Ferdinando Petruccelli della Gattina
Le Grandi Etére
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Decima puntata Va in scena il seduttore

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Decima puntata

Va in scena il seduttore

Articolo apparso sulla Cronaca Bizantina del 1 maggio 1884

Interrompiamo la monotonia delle etère letterarie. Esse fanno corpo con i giornalisti, i poeti, i romanzieri. Daremo di tutti e di tutte un quadro per quanto è possibile compiuto, confrontando gli uni e le altre con i poeti romani e le letterate greche. Frattanto, sbrighiamoci qui delle attrici. Ne conobbi alcuna nell'intimità. Fui presentato a parecchie nei saloni cui frequentavo, e nella casa del Fiorentino, in cui ne incontrai talune.

Nel salone del Girardin, fui presentato alla Rachel - dopo una reprise di: La Joie fait peur - della signora di Girardin. Quivi pure fui presentato alle due Brohan, e vidi in casa una Maddalena, per ragioni letterarie. A casa - anzi all'asciolvere di casa Alessandro Dumas père - conobbi Marie Laurent, quando scrivevo nel Mousquetaire; e quivi, con Bocage, capitò pure Frèdric Lemaitre e un'altra graziosa creatura che esordì Ambigu; ma Dumas la ritirò immediatamente dalle scene, orbandone il pubblico per uso privato; e cangiò nome, inutile adesso a ricordare qui.

Nel salone della signora Rattazzi conobbi Mlle Agar, la più tragica e singolare delle attrici favorita al Titis del Paradiso dei teatri del Boulevard du Crime. Avrei potuto conoscere pure la famosa Mlle Georges - ma mancai a quella soirèe - e lo rimpiansi. La vidi invece sotto migliore lume, nella parte di Rodogune di Corneille, all'Odeon. Mlle era inarrivabile nelle tragedie del grande tragico. E la Rodogune, uno dei capilavori di Corneille, era il cavallo di battaglia dell'attrice. Sotto le spoglie di questa terribile regina la vide Napoleone I, e se ne invaghì. E se ne fece una sua ganza prediletta. Parecchi, in fatto, avranno letto nelle Mémoires di Mme de Rémusat la scena del grande imperatore con la moglie Giuseppina. Questa lo sorprese nel suo gabinetto, con la Georges assisa nuda sulle sue ginocchia, - da che seguì la terribile scena in quelle Mèmoires raccontata, per la quale il marito l'esiliò per due settimane nel suo palazzo: la Malmaison.

Verso la Rachel ebbi a seguire una missione delicata - ignorata forse dal Nencioni, non menzionandola nel bel ritratto fattone ne' suoi Medaglioni. La Ristori avrebbe avuto, si disse, la petulanza di parlare leggermente della somma tragica - la quale l'aveva trovata, lei, la Ristori, mediocrissima in una recita dell'infelice tragedia del Montanelli: Medea. Si seppe che la Ristori si preparava a recitare Adrienne Lecouvrer, in francese, sur un teatro francese: l'Odèon. Ciò dispiacque agli ammiratori della Rachel, ed eravamo in molti. Perocché, in realtà, la bella israelita superava la marchesa italiana per genio, vezzi, vis tragica, quanto Raffaello superava i suoi scolari - salvo Giulio Romano. Aveva più fascino, più verità, più intuizione del carattere del personaggio cui rappresentava: più poesia in tutto, più potenza impressiva e magnetica nella voce e nello sguardo, e specialmente più verità e semplicità dell'azione.

Io non amo punto le jeu della marchesa. Irrita i miei nervi, come l'asma del Crispi quando parla alla Camera. Ella ha guadagnato qualche milione, in America più che altrove. Ma gli Americani sono migliori giudici nell'arte di zeccar dollari, che in apprezzare artisti. Applaudono e pagano per... imitazione! Ciò piace e si paga in Europa; debbono dunque pagare stravagantemente ed entusiasmarsi esorbitatamente agli Stati Uniti e nelle Repubbliche del Sud.

