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VOLUME PRIMO PENSIERO ED AZIONE. SCRITTI DI GIUSEPPE MAZZINI ISTRUZIONE GENERALE PER GLI AFFRATELLATI NELLA GIOVINE ITALIA |
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ISTRUZIONE GENERALE PER GLI AFFRATELLATI
NELLA
§ 1.°
La Giovine Italia è la fratellanza degli Italiani credenti in una legge di Progresso e di Dovere; i quali, convinti che l'Italia è chiamata ad esser Nazione - che può con forze proprie crearsi tale - che il mal esito dei tentativi passati spetta, non alla debolezza, ma alla pessima direzione degli elementi rivoluzionarî - che il segreto della potenza è nella costanza e nell'unità degli sforzi - consacrano, uniti in associazione, il pensiero e l'azione al grande intento di restituire l'Italia in Nazione di liberi ed eguali, Una, Indipendente, Sovrana.
§ 2.°
L'Italia comprende: 1.° L'Italia continentale e peninsulare fra il mare al sud, il cerchio superiore dell'Alpi al nord, le bocche del Varo all'ovest, e Trieste all'est; 2.° le isole dichiarate italiane dalla favella degli abitanti nativi e destinate ad entrare, con un'organizzazione amministrativa speciale, nell'unità politica italiana.
La Nazione è l'universalità degli Italiani affratellati in un patto e viventi sotto una legge comune.
§ 3.°
Basi dell'Associazione.
Quanto più l'intento d'un'associazione è determinato, chiaro, preciso, tanto più i suoi lavori procederanno spediti, securi, efficaci. - La forza d'una associazione è riposta, non nella cifra numerica degli elementi che la compongono, ma nella omogeneità di questi elementi, nella perfetta concordia dei membri circa la via da seguirsi, nella certezza che il dì dell'azione li troverà compatti e serrati in falange, forti di fiducia reciproca, stretti in unità di volere intorno alla bandiera comune. Le associazioni che accolgono elementi eterogenei e mancano di programma possono durare apparentemente concordi per l'opera di distruzione, ma devono infallibilmente trovarsi il dì dopo impotenti a dirigere il movimento, e minate dalla discordia tanto più pericolosa, quanto più i tempi richiedono allora unità di scopo e di azione.
Un principio implica un metodo; in altri termini: quale il fine, tali i mezzi. Finchè il vero e pratico scopo d'una rivoluzione si rimarrà segreto ed incerto, incerta pure rimarrà la scelta dei mezzi atti a promoverla e consolidarla. La rivoluzione procederà oscillante nel suo cammino, quindi debole e senza fede. La storia del passato lo insegna.
Qualunque, individuo o associazione, si colloca iniziatore d'un mutamento nella nazione, deve sapere a che tende il mutamento ch'ei provoca. Qualunque presume chiamare il popolo all'armi, deve potergli dire il perchè. Qualunque imprende un'opera rigeneratrice, deve avere una credenza: s'ei non l'ha, è fautore di torbidi e nulla più: promotore d'un'anarchia alla quale ei non ha modo d'imporre rimedî e termine. Nè il popolo si leva mai per combattere quand'egli ignora il premio della vittoria.
Per queste ragioni, la Giovine Italia dichiara senza reticenza ai suoi fratelli di patria il programma in nome del quale essa intende combattere. Associazione tendente anzi tutto a uno scopo d'insurrezione, ma essenzialmente educatrice fino a quel giorno e dopo quel giorno, essa espone i principî pe' quali l'educazione nazionale deve avverarsi, e dai quali soltanto l'Italia può sperare salute e rigenerazione. Predicando esclusivamente ciò ch'essa crede verità, l'associazione compie un'opera di dovere e non d'usurpazione. Preponendo al fatto la via ch'essa crede doversi tenere dagli Italiani per raggiunger lo scopo; inalzando davanti all'Italia una bandiera e chiamando ad organizzarsi tutti coloro che la stimano sola rigeneratrice, essa non sostituisce questa bandiera a quella della Nazione futura. La Nazione libera e nel pieno esercizio della sovranità, che spetta a lei sola, darà giudizio inappellabile e venerato intorno al principio, alla bandiera e alla legge fondamentale della propria esistenza.
