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VOLUME PRIMO PENSIERO ED AZIONE. SCRITTI DI GIUSEPPE MAZZINI AGLI OPERAI ITALIANI. DEL DOVERE D'ASSOCIARSI NAZIONALMENTE |
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DEL DOVERE D'ASSOCIARSI NAZIONALMENTE
1841.
Fra i molti operai italiani che viaggiano fuori d'Italia, parecchi si sono legati ad associazioni straniere, specialmente francesi. All'invito dei loro fratelli di patria, essi rispondono: «non sono tutti gli uomini nostri fratelli? noi abbiamo già dato il nostro nome ad associazioni d'uomini liberi, che vogliono quello che voi volete, che combattono per la stessa causa, l'emancipazione del popolo dai mali morali e fisici che lo opprimono. Non potete esigere più da noi.» E si rimangono appartati dal nostro lavoro.
Che cosa siano queste Associazioni, noi lo diremo tra non molto. Le più hanno scritto sulla loro bandiera comunione di beni, abolizione della proprietà; dottrine tiranniche, assurde, nemiche al progresso dell'Umanità, che noi dovremo confutare in alcuno de' numeri successivi dell'Apostolato: dottrine fortunatamente irrealizzabili, ma che producono in oggi il doppio male di raffreddare l'attività di molti tra i veri amici del popolo, e di consumare intorno a progetti impossibili l'energia di molti operai eccellenti per intenzioni, ma illusi.
Bensì, non è di questo che intendiamo ora occuparci. Se a parecchi tra gli operai italiani sembra che le opinioni accennate possano contenere il rimedio che tutti cerchiamo ai mali presenti, è cosa da discutersi fraternamente tra noi, nè può formare soggetto di giusto rimprovero. Nessuno tradisce il proprio dovere quando cerca diffondere le idee che egli, sbagliando o no, crede vere. Ma tradisce, non esitiamo a dirlo, il proprio dovere e merita il rimprovero de' suoi fratelli qualunque, tra un'Associazione Nazionale operante per la buona causa e un'Associazione straniera, preferisce quest'ultima. Egli diserta il posto che gli è stato affidato da Dio per passare ad un altro.
Gli operai italiani, che a fronte d'un lavoro nazionale persistono a spendere la loro attività nelle associazioni straniere, hanno pensato mai, che al di là dell'Alpi o del mare stanno ventisei milioni di loro fratelli, parlanti colle solite varietà di dialetti una stessa lingua, distinti dagli altri popoli per un tipo speciale di fisonomia, dotati di costumi, d'attitudini, di tendenze uniformi? Hanno pensato che quei milioni sono schiavi, oppressi moralmente e materialmente, smembrati in sette stati, spolpati da sette corti, manomessi, dissanguati dallo straniero, mantenuti coll'astuzia e colla violenza nell'ignoranza, privi d'ogni diritto, e privi di tutti quei mezzi di progresso che appartengono più o meno a tutti i paesi ne' quali esistono le associazioni delle quali parliamo? Hanno pensato che la terra sulla quale gemono quei milioni è la terra dov'essi nacquero, dove vivono i loro padri e le loro madri, dove vivranno i loro figli? Hanno sentito, viaggiando e trovandosi a fronte d'uomini che ripetono con orgoglio: siamo Francesi, siamo Inglesi, la vergogna del non poter dire: siamo Italiani, senza correre il rischio d'udirsi replicare: mentite; non esiste un'Italia? E se pure hanno sentito talora questa vergogna, non hanno sentito nello stesso tempo un istinto, una voce interna, che dicea loro: bisognerebbe operare a cancellarla, a levarsi questa macchia di sulla fronte, a farsi cittadini d'una nazione, a conquistarsi una patria? E se udirono quella voce, perchè non hanno operato, perchè non operano oggi con noi a seconda? Perchè invece di tentare di crearsi una patria e un nome, lavorano a conquistare miglioramenti a popoli che hanno patria e nome e bandiera e unità nazionale? a popoli che non hanno bisogno di pochi individui stranieri per progredire quando che sia, mentre l'Italia, senza unità, senza stampa, senza rappresentanza, ha bisogno di tutti i suoi figli? Operai italiani! sta bene d'ajutare, occorrendo, il vicino; ma prima di dar opera a perfezionare la casa altrui, non dovreste voi lavorare a inalzarne una pei vostri figli e per voi?
