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VOLUME SECONDO PENSIERO ED AZIONE. SCRITTI SUL MEDESIMO PERIODO IL MOTO DELLE CLASSI ARTIGIANE E IL CONGRESSO. |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
IL MOTO DELLE CLASSI ARTIGIANE
E IL CONGRESSO326.
Abbiamo combattuto e combatteremo i traviamenti e peggio della Internazionale e de' suoi copisti in Italia; ma perchè, oltre all'amore innato del Vero e del Bene, ci sprona il convincimento ch'essi falsano il moto operajo e ne indugiano il giusto trionfo. Il moto ascendente delle classi artigiane costituisce uno dei principali caratteri dell'Epoca nuova che invochiamo e alla quale cerchiamo una iniziativa in Italia perchè non è da trovarsi altrove. Noi non aspettammo per dichiararlo le inattendibili promesse dei socialisti francesi o le selvaggie ire odiatrici, e per questo impotenti al bene, dell'Associazione che ha centro in Londra. Dal primo impianto della Giovine Italia fino alle nostre ultime manifestazioni, la causa degli Operaî fu nostra e la immedesimammo col moto nazionale italiano. Attraverso ormai quaranta anni d'apostolato insistemmo a ripetere che una Rivoluzione non è legittima ne può esser durevole se non congiunge la questione sociale colla politica, se non trasforma sulla via del Progresso e nei limiti del possibile l'ordinamento economico, se non migliora, senza danno o ingiuria ad altrui, le condizioni del lavoro, dei produttori. Proponemmo come mezzi transitorî l'educazione Nazionale uniforme; instituzioni capaci di prevenire ogni esempio di corruzione che venga dall'alto; un sistema economico fondato sul risparmio, sull'aumento delle sorgenti di produzione, sull'appropriazione di parte del danaro pubblico e dei beni da incamerarsi ai bisogni degli operaî industriali e agricoli; un ordinamento di tributi che non graviti direttamente o indirettamente sul necessario alla vita; imprese nazionali dirette a conquistare alla produzione i quattro milioni d'ettari di terra italiana oggi incolta, a creare colle colonizzazioni volontarie una nuova classe di piccoli proprietarî e dare al paese le forze produttrici ch'oggi emigrano in cerca di lavoro a lontani lidi stranieri; e additammo ultima soluzione del problema da conquistarsi lentamente, progressivamente, liberamente, la sostituzione del sistema d'associazione del capitale e del lavoro e dell'equa partecipazione di tutti i produttori ai frutti del lavoro, all'attuale sistema del salario. Ajutammo come era in noi - e gli operaî, che non sono sofisti nè ingrati, non lo dimenticano - l'impianto delle società di mutuo soccorso, preludio a quelle di cooperazione. Tentammo di far intendere alla classi medie che il moto operajo non era sommossa sterile e passeggiera, ma cominciamento d'una Rivoluzione provvidenziale voluta dalla progressione storica che governa la vita e l'educazione dell'Umanità - che associazione era il termine elaborato dall'Epoca nuova e da aggiungersi, in tutte le manifestazioni della vita, ai termini libertà ed eguaglianza già conquistati dall'umano intelletto - che tra noi quel moto e quel termine erano a un tempo, dacchè ogni Epoca chiama, sorgendo, ad attività un nuovo elemento, pegno del nostro esser chiamati a farci Nazione e d'un vincolo d'alleanza che si porrebbe presto o tardi fra le Nazioni ordinate a vita di popolo - ma che quel moto salutato, ajutato fraternamente dall'altre classi con atti d'apostolato simili ai nostri, si serberebbe incontaminato d'errori funesti e di basse passioni e frutterebbe a quanti ordini di cittadini vivono sulla nostra terra; combattuto colla violenza, tormentato di diffidenze o abbandonato da una colpevole noncuranza all'isolamento, si svierebbe facilmente a torti pensieri e accoglierebbe, invece della nostra severa parola Dovere, le promettitrici parole dei primi demagoghi cupidi, anelanti vendetta o vogliosi d'erigersi sui bisogni reali degli Operaî un seggio di dominazione.
Non fummo ascoltati.
