Alberto Mario
La schiavitù e il pensiero
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PARTE PRIMA

VI.

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VI.

 

 

Fra Paolo Sarpi.

 

 

Se non che, malgrado le vittorie della filosofia e della scienza, malgrado la Riforma la quale non fu seguita nel mezzogiorno dell'Europa, l'autorità della Chiesa rimase potentissima e rispettata massime in Italia, in Francia, in Ispagna, ove inceppava l'azione del governo civile col Diritto canonico e vigilava le opinioni individuali col Sant'Ufficio. Le minaccie della scomunica facevano ancora impallidire il principe che avesse tentato di limitare quel Diritto e il quale obbediente prestava la sua mano ad immolare i liberi pensatori. Comunque sia, i grandi veri rivelati da quei martiri del pensièro non irradiavano che sulla mente d'una parte eletta della famiglia umana, e volevasi un lungo giro di tempo, una serie indefinita di sviluppi e di applicazioni, prima che l'universale degli uomini potesse esserne affetto; e quindi la Chiesa ne ricevesse detrimento. D'altronde la sistematica oppressione politica, che affliggeva l'Italia indipendentemente dal Cattolicismo, avrebbe vietato che le dottrine di quei maestri, le quali miravano a scalzare tutto l'apparato dogmatico della religione, con forme più semplici, con metodi più regolari fossero stati rese accessibili ai più, perchè, come notai cominciando, il libero esame in materia religiosa trae seco il libero esame in materia politica. E questa via sarebbe stata anche più conforme all'indole dell'intelletto italiano, il quale è virtualmente condotto a trapassare dall'errore alla verità senza soffermarsi ai gradi intermedi. Infatti, quando l'Europa stava genuflessa ai piedi dei Pontefici, Roma li cacciava o gl'imprigionava e costituivasi in Repubblica, e Arnaldo voleva sostituire l'Evangelio alla Chiesa e l'Allighieri non solo negavale la sovranità temporale ma aspirava di essere Profeta d'una nuova affermazione del Cristianesimo. E mentre la Germania e l'Inghilterra si distaccavano dal papato promulgando a metà i diritti della ragione, l'Italia con Pomponazzi, con Bruno e con Vanini bandiva risolutamente la rivelazione, il sovrannaturale, e adombrava il pensiero moderno; per la qual cosa non abbracciò la Riforma: non l'abbracciò anche perchè l'austera semplicità del culto protestante non si addice all'immaginazione meridionale, che vuole nella religione una fonte ispiratrice del suo genio di artista: non l'abbracciò perchè la teoria della predestinazione toglie la responsabilità umana, e l'Italia fu sempre pelagiana; teoria del resto necessaria a Lutero imperocchè se la sorte dell'uomo oltre la sepoltura viene da Dio prefissa è inutile il prete: così d'un tratto tutta la gerarchia cattolica rimase proscritta.

In tale stato di cose non avanzava all'Italia che un solo mezzo onde annichilire rapidamente il prestigio del Papato e apparecchiare il cammino alle generazioni verso un altro ideale. E quel mezzo fu additato e terribilmente adoperato da fra Paolo Sarpi47.

L'arma occulta che doveva spegnere la Chiesa consisteva nel dimostrare, standosene entro l'orbita della fede cattolica, che essa aveva torto. Ecco il grande assunto del Sarpi: ed egli aveva l'ingegno da ciò e Venezia gliene porse l'occasione e la facoltà. Venezia, (che storici libellisti e stipendiati fra quali principale il Daru che pur ebbe, e primo, modo d'interrogarne gli archivi segreti48 avevano infamata e dato pascolo alla fantasia dei poeti narrando e i Pozzi, e i Piombi, e la Bocca del Leone, e gl'Inquisitori di Stato, e le occulte esecuzioni capitali, e via dicendo, mentre si riconobbero poscia e Pozzi e Piombi mitissima carcere al paragone dello Spielberg, di Montesarchio, di Cajenne e di Lambessa e tutto il resto adulterato ed esagerato) Venezia durante il lungo periodo della schiavitù italiana è stata l'unico asilo del libero pensiero: l'ultimo raggio della gloria militare d'Italia — l'attestano vent'anni di lotte sanguinose sulle acque e dalle trincee di Candia: — la rocca inespugnata contro il Papato due voltepontefici Sisto IV e Giulio II —appellandosi dal Papa al Concilio, sempre tenendo a rigido dovere il Clero, tollerando le opinioni religiose, spegnendo i roghi e tagliando le funi del Santo Ufficio49. Ed ora Paolo V, erede fanatico dell'animavversione de' suoi predecessori contro la Repubblica, le ordinò di abrogare due antiche leggi in vigore, l'una del 1333 che impediva al Clero nuovi Acquisti; la seconda del 1357 che imponeva l'assenso del Governo per l'erezione di chiese, di ospedali, di monasteri e per l'istituzione di nuovi ordini religiosi. Il Senato rispose arrestando il canonico Saraceno violatore dei suggelli pubblici, seduttore e infamatore d'una donna; e il conte Ercolino abate, reo d'incesto e di stupro, fratricida, assassino dei rivali in amore e dei mariti ai quali corteggiava le mogli, concussionario e ladro; e promulgando nuova legge che vietava il ritorno ai chierici dei beni enfiteutici nelle successioni indirette.

