Giuseppe Mazzini
Scritti: politica ed economia
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VOLUME PRIMO PENSIERO ED AZIONE.

PREFAZIONE

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VOLUME PRIMO

 

PENSIERO ED AZIONE.

 

PREFAZIONE

 

Per meglio diffondere fra il popolo gli scritti di Giuseppe Mazzini abbiamo di buon grado stipulato un contratto col benemerito e solerte editore signor Edoardo Sonzogno, il quale s'è assunto l'incarico di pubblicare in quattro volumi della sua Biblioteca Classica quanto di più eletto e di più importante sortì dalla penna del grande Educatore.

la scelta degli scritti era molto agevole a farsi, come può sembrare a primo aspetto, perchè non si trattava di compendiare un lavoro storico o scientifico o di raccogliere brani scelti, come si fa talora, a comporre delle antologie, pei quali lavori non si chiede che attitudine a riassumere o gusto del bello letterario. Qua invece trattavasi di scegliere, prima di tutto, fra un grandissimo numero di scritti tutti ammirabili, sia che si guardi o alla forma o al concetto o all'efficacia; e non potevamo d'altra parte ridurli a brani senza nuocere alla loro chiarezza, senza menomarne l'importanza, e senza - ci si consenta di dirlo - mancare di riverenza a quel Sommo, in cui atto, pensiero, affetto, tutto è così armonico ed uno.

Eravamo nella condizione di chi, posto innanzi ad una collezione d'opere d'arte tutte ugualmente belle, con facoltà di sceglierne alcune, prima comincia a prendere questa e quella, poi un'altra ed un'altra ancora, finchè, accortosi d'aver oltrepassato il numero consentito, si trova costretto ad un nuovo doloroso lavoro d'eliminazione, e spesso rimane incerto, indeciso con l'oggetto nella mano, il quale non può ritenere senza cederne un altro, e che non vorrebbe abbandonare.

Così a noi accadde, nella prima scelta, di mettere insieme molto più materiale di quello necessario, e costretti quindi a ridurlo nelle proporzioni volute dalla presente edizione, sovente restammo dubbiosi intorno all'esclusione di qualche scritto, finchè non si convenne di tenerci a questa regola: raccogliere dalle Opere complete del Mazzini specialmente gli ultimi scritti indirizzati ai giovani, ad associazioni popolari, a comitati, perchè i consigli, gli ammonimenti in essi contenuti sono anch'oggi opportuni come quando furono la prima volta dettati.

Ma scegliendo di preferenza gli ultimi lavori del gran Genovese, non potevamo escludere quelli che si riferiscono ai primi tempi del suo apostolato, perchè in quelli si pare nel pieno vigore l'altezza del suo intelletto, che ebbe spesso lume di vaticinio, l'indomito animo sol confortato da una fede che parve a molti follìa, e quindi tutta la grandezza dell'opera sua a beneficio della Patria per l'Umanità.

Non potevamo escludere i più importanti fra i primi suoi scritti anche perchè - e proviamo dolore e rossore nel confessarlo - non molti in Italia sanno anch'oggi - dopo ventidue anni da che egli è morto - la suprema importanza che ebbe il grande Agitatore nell'opera emancipatrice della Patria; perchè anch'oggi la storia o timida od aulica non sa o non può o non vuole indagare e svelare tutta la verità di quel primo glorioso periodo di predicazione, di lotte e di martirio. Ricordiamo d'aver veduto per molto tempo, appesi in locali pubblici, dei quadri raffiguranti, più o meno rozzamente, i fondatori dell'Unità d'Italia: Vittorio Emanuele in gran dimensione, poi Cavour, Garibaldi, Cialdini, Rattazzi, ecc. Giuseppe Mazzini non c'era, oppure si scorgeva lontano lontano, nello sfondo del quadro, quasi messo a fare corteggio agli altri.

