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Prima puntata C'era una volta un giovane barone | «» |
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Articolo uscito sulla Cronaca Bizantina il 1 maggio 1883
Ero giovane, allora! non molto giovane ancora di anni, ma adolescente, per così dire, di anima. Ero giunto a Parigi da un paio di anni appena. Avevo scandagliato la Parigi seria per formare la mia educazione politica negletta. E seguivo i corsi di Dritto internazionale di Royer Collard; il corso di Economia Politica di Michel Chevalier; i corsi brillanti di Michelet, che parlava di tutto, a proposito dell'Educazione della Donna; e di Quinet, che faceva delle variazioni rossiniane sulle Letterature straniere, principalmente l'italiana. Questo, al College de France. Alla Sorbonne seguivo il corso di Jules Simon, altra sinfonia filosofica, il cui fascino era irresistibile come le carezze di una giovane amica.
La sera, poi, vagavo per qua e per là: un po' ai balli pubblici del Prado, del Valentino, della Closerie des Genèts, della Salle Montesquieu, della Reine Blanche e di altre. Spesso, nei caffè, dove incontravo gli amici studenti con le analoghe studentesse - appendice indispensabile. Ma sentivo, che questo mondo, se era molto divertente, non era poi quell'ideale, ancora ingenuo ed incongruo, cui avevo portato da Napoli. Qualche consiglio del Fiorentino - allora il dio del feuilletton dopo Jules Janin - mi fece aspirare più alto.
In una casa molto gioviale, quella del professore di violino Hermann - che era della forza di Sivori, ed era stato allievo di Paganini, conobbi una donna leggera, un amore di bellezza! cui chiamerò Metella perché vive ancora; è maritata ad un barone straniero; è molto ricca - essendo stata la maitresse prima di un vecchietto fabbricante di vino di Xeres - di Xeres stessa; poi di un signore attempatello della casa più antica, più storica, più opulenta del Faubourg St.-Germain. Vedeva questo conte di ...diciamolo di Richelieu - ogni giorno per un paio d'ore, sbadigliando non poco, mentendo moltissimo, ascoltando i fasti del clero e dell'episcopato, di Enrico V stesso. Desinava benissimo e lautamente nel suo magnifico Hòtel della Rue d'Alger; ma sola. E la sera si slogava le ganasce sbadigliando. M'invitò ad andare a pigliare il tè in casa sua, quando era il suo giorno; perocché ella aveva un giorno, o piuttosto una sera fissa, per ricevere le sue amiche, e gli amanti delle sue amiche. Per fortuna, questo giorno coincideva con la sera in cui né Blanqui faceva la sua lezione brillantissima di Economia Politica, né Wolowski quella dell'Economia Politica applicata all'Industria, nel Conservatoire d'Arts et Métiers. Non mancai.
Era impossibile trovare più gaia brigata, più libera e cordiale. Si giocava al baccarat, si faceva un poco di musica; e qualche volta si improvvisava una sauterie, quando Olga conduceva seco le sue due belle figliuole, e Madame Simonette la sua sorella - la quale le serviva di repoussoir. Madame Simonette non era proprio nel fiore della giovinezza, né nello sbocciare della bellezza. Perciò si arrogava una specie di autorità ed affettava le savoir vivre delle classi aristocratiche. Aveva poi letto molto di Balzac, di Musset, di Soulier, di Karr, di Murger; sopra tutto gustava infinitamente le delicatezze dello spirito di Octave Feuillet - i cui Proverbes sapeva a memoria e ne spippolava delle scene o delle lunghe tirate, a torto o a traverso. Le altre, più mondane, più leggere, si burlavano di lei e della sua gravità.
- Che volete? - diceva malignamente Metella - è nei Ponts et Chaussèes! Si reputa già algebrica.
Alludeva all'amante di Madame Simonette, il quale era un funzionario superiore nel ramo dei Ponts et Chaussèes. Si chiamava M. Millet. Era vecchio; era ammogliato; vedeva la sua amica a rari intervalli. Le lasciava quindi una grande libertà. E la pagava non lautamente. La Simonette si valeva poco di questa libertà. Piaceva pochissimo, ed annoiava anzi con la sua prosopopea. Sua sorella, più giovane, ma anche meno bella di lei, la faceva valere. In sostanza, valevano poco l'una e l'altra. Stefana Simonette nella sua prima giovinezza aveva orlato stivaletti. Un primo amante l'aveva tolta dalla bottega del calzolaio, e l'aveva portata in quella del droghiere. Per lo che, Olga diceva di lei:
- Elle seint le cuir, le poivre et la chandelle: gare à se frotter à elle.
Non si sapeva se era Picard, o Champenois: era del nord, certo.
Né più elevato era lo strato sociale dal quale spruzzavano le altre.
