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Tredicesima puntata Caccia proibita | «» |
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Articolo apparso su Cronaca Bizantina il 1 luglio 1884
Chiedo scusa ai lettori della Cronaca se insisto sopra questi ricordi classici ancora un poco, per questa volta. Non sono oramai più articoli che scrivo: sono capitoli di un libro, cominciato come una bazzecola, proseguito come pamphlet, terminando come storia. Nel libro, supplirò con note profuse, documenti, rischiaramenti, compimento delle fisionomie delle Etère greche e romane. In nota, indicherò pure le fonti dove attinsi i ragguagli sulle cose della Corte delle Tuileries - da me non viste personalmente - oltre a quello che ne riferisco con le stesse parole dell'autore dal quale presi le indagini. Ed affinché questo libro pigli addirittura il valore di storia - quando avrò tutto ciò che può esser reso pubblico della Corte e della società francese al tempo dell'Impero - attacco la filiazione dell'Eterismo delle grandi cortigiane e maitresses reali, ed altre grandi dame della Francia, in alto e più alto sempre. Metto mano così alla serie delle Stelle filanti.
Il signor Nencioni, ne' suoi Medaglioni, ha dipinto bellamente tre o quattro di queste stelle di prima e seconda grandezza. Ve ne sono per lo meno altre ventiquattro - cominciando da Agnese Sorel, fino alla Lamballe, alla Polignac - passando per Chàteaubriand, la duchessa di Etampes e venendo giù per Diana di Poitiers, la bella Gabriella, o Gabriella d'Estrèe, la Longueville - che è la Fronde; - la Maintenon, la Vallière - che sono un regno - la Montespan, la Chàteauroux... tralasciando di risalire alla contessa di Tayllerand, maitresse di papa Clemente V ad Avignone, e ad Agnese di Merania.
Il volume però sarà compìto con le Stelle Filanti inglesi - meno note se pur non affatto ignote ai lettori italiani. E che messe d'oro, lady Jane Gray, la Fair Rosamond, Anna Boylen, Nelly Guyne, Jane Shore, Caterina Howard, Emma Lyonne... e le maitresses di Carlo II Stuard - che emulava Luigi XIV, di cui era pensionario! Un'altra dozzina, senza obliare la leggendaria Amy Robsant - immortalata da Walter Scott. Ci eleveremo in étere più spirabile che le etère del secondo impero - ed anche in questo continueremo a stabilire il parallelo con le etère romane.
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Le Etère greche ebbero storici speciali che le celebrarono, e ne mandarono le geste alla posterità. Le Etère romane furono tutte cantate dai grandi poeti e perciò non abbisognarono d'istoriografi. Le Etère francesi - le Stelle Filanti - furono consegnate alla storia dell'Oeil de Boeuf, menzionate da Saint Simon, da Tallemand de Rèau - le Historiette - dalla Sévignè, dal Cardinale di Retz, dai grandi cronisti del tempo: e le belle dame della Fronde trovarono un Omero innamorato - più che un Plutarco - nel filosofo eclettico Cousin.
Le Etère del nostro secolo figurano tutte, sotto altro nome, nei romanzi di Balzac, principalmente - di Sue, di Solier, di Dumas... e nei drammi e nelle commedie del teatro contemporaneo francese di Dumas figlio, Augier, Sardou, Barrère, De Musset, di Octave Fouillet... d'Arsène Houssaye sopra tutto, e della banda minore, nella quale si distinguono, per due tipi diversi, l'idealista Alphonse Daudet, ed Emilio Zola, il realista à tout rompre.
I francesi non inventano. Copiano la società nella quale vivono, con più o meno d'ingegno e d'arte - come Charles Dickens, Thackeray, Charles Lamb, Bulwer e Disraeli, o Beaconsfield, con non minore sagacia; come Cooper incarnò la società americana dopo l'indipendenza; come Auerbach, la tedesca; Salvatore Farina scava tipi nella società italiana; Turghenieff, nella russa; Enrico Coscience nella neerlandese. La differenza fra costoro tutti è la seguente: gl'Italiani idealizzano più di tutti, perché non hanno società italiana unica originale, ma una trista copia della francese; i Francesi, che hanno ed impongono questa società, dipingono ciò che osservano, con più o meno di sagacia; gl'Inglesi, che hanno una società tipica inglese, questa scolpiscono e dipingono con sommo ingegno - persino certe donne come la Elliott, la Brandon, la Thackeray, la Austin...
