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VOLUME PRIMO PENSIERO ED AZIONE. SCRITTI DI GIUSEPPE MAZZINI NECESSITÀ DELL'ORDINAMENTO SPECIALE DEGLI OPERAI ITALIANI. RISPOSTA AD UNA OBBIEZIONE. |
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NECESSITÀ DELL'ORDINAMENTO SPECIALE
RISPOSTA AD UNA OBBIEZIONE116.
1842.
Alcuni operai italiani dichiarando la loro approvazione al nostro concetto e alle basi fondamentali della nostra associazione, hanno mosso a chi dirige l'Apostolato il dubbio seguente:
«Perchè cercate riunire in un solo corpo gli operai italiani? Perchè li concentrate in una sezione dell'Associazione Nazionale? Voi così perpetuate la distinzione delle classi che annunziate voler distruggere. Voi date un fondamento alla ineguaglianza che pretendete combattere. Si tratta non di divisione, ma di fusione. Non esistono sotto la nostra bandiera che cittadini italiani. Qualunque altra denominazione racchiude un germe di quella aristocrazia che dobbiamo e vogliamo spegnere.»
Il rimprovero per sè, ci sia concesso il dirlo, è fondato sopra un errore tanto palpabile che non meriterebbe confutazione. Ma tradisce un senso di diffidenza giustificato in parte dal passato, e noi dobbiamo afferrare tutte occasioni di chiarirlo ingiusto e di logorarlo.
La Giovane Italia, come associazione, non ha bisogno di difendere le proprie intenzioni. La sua bandiera fu bandiera di popolo sin dal primo giorno in che fu levata. La sua credenza fu credenza esplicita, dichiarata animosamente, d'unità della razza umana, d'abborrimento dalle caste, d'eguaglianza tra le nazioni, d'eguaglianza fra i cittadini d'una nazione. Prima in Italia, predicò che la causa essenziale dell'impotenza dei tentativi rivoluzionarî passati stava nello scopo imperfetto, aristocratico, anti-nazionale che s'era dai capi prefisso a quei tentativi: disse che non si fondava nazione se non si fondava per tutti, se non si chiamavano tutti a fondarla, cioè a concorrere nei doveri e a partecipar nei diritti che sgorgano dal concetto nazionale: disse che le forze della nazione non erano scese mai sull'arena, perchè non s'erano chiamate mai, perchè le insurrezioni s'erano appoggiate or sulla milizia e sul patriziato, or sulle classi medie, non mai sulla universalità degli uomini, che costituiscono la nazione, perchè i capi avevano sempre parlato d'indipendenza dallo straniero, di libertà politica, di diritti politici, dimenticando che tutte rivoluzioni sono nella loro essenza sociali, che l'ordinamento politico è la forma e non altro dei mutamenti, e che non s'ha diritto di chiamare i milioni al sacrificio della quiete e della vita, se non proponendo loro uno scopo di perfezionamento collettivo, di miglioramento morale e materiale comune a tutti, di educazione fraterna senza eccezione.
Nessun atto, nessun scritto dell'associazione smentì fino ad oggi siffatta credenza. Il dubbio adunque non mira a ferir le intenzioni, ma guarda alle tristi conseguenze che potrebbero escire da un errore in buona fede commesso.
A questo è da rispondere.
La parola operajo non ha per noi alcuna indicazione di classe nel significato comunemente annesso al vocabolo: non rappresenta inferiorità o superiorità sulla scala sociale: esprime un ramo d'occupazione speciale, un genere di lavoro, un'applicazione determinata dell'attività umana, una certa funzione nella società: non altro. Diciamo operajo come diciamo avvocato, mercante, chirurgo, ingegnere. Tra codeste occupazioni non corre divario alcuno quanto ai diritti e ai doveri di cittadini. Ognuna d'esse dà soddisfacimento a un bisogno, tutte sono, più o meno, essenziali allo sviluppo comune. Le sole differenze che noi ammettiamo tra i membri d'uno Stato sono le differenze d'educazione morale. Un giorno, l'educazione generale uniforme ci darà una comune morale. Un giorno, saremo tutti operai, cioè vivremo tutti sulla retribuzione dell'opera nostra in qualunque direzione s'eserciti. L'esistenza rappresenterà un lavoro compito.