La Giovine Italia è repubblicana e unitaria.
Repubblicana: - perchè, teoricamente, tutti gli uomini d'una Nazione sono chiamati, per la legge di Dio e dell'umanità, ad esser liberi, eguali, e fratelli; e l'istituzione repubblicana è la sola che assicuri questo avvenire, - perchè la sovranità risiede essenzialmente nella nazione, sola interprete progressiva e continua della legge morale suprema, - perchè, dovunque il privilegio è costituito a sommo dell'edificio sociale, vizia l'eguaglianza dei cittadini, tende a diramarsi per le membra, e minaccia la libertà del paese, - perchè dovunque la sovranità è riconosciuta esistente in più poteri distinti, è aperta una via alle usurpazioni, la lotta riesce inevitabile tra questi poteri, e all'armonia, ch'è legge di vita alla società, sottentra necessariamente la diffidenza e l'ostilità organizzata - perchè l'elemento monarchico, non potendo mantenersi a fronte dell'elemento popolare, trascina la necessità d'un elemento intermediario d'aristocrazia, sorgente d'ineguaglianza e di corruzione all'intera nazione - perchè, dalla natura delle cose e dalla storia è provato, che la monarchia elettiva tende a generar l'anarchia, la monarchia ereditaria a generare il dispotismo - perchè, dove la monarchia non s'appoggia, come nel medio-evo, sulla credenza, oggi distrutta, del diritto divino, riesce vincolo mal fermo d'unità e d'autorità nello Stato - perchè la serie progressiva dei mutamenti europei guida inevitabilmente le società allo stabilimento del principio repubblicano, e l'inaugurazione del principio monarchico in Italia trascinerebbe la necessità d'un'altra rivoluzione tra non molti anni.
Repubblicana - perchè, praticamente, l'Italia non ha elementi di monarchia: non aristocrazia venerata e potente che possa piantarsi fra il trono e la nazione: non dinastia di principi italiani che comandi per lunghe glorie e importanti servizî resi allo sviluppo della nazione, gli affetti o le simpatie di tutti gli Stati che la compongono - perchè la tradizione italiana è tutta repubblicana: repubblicane le grandi memorie: repubblicano il progresso della nazione e la monarchia s'introdusse quando cominciava la nostra rovina e la consumò: fu serva continuamente dello straniero, nemica al popolo, e all'unità nazionale - perchè le popolazioni dei diversi Stati italiani, che si unirebbero, senza offesa alle ambizioni locali, in un principio, non si sottometterebbero facilmente ad un Uomo, escito dall'un degli Stati, e le molte pretese trascinerebbero il Federalismo - perchè il principio monarchico messo a scopo dell'insurrezione italiana trascinando con sè per forza di logica tutte le necessità del sistema monarchico, concessioni alle corti straniere, rispetto alla diplomazia e fiducia in essa, e repressione dell'elemento popolare, unico potente a salvarci, e autorità fidata ad uomini regî interessati a tradirci, rovinerebbe infallibilmente l'insurrezione - perchè il carattere assunto successivamente dai moti tentati in Italia insegna l'attuale tendenza repubblicana - perchè a sommovere un intero popolo è necessario uno scopo che gli parli direttamente, e intelligibilmente, di diritti e vantaggi suoi - perchè, destinati ad avere i governi contrarî tutti per sistema e terrore all'opera della nostra rigenerazione, ci è forza, per non rimanere soli nell'arena, di chiamarvi con noi i popoli levando in alto una bandiera di popolo e invocandoli a nome di quel principio che domina in oggi tutte le manifestazioni rivoluzionarie d'Europa.
