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VOLUME SECONDO PENSIERO ED AZIONE. SCRITTI SUL MEDESIMO PERIODO AI RAPPRESENTANTI GLI ARTIGIANI NEL CONGRESSO DI ROMA |
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AI RAPPRESENTANTI GLI ARTIGIANI
Fratelli miei,
Voi sarete, se odo il vero, tra breve raccolti in Roma. E io sciolgo la mia promessa di darvi quei suggerimenti che mi sembrano più opportuni al buon andamento del vostro Congresso. Non m'arrogo di dirigervi o costituirmi interprete vostro; troppi uomini parlano oggi in vostro nome e ripetono la frase imperiosa russa: «bisogna insegnare all'operajo ciò ch'ei deve volere.» Ma mi pare di potervi dire ciò che la parte buona e sinceramente italiana del paese aspetta da voi.
La prima cosa, in ogni impresa, da accertarsi è il fine a cui tende. Il metodo da tenersi nello svolgersi dell'impresa medesima è suggerito logicamente dal fine. Il successo dipende dal seguirlo tenacemente e non disviarsene mai. Ogni deviazione è inutile dispendio di forza e di vita.
Qual è il fine a cui tende il vostro Congresso?
È, se non erro, quello di costituire un Centro che, rispettando i diritti e i doveri puramente locali delle società, possa legalmente rappresentare doveri, diritti, tendenze, interessi comuni a tutta quanta la Classe artigiana ed esprimere, convalidato dalla potenza del numero, i mali che affliggono in Italia gli uomini del Lavoro, le cagioni che, secondo voi, li producono, e i rimedî che, secondo voi, potrebbero cancellarli.
Un Patto di fratellanza fu stretto, tra le numerose società che aderirono, nell'ultimo vostro Congresso tenuto in Napoli. Ma per errori che or conoscete commessi nella costituzione appunto dell'Autorità che doveva rappresentare quel Patto e desumerne le conseguenze, rimase lettera morta.
Si tratta per voi di ratificare nuovamente quel Patto e di costituire a rappresentarlo un'Autorità che abbia condizioni di vera, forte e perenne vita.
Ed è la cosa più importante che possiate fare. Dal giorno in cui l'avrete fatto, comincierà la vita collettiva degli operaî italiani; avrete costituito lo strumento per progredire concordi; la questione sociale, oggi lasciata all'arbitrio di ogni nucleo locale, potrà definirsi davanti al paese, forte dei fatti raccolti da tutte le società e del consenso indiretto di quasi dodici milioni tra operaî manifatturieri, dati all'industria mineraria ed agricoltori; petizioni, reclami, statistiche concernenti alcuni fra i mali immediati e dovuti al malvolere o all'arbitrio degli uomini più che alla costituzione sociale, potranno escire dal vostro Centro in nome non d'una, ma di tutte le società operaje esistenti in Italia e saranno per questo ascoltate. E finalmente, potrete allora stringere, nei modi e coi patti che vi parranno opportuni, coi vostri fratelli dell'altre Nazioni, vincoli d'alleanza che tutti intendiamo e vogliamo, ma dall'alto del concetto nazionale riconosciuto, non sommergendovi, individui o piccoli nuclei, in vaste e male ordinate società straniere che cominciano dal parlarvi di libertà per conchiudere inevitabilmente nell'anarchia o nel dispotismo d'un Centro o della città nella quale quel Centro è posto.
L'Associazione, concetto fondamentale dell'epoca nuova, avrà ricevuto dal vostro elemento la prima solenne consecrazione. E l'esempio gioverà a tutto quanto il paese.
Se questo è, com'io credo, il vostro fine principale nel riunirvi a Congresso, il metodo da seguirsi nelle vostre deliberazioni è chiaro.
