Giuseppe Mazzini
Scritti: politica ed economia
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VOLUME SECONDO PENSIERO ED AZIONE.

SCRITTI SUL MEDESIMO PERIODO

A LUIGI BONAPARTE

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A LUIGI BONAPARTE263

 

I.

 

Signore,

 

I tempi sovrastano minacciosi: la marea imperiale retrocede visibilmente. Voi lo sentite. Tutti i provvedimenti da voi adottati in Francia, dopo il 14 gennajo; le note e le intimazioni diplomatiche che voi, dal fatale, spargeste al di fuori, rivelano le ansie del terrore. Un senso d'intensa agonia - l'angoscia di Macbeth - vi rode l'animo, trapela da ogni vostro atto o parola. Il presentimento che summa dies et ineluctabile fatum pendon su voi, v'incalza insistente. Il Signore di Glamis, il Signore di Cawdor e il re264, - il Pretendente, il Presidente e l'Usurpatore - son condannati. L'incanto è sciolto. La coscienza dell'Umanità s'è riscossa, e guatandovi con piglio severo, vi esamina, scruta i vostri atti, e vi chiede conto delle vostre promesse. Da questo momento la vostra sorte è decisa. La coscienza dell'umanità scorgerà in breve che voi non siete che una menzogna vivente; una deforme ripetizione di un Passato spento da lungo tempo e per sempre; una pallida ombra furtivamente emersa dalla tomba di Sant'Elena, e non coronata dalla gloria immortale e dalla solenne missione del potente ch'ivi riposa; una parodia di potere, atta a negare, a dissolvere, a schiacciare per breve tempo, inetta ad affermare, ad organizzare, a edificar cosa, in cui l'avvenire possa adagiarsi. L'umanità chiede realità, non fantasmi; evoluzioni del principio d'educazione, che Dio le assegna a legge di vita, non fatti bastardi, arbitrarî, anormali, che han la vita d'un'ora. A tai fatti essa guarda, sospesa per meraviglia, un istante; poi passa, intimando alla importuna apparizione il ritorno nel nulla. E voi, signore, vi affrettate a tal termine. Voi potete viver mesi, non anni.

Allorchè, illegalmente, occupaste il potere, voi prometteste, quasi ad ammenda, di voler ridurre in pace la Francia - la Francia irrequieta, perturbata e perturbatrice. È governo l'imprigionare, il deportare, il soffocar la parola? È strumento di educazione il gendarme? apostolo di moralità e di mutua fidanza la spia? Voi annunciaste al rozzo paesano di Francia, che nuovi tempi albeggiavano, col vostro impero, per lui; che le gravezze sotto cui geme, andrebbero l'una dopo l'altra cessando. Ne sparve sol una? Potete voi additare un miglioramento qualsiasi della sua condizione, un solo elemento d'imposte rimosso? Potete spiegar come avvenga che il paesano oggidì si affratelli nella Marianna? Potete negare che lo storno dei fondi - già consacrati all'industria agricola - nei canali della speculazione aleatoria, aperti da voi, non abbia tolto al lavoratore di che procacciare strumenti al lavoro e migliorare la terra? Voi seduceste il traviato operajo, dichiarandovi l'Empereur du peuple, un Enrico IV sotto forma diversa, inteso ad assicurargli lavoro perenne, alte mercedi, e la poule au pot. Non è la poule au pot vivanda alquanto cara oggi in Francia? Non costan più caro ancora gli affitti delle case, e parecchî fra gli oggetti più necessarî alla vita? Apriste nuove strade; tracciaste, per fini strategici e repressivi, nuove linee di comunicazione; distruggeste e riedificaste. Ma la moltitudine delle classi operaje appartiene forse tutta alla beneficata categoria dei muratori? Potete voi, a schiuder sorgenti di lavoro e di guadagni al proletario, metter sossopra indefinitamente Parigi, e le principali città di provincia? Potranno questi transitorî espedienti far mai le veci della produzione regolare, progressiva, normalmente richiesta? È forse la domanda della produzione in condizioni soddisfacenti al presente? Non sono tre quinti degli ebanisti, dei falegnami e degli operaî meccanici, senza impiego in Parigi? Voi adombraste alla borghesia, facilmente soggetta a paure e a lusinghe, sogni e speranze di raddoppiata attività industriale, sorgenti feconde di nuovi profitti, eldoradi di stimolata esportazione e di operosità internazionale. Che avvenne di tutto ciò? La vitalità produttrice della Francia langue incagliata: le commissioni pel commercio diminuiscono: i capitali si celano. Voi avete, come il selvaggio, tagliato l'albero per coglierne le frutta; avete, intemperantemente e con mezzi artificiali, eccitato speculazioni sfrenate, immorali, che mentono larghe promesse solo a tradirle; avete, millantando progetti giganteschi, attratto da ogni parte della Francia a Parigi i risparmî de' piccoli capitalisti, deviandoli dalle fonti vere e permanenti della prosperità nazionale: - l'agricoltura, l'industria e il commercio. Questi risparmî furono ingojati e fatti sparire da qualche dozzina di speculatori privilegiati, sommersi in un lusso sfrenato e improduttivo, o copertamente trasferiti - potrei citar nomi della vostra famiglia - a salvamento in paesi stranieri. La metà de' progetti caddero, dimenticati, nel vuoto. Alcuni degli inventori viaggiano ora, per prudente riguardo, à l'étranger. Voi avete dinanzi una borghesia malcontenta; vi stringono le angustie dell'erario, stremato dei mezzi ordinarî, per 500 000 000 di franchi sprecati, nelle città principali di Francia, in pubblici lavori che non rendon profitto, pel deficit di 300 000 000 nel vostro ultimo bilancio, con la Ville de Paris carica di debiti, senz'altro rimedio da quello infuori di un nuovo prestito di 160 000 000 da aprirsi, non in nome vostro, chè non riuscirebbe, ma in nome del Consiglio di città; e, a pagarne l'usura, l'allargamento delle barriere, quindi dell'odiato octroi, sino alla cinta delle fortificazioni esterne. Il rimedio peserà gravissimo sulle classi operaje, provocandovi contro la banlieue, prima devota. I vostri artificî toccano il termine. D'ora innanzi, qualunque cosa facciate per ovviare alle difficoltà finanziarie del vostro regime, sarà un passo di più verso la fatale caduta. Viveste sin qui col prestigio del credito, ricorrendo ad una serie indefinita di prestiti. Or dove sono le sicurtà del credito avvenire? Roma e Napoleone saccheggiavano il mondo: voi non potete saccheggiar che la Francia; ai loro eserciti era dato vivere di conquista, ai vostri è vietato. Voi potete sognar conquiste; ardirle, arrischiarle, non mai. I dittatori romani, e vostro zio guidavano di persona gli eserciti conquistatori: se in voi, quantunque vago di mostre soldatesche e di uniformi dorate, sia capacità di condurre pochi battaglioni in accordo di azione, m'è dubbio. Dichiaraste alla Francia di combattere, solo per amore di lei, l'anarchia: dichiaraste che la libertà - la vera, la sobria, l'ordinata libertà - troverebbe sotto il regime dell'impero le più desiderabili e certe guarentigie; che il bonapartismo era un'idea, una scorta al progresso, auspice un potere forte ed accentrato; che una aristocrazia di capacità intellettuali, devote al progresso - la sola aristocrazia veramente divina - promoverebbe, voi patrocinante, la vita civile della Nazione.

