopoldo Musco, profugo di sua patria (Benevento), ove non avrebbe più avuto libero campo alle sue rapaci passioni, osò di traforarsi nell'esercito garibaldino per qui ritentare le sue ree avventure con la speranza che l'avere indossato il giubbetto rosso avrebbe rimosso dalla sua persona gli sguardi della Polizia. – Gennaro d'Andrea era un galeotto che avea già espiata una lunga pena di ferri per imputazione di furti, e di furti aggravati delle più turpi qualifiche – e Giovanni Cicala, oltre all'essere da più tempo in fama di camorrista, avea già chiuso a segno il suo animo ad ogni sentimento di soggezione alle leggi e di rispetto agli altrui diritti, che a' 16 aprile del 1860 veniva denunziato al potere giudiziario per furto qualificato da violenza commesso a danno di Giuseppe Tedeschi. Agli otto giugno dello scorso anno sottraevasi impetuosamente dalle mani della forza pubblica in quella che era scortato alla presenza di un pubblico funzionario, e postosi in latitanza, si rendeva complice di un omicidio e di varie falsificazioni di polizze bancali, e trovavasi sulle spalle quest'altra imputazione quando veniva riassicurato in potere della giustizia, e le esigenze della pubblica sicurezza imponevano alla Questura di spedirlo in carcere con la dichiarazione che in caso di qualunque pronunziazione di libertà del magistrato penale doveva il Cicala a lei rinviarsi per gli ulteriori provvedimenti da adottarsi a suo carico nello interesse della pubblica quiete e della tutela della proprietà de' cittadini





13 La parola qui, come ognuno intende, si riferisce al Processo della Questura.



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