Interrogato fra' Paolo dal Senato ad esporre quali fossero i rimedi contro i fulmini di Roma, rispose: o l'appellazione dal Papa al Concilio o la resistenza materiale, a preferibile la seconda perchè di effetto immediato, e perchè l'appellazione implica il dubbio che la ragione possa essere dell'avversario.

Divenute impossibili le pratiche diplomatiche, Paolo V fulmina l'interdetto contro Venezia e le provincie soggette. Sarpi, già creato Consultore e teologo della Repubblica, detta il proclama alle popolazioni che il Senato pubblicò, ove discorre i diritti dello Stato, i torti e gli abusi della Chiesa, e gli obblighi di proteggere gl'interessi dei cittadini50. Il Senato fortificò quel proclama ordinando al Clero di ufficiare come per lo addietro, piantando le forche davanti alla Chiesa d'un parroco disobbediente, espellendo i Gesuiti e sottoponendo a discussione col mezzo della stampa il fatto dell'Interdetto e il diritto della Chiesa di fulminarlo. Fra Paolo incominciò il combattimento traducendo un trattato di Gerson teologo ortodosso e cancelliere di Parigi nel quale insegnasi che il Papa non è Dio, che è obbligatoria la resistenza all'abuso delle somme chiavi, che in tal caso il sopportare le scomuniche è pazienza da asino e timore da lepre e da sciocco51: poi stampando col proprio nome uno iscritto proprio sulla validità delle scomuniche. E dietro di lui una schiera di dottori assalse il Vaticano per ogni verso, e ciò che più inviperiva la Chiesa e palesavane la sconfitta era il fatto che gli scritti de' suoi fedeli divulgavansi pubblicamente nella Repubblica, ed ella registrava all'Indice gli scritti dei Veneziani. Il Sarpi continuò la lotta con una serie di nuovi lavori, e le Considerazioni sulle censure di Paolo V contro la Repubblica di Venezia, e il Trattato dell'Interdetto nei quali soggetto a un esame storico-critico e le scomuniche, e il loro carattere, e l'origine, e i limiti della potestà dei Papi, e i diritti del potere civile sugli ecclesiastici e sui loro beni, con una dottrina, un'evidenza e una dialetticaformidabili che al Bellarmino e agli altri avvocati della Chiesa null'altra arme rimase se non quella ignobile e innocua degl'improperii. Il Sarpi inoltre valendosi per primo in tali materie della lingua italiana, rese popolari le nuove idee.