***

La reputazione della Ristori a Parigi era stata imbastita da due uomini prima e meglio di tutti: Dumas e Janin. Avevano costoro non so che broncio contro la Rachel; Janin forse per interesse; Dumas per un rendez-vous mancato, ed accettato dal suo antico damo, il dottor Véron. Questi ne menziona qualche cosa nelle sue Mémoires d'un Bourgeois de Paris: ma non ho meco adesso il libro per riscontrarne il caso. Il fatto è, che Janin e Dumas covavano una picca contro la bella compatriota di Gesù Cristo. E come la sapevano sommamente sensibile sul tasto dell'arte, furono felicissimi di scoccarle uno strale avvelenato, presentando la tragica italiana come una maraviglia incomparabile.

Il Fiorentino cercò placarli - benché egli stesso non fosse affatto entusiasta - pur lodandola molto, per amor di paese, e, forse, per interesse.

Questo atteggiamento dei tre sommi duci dell'opinione pubblica teatrale parigina spiacque violentemente agli ammiratori della Rachel e dei conoscenti di cose d'arte estetica. Il più irritato di tutti fu Jules Lecomte - l'inarrivabile scrittore dei Courriers de Paris nell'Indépendence Belge. Julius Lecomte era il più spiritoso di quanti scrivevano allora Courriers. Era scintillante di verve; terribile nella caricatura; conoscitore d'arte, senza uguale a quell'epoca, e non superato da alcuno di poi. Il solo Alfonso Daudet gli si accostò talvolta - ma in altro genere - il sentimentale ingenuo, l'ideale in azione. E l'About per qualche frizzzo audacemente e speritosamente accoccato. Lecomte puntò sulla Ristori le sue mitralleuses e, facendo fuoco senza pietà, ad ogni colpo - ossia ogni Courriere - un'ala dell'edifizio fittizio dell'italiana fu demolita. I suoi effetti scenici non furono più che come i paesaggi di Potemkin offerti in Crimea alla sua maitresse, Caterina II: paesaggi di cartone, dipinti a guazzo! E Janin e Dumas rispondevano alle fiancate, a Parigi, con la medesima potenza e violenza.

***

La colpa era aggravata dalla sudicezza e l'avarizia dell'Adelaide, o di suo marito, o de' suoi amministratori - il mio amico l'on. Ballanti in capite.

Janin si svegliò una mattina nella necessità di dover pagare una cambiale di seimila lire scaduta. Tanto peggio per chi non si trovò mai in questa condizione! Non aveva la somma pronta - e non ne aveva mai, di quattrini, perché era prodigo - un poco meno di Dumas père, ma generoso - sopra tutto quando trattavasi di comperare oggetti d'arte e libri rari.

Mandò a chiedere quella somma alla Ristori, con la promessa di restituirla in giornata, avendo un credito, per lavoro dato, di circa novemila lire - mi disse. La Ristori, pare incredibile!, rifiutò quella inezia, dicendo di avere giorni prima pagata una casa comperata - o un terreno per edificarne una, non ricordo bene - ed era squattrinata! Non era vero. Ma avesse dovuto pur ella dovuto mandare i suoi gioielli al Monte di Pietà, doveva ricordarsi: che la sua fortuna, il suo successo era dovuto all'insigne appendicista del Journal des Débats il quale edificava e demoliva gli autori e gli attori a suo talento, da quel trou qu'il s'était creusè au rez-de chaussèe del diario leader dell'opinione pubblica. Ed i Dèbats avevano pure, in quel rez-de chaussèe, Berlioz, pel teatro in musica. Il rifiuto ferì al cuore Janin. E la demolizione del Janin e del Dumas andò all'unisono con quella di Jules Lacomte. Ciò dolse agli italiani - in gran parte claqueurs , per amor di patria e simpatia ad Ernesto Rossi.

Parecchi amici, lei insciente, sapendomi amico intimo di Janin e Dumas, in buona conoscenza con Jules Lecomte, mi pregarono di far temperare, se non cessare, quella guerra cartaginese contro la nostra connazionale. Con più insistenza m'impegnò un amico di Cavour e mio medico: l'eminente fisiologista piemontese, dottor Cerise. Egli non volle udire scuse. Considerava legittimo il rifiuto del prestito - che io trovavo miserabile ed indegno. Opinava che io non giudicavo adeguatamente il genio - disse proprio il genio! - dell'artista italiana; mi offrì di presentarmi a lei, se lo desideravo - ed io nol desideravo punto. Mi oppose gli elogi del Fiorentino - cui egli anteponeva a Janin e Dumas... Insomma, disse tanto, fece tanto, incalzò tanto, estorse tale pressione da mia moglie, cui aveva cavata dalla sepoltura con una sua cura maravigliosa, che io dovetti cedere e promettere avrei parlato con Dumas e Janin, e scritto a Lecomte.

