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Articolo apparso sulla Cronaca Bizantina il 16 agosto 1883
Eugenia non ebbe nulla dell'ignobile stato patologico di Messalina, per gli uomini. Si compensò con altri abominevoli vizi lesbiani di Grecia e di Roma. Napoleone non somigliò a Claudio che per l'indifferenza sulla condotta niente corretta della moglie, - se pure non vi speculò politicamente.
Si rifece con gli amorazzi aristocratici, diplomatici, borghesi e politici. Ed Eugenia lo sapeva così bene, che osò scrivergli la famosa lettera sul suo incontro con Vittorio Emanuele a Venezia, quando, nel 1869, in ottobre, ella si recò in Egitto, sul yacht comandato dall'allora celebre ammiraglio Pierre nel Madagascar, poi a restituire la visita al Sultano. Costui le fece preparare un chiosco speciale sul Bosforo, pel quale spese più milioni. Ed i creditori della Turchia pagarono, quando questa fallì per le stravaganze del suo Padiscià.
Non ho trovato la lettera, a cui alludo, nei Papiers del Tuileries pubblicati nel 1871. La lessi nei giornali e l'avevo. Ma nel pandemonio delle mie carte e nei ripetuti miei sloggi fu smarrita. In sostanza essa diceva, con scarsa ortografia, meno lingua e grammatica, moltissimo spirito: che Vittorio poco mancò che la domasse. Mica male quel re Vittorio! Egli vendicava l'Italia, che ebbe sempre un'invincibile ripugnanza verso questa donna pia e corrotta, frivola e crudele. Io l'odiai sempre per queste ragioni e per quelle narrate nella mia Storia dell'idea italiana e nel seguito de' Quattordici anni.
Quivi narrai le cause della rottura dell'alleanza che nel 1868 fu quasi sul punto di essere conchiusa tra la Francia, l'Austria e l'Italia; e che non si effettuò perché la Francia non volle all'ultimo ratificare i patti già fissati. Ora leggo, in un giornale francese, la conferma della mia narrazione. Esso dice, riferendosi a due date diverse:
Ne sait-on pas que, si à la veille de la guerre, un traitè d'alliance entre l'Autriche, la France et l'Italie n'a pas étè signè; si nous n'avons pas évitè les plus terribles malheurs, c'est parce que le gouvernemant italien voulait, et le gouvernement autrichies acceptait, que Roma échappàt à la puissance du papa.
L'empératrice Eugènie repoussa ce traitè en disant: «J'aime mieux une catastrophe sur le Rhin plutòt d'abandonneur le parrain de mon fils.»
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Ma torniamo agli imperatori di Roma, per quanto è possibile raccontarne, affine di stabilire la filiazione.
Tacito rincarisce sullo stesso Svetonio, a proposito di Messalina. Osò maritarsi pubblicamente con Sillo - un bel ragazzo effeminato - vivente Claudio! Credo - questo matrimonio a parte - fu un cotal poco calunniata. Fece molto; le ne attribuirono di vantaggio, come a quella dama parente di Casa Bonaparte, della quale avrò a parlare con nome di guerra, perché vive e brilla in una delle corti d'Europa. Messalina rassomigliava - quasi fossero due petali dello stesso fiore - alla cortigiana Lisisca. I fasti di questa si attribuiscono all'Imperatrice, da Giovenale principalmente. Ed io lo proverò - senza troppo scusarla, come già dissi - nella seconda parte delle mie: Mémoires de Judas: Messaline - Claude - Saint Paul - se la salute mi consente di terminare il lavoro.