Intanto l'Europa spettatrice attonita dello avvenimento senza esemplare d'un popolo rimasto cattolico che lottò vittoriosamente contro il capo del cattolicismo sin'allora creduto infallibile, e contro il quale fosse impossibile l'opposizione senza incorrere nella eresia, apparecchiavasi a tesoreggiare l'insegnamento. E furono vedute successivamente, Torino dichiarare nulla una scomunica papale (1613), Lucca resistere a Urbano VIII (1640), la Spagna, l'Achille dell'Inquisizione, a più riprese e più gagliardamente che altri affermare l'indipendenza della potestà civile (1611 e seg.) e la Francia promulgare le quattro proposizioni famose della Chiesa Gallicana (1682) e la setta dei Giansenisti (1623), reintegrando l'austerità nella morale che i Gesuiti corruppero, contribuire al rovesciamento della Compagnia, che poscia venne espulsa dal Portogallo, dalla Francia e dalla Spagna, e finalmente soppressa. Seguirono quindi le riforme di Leopoldo, di Giuseppe II, di Tanucci, e quelle ancora più ardite di Venezia nel 1760, poi la rivoluzione francese e la prigionia del Papa. Ma ora la storia assume nuove sembianze. Questa serie di riforme civili ed ecclesiastiche, operate dai Principi e sulle quali corse lo spirito creatore della filosofia e dalle quali salendo ad idee più generali, dedusse gli ultimi fondamenti del Diritto, doveva essere continuata dai popoli: e se grazie a Sarpi i popoli conobbero i proprii diritti rispetto alla Chiesa, e n'ebbero interpreti i Principi, mercè della Rivoluzione francese, impararono i proprii diritti anche rispetto ai Principi, i quali ugualmente minacciati si strinsero a causa comune con la Chiesa. Fu opera di Popolo la morte del Papato; da Roma ei lo dichiarò decaduto (1849). Un esercito imperiale s'accampa negli Stati che appartennero ai Papi; ostacolo materiale, e perciò transitorio, all'esercizio della sovranità del Popolo; ma il Papato non è più — e parimenti non è più il Cristianesimo imperocchè alla Politica che scalzava il Diritto Canonico precorse e procedette parallela la Filosofia che scalzava il Dogma e la Dottrina.

il Sarpi si ristette agli ottenuti trionfi accontentandosi di scritti occasionali e polemici onde affermare l'indipendenza assoluta della potestà civile, e togliere ogni vitalità al Papato.

La Chiesa assalita d'improvviso e inerme fra i tripudii letterari e le magie artistiche e l'ateismo pratico della corte di Leone X, dalla Riforma, provvide precipitosamente alle difese come persona sgomentata e demente, e si fece usbergo di due immoralità, l'istituzione della Compagnia di Gesù e la Sinodo Tridentina. I Casisti della Compagnia con infinite distinzioni, con l'artificio delle seconde intenzioni spianarono l'ispida via della morale cristiana e resero giustificabili tutte le colpe. Assicurando il Paradiso dopo morte con la satisfazione di tutte le passioni in questa vita persuasero facilmente l'Europa meridionale di starsene fedele, a patti così cospicui, alla Chiesa romana. Ma l'ausilio potentissimo di questa milizia poderosa, intrigante, audace, pieghevole, astutissima, non bastava all'uopo. Era gran mestieri, a fronteggiare il pericolo che ferveva minaccioso in Germania e nella Svizzera, togliere ogni incertezza sulla sede dell'autorità. Giacevano perplessi gli animi nel giudicare se essa spettasse al Concilio o al Pontefice; bisognava decidere, e per una Dittatura. Il Papa convocò la Sinodo coll'oggetto apparente di riformare la disciplina ecclesiastica e i costumi del clero; ma non se ne parlò mai; trattavasi di stabilire l'autocrazia del Pontefice, l'infallibilità e il suo commercio immediato con lo Spirito Santo; e vi si pervenne a traverso mille sotterfugi e perfidie, e agognati, e olismi, e seduzioni, e venalità e minaccie, e paure. Oggi due Vescovi nel calore della discussione vengono alle pugna e si strappano la barba; domani per deviare l'attenzione da un punto sfavorevole a quella supremazia è data una festa da ballo ai Padri del Conciliomonsignori e cardinali; poi si trasferisce il Concilio in altra città pretestando il contagio delle petecchie; o si sospende una deliberazione per aspettare un Nunzio straordinario; o per interpellare il parere di Roma, o s'interrompono indefinitamente le sezioni, e ripigliansi quando con lusinghe e con oro profuso puossi contare sulla maggioranza; e da questo crogiuolo di brutture morali esce la sovranità assoluta del Papa sulle coscienze, e la sanzione dei dogmi fondamentali del Cattolicismo. Compiuta l'opera della Sinodo e licenziati i Padri, la Chiesa pubblicò i nuovi canoni, come oracoli della Divinità, sopprimendo per quanto le venne fatto gli atti, i documenti, le lettere missive, i diari, i rapporti diplomatici, tutto insomma che poteva contribuire alla storia del più importante e più scandaloso avvenimento del secolo xvi, e riuscì per qualche tempo ad avvolgerlo di oscurità misteriosa: molti — e i più, oltramontanisaggiarono di portarvi entro la fiaccola della storia, ma appena fu loro dato di illuminarne alcuna parte separata. Quarant'anni di ricerche, i tesori degli archivi veneti, attestazioni di testimoni oculari, la corrispondenza epistolare e la famigliarità con gli uomini più eminenti d'Europa, dotti, diplomatici, magistrati, Principi, profonda dottrina storica, teologica, legale, pratica degli affari pubblici a delle arti oblique di Santa Chiesa e altezza d'ingegno, posero il Sarpi in grado di scrivere la Storia del Concilio di Trento, capolavoro se altro mai di narrazione, di stile, di critica, di caratteri storici, rive1azione limpida e genuina delle contraddizioni, delle empietà, delle imposture e delle arti diaboliche di quella sinagoga ecumenica. Mai la Chiesa patì trafittura più crudele di questo processo criminale intentatole dal frate terribile, e mentre ella si rallegrava della sua palingenesi, videsi d'un tratto riaperta nel fianco ed esacerbata la gangrena insanabile. Che le fruttò la storia apologetica dello Sforza Pallavicino? La necessità delle cose condusse inconsapevolmente l'autore gesuita a palesare inverecondie e raggiri ignorati o taciuti dal Sarpi, e d'onde ella speravasi salute n'ebbe peggioramento.