Potete voi mostrare un solo vestigio di libertà in un paese ora caduto, vostra mercè, non dirò al di sotto dell'Inghilterra, ma al di sotto del Belgio, della Svizzera, del Piemonte? in un paese nel quale centinaja d'uomini stanno oggi rinchiusi nel castello d'If, per essere deportati in Algeria o a Lambessa, senz'ombra di processo, senza aver pur veduto faccia di magistrato? Potete voi additarci, nella vostra Francia imperiale, un solo periodico, una sola rivista indipendente? un solo corpo morale che abbia facoltà di manifestare il pensiero, i voti, le aspirazioni del paese? un solo potere autorizzato ad iniziar leggi? un sol uomo, che i suoi concittadini possano eleggere alle vostre pseudo-assemblee, senza ch'ei s'obblighi prima, con giuramento, a sostenere il vostro dispotico governo? Potete citare un sol uomo d'intelletto, che avvalori, presente ai vostri consigli, il vostro odioso sistema? - No: a voi non è dato trovare alcun ministro, alcun fautore, fuori del circolo dei vostri complici immediati: da Thiers a Guizot, da Cousin a Villemain, da Michelet a Giovanni Reynaud, la Francia intellettuale rifugge dal vostro contatto corruttore. Sono vostri uomini un Veuillot, l'avvocato della Saint-Barthélemy e della Inquisizione; un Garnier di Cassagnac, il partigiano della schiavitù dei negri, ed altri sì fatti. A rinvenire un uomo che fosse degno di dare il nome allo scritto da voi indirizzato all'Inghilterra, vi fu forza ricorrere a tale, che apostatò dal legittimismo e dalla repubblica265. Vantaste, or non è molto, in faccia all'Europa, che il cuore della Francia era vostro; che lieta, felice, tranquilla, essa vi celebrava salvatore. Passarono pochi mesi: uno scoppio fu udito nella Rue Lepelletier: e con selvaggie, paurose ordinanze di repressione, con appelli, parte minacciosi, parte supplichevoli, all'Europa, collo spartimento militare del paese, con una spada al sommo del Ministero dell'interno, voi dichiarate ora, dopo sette anni d'illimitata signoria - concentrato un numeroso esercito, prive le schiere nazionali dei capi temuti - che non potete vivere governare, se la Francia non sia convertita in una vasta Bastiglia, l'Europa in una dipendenza della polizia imperiale. Per quanto schiacciata, la Francia non può trasformarsi in una Bastiglia; l'Europa non vuole ridursi per amor vostro a divenire ministra della polizia de' vostri Côrsi. Rassegnatevi quindi al vostro fato, e cadete.