Non troverete un autore, uno scrittore francese qualunque, che non sia soppannato da un'amica. Come già notai, i giornalisti hanno il loro Parc-aux-Cerfs nei teatri; l'alta aristocrazia letteraria, nel mondo borghese e patrizio. Sovente avviene che vi peschino una moglie - ossia sposano quella cui, per un tempo, ebbero per amante, sia perché procrearono prole con loro, sia perché le trovarono soccorrevoli e degne della dignità di moglie. Potrei citare moltissimi esempi, e nomi rispettabilissimi: ma sono viventi e non gradirebbero certo fosse noto a tutti, le loro eleganti mogli d'oggidì essere state le donne cui appigionavano, tempo fa, un quartierino nel rione Brada, Navarin, Des Martyrs! E quante volte l'amant du coeur non usufruì di una fortuna raccolta dalla sua ganza, dio sa come e da chi, fosse egli adesso un autore in voga ed, in fine, rimpannucciato per bene! Quante volte poi queste maitresses non divennero eroine di cuore, nobilissime - prova la signora Nagiac del Figaro e la Nelly del Fiorentino! - assistiti con cure affettuose - quegli, guasto da un cancro al viso; Pierangelo, affetto da idropisia di cuore e di spinite. Sorvolo quindi sopra questi ménages postumi e clandestini e taccio dio sa quante delle Mimi da Burger celebrate. Debbo però osservare pure, che, qualche volta, sono abbandonati dalle stesse proprie e vere mogli, come il mio spiritosissimo amico E. T. e Girardin, dalla seconda sua moglie, la russa, o le debbono abbandonare.
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Accennerò inoltre, con mano prudente, ai grandi marescialli delle lettere che cominciarono il loro futuro illustre ménage in una maniera irregolare, e poi l'accamparono con gloria, secondo le sociali esigenze, la loro fama e la loro dignità. Balzac, il sommo Balzac, visse per molti anni con una bellissima contessa polacca, cui dedicò taluni de' suoi romanzi, ed in altri la dipinse. Quando questa signora divenne vedova, Balzac la sposò; e vissero insieme nobile vita. Caso identico quel di Dumas figlio, con una contessa russa, cui descrisse nella Dame aux Perles. Cominciò da un legame di amore adulterino; si sposarono quando lo poterono; e Alessandro adottò le due bellissime figliuole della contessa.
Dumas fu innanzi tutto una specie di Petronio, romano, autore del Satyricon: dipinse la società in cui visse; e la società romana al tempo di Nerone aveva parecchi punti di somiglianza con la parigina sotto Napoleone III. Anche Petronio era un voluttuoso raffinato, eccellente giudice in cose di galanteria, da cui prese il soprannome di Arbiter, come Dumas figlio lo è in tutto ciò che si riferisce al demi-monde da lui fotografato dal vero, e ne ha fatto una creazione d'arte stupenda. Tutti i suoi personaggi, di drammi e romanzi, sono figure incise da modello vivente, a lui particolarmente noto. Medesimo stile, medesima capacità suprema in arte. Medesima vita giovanile; il vivamus dum licet esse! E se Petronio si sentì bene, ed a posto, nel simposio di Trimalcione, Dumas si sarebbe trovato a meraviglia nelle chasses di Compiégne, e meglio ancora in quella singolarissima aux flambeaux - di cui dirò più oltre, a Fontainebleau.