Verificati attentamente i mandati, che devono esclusivamente esser dati da società d'operaî, gittatevi risolutamente a quel fine, e non tollerate che altri vi svii sollevando incidenti e affacciando proposte e questioni estranee. Alcuni fra voi formulino un ordine del giorno progressivo che escluda, finchè il fine non sia raggiunto, ogni discussione intorno a dottrine religiose, politiche o sociali che un Congresso oggi non può decidere se non con dichiarazioni avventate e ridicole per impotenza. Raggiunto il fine, compìto l'ordinamento interno della classe vostra, discuterete, se avrete tempo, ciò che vorrete. Dove no, commetterete allo studio dell'autorità centrale le proposte che vi parranno importanti. Ma non v'allontanate prima dal segno. Questa vostra è manifestazione, oltre ogni altra anteriore, solenne. Il paese guarda in voi trepido, attento, severo. Se troverà nel vostro, come in altri congressi tenuti fuori d'Italia, sobbollìo, tempesta di pareri diversi, d'avventatezze non frenate, di lunghe parole inutili su questioni vitali e superficialmente trattate dall'ira non repressa di pochi, giudicherà voi tutti inesperti e malavveduti e prematuro il sorgere del vostro elemento.
Due sole dichiarazioni mi sembrano, quasi preambolo all'ordinamento e istruzione generale data all'Autorità che dovrete eleggere, volute oggi dalle insolite circostanze nelle quali versa gran parte di Europa.
Non giova illudervi. Il paese che cominciava a guardar con favore ai vostri progressi e a sottoporre a più attento esame ciò che da noi o da altri si scrive per voi a pro del vostro giusto inevitabile sorgere, è dagli ultimi eventi di Francia in poi sulla via di retrocedere, impaurito e tendente ad appoggiare la stolta immorale teorica di resistenza più o meno adottata a danno vostro da tutti i Governi. Una selvaggia irruzione, non dirò di dottrine, ma d'arbitrarie irrazionali negazioni di demagoghi russi, tedeschi, francesi, è venuta ad annunziare che, per esser felice, l'Umanità deve vivere senza Dio, senza Patria, senza proprietà individuale e, pei più logici e arditi, senza santità collettiva di famiglia, all'ombra della casa municipale di ogni comune; e quelle negazioni hanno trovato, tra per insana vaghezza di novità, tra per il fascino esercitato dalla forza spiegata da quei settarî in Parigi, un'eco in una minoranza dei nostri giovani. L'Umanità guarda e passa; ma la tiepida, tentennante, tremante, credula generazione borghese dei nostri giorni, impaurisce d'ogni fantasma. La parte abbiente del paese, dal grande proprietario fino al piccolo commerciante e al proprietario d'una bottega, comincia a sospettare che ogni moto operajo covi una minaccia ai capitali raccolti talora per eredità, più spesso dal lavoro; e ha diritto d'essere rassicurata. Or se voi foste credenti in quelle pretese dottrine, io deplorerei le tristissime conseguenze che ne escirebbero infallibilmente per l'Italia e per voi e cercherei di convincervi; non vi direi: mentite per tattica o per paura. Ma so che quelle insensate teorie non sono vostre; e però vi dico: importa al progresso del vostro moto ascendente e al paese che lo dichiariate: importa sappiano tutti che voi vi separate dagli uomini che le predicano; che in cima alla vostra fede sta la santa parola Dovere; che voi mirate a iniziare l'avvenire, non a sconvolgere con violenza il presente; che non tendete a distribuzione di ricchezza posta in mano d'altrui, a liquidazioni sociali, a confische di proprietà, ma chiedete educazione per voi e pei vostri figli, intervento pacifico di cittadini nelle faccende della Patria che amate, sacro e inviolabile da ogni tributo il necessario alla vita, senza la quale nè lavoro nè produzione sono possibili, e favore e ajuti dalla Nazione alla lenta trasformazione dell'ordinamento attuale del lavoro nel più giusto e utile a tutti ordinamento dell'associazione tra il capitale e il lavoro, tanto che vi s'apra via per raccogliere voi medesimi un capitale e mutarvi da salariati in lavoratori liberi, indipendenti dall'arbitrio altrui.