Passiamo su Nerone. La soave Attea e la graziosa Poppea fanno perdonargli l'eccesso di satiriasi per Agrippina sua madre, o di questa pel figlio, come scrive Tacito. Fece della sua sregolatezza uno strumento politico - brutto come quasi tutti gli atti di questa. Pierre Dufour dice: dès que le jour tombait, il se couvrait la téte d'un bonnet des affranchis, ou d'une cape de muletier pour courir les cabarets et les lieux suspects; il vagabondait dans les rues; sultait les femmes, infuriant les hommes et frappant tout ce qui lui résistait. Il se compromettait avec les plus viles mérètrices, aves les plus indegnes lenons; il battait souvent et se faisait battre qualquefois. Cì était, suivant lui, une manière adroite d'étudiar le peuple sur le fait et d'apprendre à vivre en simple citoyen,» come faceva Luigi Napoleone, e racconterò più oltre. Intendeva la politica e la democrazia pure, Sa divinitè Néron!
Ferdinando Nasone di Napoli l'imitò; e la famosa Carolina gli diè replica da somma artista. Ed anche Vittorio, qualche fiata, tenne questo metodo di osservazione infallibile. L'ho visto io stesso, a Torino, nel 1863, nella palazzina di Rosina, scendere e pigliare in cucina una tazza di brodo alla bella donna e portargliela a letto. Dai miei balconi, che guardavano nella camera da letto della Mirafiori, e nel giardinetto, più volte, potei osservare il buon monarca rendere triviali servizi all'amata - presente Rattazzi - e dondolarla nell'escarpolelle del giardino, ridendo, con altri uffiziali, quando il vento, poco rispettoso, le riboccava le vesti fino sul capo, negli slanci dell'altalena! Non si celava. Ed egli pure fu molto calunniato dai clericali, sul proposito della galanteria, come Nerone dai repubblicani e dai cristiani del suo tempo. Tacito, Svetonio, Sifilino, Aurelio Vittore erano del partito antimperiale; non capivano il poeta, l'artista, il profondo politico. Gli perdono perfino Sporo, cui sposò! Gli perdono per questo anche Dioforo, da cui si fece sposare!
***
Napoleone non somigliava neppure l'etico Galba per la turpitudine dei vizi ed il suo amore pel vigoroso Icilio, cui fece decapitare. E neppure ad Ottone, che non lasciò a Galba il tempo di godere della sua giovinezza come dicevano i sacripanti delle Legioni, portando sul campo, alla cuspide di una lancia, la testa dell'estinto Mignon di Nerone, l'imitò in ciò che potè, ma senza l'idealità che questi aveva messo nelle sue sregolatezze. Ottone volle la sua Castiglione, anche la Margherita Bellanger ed altre borghesi del III Napoleone. Una liberta gli servì d'introduttrice presso Nerobe, come la Ricci lo fu per suo marito Walewski presso Napoleone - un po' suo parente. Ottone si ruppe con Nerone, a causa di Poppea, cui si disputavano, come Napoleone disgraziò il presidente Devienne a causa della Margherita che lo tradì - e gli scrisse le ignobili lettere trovate alle Tuileries e pubblicate in fac-simile. Napoleone non l'imitò che poco nel tempo speso alla toilette per sembrare più giovane, come il mingherlino e femmineo Cesare romano. Appena si tinse i baffi e si mise un busto igienico, per tener dritta la colonna vertebrale afflitta da spinite. Non l'imitò poi punto nella fine. Ottone, vinto in tre battaglie, si uccise di propria mano, anzi che cadere nelle mani del suo vincitore e successore Vitiello; Napoleone andò prigioniero a Cassel; poi in esilio in Inghilterra, e morì di malattia e di crepacuori di ogni sorta. Morì precocemente: sarebbe tornato al trono.
Questo Vitellio usciva dalla scuola e dal cubile di Tiberio, nel quale aveva il nome e l'uffizio di spintria - scintilla - da ciò che uno spicchio di ragazze e di garzoncelli formavano una triplice catena, e mutuamente legati, passavano innanzi al maiale di Capri, per rianimare i suoi sensi sopiti, con quello spettacolo. Non gli bastava il quadro di Parrasio, nel quale Atalanta prostituisce la sua bocca a Meleagro - quadro pagato 193,750 franchi di nostra moneta! - un milione di sesterzi!