Ricordiamo che da quattro o cinque anni appena, scrittori scolastici di storie d'Italia o di libri di lettura educativa ardiscono inserirvi una monca e timida biografia di quell'uomo del quale la storia veridica dirà che fu il primo e il massimo tra i fondatori dell'unità d'Italia e che per altezza d'ingegno, per efficacia d'azione supera di tanto i sovraccennati, di quanto l'Alighieri supera gli altri tre poeti che, per lungo tempo, professori idolatri della forma anche senza pensiero, glorificarono pari a lui.

Era, da prima, nostra intenzione dividere la presente raccolta in quattro volumi: Politica, Economia, Filosofia, Letteratura; e ci fu subito agevol cosa fornire la materia per il volume letterario. Maggiore difficoltà incontrammo invece nel mettere insieme il III volume, perchè sovente negli scritti del Mazzini l'esame d'un avvenimento politico luogo a considerazioni d'ordine filosofico, come sovente dall'enunciazione d'un concetto filosofico escono ammaestramenti d'ordine politico.

Pure, dopo un lavoro paziente, riuscimmo a mettere insieme anche quel volume, scegliendo quelli scritti nei quali la parte filosofica predomina; ma per quanto si tentasse, ci fu impossibile fare una scelta conveniente di scritti che trattino esclusivamente d'economia; e le ragioni di tale difficoltà si fanno subito manifeste anche a chi, senza avere piena conoscenza delle opere del Mazzini, ricorda che per lui la questione economica è così congiunta alla questione politica, che afferma sempre essere vano ed assurdo occuparsi dell'una senza occuparsi dell'altra. Tutta l'azione mazziniana infatti è compresa in questo concetto: L'organismo politico è il mezzo necessario: il miglioramento economico e morale, il fine.

Ovvero nelle sue parole:

«Per noi non esiste rivoluzione, che sia puramente politica. Ogni rivoluzione dev'essere sociale, nel senso che sia suo scopo la realizzazione di un progresso decisivo nelle condizioni morali, intellettuali ed economiche della Società. E la necessità di questo triplice progresso, essendo più urgente per le classi operaje, ad esse anzitutto devono essere rivolti i beneficî della rivoluzione.

«E neppure può esservi una rivoluzione puramente sociale. La questione politica, cioè a dire, l'organizzazione del potere, in un senso favorevole al progresso morale, intellettuale ed economico del popolo, e tale che renda impossibile l'antagonismo alla Causa del progresso, è una condizione necessaria alla rivoluzione sociale»1.

La verità di quest'affermazione, scritta nel 1862 e confermata da tutto lo sviluppo successivo del movimento sociale europeo, non avrebbe bisogno di commento se non occorresse rammentare come negli ultimi anni della travagliata vita fu per il Mazzini causa di amaro dolore ed altresì occasione di prestare alla patria, così ingrata verso l'esule, un grande e segnalato servigio.

Sorse poco dopo l'Internazionale a bandire che tutti i lavoratori dovessero unirsi nel solo intento di provvedere al loro avvenire economico, che dalla politica dovessero fare divorzio come da sterile lotta fra borghesi che li distoglieva dalla cura dei loro interessi materiali, i soli veri, i soli legittimi, i soli necessarî. E da tutte le nazioni, artigiani, scrittori ed uomini d'azione, attratti dalla lusinga di facili promesse, s'erano fatti intorno animosi alla novella bandiera - duci Carlo Marx e Bakunin - militando sotto la quale speravano di rinnovare ab imis la moderna società civile.