Il vostro impero tornò in menzogna; e le menzogne non durano. Voi pervertiste la vita economica della Francia in una trista speculazione; la vita religiosa in ipocrisia cattolica; la vita politica in negazione dispotica del diritto e della libertà; la vita sociale in bisogna di gendarmi e di spie; la vita intellettuale in una lacuna. Il vostro, o signore, non è governo: - governo è cosa sacra; significa rappresentanza, perfezionamento dell'anima di un popolo libero, per mezzo dei migliori e dei più capaci; - il vostro non è che il fatto insano, momentaneo, sconsacrato, di un individuo, d'un pugno di avventurieri, di pochi preti e d'un esercito di pretoriani, congiurati a soffocare pro tempore, nel loro proprio paese, anima, virtù, intelletto. E gli avventurieri assicurano già gli avanzi del loro bottino nei fondi americani od inglesi; i preti vi sopraffanno, presti ad abbandonarvi ove esitiate nel retrogrado corso; i pretoriani si affrettano alla prefettura, cercando che dica di Parigi il telegrafo, prima di abbattere il tumulto di Châlons266. Tristi sintomi questi. Non sentite - sinistro indizio d'imminente rovina - tremarvi sotto i piedi la terra?

 

 

 

II.

 

Sì; l'impero si è chiarito menzogna. Voi lo formaste, o signore, ad imagine vostra. Nessun uomo in Europa, nell'ultimo mezzo secolo, da Talleyrand in fuori, ha mentito al pari di voi: e in ciò sta il segreto del vostro temporaneo potere. In questa nostra malferma e scettica età, le menzogne sono agevolmente credute; senonchè non approdano.

Voi, insieme con vostro fratello, chiamaste causa sacra, nel 1831267, la insurrezione delle popolazioni romane contro il papa; dal 49 in poi voi infliggeste a quella causa l'insulto di demagogica.

In Arenemberg, nel 1833268, diceste che, essendo ogni nobile anima cacciata in esilio dai Governi, o perseguitata, andavate superbo di appartenere alla tribù dei proscritti. Voi avete organizzato dappoi una universale, incessante persecuzione contr'essi.

Nel 1836, allorchè, dopo l'attentato di Strasburgo, Luigi Filippo vi bandì nell'America, vi dichiaraste conscio di esser reo verso lui, profondamente commosso dalla sua generosa clemenza, e vincolato a non più cospirargli contro269. Due anni dopo cospiravate dalla Svizzera. Quattro anni dopo approdaste a Boulogne.

Nel 1848, vi affrettaste a Parigi, «per seguire la bandiera della Repubblica, e darle prova di devozione»270.

In quello stesso anno scriveste271:

«In presenza della sovranità nazionale non posso voglio reclamare cosa alcuna oltre i diritti di cittadino francese».

Scriveste, come candidato alla presidenza in novembre272: «Non deve esistere ambiguità fra me e voi. Io non sono uomo ambizioso che sogni impero... Educato in libere terre e ammaestrato dalla sventura, rimarrò sempre fedele ai doveri che la volontà dell'Assemblea e i vostri voti m'impongono. Ove io fossi eletto presidente, m'impegnerei sull'onore a cedere, dopo quattro anni, a chi mi succedesse, un potere fatto più forte e la libertà intatta».

Scriveste come presidente in dicembre273: «Il giuramento da me prestato prescrive la mia futura condotta..... Riguarderò nemici del paese tutti coloro che tentassero di mutare con mezzi illegali ciò che l'intera Francia ha decretato». Prima che queste parole fossero proferite, Cavaignac aveva divisato una spedizione a Roma, solo a tutelare la sicurezza personale del Papa. Voi biasimaste la proposta. «Non potrei - diceste - dare mai il mio voto ad una dimostrazione militare, nociva agli stessi interessi che è intesa a proteggere»274. Quattro mesi dopo le vostre truppe sbarcavano a Civitavecchia.

Dichiaraste nel 1849275, in un proclama dettato al generale Oudinot, che «non era vostro intento di esercitare su Roma una influenza opprimente, d'imporle un governo contrario al volere del popolo». Tre mesi appresso, Roma, il suo governo, la volontà del popolo, erano inesorabilmente schiacciati. Indi a non molto, in agosto276, prometteste ottenerle «generale amnistia, amministrazione secolare, leggi civili e liberale governo». Le vostre truppe sono ancora in Roma, e nulla fu ottenuto, chiesto.

Nel 1849 concludeste il vostro primo messaggio277, dicendo: «Saprò meritare la fiducia della Nazione, conservando la costituzione che ho giurata».

Nel 1850278, proferiste solennemente questo parole: «Se nella costituzione sono difetti e pericoli, è in potere di voi tutti il torli via. Io solo, vincolato dal mio giuramento, mi sento in dovere di tenermi strettamente nei limiti della medesima».

Nel 1851, pochi giorni prima del colpo di stato279, voi diceste all'esercito: «Non dimanderò altro da voi che i miei diritti riconosciuti dalla costituzione».

E il 2 dicembre stesso, pendente ancora il risultato finale del disegno di usurpazione, proclamaste che: «Era vostro dovere il proteggere la repubblica»280.

Indi sopravvennero la improvvisa violazione di ogni promessa giurata, l'ambiziosa volontà di un solo sostituita alla volontà legalmente espressa della nazione, il feroce appello alla forza brutale, gli ordini inesorabili a Saint-Arnaud; l'Assemblea parte dispersa, parte imprigionata, i generali arrestati; la Francia cosacca avventata contro la Francia repubblicana; Parigi data in preda ad una soldatesca compra, briaca, incitata, feroce; il fuoco di linea nei Boulevards contro una popolazione inerme, inoffensiva, il macello regolarmente praticato a mettere terrore negli animi dei futuri elettori; donne e fanciulli massacrati nelle loro case, fucilati i prigionieri, 2652 vittime281: 88 rappresentanti del popolo proscritti, 100 000 uomini posti in prigione, deportati, confinati, senza pur mostra di giudizio: infine il trionfo, e il simulacro della elezione.