Il padre di Metella era un eccellente operaio tessitore normanno. Quello di Olga teneva ancora una piccola bottega di mercerie ad Arles, donde Olga era piovuta a Parigi - semplice Mademoiselle Eulalie Aubin - a sedici anni. In un magazzino di fioraio aveva conosciuto un signore russo - un principe il cui nome era talmente irto di consonanti, che la stessa Olga, dopo aver vissuto con lui per tre anni, non sapeva ancora pronunciarlo, e molto meno scriverlo! Laonde si chiamarono per un pezzo Olga puramente e semplicemente. Più tardi, passando in altre mani, del conte Reyneval! un brettone, - si fece chiamare Madame De Buzè; ma le sue amiche non vollero mai chiamarla che Olga; e niente altro.
Ella aveva la bellezza delle fanciulle del mezzodì. Però non quella maestosa ed affascinante delle Arlesi, con i loro costumi curiosi e pittoreschi. Era piccina, aveva colore di avorio antico, ma occhi e bocca che davano i brividi: e doveva essere una vera pantera in amore. Bocca da mettere l'incendio alla Banca di Francia; bocca da coquer tutti i milioni di Rothschild. Metella era più giovane e più bella di lei. Aveva la bellezza ideale delle fanciulle normanne; un tipo inglese innestato sulla petulanza del viso puramente gallico! Tutta soavità, tutto abbandono e mignardise; si sveniva quasi in braccio, se la stringevi con troppa anima - si volatilizzava in un bacio. Aveva istinti aristocratici. Si sarebbe detta davvero - come la disse Dumas fils in un'agape a casa di Olga - "una duchessa a piedi!... "Ignorantissima; ma repubblicana arrabbiata. Alla rivoluzione di febbraio, nel 1848 - lasciò il marchese di T..., di cui era maitresse - perché non lo trovava repubblicano. Eppure questo signore è adesso senatore della Terza Repubblica, - se pure non è suo figlio.
Ma il gioiello di quella comitiva era Cora Pearl, capitata nel cenacolo ai primi tempi dell'Impero.
Non so che nome di famiglia avesse; né da quale parte di Europa capitasse a Parigi. La mise in voga il principe Napoleone, il quale la scavò in un ridotto di giuoco in Germania e l'incoraggiò a venire a Parigi ed appiccarvi il fuoco. E nessuno si preoccupò mai di scrutinarla a fondo. Era una perla; che importava raschiare la scaglia dell'ostrica che le era servita di letto nelle sue iridate pareti? Solo difetto: inclinava alla pinguedine! Balzac aveva detto di una sua creazione congenere: che era un pot à plaisir! Cora non era un recipiente di piacere che pel suo amant de coeur - un giovane parrucchiere. Per gli altri era una gouffre a denaro, fredda, cinica, sfrontata. Ma, per bellezza, era prima in quella specie di club di grandi cocottes in casa d'Olga, e l'ultima per l'educazione e l'eleganza. Trascurata nella persona; e perciò adorava i profumi forti, e preferiva gli amanti polissons. Ma nessuna poteva vantare la bianchezza, la setosità della sua pelle; le azalee delle sue gote; la lascivia della sua bocca; la provocazione del suo occhio dal colore di acciaio brunito. Non so se sia ancora viva. Udii che si era ritirata dagli affari assai ricca; poi aveva fatto fallimento con un banchiere; aveva rifatto la sua fortuna; poi giù di nuovo, sicché le avevano venduto il mobilio per... una miseria di ...sessanta mila franchi, hòtel compreso - un piccolo tabernacolo in un boschetto di rose e di lilla nelle vicinanze del bosco di Vincennes - ; poi un'altra resurrezione ed un'altra caduta, l'ultima.
Era ignorantissima. Nei giornali, dove Olga leggeva l'articolo di moda; Simonette il feuilleton scientifique et dramatique; Metella la politica, la discussione alla assemblea, ed i discorsi del citoyen Proudhon e del citoyen Pierre Leroux principalmente; Cora leggeva semplicemente il listino della Borsa - e qualche volta le notizie dello sport. Tutte spasimavano per le premierès: ed ecco perché avevano messo il mondo a soqquadro per attirare, più tardi, Dumas fils quando andava in busca di tipi, dei quali è divenuto l'archetipo. Ma non sentivano alcuna attrazione per il dramma in sé stesso: adoravano Melingue, Dumaine, Frédèric Lemaitre innanzi tutto. Metella, poi, che assisteva più raramente alle Prime Rappresentazioni, non sapeva saziarsi di Bocage e della Rachel. La vidi cader quasi in isterismo ad una rappresentazione delle Filles de Marbre! E le presentai Paul Bocage, il collaboratore di Dumas.