Ma codesto è l'avvenire: l'avvenire per cui lavoriamo. Il presente è diverso. E non movendo da esso, noi ci esporremmo a perpetuarlo, mentre intendiamo a mutarlo.
Il presente è diverso. Esistono in Italia, come dappertutto, due classi d'uomini: gli uni possessori esclusivamente degli elementi d'ogni lavoro, terre, credito, o capitali; gli altri, privi di tutto fuorchè delle loro braccia. Esiste in Italia come per ogni dove una educazione diversa per queste due classi, o meglio, esiste una educazione quale i mezzi individuali possono procacciarla, per la prima classe; non esiste educazione alcuna per la seconda. Sopra duecento allievi incirca segnati sui registri della Scuola italiana gratuita di Londra, centotrenta imparano a leggere.
Gli uomini della prima classe per conoscenza, gli uomini della seconda istintivamente desiderano egualmente l'Indipendenza e l'Unità Nazionale: in tutto il resto si separano.
Gli uomini della prima classe combattono per assicurare ed accrescere gli agi e le superfluità della vita; gli uomini della seconda combattono per assicurarsi la vita.
I primi vorrebbero conquistare maggior sviluppo e libertà d'applicazione al pensiero: i secondi, costretti a spendere dodici o quattordici ore della giornata in un lavoro quasi esclusivamente di braccia, vorrebbero conquistarsi possibilità di pensiero.
I primi, inceppati nell'esercizio delle loro facoltà, vilipesi dallo straniero, sottoposti all'arbitrio di principi stolti e malvagi, hanno principalmente bisogno d'una rivoluzione politica: i secondi affranti dalla miseria, tormentati dalla precarietà del lavoro e dall'insufficienza dei salarî, hanno principalmente bisogno d'un ordinamento sociale.
Le insurrezioni fino ad oggi tentate ebbero carattere esclusivamente politico: il lavoro attuale tende a far sì che la prima insurrezione porti carattere politico e sociale ad un tempo.
Ma per riescirvi sono necessarie due cose: l'una che i milioni i quali invocano un migliore ordinamento sociale esprimano i loro bisogni; l'altra che i migliori o i più tra gli uomini componenti la prima classe simpatizzino coll'espressione di quei bisogni e intendano la necessità di riunirsi a soddisfarli concordemente.
La prima è necessaria perchè le rivoluzioni non prevengono, non indovinano i bisogni dei popoli, ma li concretano, li traducono in fatti, li riducono a legge. La seconda è necessaria, perchè altrimenti le rivoluzioni si ridurrebbero a guerre civili nelle quali la decisione qualunque siasi, a qualunque parte spetti il trionfo, è pur sempre questione di forza e sostituisce una tirannide all'altra.
E l'unica via da seguirsi per ottenere queste due cose è l'ordinamento in associazione degli uomini che invocano il mutamento sociale.
La nazione intera ha bisogno di sapere ciò che gli operai, cioè i milioni d'uomini che vivono del proprio lavoro senza possedere gli elementi del lavoro, patiscono, accusano, invocano.
La nazione ha bisogno di sapere ciò che gli operai non vogliono: tanti strani sistemi, pericolosi, sovversivi, hanno occupato le menti a' dì nostri, che giova conoscere non solamente ciò che l'uomo crede, ma ciò in che non crede.
Gli operai hanno bisogno di consultarsi per conoscere e calcolare le proprie forze, per concordare intorno ai rimedî che possono porre un termine ai loro mali, per raccogliere i mezzi necessarî ad esprimerli colla stampa e a dare un principio almeno d'educazione a quei tra' loro fratelli che ne sono assolutamente mancanti.
Considerazioni siffatte hanno dato origine alla formazione d'una sezione composta esclusivamente d'operai nell'Associazione nazionale.