Era invero una critica poderosa delle ineguaglianze e delle ingiustizie che dilaniano il consorzio civile, era una potente affermazione delle sofferenze a cui è condannata una parte dell'Umanità per l'egoismo dell'altra, era un monito dei servi agli emancipati, come lo sciopero è monito agl'industriali che le leggi le quali governano la produzione e la distribuzione nelle industrie, non sono più in relazione con la civiltà odierna, e vanno uniformate a criterî più equi e più umani. Ma questo verbo di nuovo progresso peccava alla base: credeva poter raccogliere sotto la bandiera degl'interessi individuali i lavoratori di tutto il mondo senza por mente al cozzo dei singoli interessi nella lotta per l'esistenza; credeva di sopprimere le barriere fra le nazioni, le favelle, le tradizioni, quanto si racchiude nella parola patria, per sostituirvi la solidarietà nel guadagno; il contrasto fra proprietà e lavoro, senza considerare che faceva appello a sentimenti e passioni radicate nell'egoismo, incapaci di suscitare quello spirito di fratellanza e di sacrificio, che solo un alto e nobile ideale può svegliare nell'anima delle moltitudini.

E dall'Inghilterra e dalla Francia ove prima sorse l'Internazionale, varcò la frontiera, e pose, per un momento, le sue tende in Italia; è a dirsi quale e quanta parte della gioventù si sarebbe lasciata attrarre dalle lusinghe di un movimento mondiale fra i proletarî, se Giuseppe Mazzini non avesse con la potenza de' suoi insegnamenti dimostrata la fallacia delle promesse di cui facevansi banditori i nuovi apostoli.

Fra questi non pochi spiriti generosi ma superficiali, sedotti dalla visione di una smagliante uguaglianza universale, si staccarono da lui per passare nell'altro campo, e col fervore di neofiti non risparmiarono amare accuse, violente apostrofi, senza per un istante deviarlo di una linea dalla via che si era tracciata, ma aggiungendo al tramonto d'un'esistenza, votata al sacrificio, altre spine a quelle che già lo avevano dilaniato.

Soffrì e vinse.

Dell'Internazionale più non si parla, come non si parla di altre scuole socialistiche, esotiche e nostrali, e da venticinque anni i sistemi più diversi e più estremi, sortiti dalle loro ceneri, dal collettivista all'anarchico, provarono e provano ogni giorno col fatto la verità dell'affermazione mazziniana - che tanto condannarono una volta - collegandosi, agitandosi, socialisti e anarchici, per conquistare i pubblici poteri; gli uni per rinnovarli, gli altri, in teoria, per distruggerli.

I capi del socialismo germanico, i quali per lungo tempo furono citati per oppugnare col loro esempio l'opinione del Mazzini, prima col fatto - accettando il mandato di rappresentanti del popolo - poi con esplicite dichiarazioni, le quali vennero, e non è molto, provocate, affermarono essere la politica indispensabile a risolvere la questione sociale.

E se non bastasse la prova di coloro i quali aspirano alla comunità, non manca la riprova in quei pochi individualisti, i quali non rifuggono dai più selvaggi attentati per dimostrare con esempî di una barbarie medioevale la necessità del rinnovamento politico per preparare il terreno al rinnovamento sociale.

Così negli scritti del Maestro le due questioni sono - come erano nel suo pensiero - sì fattamente congiunte, che riesce impossibile, come abbiamo detto, separarle, se pure non ci si contenta di prendere qua e brani, sentenze, formule, senza ordine e senza nesso.

Abbiamo quindi pensato di raccogliere quel maggior numero di scritti economico-politici consentito dalle proporzioni di questa edizione, distribuendoli in due volumi e disponendoli per ordine cronologico.

L'ordine cronologico è sempre necessario che venga adottato nella pubblicazione delle opere dei grandi scrittori, come quello che dalla genesi del pensiero ne fa notare via via, d'epoca in epoca, l'esplicazione, l'evoluzione, e spesso la trasformazione, offrendo così al lettore il destro di giudicare quanta parte ebbero in quelle manifestazioni gli anni, gli affetti, le pubbliche vicende.

Quest'ordine invece è richiesto dagli scritti del Mazzini soltanto per seguire lo svolgimento storico; chè, del resto, nessun uomo forse, che sia stato meritevole d'immortalità per virtù di pensiero o d'azione, serba come il Mazzini immutato il cuore, l'intelletto, la fede nei diversi stadî d'una vita lunga e agitatissima.

