Marco Monnier
La camorra: notizie storiche raccolte e documentate
Lettura del testo

APPENDICE

XVII. – Carlo Borrelli,

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XVII. – Carlo Borrelli,

LUCIANO LA GATTAPASQUALE PALUMBOPASQUALE DE FELICELUIGI RUSSOFRANCESCO RICCIO.

«Come il camorrista Giambattista di Falco infestava coi suoi consorti le linee doganali di Fuorgrotta e Posilipo, Carlo Borrelli, alla testa di un'altra comitiva somigliante, metteva a sbaraglio le pubbliche entrate dello Stato al Ponte della Maddalena e le campagne circostanti. I meno audaci dei suoi complici erano adoperati al trasporto clandestino della carne macellata con grave detrimento, più che dei dazi, della pubblica salute, e quelli che alla rapacità congiungevano ferocia d'istinti e prontezza di mano, tra i quali figuravano sopratutto i sopranotati, davansi a proteggere a mano armata, ed a veduta degli stessi agenti doganali, i loro contrabbandi. E di quali eccessi, di quale baldanza fossero capaci, lo dica il modo veemente con cui l'amministrazione dei dazi indiretti facevasi a provocarne lo arresto, se non volevasi lo sperpero totale delle pubbliche imposte su' generi di consumo.

– «Vi ha una mano di facinorosi» – così scriveva il direttore de' dazi indiretti nel luglio dello scorso anno (ed in cima a tutti segnava i nomi di Carlo Borrelli, alias Aferola, e di Pasquale Palumbo) – «vi ha una mano di facinorosi che da lunga pezza non esercita altro mestiere che di far contrabbando di generi soggetti a dazi di consumo; e quando con astuzie, e più spesso con aperta violenza infesta ed assale i posti doganali. Di costoro il più forte nucleo ed il più pernicioso ha messo stanza in sulla linea del Ponte della Maddalena; e , dal prossimo villaggio di Pazzigni, irrompe a viva forza, sicchè quando non arriva a subornare la non troppo salda virtù degli agenti doganali, va oltre con le armi e con le vie di fatto. – Ella ben comprende che con codesta genia di malfattori non torna sempre conto di venire alle mani, e sono troppo recenti i terribili effetti dei loro delitti alle barriere, perchè non possa pretendersi che gli agenti doganali abbiano a stare tutte le notti in guardia ed accorrere volonterosi a respingere la forza con la forza» –

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»Forse, in leggendo questa corrispondenza della Questura con l'Amministrazione dei dazi indiretti, avrà fatto impressione a taluno la mitezza delle parole con cui il direttore di quest'Amministrazione entra a ragionare della poco salda virtù de' suoi doganieri e della loro insufficienza a resistere agli autori de' contrabbandi. Ma ogni ombra di stupore cesserà quando vedrassi che il 6 settembre 1860, un commesso doganale a nome Zito, per essersi animosamente slanciato ad impedire un contrabbando che operavasi da Carlo Borrelli con la sua comitiva, non aveva fatto altro che lasciarvi la vita – e quei feroci avean pure menato a effetto il loro trasporto; – quando udrassi che altra volta, in sul principio dello scorso anno, i componenti di questa baldanzosa combriccola, capitanata da Borrelli, erano venuti a zuffa tra loro per dissidi insorti sulla somma a dividersi dei loro turpi emolumenti, e l'uno di essi era rimasto cadavere sul terreno; – quando udrassi che Carlo Borrelli fa parte di un lungo parentado di oltre a nove individui stretti insieme con vincoli di sangue, quale domiciliato a Pazzigni, e quale a Sant'Anastasia, e tutti concordi a tenersi bordone delle loro criminose avventure, le quali non sono soltanto di aggirarsi pei contrabbandi e sulle barriere doganali, ma sono ancora di grassazioni, di furti, e di ogni specie di grassazioni violente.» – Seguono i precedenti di questi singolari malfattori, arrestati varie volte per delitti diversi. L'articolo, che li concerne, chiude con queste parole:

«Così, senza esercitare le proprie forze su di alcuna onesta industria, senza mai aver versato una goccia di sudore per accrescere la coltura di un palmo di terra, i fratelli Borrelli han potuto far pompa a petto de' loro conterranei di agi di vita del tutto superiori alle loro condizioni sociali, ed il De Felice raggrumolare dai risparmi delle sue segrete intraprese il valore di una proprietà di trenta mila ducati. – Per uomini siffatti, insofferenti di ogni freno di legge, adusati a soverchiare tutti con la loro audacia, fossero pur rivestiti delle insegne della pubblica potestà, e congiurati a non vivere altrimenti che di contrabbando e di delitti, chi sarà dei nostri concittadini che alzerà la voce a tassare d'ingiustizia una disposizione che li rimuove da Napoli, e li strappa dal centro delle loro criminose ed incorreggibili attinenze


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