Non solamente nell'arringo della teologia, della giurisprudenza, della critica, della storia, della politica la posterità saluta nel Sarpi uno dei maggiori artefici del progresso umano: l'occasione lo costrinse su questo arringo, e a questi studi si accinse per sollazzo dell'ingegno. Ma il suo genio lo guidava su altre vie più feconde forse e per fermo più splendide e in ciascuna lasciò treccie di luce perpetua.

Sarpi fu il più grande enciclopedico che la storia ricordi; non vi ha parte dello scibile ove egli non abbia scoperti nuovi veri o rettificati molti errori, o assai lacune adempiute. Ma pur troppo non curò di legare ai posteri i frutti del potentissimo intelletto che ei prodigava in via di consiglio, o di discorso, o di commercio epistolare ai contemporanei, al Galilei, all'Acquapendente, al Santorio, al Gilbert, a Bacone ecc. e l'indifferenza o la perversità degli uomini privò la scienza de' pochi manoscritti suoi, depositarii di trent'anni di meditazioni. Delle quali sappiamo quel tanto che fu riprodotto o testificato da altri; e fra essi Galileo lo saluta comun padre e maestro e afferma che in Europa niuno oltrepassavalo di cognizioni nella Matematica; Acquapendente lo chiama sommo principalmente nell'Ottica; Antognini gran capitano lo riconosce dottissimo nella strategia; il Gilbert, primo nella dottrina dell'elettricità e del magnetismo; il Wesseling, nell'anatomia, e altri nella botanica, nella geologia e via dicendo, e il Grisellini che consultò i manoscritti conclude un esteso ragguaglio scrivendo che non solo il Sarpi superò gli antichi ma precorse ancora alcuna delle idee e delle dottrine che da eccellenti filosofi e matematici nelle età posteriori alla sua furono esposte e pubblicate, cioè dal gran Galileo, dal Cavalieri, autore del metodo degli indivisibili, da Giovanni Keplero, da David Gregory e da altri52.