Tenni parola. E due giorni dopo, Charles - il capo giovine del cafè Cardinal - un piemontese - la provvidenza dell'emigrazione italiana povera e nell'imbarazzo - mi consegnava la risposta dell'eminente Courrieriste dell'Indipèndence Belge. Mi aspettava il domani à prendre une tasse de thè et soucer una douzaine d'huitres du Cancal, à déjunèr, à midi, chez moi: Rue St.-Lazare 47.

Andai puntualmente.

***

Non avevo alcuna speranza di riuscire nella missione assunta. Il mio amico Edmond Texier mi aveva detto la ragione: la guerra di Jules Lecomte s'ispirava al desiderio di riuscire gradito alla Rachel. L'accoglienza, nondimanco, fu cordialissima, distintissima. A casa giusto di Texier, avevo due volte parlato con Lecomte - fra una contraddanza ed un waltzer con la Juliette Salomon - adesso Juliette Adam - nelle sauteries periodiche del venerdì, cui dava Texier, avendo due bellissime figlie da maritare.

Il piccolo hotel di Jules Lacomte era un grazioso museo universale, e di tutti i tempi. Ogni angolo rigurgitava di oggetti d'arte preziosissimi, di tutte le epoche, di tutti i paesi, e delle curiosità di Indiani, Giapponesi, Cinesi, Pelli Rosse, Atzechi... Profusione di fiori. Libri per rarità e legatura artistica preziosi. Canapè e pouffs di raso color ciliegia; poltrone e sedie di Gobelins. Eccellente il déjunèr: chateaubriand à la Richelieu; una frittata con tartufi; rognoni sautès au vin de Xeres, e dessert squisito e variato. Si uscì a pigliare il caffè sotto una vèranda sporgente sul giardinetto, bello come un bouquet de Clodomire. Non una parola, non una allusione all'oggetto che mi aveva determinato a quella visita. Chiacchierò quasi sempre lui - intercalando il francese con non poche frasi in italiano - senza spropositi! Mi raccontò: aver due volte visitato l'Italia - e mi nominò due aristocratiche famiglie milanesi che l'avevano ospitato, facendomi vedere le fotografie - non belle - delle signore di casa. Mi disse che aveva conosciuto a Torino il professore Gorresio - il primo sanscritista di Europa; che aveva incontrato in due città Gustavo Modena - un homme de génie, artiste hors d'ordre jusq'au bout des ongles! - Et citoyen nullement inférieur à l'àrtiste - soggiunsi io.

E mi parlò di Marchionni a Napoli, anch'egli artista di primissimo ordine, qui porrait donner des points à notre Frédric, de la porte-Saint-Martin - qui a une si étrange ressemblance à mon ami, sir Benjamin Disraeli de Londres.

Ed aveva ragione anche in tutto questo. Ed uscimmo a pigliare il caffè, come ho detto, sotto la véranda. Ed allora, prevenendomi, disse:

***

- M'immagino perché venite. Voi altri italiani siete tutti energumeni per la cabotine qui joue la tragédie à la salle Ventadour. Et vous trouvez étrange que tout le monde ne soit pas de votre avis; nìest-ce pas cela, monsieur?

- Précisèment, cher monsieur.

- Et bien, je la trouve bien outrecuidante, moi. Se proposer de jouer Adrienne Lecouvrer aux Français ou à l'Odeòn, avec son accent d'auvergnat! Mais cela farà ridere persino le bacchette della claque. Questo dramma è stato consacrato dall'interpretazione di une femme de génie, monsieur: ET IL EST SACRÈ.

Io difesi la Ristori, da avvocato schiacciato dal peso della sua cattiva causa e che ha la coscienza di aver per davvero una cattiva causa per le mani. Pure, dopo non poco discutere, giunsi a strappargli la promessa che sarebbe stato meno personale ne' suoi attacchi, dicendogli che il caso delle 6000 di Janin - da lui citatomi come un caso di miserabile grettezza di cabotine - era forse avvenuto senza saputa di lei, ma per colpa del marito, o de' suoi amministratori.