E sopra un tale sistema di menzogne, sopra edificiofatto di fango e di sangue, speraste inalzare una dinastia! Credeste che la idolatria transitoria, prestata al successo da tutti i poteri che or sono, potesse prevalere contro il marchio di Caino, che Dio e la eterna giustizia vi stampavano in fronte!

V'ha tal cosa, o signore, che sta sopra al successo: Dio; - tale che è più forte del fatto: il Diritto; - tale che è più alto e più durevole d'ogni idolatria: il Tempo. Potreste voi balzar di trono Iddio? Cancellare il diritto? Abolire il tempo? Perchè, sin che splenda lume di verità dall'alto alle menti, e la idea del diritto alberghi nel cuore dell'uomo e tempo sia dato agli eventi, vero o falso imperatore, zio privilegiato di genio, satanicamente astuto nipote, possono nel secolo XIX sostituire il proprio egoismo allo inoltrarsi provvidenziale dell'umanità; può un individuo, per quanto sostenuto da bajonette e da preti, farsi innanzi e dire: «io sono la mente irresponsabile, maggiore d'ogni esame, di 35 000 000 di uomini», senza condannarsi a cadere, esempio agli oppressori, insegnamento profondo agli oppressi. Dopo il passo del Rubicone è il vindice pugnale di Bruto: dopo le Tuileries, Sant'Elena: e, nell'intervallo, una breve, irrequieta, esosa vicenda di paure e di rimorsi: indi la storia, la coscienza universale del genere umano, che infama in eterno il tiranno. È legge; legge certa, ineluttabile. Voi avete trafficato sul vizio e sulla debolezza; fatto assegnamento sul terrore e sulla codardia: misurato, con l'occhio penetrante del gran Dissolvitore, la scorza delle corruttele, in che il materialismo del primo impero, quindici anni di gesuitica opposizione monarchica, l'egoismo posto sul trono durante il regno di Luigi Filippo, e i sogni anarchici di un socialismo settario, avvilupparono il core de' vostri concittadini, e diceste a voi stesso: son miei. Dimenticaste che, sotto la melmosa superficie, rimaneva non doma, non tocca, la nobile e solida madre-terra di Francia, la terra che diè vita a Giovanna d'Arco, e agli uomini giganti della Rivoluzione. Dimenticaste che l'Europa, anche l'Europa ufficiale, atea, adoratrice del fatto, s'inchinerebbe a voi sol quanto fosse richiesto dal progressivo pacifico incremento del fatto medesimo, mentre ora la forza di questo, per minaccie e pericoli, visibilmente declina. E dimenticaste che tra voi e l'Europa materialista stanno uomini che voi non potete piegare frangere, la cui vita è incarnazione di un principio, che agisce, da Maratona in poi, sulla razza europea, e i quali riusciranno da ultimo più forti di voi perchè non ruppero mai i loro giuramenti, e non combattono, come voi fate, per mire egoiste e malvagie ambizioni. Noi, uomini del diritto e della libertà, conquistammo l'Inquisizione e il grande Impero. Siatene certo, o signore, noi vinceremo voi pure.

Vi avremmo già vinto se stato non fosse per l'Inghilterra.

 

 

 

III.

 

Voi siete ingrato all'Inghilterra, o signore. Senza l'Inghilterra, senza l'ajuto che, in un malaugurato momento, il Governo inglese vi porse, non sareste più da gran tempo. Voi dovete all'Inghilterra quella specie di adozione fra i poteri costituiti di Europa, che, solo, non avreste mai conquistata. L'alleanza inglese ha tenuto in freno sin qui l'Italia e la Francia. A voi piace oggi por ciò in oblìo. Alludete sovente ai vantaggi procacciati dall'alleanza agli Inglesi, e ne parlate come di evento concepito e creato da voi. Ambo le asserzioni sono false. E dacchè molti Inglesi sono proni a lasciarsi ancora ingannare dall'audacia delle vostre parole, non sarà senza frutto ch'io qui, in nome della verità, suggelli la mia doppia protesta contr'esse.