Sarpi, matematicocompone un Trattato sulla ricognizione delle equazioni, commenta, amplia, corregge in molti luoghi erronei le opere del Viète che introdusse le lettere dell'alfabeto nell'algebra:

Fisicoinventa il Termometro o almeno ne divide la gloria col Galilei: scrive un volume ove discorre le proprietà elettriche della calamita, e di più altri corpi magnetici; opina che la terra sia una gran calamita che attrae i corpi circostanti, d'onde il principio della gravitazione dei corpi verso il centro; propone le basi alla soluzione del problema delle longitudini; nota la declinazione dell'ago magnetico; parla dell'originario magnetismo del ferro, dell'azione reciproca dei corpi calamitati: scopre la contrazione e dilatazione dell'uvea nell'occhio, e così porge una delle basi alla teoria della visione; scoperta che implica la conoscenza profonda dell'Ottica ne' suoi rispetti anatomici e matematici: scrive un trattato sul moto delle acque: calcola le leggi del moto di una palla cacciata dal cannone, e fa osservazioni sul Barometro è sugli specchi ustorj avvertendo che la loro concavità è generata da una curva parabolica:

Astronomo. — idèa il telescopio, stende primo tavole selenografiche ove sono determinate le macchie lunari, che poi l'Evelia, denominò, Colchis, Mare Adriaticum, Mons Sinai, Pontus Euxinus, ecc., collabora alle ricerche del Galilei, e spiega per un moto unico il sistema dell'universo:

Meccanicoinventa il pulsiligio per misurare le battute dei polsi, e partecipa, per i consigli e per i lumi dati, all'onore della Statica del Santorio:

Architettocostruisce, siccome è fama, il Teatro anatomico di Padova e l'insigne palazzo Donati in Venezia:

Anatomicopropone l'introduzione artificiale dell'aria negli asfissiati; e scopre la circolazione del sangue, contestatagli dal Morgagni e dagli inglesi i quali l'attribuiscono al loro Hervey. Il Morgagni adduce il silenzio dell'Acquapendente; ma Gassendi nota nella Vita del Peiresc: De quibus (valvulis) ipse (Peiresc) aliquid inaudierat ab Aquapendente, et quarum inventorem primum Sarpium Servitam meminerat53. E Giovanni Walleo: De circulatione Harvejana mihi secretum aperuit Veslingius (professore d'anatomia in Padova 1628) nulli revelandum; esse nempe inventum Pauli Veneti (a quo de ostiolis venarum habuit Aquapendens) ut ex ipsius autografo vidit, que Venetiis servat P. Fulgentius illius discipulus et successor. 54 Gl'Inglesi e fra essi Giorgio Enzio, alunno dell'Hervey, accusano il Sarpi d'essersi appropriata quella scoperta dopo aver letto il libro dell'Hervey: ma il libro fu pubblicato nel 1628 e Sarpi morì nel 1623.

 

FilosofoLunghi anni prima di Locke sviluppa con metodo geometrico la dottrina del sensismo, talmentechè il libro dell'Arte di ben pensare, siccome avverte il Foscarini, pare l'originale sopra cui Locke abbia copiata. E per verità Sarpi stabilisce la differenza fra le sensazioni e le qualità sensibili, cioè che le sensazioni non risiedono negli oggetti, ma nell'intelletto; e ne deriva il principio della riflessione la quale adombra l'idea dell'anteriorità dell'intelletto agente, alla sensazione; cosicchè la sentenza aristotelica, che la sensazione è l'origine delle idee, rimane sostanzialmente modificata nelle sue ultime conseguenze. E dimostrando l'anteriorità dell'intelletto, venne fatto a Leibnitz di rovesciare il sistema filosofico dell'autore inglese. — Sarpi ammette la trasformazione successiva degli esseri inorganici negli organismi, e quindi negli animati e negli intelligenti. — Propende allo stoicismo e ne deduce la teoria della predestinazione, credo, per impugnare le massime immorali dei casisti gesuiti dei quali era avversario gagliardissimo.

Orbene, quest'uomo, lume e decoro della umana famiglia, illibato, disinteressato, modestissimo, fu fatto pugnalare in Venezia; (23 ottobre 1607) da sicarii mandati, pagati e protetti dalla Santa Madre Chiesa. Sopravvissuto a venti stilettate, appena il patrocinio immediato dei Dieci lo scampò da più altre insidie contro la sua vita studiate in Vaticano nel 1608, 1609 (due volte), 1610, 1618. E il cardinale Barberini (poi diventato papa col nome di Urbano VIII) disse acquistarsi indulgenza colui che ammazzasse fra' Paolo55.

 

 

 

MuratoriGiannoneVico

 

 

 

Sin qui abbiamo rammentato le sorti della poesia e della filosofia sotto il patrocinio del Monarcato e del Cattolicismo; ora dobbiamo toccare dell'altro ramo della letteratura, la storia.