Quando l'Italia vedrà riuniti in un corpo, schierato sotto la bandiera nazionale e pronto a commettersi alle battaglie della patria, i suoi operai, e udrà da essi medesimi l'espressione riposata, pacifica de' loro bisogni, l'Italia non accuserà più di freddezza e d'inerzia le sue moltitudini e intenderà il perchè si rimasero, nei tentativi passati, anzi spettatrici che attive. Quando gli operai ordinati, forti di convinzioni uniformi, stretti in unità di volere, militeranno nell'Associazione nazionale, non solamente come cittadini, ma come operai, non dovranno più temere d'esser delusi nelle loro giuste speranze e di vedere le rivoluzioni consumarsi in questioni di forme meramente politiche a benefizio d'una sola classe.
Senza ciò non v'è da sperare. Le insurrezioni, ignare de' bisogni speciali e delle esigenze dei diversi elementi che compongono lo Stato, formeranno il loro programma dai voti comuni a tutti, promulgheranno diritti politici inefficaci e nulla più. La storia degli ultimi cinquant'anni parla evidente in proposito.
Braccia d'operai conquistarono la Bastiglia: che cosa ottennero dalla rivoluzione francese? Braccia d'operai rovesciarono il trono di Carlo X: cosa ottennero le moltitudini dall'insurrezione del 1830? Le associazioni, che prepararono in Italia il terreno ai movimenti del 1831, erano popolate d'operai: quali provvedimenti furono, non dirò presi, ma indicati da lungi alla speranza delle classi operose, perchè i padri si confortassero nell'idea che sorriderebbe ai figli un migliore avvenire? Gli operai delle città di provincia decisero in Inghilterra nel 1831 la questione della riforma: perchè i pochissimi miglioramenti che originarono dal bill conquistato non fruttarono che alle classi medie? Mancava agli operai un ordinamento speciale; mancava quindi l'espressione regolare, insistente, imponente de' loro bisogni. L'operajo si frammise a movimenti originati e diretti dalle classi medie, si confuse nelle vaste fila della Carboneria, scese in piazza a combattere, com'uomo, come cittadino, non come operajo. Venne in ajuto, come cifra numerica aggiunta alla lotta, non come elemento dello Stato, a classi che erano col fatto ordinate da secoli, e considerate da secoli come elementi della società. Accettò quindi necessariamente il loro programma, non diede il suo. S'anche, avvedendosi che i diritti politici senz'altro non gli fruttavano, egli avesse, il dì dopo aver combattuto, esposto i proprî bisogni, era tardi: voce non collettiva ma d'individui, il rumore che menavano le classi ordinate istigatrici del movimento doveva disperderla, e la disperse. Perchè accusarne unicamente gli uomini di quelle classi? Perchè pretendere dalla natura umana come anch'oggi è, che insoddisfatta del presente, ricerchi i bisogni non espressi dell'avvenire?
La questione dell'ordinamento speciale degli operai italiani si riduce a questa: hanno o non hanno gli operai bisogni speciali ch'esigono provvedimento?
Gli operai - giova ripetere codeste cose - lavorano troppe ore della giornata, perchè non ne patisca la loro salute e perchè non vi sia per essi impossibilità assoluta d'educare, come conviensi ad ogni umana creatura, l'intelletto e l'anima loro. Gli operai sono generalmente troppo mal retribuiti perch'essi possano schermirsi, coi risparmî, dalla miseria per sè e per le loro famiglie ne' tempi di crisi, e dall'ospedale o dal workhouse nella vecchiaja. Gli operai sono lasciati senza riparo, dacchè le coalizioni, anche negli Stati mezzo-liberi, sono punite, all'arbitrio di chi li impiega e alle diminuzioni dei salari, provocate dagli effetti della concorrenza crescente. Gli operai sono continuamente esposti alla mancanza assoluta di lavoro, cioè alla fame, per le frequenti crisi commerciali che l'assenza di direzione generale all'attività industriale fa inevitabili. Gli operai sono, dalla natura della loro mercede incapace d'aumento progressivo comunque il guadagno de' padroni proceda, ridotti alla condizione di macchine, condannati ad una ineguaglianza perpetua, avviliti in faccia a sè stessi e ai loro fratelli di patria. Gli operai sono, per tutte queste cagioni, sottoposti a tutti gli obblighi della società dove vivono, dal tributo che le imposte indirette prelevano sui sudori delle loro fronti fino al sagrificio della vita che le guerre della patria esigono, senza giovarsi d'un solo de' suoi benefizî.