L'alleanza anglo-francese non fu vostro concetto. Esso è concetto della Francia e dell'Inghilterra: a voi fu forza obbedirvi. Le relazioni amichevoli sorsero a grado a grado da naturale riazione contro le lunghe, mortali, storiche lotte, che toccarono il colmo sotto il primo impero; dal sentimento de' tristi effetti della contesa per ambedue le nazioni; e dallo spirito che agita provvidenzialmente il core della Umanità, sospingendola a universal fratellanza. Voi vi giovaste di relazioni sì fatte pe' vostri ambiziosi disegni, pervertendole per un tempo. Nel vostro segreto, l'Inghilterra v'è in odio. L'antagonismo alla sua grandezza è tradizione di famiglia per voi. E il sentimento còrso della vendetta cova profondo nella gretta anima vostra. E l'aver vissuto esule, povero, negletto in Inghilterra, lo rese più acerbo. Noi apprendiamo facilmente ad amare il rifugio della nostra vita raminga; ma le nature sensuali ed egoiste non sentono nel beneficio che un peso importuno. Nel 1836, dichiaraste innanzi ai Pari che «un principio, una causa, una sconfitta si personificavano in voi: Waterloo, la sconfitta; voi inteso a vendicarla». Odio alla perfida Albione, fu la parola consegnata da voi alle caserme dopo il colpo di stato: l'insolenza recente de' vostri colonnelli non è che l'eco di quella. Guerra all'Inghilterra era allora, com'oggi, il vostro sogno impotente, e ne farebbero, all'uopo, testimonianza le carte geografiche, strategicamente punteggiate, nel vostro cabinet de travail. Ma vi sentiste debole, isolato, biecamente guardato, però cedeste alla necessità, seguendo le crescenti popolari tendenze, voi non creaste l'alleanza: la firmaste con restrizione mentale.

L'alleanza anglo-francese, ripeto, è pensiero delle due nazioni: gl'Inglesi, ora troppo sovente ingiusti alla repubblica del 1848, dovrebbero dimenticarlo. Il moto di febbrajo fu salutato con favore, non certamente dall'Inghilterra officiale, ma dalla maggioranza del popolo inglese. mai fu saluto con tanta gioja e gratitudine accolto come il saluto dell'Inghilterra dai repubblicani del 1848. La tradizione diplomatica fra le due nazioni non fu un solo istante interrotta. Lord Normanby - mantenuto officiosamente nella sua rappresentanza durante il primo periodo - fu accreditato officialmente dall'Inghilterra, appena l'Assemblea ebbe sanzionato la mutazione di Stato. L'ambasciatore di Russia, Kisseleff, offerse, sino dai primi giorni, patto di alleanza collo Tsar contro l'Inghilterra, chiamata da questi la comune nemica, e la giovine Repubblica rifiutò l'offerta. Un noto generale, Changarnier, ora in esilio, fece indi a poco proposta di scendere a guisa di pirata in Inghilterra, minacciando distruzione a Londra e ai depositi della ricchezza inglese. Dichiarava bastargli, ad eseguire il disegno, un dato numero di soldati, di navi e di battelli a vapore. La proposta fu sdegnosamente respinta, e il generale rimandato al suo comando militare, da cui s'era, per quell'insano proposito, improvvisamente allontanato. Mercè tali disposizioni, una qualsiasi opportunità, un primo segno di buon volere del Governo inglese avrebbe senz'altro dato nascimento ad un'alleanza assai più sincera, più morale e feconda di quella alla quale l'Inghilterra fu indotta da voi.

Voi vi cacciaste di mezzo fra i due popoli, e su ciò ch'era buono e sacro innestaste disegni egoisti e ambiziosi. Di una solenne riconciliazione, che, sotto il vessillo della libertà, sarebbe stata come benedizione dall'alto sul genere umano, faceste un tristo e sterile connubio tra la libertà e la tirannide, tra la vita e la morte. L'Inghilterra non fu per voi che strumento a brame dinastiche: l'alleanza ponte fra voi e le Potenze diffidenti d'Europa.

Le vostre prime pratiche furono volte alla Russia. Naturali tendenze, logica di despota, e non so che ricordi delle conferenze del Kremlino, vi spronavano a quella parte. La Russia non accolse le offerte. Lo Tsar sentiva di non poter fare a fidanza colla vostra parola. I vostri agenti, quasi a legittimarvi con nozze regali, avevano tentato indarno tutte le corti germaniche, in cerca di una sposa per voi.  L'Europa dinastica v'era chiusa; la leva della rivoluzione vietata; suicidio l'agitarla contro le Potenze.  Però pensaste all'Inghilterra. Vi occorreva tal cosa, che vi additasse ad un tratto partecipe del sodalizio de' poteri legittimi; vi occorreva una conferenza diplomatica, un trattato di pace, al quale apporre, insieme con essi, la vostra firma. Strada alla pace era la guerra; e voi la provocaste. L'Inghilterra v'entrò, renitente, al vostro fianco, ma con animo perfettamente sincero, e mosse il primo passo con fermo proposito di trarne qualche pratico e permanente effetto. Ma volendo voi evitare il risvegliarsi delle nazionali insurrezioni, e fare, ad un tempo, le prime parti nella guerra, sacrificaste per ciò la questione strategica al vostro intento politico. A Riga e a Odessa preferiste la Crimea. Non era ivi pericolo di un moto polacco: e le vostre forze di terra, in un assedio lungamente protratto, doveano, per loro naturale superiorità, risplendere su quelle dei vostri alleati. Oltrechè, concentrata la guerra ad oppugnare un avamposto lungi dalle parti vitali dell'impero nemico, v'era lasciata possibilità di negoziazioni amichevoli collo Tsar pel futuro, ed argomento a dirgli quando che fosse: l'Inghilterra, posta davvero alla prova, v'avrebbe colpito nel core: io vi salvai. Così, mercè vostra, e per la condiscendenza colpevole del Governo britannico, la guerra, traviata dal suo naturale indirizzo, si ridusse ad un brillante duello au prémier sang, senz'altro risultamento, da quello in fuori che voi avevate prefisso alla giostra. Quando, al chiudersi del primo periodo, l'Inghilterra cominciò a intendere la necessità di una lotta seria, e l'importanza europea della contesa, e lo Tsar consentì a differire la esecuzione lungamente vagheggiata de' suoi disegni in Oriente, voi vi affrettaste a soddisfarlo a qualunque patto, e senza salde guarentigie per l'avvenire; e, come avevate trascinata la Gran Bretagna, contro suo grado, all'esperimento dell'armi, così la forzaste ad accettare, riluttante invano, l'inganno di una pace precaria. Fu convocato a Parigi un congresso, il vostro fine raggiunto, la questione d'Oriente prorogata, non sciolta: e la Polonia giace avvolta tuttavia nel suo sudario; la Turchia si dissolve fra civili discordie, conscia della propria impotenza; alcuna barriera fu inalzata a rattenere la Russia da novelle invasioni. Lo Tsar ristaura rapidamente, in silenzio, le forze militari dell'impero: la guerra balena da lontano: ma il vostro nome apparve, fra nomi di sovrani da lungo tempo regnanti, appiè di un Protocollo di Pace; e voi potreste, favorendovi i casi, susurrare allo Tsar «Io vi salvai!» e combattere l'antica alleata al suo fianco.