«O Italiani, gridava Foscolo, io vi esorto alla storia, perchè niun popolo più di voi può mostrare più calamità da compiangere, più errori da evitare, più virtù che vi facciano rispettare più grandi anime degne di essere liberate dalla obblivione da chiunque di noi sa che si deve amare, difendere ed onorare la terra che fu nutrice ai nostri padri ed a noi, e che darà pace e memoria alle nostre ceneri. — Io vi esorto alla storia, perchè angusta è l'arena degli oratori, e chi mai può contendervi la poetica palma? — Ma nelle storie tutta si spiega la nobiltà dello stile, tutti gli affetti della virtù, tutto l'incanto della poesia, tutti i precetti della sapienza, tutti i progressi e i benemeriti dell'italiano sapere

Studiando i volumi di storie dettati nel periodo della vita italiana che esaminiamo, non è a dire come essi si discostino dall'ideale vagheggiato da Foscolo, e l'ideale di Foscolo era particolarmente artistico, ché se ci prefiggiamo nella nostra analisi un ideale filosofico, ci apparirà necessariamente vera la sentenza dell'istesso Foscolo: dopo l'introduzione della Monarchia, l'Italia non ebbe poteva avere storia veruna; e l'altra: che i popoli servi non hanno storici che i panegiristi del loro signore.

Il gravissimo tema vorrebbe una indagine accurata e sudata, ma qui avvertirò solamente quanto comportano le dimensioni del presente scritto. La storia che, secondo la cospicua definizione di un poeta indiano, è quel lampo che distrugge l'inviluppo dell'ignoranza, e rischiara convenevolmente tutta la casa interiore della Umanità56 invece di essere quel lampo rischiaratore delle azioni umane, l'educazione viva e irresistibile degli ingegni e degli animi, il flagello del male, la rimuneratrice della virtù, la rivendicatrice della innocenza, l'avvocata del diritto, l'evangelizzatrice della libertà, lo specchio forbito e genuino del Vero, il Verbo rivelatore del come lo spirito dell'uomo perviene alla coscienza di , non ottenibile che nel concetto e nel possesso della libertà, fu una cortigiana frivola, pettegola, bugiarda e invereconda.

Se eccettui il Sarpi, non è dato nel giro di dugencinquant'anni additare onorevolmente che il Muratori, balio della storia italiana, per dirla con Gino Capponi. Ei fu rivelatore del Romano Impero, disseppellitore del medio evo, talmentechè senza i lavori miracolosi di questo gigante della critica, sarebbero state impossibili le opere di Gibbon e di Sismondi. Mercè di lui soltanto, ad una società di dotti animati dall'istessa carità della patria, integri e profondi come Tacito, narratori ornati e austeri come Macchiavelli, filosofi speculativi e positivi della tempra di Galilei, e che poggino all'altezza a cui nell'età nostra la filosofia innalzossi, sarà concesso di scrivere la storia d'Italia; imperocchè paionmi insufficienti a costrurre l'erculeo monumento, la mano l'ingegno e la vita di un solo artefice: quel monumento l'Italia potrà ripromettersi, se innanzi con virtù propria non provvegga alla libertà e alla unità nazionale. Il mecenate degli scrittori della storia nazionale, debb'essere la nazione. «Non è difficile l'indovinare, nota il Foscolo, che il Muratori ebbe a lottare contro legioni di nemici in Italia; e i Gesuiti lo minacciavano e assalivano da tutte parti, e con tutte le loro arti subdole insieme e crudeli. Questa demoniaca setta, che oggi si arrabatta a risorgere, toccava appunto allora la somma altezza di preponderanza. Il Santo Ufficio e i frati non avendo potuto ardere l'autore di libri che contrariavano a' loro interessi, praticarono di lasciar vivo l'autore, e di bruciare le opere per mano del loro manigoldo. Ma in questo pure riescirono e si contentarono di predicare infamie e di scrivere articoli di giornali contro di lui chiamandolo eretico, per punirlo di avere vittoriosamente addotta la testimonianza della Storia Ecclesiastica, che essi sino allora avevano adulterata o fatta tacere in Italia». Non ugualmente avventurato fu Pietro Giannone. Sarebbe soverchia sollecitudine dal canto mio il lumeggiare gli altissimi pregi che ingemmano la sua Storia civile del Regno di Napoli, imperocchè ciascuno conosce quanto essa sia ragguardevole per la vasta dottrina, per i coraggiosi e vittoriosi assalti contro le usurpazioni della Chiesa, per la nitida e profonda sposizione delle consecutive vicissitudini della Giurisprudenza ecclesiastica e della civile, ora apportatrice ed ora portato dei mutamenti sociali e dei politici, onde quell'Opera puossi denominare un quadro verace delle trasformazioni della civiltà nel Regno, compatibilmente colle dottrine filosofiche prevalenti all'epoca dell'autore. Rammenterò siccome ultimo esempio dimostrativo del principio che mi studiai di rendere innegabile, avere egli sofferte le persecuzioni non mai placabili del Cattolicismo e del Principato, essere stato con infame tradimento sedotto a porre il piede da Ginevra in Savoia dal Re di Sardegna per suggestione del Papa, indi gettato in carcere, ove posto in balia dell'Inquisizione, dopo dodici anni morì57. «Fu grave macchia di questo regno — suo malgrado confessa un caldo panegirista dei Reali di SavoiaGiannone, «esule da Napoli a Ginevra, e di venuto «a Savoia, e arrestato e tenuto poi prigione nella cittadella di Torino, dove morì il 17 marzo 1748. Tutte ciò per compiacere a Roma»58.