Petronio scrisse sulla tomba di una sua compagna di orgia: dum vivimus vivimus; Dumas accompagnò al cimitero la povera Margherita Gauthier... e scrisse la Dame aux Camelias. Petronio trattava a un solo tempo gli affari, lo studio, la politica, gl'intrighi amorosi, i doveri civili, con la medesima libertà di spirito e sfoggio d'energia - dice Tacito - come del giovane Dumas diranno gli storici dell'epoca nostra. Ma non è solo con Petronio che Dumas ha analogia. Ne ha pure, nelle sue molteplici faccette, con Tibullo e Marziale - e Plauto dalla tangente.
Egli fu - adesso è un saggio! - il ragazzo viziato delle cortigiane. È amico di tutti i poeti, romanzieri e drammaturghi contemporanei, come Tibullo lo era di Virgilio, di Orazio, di Ovidio. È parigino nato a Parigi, come Tibullo era nato a Roma. Alla guisa di costui, ei si rivelò poeta a diciassette anni: solo, Tibullo perdurò; Dumas abbandonò la rima e coltivò con maggiore successo la prosa - e la loro analogia si attenua. Però, come Tibullo, dopo aver vagabondato nelle praterie e nelle brughiere dell'amore, Dumas concentrò il suo affetto - se mai n'ebbe - sopra una sola donna: la contessa... sua moglie - e Tibullo, dopo Plania, la Delia - che lo trafficava, trafficata da suo marito: "la tua porta non si apre se non ci si bussa con una mano piena d'oro!" - dopo Delia, Nemesi - egualmente rapace, e complicata da Frine - un'altra cortigiana che lo berteccia. E Tibullo: "Infame Frine, ti voto alle Eumenidi!" e si volge a Neera, un'ingenua a cui Tibullo offre persino di sposarla - la Margherita Gauthier di Dumas. Ma la casta Neera era giovinetta, e Tibullo precocemente invecchiato; ella piglia un amante; e Tibullo cerca l'oblio nei liquori, come De Musset. Rinunzia ai filtri di altri tempi, e scocca una dichiarazione d'amore a Sulpicia: di cui "la grazia componeva i gesti e le movenze; snodava le trecce vagabonde; metteva l'incendio nei cuori, quando avanzavasi panneggiata nel suo mantello di porpora di Tiro, o in bianca tunica." Sulpicia consolò il moribondo - il quale consolavasi ancora con Glicera - come Dumas consolavasi con tante altre Margherite - mentre Orazio, dal suo canto, si sollazzava con la stessa Glicera. Fu il colpo finale: a ventiquattro anni si estinse. Dumas si ammogliò. Ma non prima di aver corso non poche altre peripezie.
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Dissi che aveva pure rassomiglianza con Marziale - e con Plauto come drammaturgo. Nella Diana de Lys, nella Vie à vingt ans, nel Roman d'une Femme sono simulate altrettante avventure reali - Perocché pochi dei marescialli delle lettere in Francia ne ebbero tante. Sfiorando la carriera amorosa di Marziale, e sostituendo i nomi cogniti delle ganze del romano ai nomi misteriosi, ed a me ignoti, del parigino, si costituisce l'identità delle due esistenze.
Anche Marziale fiorisce ai tempi di Nerone e dei sette Cesari che gli successero. Aveva diciassette anni. Era spagnolo. Non aveva tempera da forti e grandi amori, come Catullo, Tibullo e Properzio. Succedeva ad Orazio, in linea retta, per volubilità, eccentricità, volgarità in amori. Non velava con la forma, come Dumas, come Houssaye, come Gautier, come Sandeau... il fondo contaminato. La licenza era la sua Musa, come quella di Zola: e se ne fece un tipo, come Dumas si è fatto un tipo delle donne del Demi-monde, cui varia, ma dal quale non cavasi fuori. Si rammenta e racconta con grazia infinita, con spirito, con paradossi deliziosi. Come a Marziale le lupe, certi austeri ed ipocriti rimproveravano a Dumas le sue Diane di Lys, le sue baronesse di Saint-Ange... e Dumas a rispondere, al pari del poeta della corte di Nerone. "I miei versi non possono piacere, come i mariti alle loro mogli, se non hanno mentula"! le poesie gaie non possono convenire se non solleticano i sensi. Non posso divagare da' miei scherzi leggeri,e tu che li censuri, rassomiglio a Priapo divenuto sacerdote di Cibele."