La Giovine Italia è Unitaria - perchè senza Unità non v'è veramente Nazione - perchè senza Unità non v'è forza, e l'Italia, circondata da nazioni unitarie, potenti e gelose, ha bisogno anzi tutto d'essere forte - perchè il Federalismo, condannandola all'impotenza della Svizzera, la porrebbe sotto l'influenza necessaria d'una o d'altra delle nazioni vicine - perchè il Federalismo ridando vita alle rivalità locali, oggimai spente, spingerebbe l'Italia a retrocedere verso il medio-evo - perchè il Federalismo, smembrando in molte piccole sfere la grande sfera nazionale, cederebbe il campo alle piccole ambizioni e diverrebbe sorgente d'aristocrazia - perchè, distruggendo l'unità della grande famiglia italiana, il Federalismo distruggerebbe dalle radici la missione che l'Italia è destinata a compiere nell'Umanità - perchè la serie progressiva dei mutamenti europei guida inevitabilmente le società europee a costituirsi in vaste masse unitarie - perchè tutto quanto il lavoro interno dell'incivilimento italiano tende da secoli, per chi sa studiarlo, alla formazione dell'Unità - perchè tutte le objezioni fatte al sistema unitario si riducono ad objezioni contro un sistema di concentrazione e di dispotismo amministrativo che nulla ha di comune coll'Unità. - La Giovine Italia non intende che l'Unità nazionale implichi dispotismo, ma concordia e associazione di tutti. - La vita inerente alle località dev'esser libera e sacra. L'organizzazione amministrativa dev'esser fatta su larghe basi, e rispettare religiosamente le libertà di comune; ma l'organizzazione politica destinata a rappresentar la Nazione in Europa dev'essere una e centrale. Senza unità di credenza e di patto sociale, senza unità di legislazione politica, civile e penale, senza unità di educazione e di rappresentanza, non v'è Nazione.
Su queste basi e sulle loro conseguenze dirette esposte negli scritti dall'associazione, la Giovine Italia è credente, e non accoglie ne' suoi ranghi se non chi le accetta. Sulle applicazioni minori, e nelle molte questioni secondarie di organizzazione politica da proporsi, essa lavora e lavorerà: ammette ed esamina le divergenze, e invita i membri dell'associazione a occuparsene. L'associazione pubblicherà via via scritti appositi su ciascuna delle basi accennate e sulle principali questioni che ne derivano, esaminate dall'alto della legge di Progresso che regola la vita dell'Umanità e della Tradizione Nazionale Italiana.
I principî generali della Giovine Italia comuni agli uomini di tutte le nazioni, e gli accennati fin qui sulla nazione italiana in particolare, verranno predicati, svolti, e tradotti popolarmente dagli iniziatori agli iniziati, e dagli iniziati, quanto più possono, all'universalità degli Italiani.
Iniziati e iniziatori non dimenticheranno mai che le applicazioni morali di principî siffatti sono le prime e le più essenziali - che senza moralità non v'è cittadino - che il principio d'una santa impresa è la santificazione dell'anima colla virtù - che dove la condotta pratica degli individui non è in perfetta armonia co' principî, la predicazione de' principî è una profanazione infame e una ipocrisia - che solamente colla virtù i fratelli nella Giovine Italia potranno conquistare le moltitudini alla loro fede - che se noi non siamo migliori d'assai di quanti negano i nostri principî, non siamo che meschini settarî - che la Giovine Italia è non setta, o partito, ma credenza ed apostolato. Precursori della rigenerazione italiana, noi dobbiamo posare la prima pietra della sua religione.
§ 4.°
I mezzi de' quali la Giovine Italia intende valersi per raggiunger lo scopo sono l'Educazione e l'Insurrezione. Questi due mezzi devono usarsi concordemente ed armonizzarsi. L'Educazione, cogli scritti, coll'esempio, colla parola, deve conchiudere sempre alla necessità e alla predicazione dell'insurrezione; l'insurrezione, quando potrà realizzarsi, dovrà farsi in modo che ne risulti un principio d'educazione nazionale. L'educazione, necessariamente segreta in Italia, è pubblica fuori d'Italia. - I membri della Giovine Italia devono contribuire a raccogliere ed alimentare un fondo per le spese di stampa e di diffusione. - La missione degli esuli Italiani è quella di costituire l'apostolato. L'intelligenza indispensabile ai preparativi dell'insurrezione è, dentro e fuori, segreta.