Si direbbe che egli nacque colla fede già impressa nell'anima, che il genio si manifestò in lui d'un tratto in tutta la sua potenza, fino da quando si affacciò la prima volta alla vita politica. Ed è tanto vero e mirabile ciò, che i suoi scritti svolgono una medesima sintesi, spirano tutti una perpetua giovinezza, dai primi della Giovine Italia agli ultimi su Foscolo e Rossel.

E questo avvenne perchè egli, a differenza degli altri scrittori od uomini d'azione, non subì ma dominò, con la potenza del genio, l'epoca in cui visse; agitò, trasformò tutta una generazione per spingerla a conseguire quell'unità ch'egli solo, fra tanti consacrati sapienti, previde e volle con tenacia di propositi, con suprema virtù di sacrificio; egli d'un altro avvenire, tuttora lontano ma inevitabile, strenuo banditore fino alla morte.

l'inflessibile attaccamento ad un reggimento popolare, fu nel Mazzini idea fissa, preconcetto dogmatico; fu invece un riflesso di quel meraviglioso intuito col quale, leggendo nel libro dell'avvenire, antiveggeva nella sovranità popolare la fatale decadenza dei troni, in Italia non solo, ma ovunque i nuovi bisogni e le nuove conquiste del popolo non potevano più confinarsi entro i limiti consentiti dalle regie prerogative.

Aboliti i maggioraschi che consacravano sotto la veste di proprietà le ultime vestigia dei diritti feudali, non potevasi più erigere a feudo un paese a beneficio dei maggiorenti di una famiglia; rivendicato al popolo il diritto di scegliersi i proprî reggitori, diveniva una contradizione mostruosa il far eccezione del maggiore e più geloso degli uffici, per trasmettere le redini della suprema direzione dello Stato, da padre a figlio, quasi che la cresima usurpata dai pontefici in nome del diritto divino non fosse passata nelle mani del popolo.

A brandelli a brandelli i lembi del manto regio, fra rivoluzioni ed evoluzioni, passano in mano ai cittadini per lasciare a nudo una parvenza della forte tradizione monarchica: l'assurda finzione costituzionale del re che regna e non governa. E l'anima dell'apostolo, intenta all'opera educatrice d'insegnare il vero, il buono, il giusto, si ribellava a questa menzogna, e la mente dello statista calcolava tutte le conseguenze politiche e sociali che dovevano derivare da quell'innesto di un paese giovane su di un vecchio e cadente tronco; e numerava le schiere di adoratori curve dinanzi a quel feticcio, le abitudini ed i vizî delle corti insinuandosi e diffondendosi dalla vetta fino alla base della piramide sociale; e preconizzava le sorti del paese ammanettate a quelle di una dinastia, le libere espansioni di fratellanza, le simpatie popolari, gli affetti, le tradizioni incanalate e dirette a rinvigorire altre prerogative, a ribadire altri ceppi, a portare tributo di adorazione ad altri feticci; e vedeva ingaggiarsi una lotta continua fra la prerogativa sovrana e le libertà popolari, e in quella lotta e nei puntelli eretti intorno al trono sfibrarsi le migliori energie, esaurirsi le forze morali ed economiche del paese; e però nella sua opera educativa egli fu repubblicano: repubblicano visse e repubblicano morì.

E gli avvenimenti odierni, la decadenza morale ed economica, una fatale inerzia che stende un velo grigio su tutto il paese e rende ognuno indifferente, apata, passivo, mentre pericoli e vergogne frusterebbero il sangue a febbrile calore: tutto il ciclo triste dell'ultimo quarto di secolo mostra quant'egli era nel vero!