Ci separammo amici, promettendogli i ritratti del Modena e del Marchionni - se quest'ultimo viveva ancora. Me li aveva chiesti per collocarli al posto di onore nel suo album. Mi recai da Cerise e gli riferii tutto. Egli mi assicurò che la Ristori aveva rinunciato alla folie de jouer en français - ce sarait se sucider! - giunse ad osservare l'ottimo dottore - et nous feront tout le possible per l'empécher, si elle s'y obstinait.

Non si ostinò.

***

Il nome della Rachel non era stato pronunciato nella nostra conversazione, benché a lei fatto si fosse allusione. Capii che trattavasi adesso di andare a dissipare la pessima impressione che la voce emessa dal Figaro fatto aveva sulla sensibilissima grande tragédienne. Cerise mi pregò di assumermi pure questo incarico, più difficile, poiché io ero stato già presentato a lei in casa Girardin.

Mi sobbarcai anche a questo spiacevole assunto, pregando il dottore di non dirne giammai un motto alla marchesa - come la chiamavano i suoi parasiti. E me lo promise. Io non provavo alcun desiderio di avere ringraziamenti per ciò che facevo a malincuore e senza convincimento.

Mi munii di una lettera del Girardin e di una scusa per presentarmi alla Rachel, senza andare a perorare la causa della Ristori a bruciapelo. Scrissi un articolo di parallelo fra le due tragiche - dando il primato alla francese, tale essendo il mio convincimento, e perché ciò mi sembrava buona diplomazia. E per avere la mano più franca, feci scrivere da Girardin: che l'articolo era di Charles Edmond, autore drammatico, intimo del principe Napoleone, polacco, ed ultimamente designato da Louis Blanc a suo esecutore testamentario. Il carattere poliforme dell'uomo doveva piacere alla Rachel. Girardin soggiungeva nel suo viglietto: mandare me, da lei conosciuto, per fare all'articolo quei mutamenti cui ella aveva creduti opportuni.

La Rachel abitava allora nella via di Rivoli, in una casa che faceva angolo alla via Castiglione. E pagava, dicevasi, il dottor Véron, proprietario del Consitutionnel ed ex direttore dell'Opèra.

***

Erano le undici antimeridiane quando sonai alla porta di Fedra. Un servo mi disse che la signorina faceva colazione. Le mandai la mia carta da visita e la lettera di Girardin con l'articolo. Tornò una cameriera, per pregarmi di aspettare un momento nel gabinetto di Mademoiselle. Assentii. Quel gabinetto era semplicissimo. Un secrétaire d'ebano incrostato di madreperla. Una sedia lunga vicino ad esso, per sdraiarvisi e leggere; due piccole biblioteche di quercia scolpite, ed in esse parecchi volumi di autori drammatici, corsi e resoconti di letteratura drammatica; le opere di Victor Hugo; Shakespeare, tradotto dal figlio di costui, François Hugo; Moliere, illustrato da Dorè, credo; le opere di Corneille; la Vie de Cèsar di Napoleone III - con dedica autografa. Poi Goethe, Schiller, Lessing, Lopez de Vega... ed altri libri dell'arte; e tutti i romanzi di Balzac e le storie di Michelet.

Un quarto d'ora dopo apparve lei, chiedendomi scusa d'avermi fatto aspettare ed offrendomi una tazza di - squisito, perché le era stato regalato dall'ambasciatore di Russia - ed era della stessa qualità che serviva allo czar Alessandro II. Accettai per pigliar tempo a fare la mia commissione, e ringraziai. Era mezzo svestita, in una vesta da camera di cachemir bianco ornata di peluche rosa, scollacciata ed aperta, perché il cordone si era slegato. Aveva i capelli in disordine, perché forse si era alzata allora, od era rientrata tardi, passando la notte dio sa con chi de' suoi molti e sceltissimi amanti!

Non l'avevo giammai scorta più bella e provocante, al teatro, e nel salone di Girardin. Mi dava ispirazioni selvagge di libidine. Feci forza a me stesso per non assalirla come un lupo vorace di donne. Ero giovane ancora, a quel tempo, e non ancora ammalato. Che so?, qualche emanazione magnetica inesplicabile da me partita, e da lei risentita, la fece avvedere, la sua saute-de-lit essersi discinta: e si compose. Ma, lo ripeto, era sempre provocante irresistibilmente.