L'insurrezione dovrà presentare ne' suoi caratteri il programma in germe della Nazionalità italiana futura. Dovunque l'iniziativa dell'insurrezione avrà luogo, avrà bandiera italiana, scopo italiano, linguaggio italiano. - Destinata a formare un Popolo, essa agirà in nome del Popolo e si appoggerà sul Popolo, negletto finora. - Destinata a conquistare l'Italia intera, essa dirigerà le sue mosse dietro un principio d'invasione, d'espansione, il più possibilmente vasto ed attivo. - Destinata a ricollocare l'Italia nell'influenza tra' popoli e nel loro amore, essa dirigerà i suoi atti a provare loro l'identità della causa.
Convinti che l'Italia può emanciparsi colle proprie forze - che a fondare una Nazionalità è necessaria la coscienza di questa nazionalità, e che questa coscienza non può aversi, ogni qual volta l'insurrezione si compia o trionfi per mani straniere - convinta d'altra parte che qualunque insurrezione s'appoggi sull'estero dipende dai casi dell'estero e non ha mai certezza di vincere - la Giovine Italia è decisa a giovarsi degli eventi stranieri, ma non a farne dipendere l'ora e il carattere dell'insurrezione. La Giovine Italia sa che l'Europa aspetta un segnale e che, come ogni altra nazione, l'Italia può darlo. Essa sa che il terreno è vergine ancora per l'esperimento da tentarsi - che le insurrezioni passate non s'appoggiarono che sulle forze di una classe sola, non mai sulle forze dell'intera nazione - che ai venti milioni d'Italiani manca non potenza per emanciparsi, ma la fede sola. Essa ispirerà questa fede, prima colla predicazione, poi coi caratteri e coll'energia dell'iniziativa.
La Giovine Italia distingue lo stadio dell'insurrezione dalla rivoluzione. La rivoluzione incomincerà quando l'insurrezione avrà vinto. Lo stadio dell'insurrezione, cioè tutto il periodo che si stenderà dall'iniziativa alla liberazione di tutto il territorio italiano continentale, dev'esser governato da un'autorità provvisoria, dittatoriale, concentrata in un piccol numero d'uomini. Libero il territorio, tutti i poteri devono sparire davanti al Concilio Nazionale, unica sorgente di autorità nello Stato.
La guerra d'insurrezione per bande è la guerra di tutte le Nazioni che s'emancipano da un conquistatore straniero. Essa supplisce alla mancanza, inevitabile sui principî delle insurrezioni, degli eserciti regolari - chiama il maggior numero d'elementi sull'arena - si nutre del minor numero possibile d'elementi - educa militarmente tutto quanto il popolo - consacra colla memoria de' fatti ogni tratto del terreno patrio - apre un campo d'attività a tutte le capacità locali - costringe il nemico a una guerra insolita - evita le conseguenze d'una disfatta - sottrae la guerra nazionale ai casi d'un tradimento - non la confina a una base determinata d'operazioni - è invincibile, indestruttibile. La Giovine Italia prepara dunque gli elementi a una guerra per bande, e la provocherà, appena scoppiata l'insurrezione. L'esercito regolare, raccolto e ordinato con sollecitudine, compirà l'opera preparata dalla guerra d'insurrezione.
Tutti i membri della Giovine Italia lavoreranno a diffondere questi principî d'insurrezione. L'associazione li svolgerà cogli scritti, ed esporrà, a tempo, le idee e i provvedimenti che devono governare lo stadio dell'insurrezione.
§ 5.°
Tutti i fratelli della Giovine Italia verseranno nella cassa sociale una contribuzione mensile di 50 centesimi. Quei tra loro che potranno, s'astringeranno nel momento della loro iniziazione all'offerta mensile d'una somma maggiore, corrispondente alle loro facoltà.