Vico fu salvo perchè non compreso che dopo la sepoltura. Non udì l'opera (La Scienza Nuova) altra accusa, egli stesso narra, che ella non s'intendeva59.

C'è voluto la intrinseca eccellenza del carattere italiano per produrre in mezzo a tante tenebre e a tanto scempio morale questi uomini di tempra antica, che collocatisi in catena fra l'anteriore civiltà e la futura, dall'alto dei roghi o dal fondo delle prigioni, si trasmisero l'un l'altro, rivedendolo, correggendolo e accrescendolo, il volume della Scienza.

 





47 Leggi la bella biografia di Fra Paolo per Bianchi-Giovini.



48 Daru, calunniando Venezia per commissione di Buonaparte, intendeva di adonestare il delitto di Campofornio.



49 Vedi Ugo FoscoloDella costituzione della Repubblica di VeneziaOpere vol. iv; e MicheletLa Renaissance.



50 Il Senato, scrive lo storico Andrea Morosini, udito il consiglio di uomini sapientissimi nella Giurisprudenza, nel Diritto Canonico e nella teologia, protestò essere quell'anatema indebito, irrito e nullo. — Bianchi-Giovini, Biog. di F. Paolo cap. 12.



51 Id.



52 Mem. pag. 16.



53 Lib. 4



54 Bartholin. Epist. 22.



55 Sarpi nacque a Venezia il 14 agosto 1552 e vi morì il 14 gennai 1623.



56 Kalidasa nel Mahabarata.



57 «Mi ricordo (scrive il padre Giambattista Prever, fatto carceriere del Giannone, d'ordine del ministro marchese d'Ormea) che nella mia prima visita gli dissi che non pensasse più ad uscire di carcere, a mutare stato, mentre qualunque esito avesse avuto la mia ingerenza (la sua ingerenza consisteva, come ei stesso racconta nel ricondurre a Gesù Cristo una pecora così miseramente traviata) sarebbe stato, se buono, utile a lui solamente per l'anima, e non per altro, come poi veramente così fu, e potei conoscere che ne era persuaso, (È noto quali mezzi di persuasione adoperasse il Santo Ufficio per ricondurre a Gesù Cristo gli eretici). E mi disse: Fuit homo missus a Deo, ed io risposi che avevo appunto la sorte di portare il nome di Giovanni Battista, soggiungendo che ringraziasse il Signore di una sì grande misericordia». — Qual conforto ineffabile deve aver provato il povero Giannone, condannato a prigione perpetua, appena seppe che il padre Prever aveva nome Giovanni Battista!!! (Op. post., di Giannone. Tom. II, pag. 124. Venezia, 1768).



58 C. Balbo, Somm. Pag. 347. Losanna.



59 Autobiografia. Pag. 53. Milano, 1816.



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