Marziale piaceva alla corte di Nerone e piacque ai Cesari fino a Traiano - come Dumas al mondo leggero delle Tuileries ed alle Dames du Lac; che premevagli il resto? Era la cronaca scandalosa del giorno; i Rochefort dei tempi - che si chiamarono Petronio, Giovenale e Persio - non lo inducevano a cambiare di andazzo. Lo spirito poi condiva e giustificava tutto. Attestava il mal esito degli epigrammi casti di Cosconius - inque suis nulla est mentula carnibus! Poteva esserne tentato? Non sa che farsene di esser letto da vergini e fanciulli, e nemmeno dalle matrone. Vuole crapuloni.
I suoi epigrammi sono una galleria di ritratti - come le donne di Dumas. Tutti conoscevano gli originali. Il suo libraio Secundus, non vendeva che i poemi lubrici di Ovidio, Catullo, Pedo, Marso, Getulico - non giunti sino a noi - e di Orazio. E che ritratti! e che poemi afrodisiaci! Ed ecco Lesbia - la quale pertanto non è quella del passerino di Catullo. Questa fa l'amore a finestre aperte - nec sunt tibi grata gaudio si qua latent. E si comprende con ciò che ella non fa amore gratuito - Lesbia se jurat gratis numquam esse fututam. Ecco Cloe - che non è neppure quella di Orazio. Marziale le assicura che può fare a meno di tutti i suoi vezzi appassiti, palesi e celati. Ed ella si paga gli amanti giovani, che volevano amare a ufo - come Luperco, una specie dell'Alphonse di Dumas - Cloe ne divorò ben sette! Ed ecco Taide, che lo trova troppo vecchio. E Marziale a scoccarle l'epigramma: "Taide puzza più di un barile di pesce avariato; più di un becco che è in foia d'amore; più di una pelle di cane scorticato, e di un feto putrefatto nell'uovo...! Per togliersi questo fetore, ella entra nel bagno; si unge psilothrum; si copre di stucco diluito in un acido; si strofina con la pomata delle fave grasse... e a malgrado di ciò Thaìde Thaìs olet!"
Né egli risparmia meglio Philenis. Era vecchia e lesbiana, da divorare in un giorno undici fanciulle e altrettanti ragazzi: - Non fellat; putat hoc parum virile; sed plane medias vorat puellas. Preferisce Galla - senza risparmiarla di più; perché non avendola ottenuta quando ella si metteva a prezzo 5000 franchi per una notte, ebbe la Rigolboche del tempo quando era discesa a 2000 sesterzi - mille franchi - perché non volle contentarsi di mille sesterzi. Venne poi spontanea, più tardi, ad offrirsi. Marziale non la curò e l'ebbe infine a venticinque franchi - cento quadranti. Allora non la rimproverava del suo dipingersi: - nec facies tua tecum dormiat - come più tardi. Perché, a questo periodo - Marziale le dichiarava: mentula surda est! Ed ecco un'altra Filinide, che tutta una notte si prestò a tutte le fantasie di lui, ed egli la pagò la mattina con una semplice libbra di profumi - di cosmos e di niceros - ed altre simili inezie. E Filinide gli salta al collo e l'abbraccia! Poi altre.