I vantaggi dell'alleanza282 furono tutti côlti da voi, non uno dall'Inghilterra. Avete, ricoverando il vostro usurpato dispotico potere sotto le pieghe della sua libera nazionale bandiera, seminato diffidenza e rancore contro di lei nel cuore delle oppresse nazioni. Le avete alienato le simpatie delle razze Slave, Elleniche e Rumene della Turchia, abbandonate al loro fato. Riusciste a distorre i suoi uomini di stato da quella ch'esser dovrebbe loro politica nazionale - la libertà civile, religiosa e politica per tutta Europa. Or non dovreste esser pago? Non dovreste prudentemente astenervi dal millantar pretese alla sua gratitudine e alle sue simpatie?

Sdegno discutere con voi intorno a ciò che esigete dall'Inghilterra rispetto ai proscritti. Io sono esule e vostro nemico; mi abbasso a ragionare su quanto io riguardo mio diritto e dovere, con un potere tirannico. Potendo, lo abbatto. Le mie parole potrebbero essere fraintese come volte a difendermi, ed io rifuggo dal possibile orrore. Qualunque legge sia fatta a nostro riguardo, m'è eguale; giusta, l'accetto; ingiusta, mi assumo di violarla, che che ne avvenga. Il nostro è stato di guerra. Noi nol scegliemmo: ci fu e ci è tuttora imposto. La tirannide ci ha tolto la patria; non vi è potere che ci protegga; non sono per noi passaporti, non leggi alle quali appellarci, giustizia sulla terra, se non quando possiamo imporla noi stessi. In tutto il Continente, solo perchè repubblicani, o sostenitori della nostra bandiera nazionale, noi siamo dichiarati sospetti, e come tali imprigionati, confinati, privi di ogni possibilità di sicuro stato, perseguitati, trattati come paria, cacciati come iloti. Accetto per la mia parte le conseguenze della mia condizione, e non ho, io esule, da render conto delle mie opinioni ad un uomo, ora imperatore e oppressore, una volta esule anch'egli. Ma certo, ogni individuo nato in quest'isola avrebbe diritto di rispondere alle vostre querele e alle vostre pretese a un dipresso con queste parole:

«Voi foste, o signore, esule in Inghilterra. Da questa terra cospiraste senza tregua contro un re costituzionale, a cui avevate sull'onore promesso di non cospirare mai più; ed operaste da ultimo una discesa armata sulle coste di Francia. Noi non vi facemmo attenzione. Perchè muteremmo noi le nostre leggi a sorvegliare e perseguitare uomini che tentano alla lor volta di rovesciare il vostro usurpato potere? Perchè dovremmo noi per amor vostro abbandonare le tradizioni antiche di una libertà individuale che fu benedizione al nostro paese, adottando misure che implicherebbero, se realmente attuate, un intero sistema di spionaggio, atti di polizia segreta e interpretazioni arbitrarie? Perchè abbandoneremmo il nostro chiaro, preciso, onesto metodo di definizioni legali, per aver ricorso a quelle formole indefinite di eccitazione e di instigazione, che nel vostro paese promossero i procès de tendance, così sovente vituperati da voi mentre eravate cospiratore non coronato? Perchè, insomma, dovremmo noi in alcun modo proteggervi? E da che nasce che abbisognate di protezione? Forse che la nostra Regina vi chiede soccorso contro insidiatori ed assassinî? Voi eleggeste di porvi al di sopra e al di fuori della legge: dovrà per ciò l'Inghilterra far leggi speciali a pro vostro? Voi saliste al potere attraverso cadaveri: sta forse in noi lo impedire che la memoria vivente delle vittime evochi vendicatori? Voi spediste e spedite tuttora migliaja di uomini, non sottoposti a giudizio, a languire e morire nei paduli di Cajenna; possiam noi cacciar l'odio e gli effetti dell'odio dai petti dei loro amici e parenti? Eleggeste sopprimere la libertà in ogni sua forma: - stampa, adunanze, associazioni, parola: avete ermeticamente chiusa ogni uscita al potente spiro di una nazione che ama eccezionalmente la vita esterna: possiamo noi fare che la forza compressa non iscoppii per qualche adito imprevisto, irregolare? Voi, repubblicano ancora, mandaste un esercito a bombardare, far serva, uccidere, schiacciare Roma repubblicana: quell'esercito d'ingiusti invasori è tuttavia: possiamo noi spegnere la vendetta di Roma? Dobbiamo noi convertire la nostra libera isola in un uffizio di polizia, per sicurtà di quanti amano diventare tiranni? pel re di Napoli, pel Papa, per lo Tsar, per voi o per Soulouque? Non balenan pugnali dove il voto può esprimere il pensiero dell'uomo; non si avventano bombe a carrozze di presidenti o di re, in America, nella Svizzera, in Inghilterra, nel Belgio, in Piemonte. Non ci vengono richieste di leggi contro le cospirazioni da quei paesi, ma solo da voi. Non è da ciò manifesto che «v'ha del marcio nello Stato283» di Francia? E dobbiamo noi gratificarvi di privilegi a mantenere la «putredine?» I cospiratori, voi dite, vivono in Inghilterra: d'Inghilterra giungono quelli che attentano alla vostra vita.  Chi li spinge qua, se non voi? In quale altra terra sarebbe loro dato di vivere? Da quale altra movere a voi? Ogni anno, ogni sei mesi, i vostri gendarmi ci apportano, sotto scorta, quanti sono malcontenti, o tenuti per tali; possiamo noi addossarci l'incarico di strettamente sorvegliarli in segreto, di circondare ciascun di loro di gendarmi e di spie? Possiamo noi impedire che taluni, quali che siano le loro intenzioni, non ritornino in Francia?