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Vitillio aveva diretto le spintrie del vecchio imperatore. Tenne turpi uffici altresì con Caligola, Claudio, Nerone. Questi imperatori si addestravano al regno nella camera da letto dei siri cui servivano: e s'imitavano. Napoleone III non si era formato alla corte di suo zio; ma nessuno possedé meglio, e rispettò più, la tradizione imperiale che lui. Non ebbero mignons né l'uno né l'altro. Vitellio invece ebbe il liberto Asiatico, suo compagno a Capri, e mutua libidine constupratum. Asiatico però gli sfuggiva spessissimo, avendo istinti plebei. Era goloso, e diceva che lo stomaco era la parte del corpo più compiacente e più forte. Beato lui! se avesse vissuto nella Londra dei giorni nostri si sarebbe corretto. Colà si mangia male; ma vi sono le donne più belle del mondo - certe creature ideali! Vitellio ne fece... prefetto ed un commendatore dei due santi.
Non so perché chiamarono Gambetta un Vitellio! Il grand ministre non fu più vizioso, mangione, lubrico, dei suoi contemporanei. Il suo intelletto fu certo più sviluppato di quello di... di Persigny, di Walewski, e di quel Laguerronnière - la penna di oro di Napoleone - che morì chiuso in uno stipo, mentre un cent-gardes si divertiva con la sua amica - amica di entrambi - nel letto dal quale lo avevano espulso moribondo, lo udivano gemere e dare l'ultimo anelito in quell'armadio-tomba - di cui racconta Claude nelle sue Mémoires. Avremo a parlare molto di lui.
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Come non aveva rassomigliato ad un imperatore vorace, Napoleone III tanto meno rassomigliò ad un imperatore avaro: Vespasiano. Al pari di costui solamente - e l'ho notato - sposò una delicata. Ma, quanto all'avarizia, basta gittare uno sguardo al bilancio della sua lista civile - pubblicato nei Papiers des Tuileries - per vedere quanti tributarii speculavano sulla sua prodigalità. Con Vespasiano ebbe una somiglianza lodevole: il comprit que la dignitè dell'homme exigait una certaine retenne dans les moeurs et que le chef de l'empire devait, jusqu'à un certain point, donner l'exemple du respect que chacun est tenu d'avoir à regard de l'opinion publique. Non si uniformò sempre a questa concezione estetica della sua parte; perché fecero tutti a gara per spingerlo alla corruzione. Persino sua moglie gli scriveva dal Nilo: AMUSE-TOI, mon Louis bien àimè.
Ma certo, avrebbe potuto essere ancora corrotto quanto... Morny, Walewsky, il principe Napoleone. E non fu. Perché? "La raison d'Etat fut le principe de cette philosophie quasi ebretiènne que Vespasien mit en pratique; son tempèrament froid et austère lui permit d'étre consèquent avec la morale". Vespasiano ebbe un'amica, dopo la morte di Domitilla; come Napoleone si détte successivamente a ganza una bella attrice del Gymnase - che poi perì così miseramente, Eugenia complice - e tutte le dame della sua corte, quando fu stanco e blasè di sua moglie - nella stessa guisa che costei, essendolo di lui, si abbandonava a Fleury, a Nigra, a Metternich, al cardinale Merlot passando fra tutte le degradazioni dell'amore fra donne - ora succuba, ora incuba. C... poi serviva all'imperatore da segretario intimo, come M.lle Bouvier ed altre servivano di leggitrici ad Eugenia. Il povero Vespasiano ebbe però egli pure la sua Margherita Bellanger, la quale, come narra Svetonio, finse per lui una passione da morirne e finì coll'estorcergli una gratificazione di 75,500 franchi - come la Bellanger da Napoleone. Ed il suo Macquard avendogli domandato come doveva iscrivere questa somma nelle sue tavolette, Vespasiano ait: amando! - (pour une passione inspirèe par l'empereur!). Pessima era stata la reputazione di suo figlio Tito - come quella di Luigi Napoleone, scapolo, a Londra ed in Francia. Crudele ed intemperante, si era alienato le simpatie popolari. Sempre circondato da exoletorum et spadomun grege - come chi direbbe Saint-Arnaud, Persigny, Fleury, Magnan - troupeau de gitanes e ruffiani. Però, da che salì sul trono, cangiò natura, come fino a un certo segno fece Napoleone - il quale fu sicuramente il più onesto in quella sua corte turpissima, a causa di sua moglie, che avendo istinti di gitana e di cattolica, non ebbe ritegni di alcuna sorte. Se pure - come dirò più oltre - non fu questo suo essere clericale che la fece impudica. Ella imitava.