I Governi senza missione che tennero dal 1815 in poi un potere fondato sul privilegio durarono paghi a vietare e reprimere. Le classi medie non guardarono al moto o guardarono con sospetto. Gli economisti officiali seguirono a dire che la libertà finirebbe per sanare ogni piaga, come se tra chi propone patti giusti o ingiusti di lavoro e chi è costretto dal bisogno d'oggi o del dì dopo ad accettare potesse mai esistere libertà di contratto. I cattolici additarono a chi soffriva il cielo, come se non dovessimo meritarlo colle opere nostre qui sulla terra e si trattasse unicamente del nostro, non dell'altrui soffrire. Taluni fra i migliori s'illusero a potere risolvere un grande problema sociale insegnando agli Operaî le grette egoistiche avvertenze di Franklin sul modo di salvare di giorno in giorno pochi centesimi o fondando, come se tutta una classe potesse salire ed emanciparsi colla elemosina, qualche istituto di beneficenza.
L'Internazionale è il frutto inevitabile della repressione governativa e della noncuranza delle classi educate e più favorite dalla fortuna.
La repressione brutale di pretese ch'erano da principio giuste in in sè generò riazione e pretese ingiuste: l'uomo respinto violentemente da un lato trabocca oltre ogni equilibrio dall'altro. La noncuranza di chi avrebbe dovuto affratellarsi al moto e contribuire a dirigerlo riconcentrò l'operajo in sè stesso, lo indusse a non far calcolo che delle proprie forze, a numerarle, a trovarsi libero d'usarne, il giorno in cui fossero predominanti, a danno degli indifferenti ai suoi mali: chi viola o lascia che si violi il diritto altrui non può presumere ch'altri protegga o rispetti il suo. Nessuno ha diritti se non compie doveri.
Oggi, la livida luce di lampo che solcò impreveduta l'orizzonte francese in Parigi ha rotto i sonni delle classi medie e la stampa che le rappresenta parla di gravi problemi che non possono più trascurarsi; ma, e lo diciamo con dolore, quel ridestarsi assume sembianza, più che d'amore, di paura; e la paura è pessima consigliera. Non parliamo della feroce repressione consumata in parte, in parte minacciata dagli uomini che usurpano un potere costituente in Versailles: essa ha rinfiammato e rinfiammerà più sempre, se dura, le ire segrete e l'anelito alla vedetta; non parliamo delle persecuzioni iniziate ad arbitrio da altri Governi: per ciò appunto che non sanno se non reprimere, i Governi d'oggi sono irrevocabilmente condannati a perire. Ma gli uomini, gli ordini intermedi di cittadini, compiono essi o s'apprestano a compiere il debito loro?
Il problema è grave, dicono, perchè è minaccioso; bisogna studiarlo: intanto raccomandano vigilanza ai Governi, rassegnazione agli Artigiani. Trascorsi pochi mesi, se nulla turberà l'apparente quiete, i consiglieri s'illuderanno intorno al futuro e ricomincieranno, prevediamo, a tacere.
Il problema è non solamente grave, ma santo, e prima condizione per meritar di risolverlo senza crisi violente è il sentirlo tale, e l'affacciarsi ad esso non col senso di paura ch'esce dalla minaccia, ma col palpito di speranza che vien dall'amore. Se volete governare e dirigere al bene un popolo, amatelo. È santo per voi il nascere alla famiglia individuale d'un pargolo e ne circondate la culla d'affetti, di sorriso e di cure proteggitrici: non sarà santo il sorgere d'una classe intera? non verserete su quel pargolo della famiglia nazionale, a proteggerne ed ajutarne il progresso, parte della vostra forza? L'Angelo della Patria siede alla culla di quel fanciullo collettivo che domanda ammissione al consorzio civile e recherà alla Madre comune incremento di vita e nuovo vigore di pensiero e d'azione. L'emancipazione politica data ai quattro milioni d'operaî dell'industria manifatturiera e ai nove milioni d'agricoltori li svierà, colla coscienza d'una nuova e degna missione da compiere, da molte funeste abitudini, sopirà ogni fiamma di discordia tra classe e classe, allontanerà ogni cagione di subiti e pericolosi rivolgimenti e trarrà dal loro intelletto oggi muto nuovo alimento al deposito collettivo d'inspirazioni e d'idee che forma la tradizione italiana. L'Educazione e la loro partecipazione progressiva a seconda delle opere nei prodotti del Lavoro, accresceranno la quantità e la qualità della produzione, conquisteranno ad essa il tempo oggi speso nell'invigilare, sopprimeranno la necessità d'una moltitudine d'agenti improduttivi intermedî. E ogni passo dato innanzi, sulla via dell'Eguaglianza e del Progresso, da quei milioni è un passo verso quell'unità morale della Famiglia italiana e per essa dell'Umanità, ch'è il nostro ideale e sorgente di tutti i nostri doveri.
