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Articolo apparso sulla Cronaca Bizantina il 16 luglio 1883
Ripeto ciò che scrissi in altro articolo su questo subietto. Sono vergognoso di andar rimuginando nella vita passata di queste donne, vecchi sepolcri imbiancati oramai. Si sono quasi tutte ritirate dal mondo. Talune coltivano la pietà, e la fanno da dame addette alla beneficenza ed alla filantropia. Sono non solo non più giovani, ma su i sessanta, colpite dai disinganni, dalle sventure, tali; da affezioni sincere di famiglia, tale altre. Ricordano il passato con rimorso - credo - quelle che possano più rinnovellare le loro geste in un teatro quale erano le Tuileries, Fontainebleau, Compiégne, Saint-Cloud. Chi si è ricoverata nei suoi castelli alla campagna; chi non abita più Parigi. Perché squarciare i veli passati; cavare le maschere; narrare fatti obliati? Perché?
Perché scrivo un libercolo sulle Grandi Etère; perché non invento, racconto; perché non sono il primo a far rivivere questi fantasmi.
In Francia, i repubblicani sono inesorabili. Tacerei io; ma tacque egli Claude, nelle sue Mémoires d'un Chef de la Police de sùretè, sous le second Empire? tacque Ives Guyon, nell'eccellente suo libro La Prostitution à Paris, tacque Th. Labourieux in un libro divenuto classico sulle cose dell'impero di Napoleone III? Non tacque neppure l'autore della Veritè sur Orsini; non tacque Griscelli, barone di Rimini; non tacque il suo amico Marco Antonio Canini nelle sue Briciole di storia, onde completò le Mémoires du Baron di Rimini; non tacquero gli autori dei Mystéres de l'Empire, e dell'Histoire secréte de Napoleon III; tacque egli Rochefort, nella Lanterne? tacquero tanti altri osceni scrittori di pamphlets, dei quali non tengo conto perché troppo sudici, e non hanno l'aria di storici ma di satirici repubblicani?... perché tirerei io un lenzuolo pietoso sulle nudità di Loth, quando altri lo rimuove ed invita la gente a contemplare? La storia è inesorabile. Badi a codesto, se ne sovvenga chi lo sa.
***
Chi frequentava il Bosco di Boulogne, nel 1853, nelle ore pomeridiane, verso la sera, tra le Dames du Lac più notate per l'abbagliante bellezza, era una spagnola. Dietro al cocchio di questa divina Etéra, ora cavalcava un bel giovane, ora seguiva un phaéton, aggiogato di magnifici cavalli. Era il più giovane dei fratelli banchieri Aguado, spagnolo anch'egli, e perdutamente innamorato di quella fanciulla sopra i ventidue o ventitrè anni; Eugenia de Guzman Montijo, contessa di Teba. Ella non annunziava la sua età specifica di ventisette anni, mentiva con le sue forme la sua origine meridionale. Di fatti, sua madre stessa, la contessa di Montijo, non poteva precisare la paternità della giovane. Supponeva - ma non poteva affermarlo - avesse colto quel magnifico fiore negli amplessi di un attachè dell'ambasciata inglese a Madrid; il conte di Clarendon - celebre poi nei fasti della diplomazia e del governo inglese - a cui l'Italia debbe conservare memoria di riconoscenza imperitura. Perocché egli, dopo lord Palmerston, favorì con tutta l'autorità del governo inglese il nascimento dell'Italia una.
Figlia o no di lord Clarendon, Eugenia aveva pelle bianchissima; capelli biondi traenti al rossigno scozzese, superbi di abbondanza e di serica delicatezza. Era alta e spigliata, con una vitina resa più esile dallo sviluppo delle anche arrotondite. Aveva occhi druidici come le celte, non neri come le ibere. Una bocca piccina piccina, con denti di perla, suoi da prima, poi della fabbrica di Evans - il dentista americano che, il 4 settembre, la raccolse in casa sua - dove la recarono Nigra e Metternich, salvandola in un fiacre della porta del Louvre che sporge nella piazzetta di Saint-Germain-l'Auxerroi. Una meraviglia il suo piedino, pel quale salì sul trono, essendosi di questo innamorato Napoleone! Fronte alta ed intelligente: naso quasi aquilino; sguardo di acciaio, quando non era lascivo come la bocca. Aveva le mani bruttine; poco seno, collo lungo, ma bene tornito, ed impiantato nel tronco con linee arcate di statua greca. Nulla di spagnolo, neppure l'accento quando parlava il francese o l'inglese... Come dunque fissare la sua nazionalità? Era stata concepita cosmopolita - perché la vecchia Montijo aveva trainè sa bosse in tutte le capitali d'Europa e le città termali più rinomate, racimolando avventure ed amanti, ma poche ricchezze. La sua perla orientale era Eugenia, avvegnaché anche sua sorella fosse bellissima. Tanto bella infatti, che il duca d'Alba, primo damo della madre, divenuto poscia innamorato di Eugenia, un bel giorno le volse le spalle e sposò sua sorella.