Dopo qualche frase di cortesia, si venne all'oggetto della lettera di Girardin. Me la porse, dicendomi:

- Ringrazio il vecchio amico (Girardin) e l'autore dell'articolo. Desidero però non sia pubblicato. Ogni paragone mi oltraggia - e l'articolo è troppo parziale. Ho visto la signora Ristori una sola volta, in una pessima cosa, detta tragedia. Non poteva che essere cattiva l'artista, condannata a recitare quell'inezia insulsa. La rivedrò in Mirra - benché l'Alfieri non mi piaccia e non sono familiarissima con l'italiano parlato. La rivedrò per fermo nella Maria Stuarda - dove i miei amici mi dicono essere eccellente, quantunque esagerata e vi posi un poco. La vedrò certo di nuovo, e la giudicherò. Il Figaro annuncia che ella si fa dare lezioni di pronuncia francese da Régnier, mio compagno al Français. Le auguro riesca nell'impresa. Ma ho la certezza che fallirà. Se pronunzierà bene, reciterà male; se reciterà bene, pronunzierà male. On ne sort pas de la!

- La notizia del Figaro - dissi io - è falsa. La Ristori, mi assicurano i suoi amici, comprende precisamente la cosa come voi la dite: e non pensa punto exploiter lungamente Parigi, quando v'è la miniera di dollari e duros delle due Americhe - che la pagano bene, e non la capiscono punto.

- In ogni modo, non si pubblichi l'articolo di Charles Edmond. Si potrebbe sospettare che l'avessi ispirato io. E ciò mi offende.

Credetti indiscrezione prolungare la visita, quantunque fossi affascinato da quella figura singolare, così bene colta dal signor Nencioni nei suoi Medaglioni. Ruth che sedusse il suo vecchio doveva essere come lei; come lei Rachele, Agar, la Sulamite - nonostante fosse più bruna. Ella aveva uno spirito originalissimo in tutto; e se non avesse scritto altro, la lettera che Véron pubblica nelle sue Mémoires d'un Burgois de Paris basterebbe per collocarla fra gli spiriti più audaci del mondo artistico di Parigi. Ma la Corrispondenza è stata pubblicata quasi tutta: è squisitissima. Quelle che scrisse durante la sua malattia sono un capolavoro di letteratura sui generis. A Parigi si citano ancora i suoi motti di spirito ed i giudizi arditi e profondi, dati sulle opere cui leggeva, e gli autori che la corteggiavano: sono cammei!

L'amarono perdutamente moltissimi. Tra i più insigni, furono Napoleone III - presidente - e suo cugino il principe Napoleone; poi Walewski che n'ebbe un figlio, Morny, il dottore Véron, Ponsard, Augier...

Fu disinteressata, o rapace, per capriccio, per amore o per collera. Come gli Ebrei, ebbe il culto della famiglia. Protesse e fece prosperare i suoi fratelli e le sue sorelle - che non la valevano in nulla. La sua disparizione dal teatro - per esaurimento della forza vitale - fu un lutto per l'arte. I suoi ultimi anni furono contristati dalla chicane che ebbe ad affrontare con la Societè du Thèàtre français. Non ricordo chi scrisse un libro molto curioso su di lei; ma so che ve n'è uno, pieno di aneddoti attraentissimi.

Delle altre attrici, non ebbi qualche poco d'intimità che con l'Agar - un'altra figura strana e carattere non meno eccentrico.

Avevamo pranzato insieme a casa della Rattazzi. Si era mangiato bene - contro il solito - si era bevuto meglio. La Rattazzi mi pregò di accompagnare Mlle Agar. Era l'una e mezzo dopo mezzanotte. Ci trovammo chiusi in una carrozza; eravamo eccitati... il quartiere del Faubourg St.-Honorè, dove l'Agar dimorava allora, era lontano. Alle due, picchiammo al portone. Venne ad aprire un portinaio, mezzo addormito, ed al buio. Andai a farle visita la domani.

Alla Maddalena Brohan tradussi dei bellissimi versi che le aveva mandato il Regaldi. E tutto finì .


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