In casa di Olga si pranzava bene - quando la sua cuciniera del Périgord non aveva le lune a rovescio; non si ballava mai; si giuocava disperatamente; si chiacchierava, e si chiacchierava con spirito. Quanti articoli del Nain Jaune e poi del Figaro non sono nati colà! In quel salone conobbi, per la prima volta, lo strano Noriac; il luculliano Monselet; il sibaritico Roqueplan; lo scintillante Mery; e quella ganache di Ganesco, il quale si vendeva alle polizie, come il pesce fradicio alla povera gente che bazzica le Halles. In casa di Cora si giuocava come nel Jockey Club; si beveva un tè squisito, e Sirodin mandava le primizie delle sue invenzioni in confetteria. Che bonbons squisiti, quelli: la bouche de Cora! Da lei capitavano parecchi artisti; e vi troneggiava Chapelin - prima che si ammogliasse - Chapelin che ravviva la pittura di Boucher e di Greuze! Quando io la conobbi, Cora era legittimista; dopo che fu riconosciuta dal principe Plon Plon, divenne arrabbiata imperialista. Aveva molti clienti dal Club impérial; e da quelli, la passione pel baccarat e per le corse.
Nei primi anni dell'impero, poco dopo il colpo di Stato, quando Morny l'onorò di una visita, e di mille franchi d'entrèe, Cora glorificava Napoleone I e III; e avrebbe inventato il IV, se Eugenia, a quell'epoca, lo avesse già pescato ed importato alle Tuileries. Più tardi, dichiarò che Napoleone era uno chenapan, e che il solo uomo della casa era il principe Napoleone Gerolamo. Questi pagò da prima profusamente. Poi un poco meno, quando ebbe la fantasia di spendere non so quanti milioni nella Maison Romaine - così eteroclita - per attirarvi Cora; la quale vi andò, ma per ricevervi il duca d'Aumale! Cora però gli restò fedele - il giorno. E fu questa la convenzione passata tra di loro - si disse. Era libera la sera; liberissima la notte, quando non andava a Plon Plon. Lo seccava adesso un poco. Dopo il 1860, si era un tantino più incivilita, dopo una gita a Baden - dove aveva perduto 300,000 franchi puntando sempre sopra una carta, od un colore, non so più bene.
Disertò la casa d'Olga. Accettava il pranzo squisito di casa Metella; disprezzava Simonette; impazziva per Teresa ed altre dive dei Cafès-chantants. Io le perdei di vista quasi tutte, eccetto Metella.
Poi mi allontanai anche da costei. Aveva preso il gusto della campagna. Da prima, non si trattò che di una deliziosa casina alle Bagatelles, nel Bois de Boulogne. E fin qui la seguii. Andavo da lei la sera; pranzavamo; tornavo a Parigi - dove avevo altre relazioni diaboliche: una magnifica bas blue. Ma costei mi venne pure a fastidio, quando le prese il ticchio di fondare un giornale con i denari di un vecchio conte polacco che aveva due figli in Italia - non so se nelle ferrovie o nell'esercito - ed era cavaliere dei due Santi. Oggi questa plantereuse beautè di allora fa la conferenziera; è socialista, ed è ricca - mi dicono. I primi fondi della sua casa li aveva messi Ismail, Kedivè di Egitto; sposò un signore cui distolse da Cora Pearl - la quale non lo lagrimò, avendolo già smunto a dovere prima, fino al punto che, corse la voce, aveva attentato alla sua vita. E si sarebbe ammazzato, se non avesse incontrato Olimpia. Se ne servì per sei mesi. Poscia passò ad altre nozze. Poi si trovò in una baignoire, al Gymnase, con un feuilletoniste - che, per avventura, poteva pur essere Fiorentino - prima che impazzisse per Nelly - una moxe! Un amico venne a stringergli la mano. E Fiorentino:
- Je te présente la dixieme olympiade, retour d'Egypye - facendo allusione ai quarant'anni, ben dissimulati, della cocotte.
- Pas vrai - rimbeccò ella - Puis, quoi! Quand ce sarait? Balzac, lui qui a plus d'ésprit que vous tous, a proclamè: que, a quarante ans, la femme est dans son apothèose.
- Le pays de Lalla Roock - sclamò Feliciano David.
- Non; j'ai dit retour d'Egypte - replicò Fiorentino.
- N'importe. J'adopte le pays de ma fèe. Bien que Balzac ait célebrè la femme que se laisse faire, point celle qui demande à faire - méme a quarante ans.
- Cela revient à la méme chose, à-peu-près - osservò l'istrutta bas blue - si la femme renonce a l'iniziative.