Voi dovreste salutare con gioja di fratelli questo moto ascendente delle Classi artigiane e vergognarvi d'aver aspettato che la paura vi insegnasse a intenderne l'importanza.
E il problema è studiato: studiato, da ormai mezzo secolo, quanto basta perchè sian noti i vizî che affliggono le Classi artigiane e i primi rimedî coi quali dovrebbe iniziarsi la loro emancipazione. Ma quel lavoro che dovremo probabilmente ricapitolare un dì o l'altro nella Roma del Popolo e ch'or voi vorreste, quando urge il fare, ricominciare, ha un difetto: fu fatto, spesso sotto gli impulsi della paura, quasi sempre con amore esclusivo d'uno o d'altro sistema preconcetto e prendendo, come in altro scritto dicemmo, le mosse da un solo degli elementi che costituiscono la vita dell'Umanità, da pensatori isolati, da letterati di gabinetto, da uomini che - i più almeno - studiarono il problema, non nelle officine e nelle abitazioni dove trascinano la vita le famiglie degli artigiani, ma sui libri, statistiche e documenti talora errati, quasi sempre incompiuti perchè compilati o da autorità tendenti a celare il male o da individui tendenti ad esagerarlo. La verificazione di quel lavoro non può farsi se non dagli Artigiani medesimi.
È necessario che gli Artigiani d'Italia dicano pacificamente, ma seriamente e officialmente, ai loro fratelli di patria i loro bisogni e le loro aspirazioni, ciò che patiscono, ciò che, nella loro opinione, porgerebbe ai loro patimenti rimedio.
E perchè la loro voce suoni officialmente al paese, è necessario che esca, non da una o altra società capace di rappresentare soltanto condizioni, interessi, opinioni locali, ma convalidata da un'Autorità interprete riconosciuta dalla Classe artigiana intera e che compendii legalmente in sè tutti i caratteri del suo moto collettivo ascendente. L'esposizione escita da quell'Autorità centrale, sarà l'unica base che possa per noi ragionevolmente idearsi agli studî ch'altri annunzia voler imprendere.
La costituzione di questa Rappresentanza centrale e l'impianto di una pubblicazione periodica, organo collettivo della Classe artigiana convalidato dalla Direzione centrale, devono essere appunto il fine principale del Congresso operajo che si terrà, speriamo fra non molto, in Roma.
E questo Congresso porge, a quanti s'affratellano nell'animo al progresso delle classi operaje e desiderano pel bene della Patria comune che quel progresso si compia pacifico, sobrio nelle esigenze e fondato sulla concordia di tutte le classi, una mirabile opportunità per dare ai loro fratelli operaî un pegno delle loro intenzioni amorevoli e al moto stesso un carattere normale alieno da ogni tristissima realtà o apparenza di conflitto civile.
L'invio dei delegati delle società dalle diverse parti d'Italia a Roma, la retribuzione che dovrà stabilirsi per gli eletti a formare in Roma la Commissione centrale, l'impianto della pubblicazione periodica che dovrà esserne l'organo, costano, e gli artigiani son poveri. Le società faranno, non ne dubitiamo, il debito loro; nondimeno ogni spesa è vero sacrificio per esse; e ci sembra che toccherebbe a noi tutti di provare, concorrendo, agli uomini del Lavoro, che nostro è il loro problema, nostre sono le loro speranze, nostro è il loro avvenire.
Noi proponiamo che s'apra una sottoscrizione per lo scopo accennato di contribuire alle spese che il Congresso e i fini cercati da esso vorranno. E proponendola e invitando i buoni a secondarla, crediamo far cosa giusta e giovevole. È probabile che la proposta perirà sommersa nell'inerzia comune. Pure, i tempi son tali da rompere quella inerzia; e di fronte agli incitamenti che vengono dal di fuori, importa davvero che in qualche modo, con qualche dimostrazione visibile, le classi medie convincano gli artigiani che non sono, come altrove, condannati alla solitudine e che il loro progresso è a cuore di quanti hanno a cuore il progresso della Nazione.