«È forse da imputarsi a noi se Kelch e Deron - pure ammettendo che quanto asserite nel vostro manifesto sia vero - ritrovan la via di Parigi? Dovrem noi rispondere di Mazzini se di tanto in tanto gli è a grado di traversare la vostra Francia, sebben guardata, spiata e organizzata a guisa di un campo? Voi disponete ora di 3 milioni di franchi - 2 di più che non a' tempi di Luigi Filippo - apertamente destinati allo spionaggio: noi non spendiamo un obolo per tale ufficio. Or non potete difendervi da voi stesso, senza vessare, calunniare e minacciare vicini pacifici, che non ci han nulla che fare? - Voi citate apologie del tirannicidio, stampate in Inghilterra; e che per ciò? Dovrem noi escludere dalle nostre scuole l'antica storia di Roma e di Grecia? Abolire la traduzione del Guglielmo Tell di Schiller, proibire, per decreto, la ristampa di Milton? La stampa è libera tra noi: in Francia è schiava; voi imbrigliate ogni manifestazione del pensiero ne' sudditi. Noi non vi chiediamo però di vietare l'apologia del macello degli Ugonotti, la ristampa del legato di vostro zio a Cantillon. Siatene certo, o signore, il tirannicidio non è conseguenza di poche pagine di ragioni teoriche, ma dell'odioso fatto della tirannide. Togliete questo di mezzo, e sarà rimosso il pericolo contro il quale invano cercate soccorso da fuori. Voi non potete esigere da noi che, mentre il fatto esiste, ci assumiamo di prevenire le conseguenze fatali che possono derivarne

Tale, o signore, è la risposta che l'Inghilterra ha virtualmente data, e darà sempre, io spero, colla voce del suo popolo, alle vostre illiberali, ingiuste richieste. Per queste richieste frattanto, e per le indirette minaccie congiunte con esse, voi scendeste un grado più basso nella vostra rovinosa carriera. Avete disperso il solo prestigio che vi circondava tuttora, l'approvazione e l'amicizia di una libera gente. Voi vi trovate ora, o signore, che che ne dica la diplomazia adulatrice e bugiarda, solo in Europa.

 

 

 

IV.

 

E l'Europa vi guarda, come Banquo guardava le fatidiche sorelle, apparecchiata a chiedervi: - «È vita in voi? o siete cosa ch'uom possa interrogare284

Ed ogni interrogazione tornerà sinistra alla vostra artificiale, accattata grandezza; voi sbigottiste le menti degli uomini colla improvvisa audacia, coll'apparenza del compiuto successo. Cessato lo sbigottimento, la vostra causa è perduta. Voi non potete sostenere esame.

L'Europa cercherà le origini del vostro potere, e troverà la risposta nella pagina di storia che segue:

 

REPUBBLICA FRANCESE.

 

Decreto.

 

L'Assemblea Nazionale, straordinariamente convocata alla mairie del decimo circondario,

Visto il sessantesimo ottavo articolo della Costituzione,

Considerando che l'Assemblea è impedita dalla violenza di adempire i suoi ufficî,

 

Decreta:

 

Luigi Napoleone Bonaparte è destituito dalle funzioni di Presidente della Repubblica.

I cittadini sono tenuti a ricusargli obbedienza.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

I giudici dell'Alta Corte di Giustizia sono chiamati immediatamente a radunarsi e pronunciare giudizio sul Presidente e sui suoi complici.

 

Firmato

duecentoventi membri dell'assemblea.