Nei dodici libri di epigrammi di Marziale non si parla che di cortigiane - come nei romanzi e nei drammi di Dumas di péches à quinze sous, ossia donne sciupatelle, Marziale si mostra talvolta severo verso queste donne leggiere - come a Dumas si piace a moralizzarle al modo di Madame Aubray. Ma non bisogna crederli. Perché ecco Dumas correr dietro alle attrici che lo adescano, e imporle ai direttori di teatro, come Sardou imponeva Antonia - sine qua non! Ed ecco Marziale dar addosso alla povera Lidia. Ella non sa più ispirargli amore - Lydia tam laxa est, equitis quam culus aheni. Però rifiuta di attaccare Licisca - quella di cui Messalina pigliava il nome al lupanare. Marziale non è venale. E Sila - una Cora Pearl che possiede un milione di sesterzi ed è vecchia - ha quarant'anni! - non lo seduce. Egli ha orrore delle vecchie, prova il terribile epigramma contro Vetusilla. Non fa grazia alla bella Sanfea, che non consente a bagnarsi con lui, e la sospetta - aliquid cunni prominet ore tuo. Non si accomoda a Marula, che fa prezzo avanti; non si ferma a Telesilla, se non per significarle non essere egli sicuro se in quattro anni potrà provarle d'esser uomo! Morde poi Ponzia, alla quale puzza il fiato. Tratta male Lecania, che si bagna col suo schiavo cinto di una fascia; e peggio Ligella, che si dipela - "se ti resta un zinzin di pudore, cessa di strappare la barba a un lione morto!"
Liri è una briacona e una fellatrice abbominevole: si satura di pastiglie di cosmus, per neutralizzare i vapori pestiferi del suo alito (Lib. 1 epigr. 88). Senia raccontava: che passando una sera per una contrada deserta, i ladri l'avevano messa a male. "Tu lo dici, Senia - scrive Marziale - i ladri lo negano - perché tu non possedevi nulla che avesse potuto esser gualcito. Galla - la sua Galla di un dì - con gli anni era divenuta ricca e molto pratica nell'arte di amare. Marziale lo riconosce; ma la fugge, perché … saepe solecismum mentula nostra fecit! Elle ratait, dicono i francesi. Infine - per accorciare - Egle che piace ai vecchi del pari che ai giovani, e dà ai primi il vigore di questi, istruendoli di tutto ciò che i vecchi già sanno - Egle vende i baci e dà gratis i favori più segreti. E Marziale esclama; "chi chiede che tu ti dia gratis, Egle del mio cuore, è il più sciocco degli uomini!... non dare nulla per nulla - eccetto i baci!
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Non proseguo il parallelo. Diventerebbe offensivo per Dumas. Questi non ebbe nessuna delle bassezze e delle codardie di Marziale, di Petronio e degli altri poeti e romanzieri romani. Amò come tutti gli altri dell'epoca sua. I tempi degli amori eroici di Byron, dell'Alfieri, di Burns, del Foscolo... erano passati. Egli non era uomo da anacronismi. E passo ad altri.
Lamartine è il più casto, perché il più poeta. Bello, ricco, signore come Byron e l'Alfieri; attirato verso l'Oriente come quegli, verso l'Inghilterra come l'astigiano, lambì le usanze volgari della sua patria, cui osservò dall'alto di una nube d'oro. Ebbe amori puri come quello della Graziella d'Ischia.
Balzac - che ha del Petronio: romanziere libertino ed osservatore psicologico dell'elemento sociale nel quale spaziava - questo dipinge nella Comédie Humaine, come Petronio il suo, nel Satyricon. Costui era ricco, e generoso, bello e benfatto, impaziente di godimenti, e, da impaziente, moltiplica i suoi amori e cambia ogni giorno di ganze. Sarebbe morto di spossamenti e di stravizi, se la collera di Nerone non l'avesse spinto ad aprirsi le vene per sfuggire alla minaccia del supplizio. Avrebbe preferito una morte lenta e più voluttuosa; ma anche un tiranno è qualche volta istrumento benefico del destino.
Balzac non ebbe queste tempeste nella sua vita. L'amore della contessa polacca lo salvò in ogni modo. Egli era legittimista, ma non cospirava come Petronio contro il governo di fatto. Ebbe non pochi amori, ma non chiamò tutta Parigi ad andare a contemplarlo nel suo modesto chàlet, Les Jardies, ad Auteil; ereditato poi da Gambetta. Viveva nel mondo cui idealizzò epicamente. E quando volle essere realista - come si fu pur troppo sotto la Restaurazione e nei primi anni di Luigi Filippo - per mostrare che da questa scostavasi, scrisse Les Contes Drolatiques nella lingua e nello stile di Rabelais - cui imitò maravigliosamente.