Questa donna non aveva alcun movimento proprio - neppure nel male: imitava - imitava in tutto, nell'acconciatura come negli amori e nella pietà. Tito regnò da filosofo. Napoleone III da cospiratore di genio, da diplomatico, da uomo di Stato - alla foggia del cardinale Richelieu, di Sally, di Colbert. Non perseguitò i repubblicani, ma ne fu perseguitato - come Tito dai cristiani. Questi non aveva fatto, secondo Svetonio, che una sola cattiva azione nella sua vita, della quale ebbe a pentirsi: amò Domizia, sua cognata, la quale aveva per damo l'istrione Paride - come Napoleone amò la figlia di Murat, la quale aveva per amante l'imperatrice! Perloché Domiziano, che gli successe, la ripudiò, quella Domizia: poi lo riprese. Ma Domiziano si procurò una specie di rivalsa. Tito gli aveva corteggiato anche la moglie; egli si diè per ganza la figlia di lui! Ma ne pagò subito il fio. La costrinse ad abortire, per celare la sua mostruosa paternità, e morì al parto. Domiziano apprese allora la ginnastica del letto per non ripetere l'errore con altre. Era ingegnoso questo giovane imperatore! Quando non si spassava a uccidere mosche - ah! vorrei averlo io compagno nella mia camera per liberarmi da questo pertinace impudente insetto! - spelava, lui stesso, le sue ganze - non di capelli, né delle ciglie e sopracciglie però - e si bagnava con esse e con altre nella medesima vasca - inter vulgarissimas meretrices - dicono gli storici, in parte cristiani. Ed io li credo calunniatori. Domiziano si applicò a riformare i costumi, e richiamò in vigore parecchie leggi di polizia dissuete. Ed in virtù della legge Scantinia faceva condannare molti cavalieri accusati di pederastia - il vizio infame del tempo, propagato dai cristiani che proclamavano la santità della castità! e proibì alle cortigiane l'uso delle lettighe nelle quali - a tendine abbassate, come a Parigi - si prostituivano quasi a vista di tutti; e fulminò gravi pene contro il libertinaggio delle vestali, ciò che non si fece in Francia, in Italia, in Spagna con le religiose. Ordinò perciò si seppellisse vivente la grande Vestale Cornelia - la badessa; fece fustigare i complici, fino a che non morissero; e le sorelle Occellata e Verronilla, pure vestali, ebbero la grazia di scegliere il tipo di morte che meglio gradissero. Qual papa, anche santo, osò altrettanto! Mica male, per dio! per un imperatore cui la chiesa impreca ancora quasi fosse il peggiore dei demoni; mentre canonizza S. Domenico e Pio VI! Ma la filosofia di Platone, che anticipa quella del Rabbi di Nazareth, purificava la mente ed i costumi ideali spirituali e liberi.