A condizioni siffatte i rimedî meramente politici non bastano: e nondimeno, le rivoluzioni saranno sempre meramente politiche finchè saranno fidate all'impulso unico delle altre classi. Le loro condizioni sono radicalmente diverse: perchè faticherebbero a provvedere a bisogni ch'essi non provano e che non hanno espressione collettiva da chi li prova? E chi mai se non chi li prova può esprimerli efficacemente? Quando in Francia una legge sugli zuccheri ferisce gli interessi commerciali, a chi se non alle Camere di commercio spetta ammonire e protestare contr'essa? Chi sogna separazione di classi e aristocrazia mercantile, perchè le Camere di commercio ammoniscono e protestano?
Operai italiani, arrossite del vostro nome? arrossite dell'ufficio al quale adempite nella società? I padri vostri non ne arrossivano. Quando Firenze era libera, repubblica nota e rispettata in Europa, i vostri padri si ordinavano per arti e mestieri, si chiamavano alteramente lanajuoli, setajuoli, conciatori di pelli, si raccoglievano sotto i loro gonfaloni ad esprimere i loro bisogni e la loro volontà. Diffidereste in oggi degli uomini che vi chiamano ad ordinarvi per raggiungere quella eguaglianza che non esiste finora per voi, e che nessuno finora ha tentato darvi, solo perchè l'ordinarvi a un lavoro speciale implica che voi non l'avete raggiunta? Se voi preferite il nome alla cosa - se vi pare che il confondervi in un lavoro esclusivamente politico coi vostri concittadini, sulla terra straniera, senza indizio delle vostre condizioni presenti, sia da preferirsi al tentare un riordinamento sociale che vi darà, quando che sia, nella vostra patria, non diritti nominali, ma esercizio reale di diritti e doveri cittadineschi, - rimanetevi separati da noi. Dove no, fate senno. Fate senno degli esempî patrî; fate senno, poichè pur troppo voi guardate anch'oggi con più attenzione alle cose altrui che non alle vostre, degli esempî stranieri. A che son dovuti i progressi che la questione sociale ha fatto da dieci anni in Francia ed in Inghilterra, se non alle associazioni degli operai? Da che deriva la tendenza abituale in oggi negli organi della classe media a discutere i punti, negletti dieci anni sono, del miglioramento delle classi povere e dell'ordinamento del lavoro, se non dai giornali che in Francia ed in Inghilterra gli operai stessi dirigono117? Sarete illusi sempre e sempre traditi, operai italiani, finchè non seguirete siffatti esempî, finchè non intenderete che prima di partecipare nei cangiamenti politici cogli altri elementi, l'elemento del lavoro ha da ottenersi cittadinanza nello Stato, ch'oggi non l'ha, e che a conquistarla è indispensabile l'associazione.