§ 6.°
I colori della Giovine Italia sono: il bianco, il rosso, il verde.
La bandiera della Giovine Italia porta su quei colori, scritte da un lato le parole: Libertà, Uguaglianza, Umanità; dall'altro: Unità, Indipendenza.
§ 7.°
Ogni iniziato nella Giovine Italia pronunzierà davanti all'Iniziatore la formula di promessa seguente:
Nel nome di Dio e dell'Italia,
Nel nome di tutti i martiri della santa causa italiana, caduti sotto i colpi della tirannide, straniera o domestica,
Pei doveri che mi legano alla terra ove Dio m'ha posto, e ai fratelli che Dio m'ha dati - per l'amore, innato in ogni uomo, ai luoghi dove nacque mia madre e dove vivranno i miei figli - per l'odio, innato in ogni uomo, al male, all'ingiustizia, all'usurpazione, all'arbitrio - pel rossore ch'io sento in faccia ai cittadini dell'altre nazioni, del non avere nome nè diritti di cittadino, nè bandiera di nazione, nè patria - pel fremito dell'anima mia creata alla libertà, impotente ad esercitarla, creata all'attività nel bene e impotente a farlo nel silenzio e nell'isolamento della servitù - per la memoria dell'antica potenza - per la coscienza della presente abjezione - per le lagrime delle madri italiane pei figli morti sul palco, nelle prigioni, in esilio - per la miseria dei milioni:
Io N. N.
Credente nella missione commessa da Dio all'Italia, e nel dovere che ogni uomo nato Italiano ha di contribuire al suo adempimento;
Convinto che dove Dio ha voluto fosse Nazione, esistono le forze necessarie a crearla - che il Popolo è depositario di quelle forze - che nel dirigerle pel Popolo e col Popolo sta il segreto della vittoria;
Convinto che la Virtù sta nell'azione e nel sagrificio - che la potenza sta nell'unione e nella costanza della volontà;
Do il mio nome alla Giovine Italia, associazione d'uomini credenti nella stessa fede, e giuro:
Di consecrarmi tutto e per sempre a costituire con essi l'Italia in Nazione Una, Indipendente, Libera, Repubblicana;
Di promovere con tutti i mezzi, di parola, di scritto, d'azione, l'educazione de' miei fratelli italiani all'intento della Giovine Italia, all'associazione che sola può conquistarlo, alla virtù che sola può rendere la conquista durevole;
Di non appartenere, da questo giorno in poi, ad altre associazioni;
Di uniformarmi alle istruzioni che mi verranno trasmesse, nello spirito della Giovine Italia, da chi rappresenta con me l'unione de' miei fratelli, e di conservarne, anche a prezzo della vita, inviolati i segreti;
Di soccorrere coll'opera e col consiglio a' miei fratelli nell'associazione,
Ora e sempre.
Così giuro, invocando sulla mia testa l'ira di Dio, l'abominio degli uomini e l'infamia dello spergiuro, s'io tradissi in tutto o in parte il mio giuramento.
Io giurai, primo, quello Statuto. Molti lo giurarono con me allora e poi, i quali sono oggi cortigiani, faccendieri di consorterie moderate, servi tremanti della politica di Bonaparte e calunniatori e persecutori dei loro antichi fratelli. Io li disprezzo. Essi possono aborrirmi, come chi ricorda loro la fede giurata e tradita; ma non possono citare un sol fatto a provare ch'io abbia mai falsato quel giuramento. Oggi come allora io credo nella santità e nell'avvenire di quei principî: vissi, vivo e morrò repubblicano, testimoniando sino all'ultimo per la mia fede. S'essi mai volessero dirmi, quasi a discolpa, ch'io pure mi adoprai negli ultimi due anni e tuttavia m'adopro per l'Unità sotto una bandiera monarchica, io additerei loro le linee dello Statuto che dicono: l'Associazione non sostituisce la sua bandiera a quella della Nazione futura: la Nazione libera...... darà giudizio..... venerato. - Il popolo d'Italia è oggi travolto da una illusione, che lo trascina a sostituire l'Unità materiale all'Unità morale e alla propria rigenerazione: non io. Io piego la testa, dolente, alla Sovranità nazionale, ma la monarchia non m'avrà impiegato nè servo; e se la mia fede poggiasse sul Vero, dirà il futuro.