L'importanza storica degli scritti del Mazzini è tale e tanta, che scrivere non si può la storia d'una gran parte del secolo XIX senza consultare sovente, con onesto intendimento, quegli scritti e nel loro concetto e nella loro potenza educativa; osiamo anzi asserire che nelle opere del Mazzini già pubblicate, e nell'Epistolario che verrà in seguito alla luce, è condensato una gran parte del materiale indispensabile a chi voglia scrivere con verità la storia d'Italia dal '21 fino ai giorni nostri; perchè il pensiero mazziniano non cessò con la morte del maestro, ma continuò nei suoi discepoli rimasti custodi e difensori e propagatori delle sue dottrine, bersaglio alle invettive e, quel ch'è più amaro, alle derisioni dei soddisfatti o dei sognanti vagheggiatori d'una nuova Città del sole.

La fede mazziniana, la fede nel dovere e nel sacrificio, è destinata dalla sua stessa natura a educare ben altre generazioni e a veder perire - condannate dall'educata coscienza delle moltitudini - dottrine che oggi hanno plausi ed inni, sebbene la miseria sia pronta a correre dietro ad ogni bella promessa, e l'ignoranza non permetta d'indagare quanto in quella promessa vi sia fondamento di verità.

E non i soli scritti del Mazzini, come abbiamo accennato, hanno grande importanza storica, ma bensì l'opera sua indefessa, rischiarata da tanta luce d'intelletto, riscaldata da tanto ardore di fede, e che a quelli è commento; però pensammo di raccogliere e collegare in questo primo volume le note autobiografiche scritte fra il '61 ed il '65 per la edizione completa delle opere, le quali non giunsero oltre l'ottavo volume per il sopraggiungere della morte che tolse alla Patria ed all'Umanità la persona, non l'anima, del grande Italiano.

Sono note che commentano ed illustrano un periodo di agitatissima vita italiana dal '21 al '53; e così raccolte nel presente volume ed interpolate da qualche scritto importante che meglio rende la fisionomia morale dell'apostolo e dell'agitatore, formano come una storia a larghi tratti di avvenimenti, ora dolorosi, ora lieti, ma sempre grandi; di uomini d'antica tempra che nella lotta, nell'esilio, nel carcere e sul patibolo furono sempre magnanimi; e crediamo che questa storia, benchè compendiosa, molto opportunamente preceda la raccolta degli scritti politici ed economici, la cui serie va dal '32 al '72, attraverso cioè un periodo di 40 anni.

Spirato Giuseppe Mazzini in Pisa il 10 marzo 1872 ed instituita un'apposita Commissione per continuare la stampa e la diffusione delle opere di lui, rimaste in tronco, fu scelto a capo di essa Aurelio Saffi, il quale, con affetto d'amico, con reverenza di discepolo, ed anche con integra coscienza di cittadino e con autorità di primo e quasi diuturno cooperatore nell'apostolato mazziniano, commentò, illustrò con magistrali proemî gli altri nove volumi delle Opere complete pubblicate nel corso di 18 anni, finchè la morte inesorabile lo colse, mentre stava per metter mano al diciottesimo ed ultimo volume, coronamento della benefica ed insigne opera sua e degno monumento al più grande degl'Italiani.

Ma non potendo noi in questa edizione nemmeno riassumere i proemî del Saffi, i quali completano le note autobiografiche qui pure raccolte, volendo d'altra parte che le notizie intorno alla vita ed all'azione di Giuseppe Mazzini si arrestino all'anno 1853, abbiamo aggiunto alcuni brevi cenni, che troveranno la loro sede nel volume secondo, per completare a larghi tratti la parte biografica e per far meglio comprendere l'opportunità e il valore degli altri scritti che Mazzini pubblicò dal '53 al '72.

Fu lamentato da taluno che il prezzo elevato della nostra edizione completa abbia dato fin qui a pochissimi di poter conoscere nella sua integrità la dottrina di Giuseppe Mazzini, e che perciò la classe operaja, la quale fu cura precipua e affetto profondo e forte speranza del grande Educatore, poco sappia dell'opera e del pensiero di lui, e quel poco sovente travisato da ignoranza o da mala fede d'interpreti.