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Laonde, scrive Pierre Dufour, conchiudendo: «il vecchio Nerva che, secondo Svetonio, aveva corrotta la giovinezza di Domiziano; Traiano che, al pari di Orazio, amava i ragazzi - ciò che Sifilino non condanna; Adriano che avrebbe sacrificato l'impero al suo favorito Antinoo, cui deificò e che passava per un voluttuoso a due fini... questi tre imperatori regnarono da saggi e si sforzarono a ricostituire la società romana sulle basi dell'onestà, della giustizia, del pudore, e della religione emanante dalla fede nuova. Antonino Pio e Marco Aurelio furono inspirati, benché pagani, a spirito nuovo e cristiano..." E bisogna leggere che panegirici tessono loro due grandi storici francesi, Renan e Daruy, nelle loro splendide opere. Essi gittano una luce nuova sul mondo romano di questa seconda serie di Cesari, ben diversa da quella che scombiccherano gli autori cristiani. "Ma il paganesimo, conspirè dans ces tendences materièlles et fletrì dans ce depravation organique - termina Pierre Dufour - devait tenter un dernier effort sous Commode et sous Héliogabale, pour entrainer le monde romain dans les dernières saturnales de la Prostitution.
E noi ritorneremo ai paragoni con il Cesare delle Tuileries e la sua corte. E ci incamminiamo alle fine.
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Eccoci all'antitesi - e facciamo presto, per respirare non in aere più puro, ma l'aere moderno, l'aere che ci batte ancora il viso oggi giorno, per certe donne e certi personaggi tuttavia superstiti al povero Napoleone - il solo amico che avrebbe avuto l'Italia, se non fosse stata Eugenia, la nostra più ardente, perseverante, energica nemica a malgrado dei due italiani cui careggiò da etèra - non ancora lesbiana. Marco Aurelio aveva previsto che suo figlio Commodo sarebbe stato un pessimo arnese - sul tipo della prima serie dei Cesari: Tiberio, Nerone, Caligola, Domiziano... Mirò forse a diseredarlo, adottando Lucio Vero, cui si associò all'impero. Lucio Vero non era casto, era cauto; aveva il pudore di abbandonarsi alla licenza nell'interno del Palazzo. Commodo, al contrario, sciorinava la sua biancheria sporca in pieno giorno, nella pubblica piazza, alla vista di tutti. Non aveva solo furori erotici. Lampridio lo addimanda: turpis, improbus, libidinosus, insozzato persino nella bocca - ore quoque pollutus, constupratus fuit.
Si diede una corona di miserabili, come il principe Luigi Napoleone quando cospirava a Londra con i Fialin di Persigny ed i complici delle due famose spedizioni di Strasbourg e di Boulogne. Di ritorno con suo padre dal trionfo d'Egitto, fece del Palazzo una taverna, un luogo di deboscia; vi attirò le donne più notevoli per la bellezza, come schiave tirate dai lupanari, per farle servire ad ludibrium pudicitiae. Visse tra prostitute e gladiatori, citariste ed etère straniere; e, travestito da eunuco, portava l'acqua nelle cellule delle case infami, per goderne gli ultimi sprazzi della lascivia saziata.
Appena morto suo padre, corse in Italia dalle sponde del Danubio dove guerreggiava. I romani, vedendolo così bello e ben tornito, l'acclamarono imperatore come avevano fatto le legioni - dimenticando i traviamenti della giovinezza. "Il suo sguardo era dolce e vivo ad un tempo - scrive Erodiano; il suo portamento non aveva nulla di effeminato; i suoi capelli ricciuti e biondissimi. Quando camminava, al riverbero del sole la sua zazzera gittava un irradiamento quasi corruscasse: si sarebbe detta spolverata di laminette d'oro...!" Questo spanto di bellezza si offuscò ben presto nelle orgie. La sua robusta costituzione si fiaccò; e si trovò subito floscio, il dorso curvo, la testa tremula, il colorito screziato di macchie e di foruncoli, gli occhi rossi, la bocca bavosa. Ebbe persino certi tubèrcoli che protuberavano sotto le sue tuniche e clamidi di seta!