 

Parigi, 2 dicembre 1851.

 

 

 

ALTA CORTE DI GIUSTIZIA.

 

In virtù dell'articolo sessantesimo ottavo della Costituzione, l'Alta Corte di Giustizia dichiara:

Luigi Napoleone Bonaparte è chiamato in giudizio come reo d'alto tradimento,

L'Alto Giurì Nazionale è chiamato a pronunziare speditamente giudizio.

 

Firmato

Hardouin - Presidente

Delapalme, Pataille, Moreau

Cauchy - Giudici.

 

Parigi, 2 dicembre 1851.

 

L'Europa chiederà per quali mezzi manteneste il potere usurpato. La risposta sarà: col terrore e colla corruzione, cancellando ad un tratto ogni libertà di parola e d'azione, costituendo unica potenza nello Stato l'esercito, cacciando dal paese, senza giudizio, tutti gli uomini d'influenza pericolosa per voi, seminando sistematicamente il dissenso fra la borghesia e la blouse, spaventando la prima col fantasma del socialismo, e corrompendo la seconda con egoismo e promesse di felicità materiale.

L'Europa vi chiederà conto delle vostre disposizioni e tendenze a suo riguardo, e la risposta sarà: «Quell'uomo è l'assassino di Roma: ei vi mantiene, senz'ombra di diritto, un esercito, quasi avamposto ad incarnare un giorno disegni di ambiziose invasioni; ei cospira celatamente a pro d'una insurrezione Muratiana in Napoli; s'intromette senza tregua ad impedire il pacifico progresso della libertà nel Piemonte, nel Belgio, nella Svizzera; e, impiantando lo Tsarismo nel centro di Europa, prepara i germi di una immensa e pericolosa reazione nel cuore dei popoli

L'Europa investigherà la vostra condizione attuale e la risposta sarà: «finanziariamente ei precipita a rovina; moralmente, agli ultimi saturnali d'una condannata tirannide; politicamente, all'isolamento assoluto, e alle pazze disperate imprese di chi è costretto a distruggere ogni libertà intorno alla Francia, o a cadere

Cadete, or dunque, e la giustizia si adempia! La Francia, che or va ridestandosi, pronuncierà da qui a non molto il suo decreto, e l'Europa lo approverà. Questo io vi dico, io, voce di Roma che assassinaste.

I tempi sovrastano minacciosi: la marea imperiale retrocede visibilmente. Voi lo sentite.

Cesare - il quale, credendo che non vi fossero più Romani, avea cancellato il nome della repubblica, - quando si avvide, al lampo di una daga, che v'era ancora un Romano, si avvolse nel manto, piegò la testa davanti ai fati, e morì in silenzio. Per l'onore del nome che portate, fatevi imitatore di Cesare.

Piegate il capo davanti «all'invisibile daga» della pubblica opinione, colla quale la Francia ridesta e l'Europa condannano a rovina il vostro usurpato potere, e morite, come Orsini moriva, con calma e rassegnazione.

 

Londra, aprile 1858.

 

Giuseppe Mazzini.


 

 

 





263 Il documento che segue, scritto da Mazzini in francese, e riprodotto in inglese nel Morning Advertiser, fu tradotto in italiano da A. Saffi pel giornale genovese L'Italia del Popolo, ed ivi fatto segno, come i tempi portavano, a sequestro ed a processo.



264 Vedi il vaticinio delle streghe a Macbeth, nel dramma di Shakspeare.



265 Il signor de la Guerronière, supposto scrittore dell'opuscolo indirizzato all'Inghilterra dopo l'attentato Orsini, s'era rivolto nel 1848, disertando dal campo legittimista, al Comitato esecutivo della Repubblica, per essere autorizzato ad iniziare, insieme col signor Pelletan, un giornale repubblicano semi-ufficiale.



266 Allude alla esitanza degli ufficiali della guarnigione di Châlons, chiamati a reprimere un moto repubblicano ivi scoppiato in quei giorni.



267 Lettera al generale Sercognani, 28 febbrajo 1831.



268 Indirizzo agli esuli polacchi, 12 agosto 1833.



269 Processo di Strasburgo.



270 Lettera al Governo provvisorio, 28 febbrajo.



271 Lettera all'Assemblea Nazionale, 24 maggio.



272 Circolare agli elettori, 19 novembre.



273 24 dicembre.



274 2 dicembre 1848.



275 Proclama del 26 aprile.



276 Lettera a Edgardo Ney, 18 agosto 1849.



277 31 dicembre 1849.



278 12 novembre, Messaggio all'Assemblea.



279 9 novembre, agli uffiziali.



280 Proclama 2 dicembre 1851.



281 I numeri vennero accertati in una lista della Préfecture de la Seine. Lo scrittore dell'opuscolo imperialista parlava di 150 vittime, scordando che la prima lista data dal Governo di Luigi Napoleone ammontava a 191. Pochi giorni dopo, il Moniteur del 28 agosto ne numerava 383. Poi, il signor Garnier de Cassagnac dichiarava che solo sui boulevards furono uccisi 1200 individui. La fucilazione dei prigionieri si deduce dal rapporto del generale Magnan, del 2 dicembre.



282 Nell'originale "allenza". [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]



283 Shakspeare, Amleto.



284 Shakspeare, Macbeth.



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