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Questo colpo fulminò Eugenia e la disorientò. Ella amava il duca, ed erasi a lui fidanzata. Perché le fu preferita la sorella? Codesto non è uscito dai sacrati della famiglia che come una malignità: l'aveva saggiata, e, alla prova, non l'aveva soddisfatto. Eugenia, vinta da ineffabile angoscia, si ammalò mortalmente. Poi si riebbe. E per vendicarsi, per distrarsi, si abbandonò a facili amori. Un toreador che, nel 1840, io vidi nel Circo di Madrid - e me lo indicarono come la coqueluche delle dame madrilene - la consolò e l'esaltò per un pezzo.
Eugenia però se ne fastidì. Aveva gusti più delicati. Del focoso matador si disfece, perché lo Joinville ed il Nemours - che erano andati pel matrimonio del loro fratello Montpensier colla sorella della regina Isabella, la corteggiarono e ne assaporarono la soavità. Questo si disse, l'udii; ma il dottor Maffei me lo negò.
***
Questi amori disperati non furono forse autenticissimi, ne convengo. Innegabile ed innegato fu quello per l'Aguado. Né era il solo. Egli pagava. Un napoleonide, Felice Camerata, era l'amante amato, l'amante di cuore.
Ma Napoleone non l'aveva vista ancora, se non di passaggio, al Bosco di Boulogne. E n'era stato colpito. Codesto l'indusse a farle pervenire un invito alla caccia a Fontainebleau. Questo castello ricorda tante altre geste di amore, da Francesco I in poi - e principalmente Diana di Poitiers. La si vede ancora, negli affreschi di pittori italiani, in quella residenza, tratteggiata sulle vòlte degli spaziosi saloni, ora nuda affatto, ora seminuda, da Diana - la truce amica di Atteone, che la volle contemplare al bagno. Ne scoperse - chissà? - qualche difformità, gelosamente nascosta dalla Dea; per lo che, lo fece sbranare dai suoi segugi!
Eugenia accettò l'invito. Girolamo Napoleone, che l'aveva già conosciuta, le consigliò di accettare; e la vecchia lenona madre insistè più che altri. Ed andò.
Fontainebleau ha dei folti spessissimi, dei labirinti nella foresta, delle grotte, delle giravolte nei viali, fatti a posta per favorire ritrovi d'amore. Napoleone III non gradiva molto questa residenza, ricordandogli l'addio famoso e l'Atto di abdicazione di suo zio - da me raccontato in tutto il suo patetico e teatrale dramma ne' Pinzocheri. Gli ricordava che quivi Napoleone I tentò di avvelenarsi. Ricordavagli forse, di sbieco, la cattività colà di Pio VII... Ma egli, adesso, non rammentò che Francesco I, Enrico II ed Enrico III, ed i loro amori. E diede la caccia nella quale incontrò Eugenia in un viale, appunto. Si disse che tentò quivi qualche cosa. Ma non è autentico.
Autentico certo è, avendo quindi fallito di possedere Eugenia - pur sapendola amata e pagata da altri - che se ne inuzzolì. E non potendola avere per un verso, si decise ad averla per un altro.
A codesto contribuì il principe Napoleone. Vuolsi avessele detto:
- Mio cugino impazzisce per voi. Guardatevi di cedergli. Se vi date a lui, vi regalerà un milione o due; ma ecco tutto.
- Di milioni v'è altri che me ne offre; non ho bisogno di vendermi a lui.
E la mamma, avvertita dal principe e dalla figlia, si corazzò anch'ella. Di guisa che, quando Napoleone le disse, senza molte cerimonie:
***
- Vi offro per vostra figlia il triplo, il quadruplo di Aguado: tutto ciò che vorrete quando vorrete...