Feliciano David - ex saintSimonien, autore della stupenda partizione la Lalla Roock che si può addimandare "un vagito prima di Wagner", aveva da poco fatto rappresentare la sua opera con un successo molto discusso. Si era poi sbarazzato di un'antica maitresse, la quale lo assassinava di tenerezze e di petits soins intimes - una Madame Louise M. Questa vedova avea la mania dei viaggi: e trovavasi in quel tempo appunto in Ungheria - di dove riportò un manoscritto, cui io lessi, non del tutto spregevole. Ma Dentu non volle comprarlo, avendo perduto molto sopra un altro libro di viaggio, in Algeria; avvegnaché avesse guadagnato moltissimo da un romanzo, pure di questa attempata bas bleu, del genere di Madame Bovary di Gustavo Flaubert, e delle Victimes d'amour di Hector Malot. La Luisa aveva altresì la mania del bric-à-brac; e quella, meglio ispirata, di dare eccellenti desinari, cucinati da lei stessa - vantandosi di saper fare la cucina con più gusto artistico di Dumas pére, il quale, come è noto, era più fiero di aver inventato un'insalata di quaranta elementi, che di aver scritto i Mousquetaires, Montecristo, Ange Pitou... e cento altre meraviglie. I commensali ordinari ed indispensabili della signora Louise eravamo: Feliciano David; un abate letterato - una prima passione della Louise, divenuta vedova, e rinnegata da suo figlio; un piccolo idiota allievo dei gesuiti ad Angoulème; Victor Bory, ex-amico della Sand a cinquant'anni; un arabo tarchiato - un toro indomito che surrogava l'esile e distrutto ex Feliciano; ed io...
Ma del tipo delle bas blues cocottes dirò in altro articolo, per compiere il regno di Pafo parigino.
***
La sorte finale di queste donne non so quale sia stata di poi. Quella di Olga, certo, fu tragica. Aveva maritata sua figlia ad un orologiaio della rue di Helder. Una sera, un avventore si presentò per dare ad aggiustare un suo orologio; e mentre la Camilla si piegava verso la lampada a petrolio per osservare il guasto, l'ardito cliente la baciò sulla nuca. Ella, volendo respingerlo, urtò la lampada; il liquido si accese e si appiccò alle vesti di lei; la madre, che era nell'arriére-boutique, accorse, e... si scottò ella pure pericolosamente. Quando andai a vederla, a letto, ella puntò il suo seno e mi disse:
- J'ai brulè mes gallions. C'en est fait!
E pochi giorni dopo morì. La Simonette scomparve dopo la morte del suo M. Mallet - e le sue ex amiche sospettarono fosse andata a chiudersi in un convento di Suore della Carità. Incontrai Metella, nei Champs Elysèes.
- Est-ce vrai, madame, que-vous étes maritè?
- Hélas! oui. J'ai épousè un étranger qui m'apportè sa goutte, ses dettes, ses préjugès ridicules, doublè d'un titre de baron.
- Dame! pour donner un papa à mes mioches.
- Mais puisqu'elles auront une dot...
- Certameint. Mais les hommes idiotes d'aujourd'hui, par dessus ses écus, exigent un écusson quand ça se peut. Or je n'ai que la dot et le métier de mon pére. Vous comprenez? Je leur donne l'écusson de mon Titus.
E non l'ho più rivista.
Quanto a Cora, ella fece, o, per meglio dire, simulò la vendita della sua palazzina nell'Avenue du Roi de Rome: si chiamava così allora - non so come l'abbiamo battezzata oggidì. Credeva che il suo amante del giorno la rifacesse dei cinquanta mila franchi che un tapezziere le aveva dati... e potesse riscattare tutto. Sciagurata! Il suo amante era... un duca italiano, un diplomatico di un ex principe. Non diede nulla; il tapezziere non volle rescindere il contratto. Cora si trovò povera a quarant'anni e ventidue di servizio attivo. Ma Cora è tale donna... che io credo al suo avatar. La saprò ritornata sul teatro della vita pubblica parigina sotto non so quale altra forma, nome, mestiere ... ma compirà la sua metempsicosi.
E con queste donzelle finisce una fase del regno di Pafo parigino.
Cora fu la prima di un'altra serie, la quale abbraccia: le maitresses attrici; le maitresses letterarie e vampire; le maitresses che sposano principi; le maitresses che si fanno sposare da letterati, attori, banchieri, signori, avvocati...
Con Metella, Olga, la Simonette..., termina la serie delle Etère della Place Breda, della rue Navarin, addimandate allora lorettes o semplicemente Ces Dames. Con loro pure finiscono i Rats de l'Opèra e le studentesse di Muerger; con esse finiscono le maitresses cavate dai magazzini, venute dalla provincia, figlie di un piccolo industriale od operaio, e forse di contadino, come si sospettava di Simonette - e delle quali si poteva dire ciò che Orazio disse dei funghi:
Pessimi gli altri...
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