La causa del Popolo è una. La santa parola Umanità sta scritta in cima al nostro foglio come nel nostro cuore. Ma v'è un'altra santa parola, la Patria, che noi non possiamo dimenticar senza colpa. La Patria è la nostra casa: la casa che Dio ci ha data, ponendovi dentro una numerosa famiglia, che ci ama e che noi amiamo naturalmente, colla quale noi possiamo intenderci meglio e più rapidamente che non con altri, e che per la concentrazione sopra un dato terreno e per la natura omogenea degli elementi ch'essa possiede è chiamata a un genere speciale d'azione. La Patria è la nostra lavoreria: i prodotti della nostra attività devono spandersi da quella a benefizio di tutta la terra; ma gli stromenti di lavoro, che noi possiamo meglio e più efficacemente trattare, stanno in quella; e noi non possiamo rinunziarvi senza tradire l'intenzione di Dio, e senza diminuire le nostre forze. Lavorando, secondo i veri principî, per la Patria, noi lavoriamo per l'Umanità: la Patria è il punto d'appoggio della leva che noi dobbiamo dirigere a vantaggio comune. Perdendo quel punto d'appoggio, noi corriamo rischio di riescire inutili alla Patria e all'Umanità.
Operai italiani! Prima d'associarci colle nazioni, bisogna esistere: non v'è associazione che tra gli eguali; e voi non avete esistenza riconosciuta, perchè non avete Patria, e non appartenete a una Nazione. Noi vi ripeteremo continuamente queste parole, perchè noi pure abbiamo viaggiato, e le abbiamo con amarezza udite dalla bocca degli stranieri. Quando nojati dell'udirci ripetere da gente che non ha fatto mai cosa alcuna per noi: noi vi daremo la libertà, parlammo qualche volta della possibilità che gl'Italiani la conquistassero colle proprie mani: ci udimmo rispondere che possibilità senza intenzione non v'era, e che l'intenzione esisteva sì poco che i nostri si cacciavano nelle Associazioni straniere, convinti che la libertà del loro paese non poteva escire se non dall'altrui potenza. Operai italiani, questa è parola amara: parola che, se avete anima d'uomini, dovete dar opera a non meritare. Lasciate il sentimento della loro debolezza a coloro che pretendono fondare le rivoluzioni sull'azione e sugli interessi d'una classe sola. Ma noi siamo popolo; siam milioni; abbiamo forza. Tutto sta nell'unirci e volere.
Uniamoci dunque. Cerchiamo insieme i mezzi di crearci una Patria. Fondiamo l'Italia del Popolo. Acquistiamoci diritti d'uomini e di cittadini. Torneremo poi, con più dignità, con maggior utile e con sicurezza di non essere dominati o traditi, all'abbraccio delle nazioni. L'Umanità è un grande esercito che move alla conquista di terre incognite, contro a nemici potenti e avveduti. I Popoli sono i diversi corpi di quell'esercito. Ciascuno ha un posto che gli è fidato: ciascuno ha una operazione particolare da eseguire; e la vittoria comune dipende dalla esattezza colla quale le diverse operazioni saranno compite. Non turbate l'ordine della battaglia. Non passate da un corpo in un altro. Non abbandonate la bandiera che Dio vi dava per quella che v'è offerta dal caso. Dovunque vi troviate, in seno a qualunque popolo le circostanze vi caccino, combattete per la libertà di quel popolo, se il momento lo esige. Ma combattete come Italiani, così che il sangue che verserete frutti onore ed amore, non a voi solamente, ma alla vostra Patria. E Italiano sia il pensiero continuo dell'anime vostre: Italiani siano gli atti della vostra vita: Italiani i segni sotto i quali v'ordinate a lavorare per l'Umanità. Avrete più caldo l'affetto de' vostri fratelli, e più sincera, credetelo a noi, la stima degli stranieri. La loro parola a voi, individui, può suonare in oggi fraterna e amorevole come a qualunque ingrossa i loro ranghi e rende omaggio alla loro Patria e alle opinioni ch'essi professano: ma siate certi che i più tra loro imparano da voi a disistimare il vostro paese, a riguardarne la causa come dipendente da quella del loro, a contemplarlo forse nell'avvenire siccome un dipartimento, o una colonia della loro Repubblica.