- Per mia figlia, sire - dichiarò l'accorta e vecchia ruffiana - occorre un marito: e niente più.
- Gliene troverò uno io, che potrà contentarla... Può scegliere nella mia Corte...
- Non ve n'ha che uno, sire, uno solo degno di lei, e l'equivalente della sua bellezza.
- Chi mo? Lo schiaccio, lo colmo di favori e di titoli.
- Ebbene, datele quello d'imperatrice. Se non la sposate, non l'avrete, non la vedrete più...
- Ma codesto è impossibile. Che diranno i francesi, che direbbe l'Europa? Io ho una responsabilità di maestà verso la Francia, verso di loro...
- Diranno: che il più potente sovrano di essa ha sposata la più bella creatura che vi ha trovata.
Napoleone capì che non v'era da transigere. E si decise a passare il ponte dei sospiri. Al postutto, Vespasiano, imperatore, non aveva egli sposato Flavia Domitilla, che era una delle cortigiane più note di Roma - della categoria delle Delicate?
Una delle cinquantasei classi di prostitute dell'urbe, tra le alicariae - panettiere, le bustuariae - ragazze da cimiteri, le copae - tavernaie, le junices - giovenche, le lupae - le vagabonde, le noctilucae...
Queste non ricordano, presso a poco, i nomignoli delle belle dame della Corte delle Tuileries? E quella Flavia Domitilla non era ella stata la madre di Tito? Aveva egli, inoltre, il dritto di essere più difficile di suo aio, che aveva sposato la Beauharnais, la quale, con la Cabarus, era stata adorata nuda, quale Dea Della Ragione? E suo padre, che aveva sposato la figlia di costei, la quale fu la regina Ortensia di Olanda?
Poi, non avevano fatto per suo padre e sua madre questo grazioso mottetto:
Le roi de Hollande
fait la contrabande
la reine, a son...
fait de faux...
E suo zio non aveva dato in moglie a suo fratello Luigi questa bella creatura, poetica, diafana, artista - dopo averne fatto una sua maitresse? Non aveva egli dato a Murat una altra sua sorella - pure sua maitresse prima - nella guisa stessa che furono tutte le sue altre sorelle, chi più chi meno, Elisa e Paolina principalmente. Questa andò a confortarlo all'Elba, come Margherita di Valois era andata a consolare suo fratello Francesco I a Madrid, prigioniero di Carlo V.
Si decise dunque a correre questa ventura, unita alle tante altre cui corse aveva. Eppure era giunto al trono! Sposò quindi lietamente. E qualche giorno dopo, racconta Marco Antonio Canini, la mostrò nuda al suo medico, mio amico dottor Conneau, amicissimo e confidente intimo dell'imperatore.
- Che te ne pare, dottore? Sono io scusabile del passo dato? E non sarei giustificato innanzi alla Francia e all'Europa, se potessi fare con altri ciò che fo teco? Mostrarla nuda, come Frine si mostrò all'Aeropago: e fu assolta? Sarò assolto ancor io - senza mostrarla.
- Sicuro, Sua Maestà è un miracolo di bellezza, di viso e di corpo, - assentì Conneau. - Però ella non ti farà figli.
- Come ciò?
- Ma, guarda dunque la conformazione del suo bacino! È stretto ed incassato.
Eppure, Eugenia gli diede un figlio. Se pure non fu anche questo un altro mistero di quella Corte da Cesari Romani.
***
Naturalmente, l'Aguado fu congedato, il Camerata celato. E codesto gli fu fatale - come sono per dire. Pel momento era mestieri di sbarazzarsi da un'altra fatalità che pesava sul capo di Napoleone medesimo: miss Howard, la sua maitresse titolare, di cui Eugenia era prima l'emula come etèra, era la rivale come imperatrice.
Napoleone l'aveva conosciuta a Londra nel 1848, quando tutti i gentiluomini di quella città presero la divisa turchina dei constabili per preservare l'ordine pubblico, minacciato dai Charters - una specie di socialisti irlandesi, difesi già e favoriti dal Disraeli.
L'aveva incontrata nelle strade, confusa nella mob - la folla - e, per proteggerla, l'aveva accompagnata a casa - non conoscendola, non essendone conosciuto. La bellissima fanciulla gli offerse una sterlina, per compensarlo dell'incomodo.
- Thank you, miss, - disse egli sorridendo - I am the prince Louis Napoleon. Il solo favore che vi chiedo è di farvi una visita.