E una seconda dichiarazione, implicita già nel vostro patto di fratellanza, dovrebbe, parmi, riaffermare che voi non separate il problema economico dal problema morale, che vi sentite anzitutto uomini e italiani e che, comunque chiamati dalle vostre circostanze a occuparvi più specialmente d'un miglioramento di condizioni per la classe vostra, non potete nè volete rimanere estranei e indifferenti a tutte le grandi questioni che abbracciano l'universalità dei vostri fratelli e il progresso collettivo d'Italia.
Ma riconfermato il Patto di fratellanza e compite queste due dichiarazioni, l'una delle quali vi separa dal male, l'altra inanella i vostri ai fati d'Italia, l'ordinamento interno avrà, spero, tutte le vostre cure.
Quell'ordinamento è cosa vostra e farete pel meglio. Ma se mi concedeste di sottomettervi anche su quello alcuni suggerimenti, vi direi:
Costituite in Roma una Commissione direttiva centrale composta di cinque operaî tra i migliori dei vostri: siate nella scelta indipendenti da ogni considerazione che non sia di virtù morale e capacità.
Determinate per essi uno stipendio mensile. Ogni opera vuole essere retribuita. E ricordatevi che l'impianto della Commissione eletta nel Congresso di Napoli fallì perchè appunto gli individui scelti in punti diversi non trovarono modo di recarsi nella città dove dovevano raccogliersi o speranza di trovarvi immediatamente lavoro. La missione inoltre fidata ai cinque non potrà del resto conciliarsi colla necessità di lavorare per vivere.
Eleggete un Consiglio composto di trenta o più individui scelti fra i delegati delle diverse località rappresentate nel Congresso e aderenti al Patto, ai quali sia commesso l'ufficio d'invigilare, ciascuno dalla città in cui vive, sugli atti della Commissione direttiva, e attribuite un potere d'iniziativa per proposte da farsi ad essa, quando la proposta sia inoltrata da un numero, che toccherà a voi di determinare, di consiglieri. E statuite che in ogni deliberazione d'importanza vitale per la classe operaja, la Commissione debba, convocandoli o per corrispondenza, consigliarsi con essi. Sia inoltre nei consiglieri, se unanimi o quasi, autorità di convocare le società a un congresso speciale, se mai vedessero la Commissione deliberatamente sviarsi dalla missione ad essa fidata.
Statuite egualmente che la stessa facoltà iniziatrice risieda nelle Società e che ogni proposta convalidata d'assenso da un numero di esse che dovrete determinare, avrà necessariamente studio e risoluzione dalla Commissione direttiva.
E finalmente accertate se sia possibile coll'ajuto regolare e determinato delle società e con quello che potrà venirvi d'altrove, l'impianto d'una pubblicazione settimanale, diretta dalla Commissione, e organo officiale dei lavori e dei voti della Classe operaja.
Questo parmi in oggi il còmpito vostro. Il mio, se eleggete la Commissione, sarà quello di deporre nelle sue mani il rendiconto delle somme spese e quel tanto che avanzerà della sottoscrizione da me iniziata per voi, e di porgere ad essa via via i suggerimenti che il cuore e l'intelletto m'inspireranno.
E sarò vostro, Operaî fratelli miei, finchè rimarrà in me un alito della vita terrestre. V'amai fin dai primi passi ch'io mossi sulla via che il dovere e gli istinti dell'anima mi fecero scegliere, perchè fin d'allora intravidi i fati ai quali oggi vi sospinge la Legge provvidenziale del Progresso e la splendida parte che avreste nel risorgimento di questa sacra terra che Dio volle darci a Patria. V'amai come s'ama chi merita amore, rispettandovi e non contaminando voi e me con ipocrite adulazioni o accarezzando in voi illusioni condannate anzi tratto perchè evocate da passioni latenti o da promesse che si risolvono in sole parole. V'ho sempre detto ciò che credo esser vero.
E voi mi avete ricambiato d'amore per questo: di quell'amore sincero, puro, spontaneo che porge conforto, nelle più dure prove, alla vita e non concede all'anima stanca di travolgersi nell'ira, nel dubbio o nell'egoismo. Rimanga tra noi quel patto d'amore. E possa io, non foss'altro, vedervi prima dell'ultima ora concordemente avviati al compimento della vostra missione.