Quando fece il suo ingresso trionfale in Roma, dietro al suo carro pavoneggiavasi il suo mignon Antero; e Commodo volgeva il capo indietro per baciarlo alla presenza del popolo che lo seguiva per la Via Sacra, entusiasta, elettrico, giubilante.
Antero morì. Commodo se ne consolò con trecento cortigiane che riunì nel suo palazzo, insieme a trecento giovani cinedi, le une e gli altri scelti da esperti conoscitori, nobili e plebei. Disgraziato! come poteva mantenere un tal quale accordo con questi seicento organi della sua voluttà... omni parte corpis et ore in sexum utrumque pollatus. Eppure i suoi sensi non se ne ravvivarono né invigorirono di vantaggio. Non rispettò né sorelle né parenti. Come Napoleone I, - ed un pochino, si disse, Napoleone III. E per persuadersi che non rispettava nemmeno sua madre, diede il nome di lei ad una delle concubine. Pensate mo' se doveva rispettare senatori, cavalieri, ministri, sacerdoti e vestali! Piacevasi vestirsi da donna e tenerne l'ufficio, ordinando gli si decretasse pure il soprannome di Ercole! E quando non poteva, o non curava prostituire que' di sua corte, li cangiava in buffoni, come il prefetto del pretorio, Giuliano. Poi, dopo averne riso, li faceva servire di pasto alle murene. E rideva. Marcia - la più amata delle sue concubine - lo fece assassinare per garantirsi dall'esserlo. Indusse a strangolarlo lo schiavo Narciso. Altro che Tiberio e Nerone!
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Gli successe Eliogabalo, che l'imitò e continuò - se non fu peggiore. Anche di costui scrissero Lampridio, Erodiano, Sifilino, con innumerevoli reticenze, per pudore. La parola era più casta dell'opera.
Eliogabalo era un sacerdote del sole - dal che prese il nome, lasciando il suo di Avito; poi prese quello di Antonino. Sua madre era stata cortigiana - anche con Caracalla, del quale si pretese figlio. Vestiva abiti sontuosi orientali - forse per meglio celare esser egli ermafrodito. Le sue scostumatezze spaventarono persino i crapuloni romani! E sì che costoro ne avevano viste tante e di così straordinarie! Presentò sua madre al Senato, e le regalò un piccolo Senato femminile - senaculus - per intendere alle leggi suntuarie, come Eugenia discuteva di toilette con le sue dame e decretava la moda. Si personificò in Venere - e compì tutte le funzioni umane e divine della dea. Alla foggia delle dame della corte di Eugenia, che si dettero les Cent-Gardes per refrigerarsi, Eliogabalo e sua madre si scelsero fra gl'istrioni i compagni delle loro sregolatezze - lui, i cocchieri Protogeno, Ieroale e Gordio; la madre altri, disputandoseli, per servirsene di preferenza! Il preferito intanto era Ieroale, col quale oscularetur inguina.
Costrusse un bagno pubblico nel palazzo, per meglio scegliere i subbietti dei suoi doppi amori. Sifilino nota: "Non vi è alcuno che possa leggere il racconto delle sozzure abominevoli che perpretò e soffrì sul suo corpo." Infatti, gli storici di quel tempo, Dione Cassio, Lampridio... tacciono, o velano, le turpitudini esecrande di questo regno. "Cet empereur hermaphrodite - conchiude Pierre Dufour - voulait avoir plasieurs femmes légitimes et plusieurs maris. N'ebbe quindi una dozzina, uomini e donne - maritandosi ora come uomo, ora come donna: sposò in questa qualità il cocchiere erculeo Ieroale, ed il cuoco Aurelio Zotico...! Poi, lotterie ridicole o terribili! Poi orgie nel palazzo...! Ma come le orgie di Eugenia e Napoleone dette chasses sono più poetiche, passiamo oltre su questo mostro di diciotto anni! Fu ucciso da buffoni, nelle latrine dove s'era nascosto.