Salì in casa, vi restò in visita. Poi ritornò da visitatore. Infine divenne l'amante di cuore - come un'altra etèra celebre, Emma Lyonne, era divenuta di lord Hamilton, alla fine del secolo passato. Questi egualmente s'invaghì di una piccola cantoniera di strada - miracolo di bellezza; come si vede anche adesso, azzimata da Sibilla, nel National Portraits Gallery, a South Kesington.
Miss Howard era già maitresse di un banchiere che le aveva dato e fatto guadagnare, in speculazioni, parecchi milioni. Era sovranamente bella; piena di fuoco, voluttuosa, fantastica, esaltata. Fantasticò in quel Napoleone Dio sa che e quanti romanzi di fate e trasformazioni. Si associò a lui. Divenne complice dei suoi disegni sulla Francia, insieme col Persigny, col Walewski ed altri dei facinorosi che poscia perpetrarono il colpo di Stato. Avanzò otto milioni per preparare l'impresa del ritorno in Francia; in qualità di rappresentante dell'Assemblea Costituente, apertamente; cospiratore; ed alla Presidenza concorrente contro l'atroce e clericale Cavaignac. Credette nella stella del suo amante, e corse l'avventura, seguendo Cesare e la sua fortuna.
Tutto riuscì prosperamente. I vezzi, i denari di Miss Howard concorsero a fare del suo ganzo un presidente della repubblica. Senza di lei, non sarebbe giunto a nulla; nulla avrebbe spuntato. Credette, quindi, senza troppa fatuità, che con la sua bellezza, con i suoi milioni, avendo spianata la strada dell'impero, avesse poi il diritto di essere imperatrice - meglio dell'avventuriera spagnola, una manola pezzentuccia, la quale aveva trascinata la sua persona in tutte le città di bagni di Europa, in busca di un collocamento. S'ingannava. Ella era il cognito. La contessa Teba di Montijo l'incognito. Questa era giunta; ella aspirava. Quindi gelosia feroce dell'una; pericolo imminente e terribile dell'altra - già abbandonata.
***
Miss Howard aveva spacciato il suo banchiere col veleno - dopo averne captato un testamento che la lasciava ricchissima. Si credeva legittima favorita e sultana preferita.
Si riuscì con certi sotterfugi ad allontanarla dalla capitale. Quando, dopo pochi giorni, tornò, Eugenia era imperatrice. Quel ritorno l'esasperò.
Già le aveva fatto svaligiare la casa e sottrarne carte, promessa di matrimonio, lettere, e sparpagliato ogni addobbo, quasi fosse passata una dozzina di ladri. Erano stati, invece, agenti di polizia guidati da un còrso, il famoso Zambo, uomo di azione, nemico del non meno famoso Griscelli, barone di Rimini, che nelle sue Memorie racconta questi fatti. Napoleone aveva ordinato questo attentato di filibusteria, di grassazione notturna.
Ora Griscelli era, appunto, amico e beneficato dell'Howard, amico del Pietri - affezionato egli stesso a due prossime vittime dell'ingrato Bonaparte: la Howard e Felice Camarata. Persuasero la bella inglese a subire i colpi del destino ed abbandonare Parigi, per momento. Ella capì il pericolo. La Howard aveva troppo vissuto tra' cospiratori e la gente attaccata alla fortuna di Napoleone. Piegò quindi il capo; si rassegnò; promise a sé stessa una rivincita, e lasciò Parigi.
Avrebbe dovuto non più tornarvi. Il sentimento della vendetta ve la ricondusse.
Eugenia sentì la sfida. Fece pagare il debito del marito con i denari della Francia. E come non aveva, neppur ella, scrupoli di alcuna sorta, ma passioni più violente della deliziosa inglese, se la intese con Zambo ancora, ed una mattina... miss Howard fu trovata morta nel suo letto. Era questo il primo attentato di lei?
Claude - o Canini - racconta: che aveva già tentato di far assassinare la Castiglione e non vi era riuscita. Ma se non l'aveva colta col pugnale, non la mancò col veleno. Perocché, questa Montijo - che aveva della Lucrezia Borgia nell'aspetto e nell'anima - avendola mancato di un modo, le fece propinare qualche cosa che la logorò, ne spense il raggio di freschezza e di bellezza che incantava. E Zambo fu l'uomo che eseguì l'assassinio. Ma Griscelli uccise lui, come vedremo più oltre.