Pur troppo ciò che si afferma intorno alla causa della scarsa diffusione degli scritti del Mazzini solamente in parte è vero, perchè noi vediamo ogni giorno editori e scrittori far la loro fortuna con pubblicazioni di romanzi o d'altri generi di componimento che sono frivoli quando non sono immorali; le quali edizioni pur costano assai specialmente per raffinati e spesso indecenti lenocinî tipografici.

Oggi, invero, una letteratura sbracata, malsana, corre le vie, s'insinua dappertutto, nelle case, nelle scuole; e colla pornografia larvata a positivismo scientifico aizza le passioni men nobili, stimola alla materialità di soddisfazioni fisiche che uccidono ogni senso d'ideale, ogni sentimento che eleva l'uomo al di sopra del bruto. È una educazione a rovescio che affinando l'intelletto e rivolgendo tutte le energie alla sola conquista dei godimenti materiali, distoglie lo sguardo dal cielo ove l'ascetismo cristiano l'aveva fissato, ma per ripiombarlo invece nelle manifestazioni della vita animale sulla terra. Quando, come oggi, dalla teoria darwiniana si elimina il pensiero di eterno progresso che la governa e si eleva la sterile lotta per la vita a mezzo e fine a stessa; quando nella evoluzione della specie non si vede la scala infinita che inalza l'umanità a Dio, e dai contrasti sociali altro non si deduce se non gli appetiti del gregge disputantesi la scarsa pastura e il pavoneggiarsi dell'animale maschio per impossessarsi della femmina; quando scopo della letteratura è il fotografare le fogne che carreggiano al mare i detriti sociali, o l'idealizzare le raffinatezze di un sensualismo dedito ad uccidere l'uomo ed il tempo; se da cotesta lenta soffocazione d'ogni nobile aspirazione lo Stato non sa difendere la gioventù alle sue cure affidate, non sostituendo più sana, più virile educazione, non è a meravigliarsi se le vetrine dei libraî siano guarnite da libri di cui non sai se sia più sconcia l'illustrazione od il titolo; non è a meravigliarsi se laddove con riverente affetto passavano di mano in mano le opere di Dante o del Mazzini ora si mostrino le scollacciate pubblicazioni degli editori da trivio.

Si è domandato più volte la ragione perchè la Commissione editrice non abbia popolarizzati gli scritti dei quali cura la divulgazione, mediante una edizione per dispense a pochissimo prezzo. La risposta è semplice: sta nella triste esperienza dei fatti. In questo momentaneo disguido degl'intelletti, che nella morbosità degli appetiti rifiuta il sano cibo a cui la generazione omai tramontata deve i forti fatti della rigenerazione patria, e eccita gli snervati sensi cogli stimoli più pungenti, la iniziativa non sortirebbe utile risultato; non è il momento in cui il paese possa assimilare gl'insegnamenti di chi sopratutto l'amò, e per esso sperò e patì.

Sarà così in un prossimo avvenire? - Per il bene della patria, per l'onore di quella generazione a cui spetta la grande opera di redenzione morale, speriamo di no.

Intanto possa questa edizione economica in quattro volumi, a una lira il volume, trovare fra le classi popolari larga diffusione, perchè in essa è compreso ogni pensiero fondamentale, ogni sviluppo della dottrina di Mazzini, e sotto quest'aspetto può dirsi completa.

Al popolo italiano questi scritti affidiamo, perchè pel popolo furono dettati, perchè nel popolo, nel solo popolo, sono i germi di rigenerazione cui egli volle fecondare.

 

La Commissione editrice.

 


 

 

 





1 Vedi Il Socialismo e la Democrazia, Vol. XIII, op. comp. p. 120.



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