Operai italiani, che avete mosso il dubbio intorno al quale abbiamo tenuto discorso, le vostre intenzioni sono pure; il vostro sospetto è sospetto d'uomini che sentono l'importanza del principio d'eguaglianza sul quale deve indispensabilmente fondarsi l'edifizio futuro e tremano di vederlo guasto o falsato. Ma badate ch'altri, più diffidente della natura umana che noi non siamo, non lo interpreti diversamente, e non v'accusi d'una vanità meschinissima, ostile al principio che predicate: badate a non screditare per voi stessi l'ufficio ch'esercitate nella società, lasciando pensare che voi ne arrossite: badate a non fare che i vostri nemici possano dire: vedete? essi si dichiarano apostoli d'una società fondata sul lavoro, e vergognano di vivere sul lavoro delle loro braccia. Voi siete il nucleo della nazione futura. Non la tradite, rinegandone il principio fondamentale. Andate nobilmente alteri del vostro nome: verrà tempo che tutta quanta la nazione lo adotterà. Scrivete sulla vostra bandiera lavoro, e rannodatevi intorno ad essa per riscattarla dal dispregio in che secoli l'hanno tenuta. In faccia alla Democrazia, quella parola, base d'ogni società popolarmente ordinata, racchiude la più alta malleveria dell'eguaglianza che voi cercate: in faccia a quella parte della nazione che non è conquistata ancora alle credenze democratiche, voi nuocereste deliberatamente alla nostra causa se lasciaste mai sospettare che il nome Operajo, segno del vostro ufficio nella società, cova, anche nell'animo vostro, un germe d'ineguaglianza che v'induce a sopprimerlo. Quando, a mezzo il secolo XVI, un satellite di Filippo II re di Spagna chiamò, deridendo, gl'insorti dei Paesi Bassi una mano di spiantati (les gueux), gl'insorti accettarono quel nome, lo scrissero sulle loro ciarpe, sulle loro bandiere, lo fecero suonar alto per ogni dove, e tredici anni dopo, la fondazione delle Sette Provincie Unite cangiava lo scherno in rispetto e timore. Il vostro nome, operai, racchiude ben altro che non il nome applicato per disprezzo dal satellite di Filippo II agli insorti de' Paesi Bassi; tanto più vi mostrerete inferiori al concetto dell'epoca e, concedeteci il franco linguaggio, spregevoli, se invece d'inorgoglirvene, pensaste a dissimularlo.
E ascoltate un'altra parola. Siete deboli finora e pochi e dispersi. La vostra voce fu muta nei tentativi passati. I vostri bisogni non furono neppure avvertiti. In faccia alla nazione, in faccia all'estero, siete ignoti finora. Non inceppate con sospetti, con dubbî, con divisioni inopportune, l'Associazione che riconosce prima i vostri diritti, che prima s'assume di far intendere la vostra voce, di predicare i vostri bisogni; non ne rallentate l'azione con discussioni intorno a nomi e minuzie che mal si concederebbero a chi avesse già corso mezzo il cammino. Siate forti prima; discuterete più dopo. Concentratevi nell'Associazione; quanto più numerosi sarete, tanto più avrete modo di perfezionarla e di cancellarne gli errori che accompagnano ogni opera umana. Dall'esame dei fatti e degli scritti dell'Associazione, dall'esame della vita degli uomini che la dirigono, accertatevi dei principî della prima, delle intenzioni dei secondi: questo è non solamente diritto, ma debito vostro; dove bensì troviate giusti i principî, pure le intenzioni, non siate, in oggi, troppo esigenti. Ricordatevi che le obbiezioni sono facili, ma il fondare è difficile. Ricordatevi che spesso la vanità impotente a fare, s'appaga, senza riflettere alle conseguenze, in disfare. Non vi lasciate svolgere, per vani e ingiusti sospetti, da ciò che più importa, costituirvi, ordinarvi, conquistar forza. Dite a quei che tentassero sviarvi dall'Associazione: «cos'è che ponete in sua vece?» Tutti i consigli ch'essi possono darvi furono già praticati e non vi condussero a miglioramento alcuno. Ma noi non possiamo, anche volendo, tradirvi. Riuniti in un corpo; chi può tradirvi? Avete combattuto finora pel programma dell'altre classi: date oggi il vostro e annunziate collettivamente che non combatterete se non per quello. Siete cittadini italiani, e come tali volete l'unità, l'indipendenza, la libertà della patria e i diritti politici che spettano a tutti i vostri fratelli, qualunque sia il modo della loro attività nel lavoro comune: appartenete dunque all'Associazione nazionale. Siete operai italiani, e come tali avete bisogni speciali ed esigete rimedî speciali senza i quali i diritti politici tornerebbero per voi un'amara ironia: ordinatevi dunque tra voi perchè l'espressione di quei bisogni e l'indicazione di quei rimedî sian note all'Associazione e per mezzo dell'Associazione alla nazione italiana. Credete a noi. Chi vi tiene linguaggio diverso, o s'inganna o v'inganna.