Lo Statuto risponde a ogni modo alle cento accuse che furono avventate più tardi contro noi da libelli di spie come il De la Hodde, o di frenetici come D'Arlincourt, e citate spesso con amore da scrittori di parte moderata che le sapevano false. Sopprimendo la condanna di morte, minacciata da tutte le Società segrete anteriori, ai traditori dei loro fratelli; sostituendo fin d'allora alla erronea straniera dottrina dei diritti la teorica del Dovere come fondamento dell'opere nostre; prefiggendo ai buoni un programma definito, norma suprema sulla quale ogni affratellato potea giudicare delle istruzioni trasmesse; negando risolutamente la necessità dell'iniziativa straniera; dichiarando che l'Associazione, serbando segreto il lavoro tendente all'insurrezione, svilupperebbe colla stampa i proprî principî e le proprie idee, io separava interamente la nuova fratellanza dalle vecchie Società segrete, dal dispotismo di capi invisibili, dalla indegna cieca obbedienza, dal vuoto simbolismo, dalla molteplice gerarchia e da ogni spirito di vendetta. La Giovine Italia chiudeva il periodo delle sette e iniziava quello dell'Associazione educatrice.
Più dopo, consunto il primo periodo della nostra attività, sorsero nelle Calabrie e in qualch'altro punto organizzazioni indipendenti dal Centro che, assumendo il nome fatto popolare della Giovine Italia, coniarono, a seconda delle abitudini del paese o delle inspirazioni personali dei fondatori, Statuti in parte diversi dal nostro. Ma o le circostanze vietarono ogni contatto fra noi, o insistemmo perchè accettassero le nostre norme fondamentali. Quei che ci apponessero deviazioni siffatte farebbero come quei che apponessero al principio repubblicano il terrore del 1793, o al monarchico gli assassinii del 1815 nel mezzogiorno di Francia. Ogni Partito, ogni moto nazionale ha sobbollimenti, pei quali, presso gli onesti ragionatori, il Partito e il moto non sono mallevadori.
Mi posi a capo della impresa perchè il concetto era mio ed era naturale ch'io lo svolgessi, e perch'io sentiva in me potenza d'attività infaticabile e pertinacia di volontà capaci di svolgerlo; e l'unità della direzione mi pareva essenziale. Ma il programma era pubblico e destinato ad essere l'anima dell'Associazione. Io non poteva deviarne menomamente senza che gli affratellati sorgessero a rinfacciarmelo. Poi, io ero circondato d'uomini i quali m'erano amici, e usavano liberamente dei diritti dell'amicizia, e accessibile a tutti e in tutte le ore. Era in sostanza un lavoro collettivo fraterno nel quale chi dirigeva s'assumeva più ch'altro il privilegio d'incorrere il biasimo, le opposizioni e la persecuzione per tutti.
Fermo nell'idea d'iniziare la doppia nostra missione segreta e pubblica, insurrezionale ed educatrice, mentr'io dava opera assidua, come dirò poi, all'impianto dei Comitati dell'Associazione in Italia, m'affrettai a stampare il manifesto della Giovine Italia, raccolta di scritti intorno alla condizione politica, morale e letteraria dell'Italia, tendente alla sua rigenerazione. Noi non avevamo mezzi pecuniarî. Io andava economizzando quanto più poteva sul trimestre che mi veniva dalla famiglia: i miei amici erano tutti esuli e dissestati in finanza. Ma ci avventurammo, fidando nell'avvenire e nelle sottoscrizioni volontarie che dovevano venirci se i nostri principî tornavano accetti. Il Manifesto escì sul finire, a quanto ricordo, del 1831. Gli tenne dietro di poco, nel 1832, il primo fascicolo.