Victor Hugo ebbe parecchie somiglianze con Orazio - tranne il vizio del batillo; e fu drammaturgo e romanziere per di più.
Lo ripeto, Dumas - torno a lui - non ebbe tutti i capricci erotici e volgari di Marziale e di Petronio. Era il giovane alla moda, l'enfant gàtè delle dame che gli correvano dietro, perché lo credevano più romano che in realtà non era. Suo padre - il grande suo padre - lo era stato di più. Ma Alessandro, padre, era una force de la nature, in ogni cosa, come disse Michelet. Egli non seppe esser mai senza avere una fanciulla con lui - sia che viaggiasse per piacere - e metteva in sussulto e collera la polizia austriaca, avendo sempre un passaporto irregolare, se pure ne aveva uno proprio e non estorto sotto altro nome - sia che scendesse in Italia per seguire Garibaldi alla conquista del "vello d'oro" l'Italia; e celebrarne le geste romanzesche. Questo Ettore ebbe quell'Omero! Dumas figlio fu, è tuttavia, più calcolato e saggio nella sua condotta. La donna gli fa piedistallo. La donna lo salvò quando n'era ancor tempo. Marziale incontrò Polla - Polla sola - che l'amò per tenero sentimento - in quelle cloache di cortigiane romane, greche o finte greche; e gli mandò corone di rose. Marziale gliele respinse: - rose gualcite! Poi, le chiese brutalmente quanti assalti notturni aveva sostenuto per raccoglierle. Dumas non avrebbe restituito un gioiello: avrebbe taciuto.
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Perocché egli non vilipese le sue Camelie: le celebrò, anzi, ne' suoi romanzi e ne' suoi drammi. S'inebriò di loro, finché elleno furono fresche, finché egli fu scapolo, e non avvenne, come Balzac, nella donna che gli s'impose, lo mise sulla via onesta, e lo sposò. E, di poi, egli non mancò giammai di rispetto a sua moglie - almeno a cognizione del pubblico - come Marziale fece con la sua.
Costui fu atrocemente codardo e brutale con la sua moglie Clodia Marcella, spagnola come lui. Questa lo colmò - alla guisa che la contessa russa colmò Dumas - di benefiche cure, e lo indusse a smettere le sozzure - perdonandogli l'infame epigramma, che conchiude con quei versi abominevoli:
Masturbabantur
Phrygii post ostia servi
Hectoreo quoties sederat uxor equo
Et quamvis ecc.
La povera Clodia Marcella gli perdonò e se lo condusse a Bilbao, dove aveva beni. Quivi egli raccolse i suoi lubrici epigrammi, seminati sotto sette Cesari e, conchiudendo, li coronò di un epigramma semplice e rustico deliziosissimo.
Dumas non ebbe i vizi turpi e contro natura di Marziale. Ciò non era nei costumi parigini del tempo né della società cui bazzicava, e tuttavia frequenta. Ebbe amiche - perché ne avevano tutti - anche io, povero esiliato! Le occasioni le producevano; la necessità di vita più posata e casalinga le consolidava - talvolta fino al matrimonio, quando un accidente non le frangeva. Questa società nuotava in un ambiente deleterio - quello descritto da Arsenio Houssaye, da Sardou, da Barrére, da Augier, da Gautier, da Saint-Beuve, incarnato nell'esempio del Palais Royal, o piuttosto del Palais Romain dell'Avenue d'Antin del principe Napoleone.
Sainte-Beuve frequentava quel ritrovo, serenato dalla principessa Clotilde. Trauband, suo segretario, lo rivela; e Lalage figura nell'intimità del sommo critico, repubblicano nel 1848-49, bonapartista nell'80. Nessuno ne fu immune. I tempi avevano lo stampo da De Morny; Girardin ne fu la Cassandra; Laguerronniére il pamphlétaire uffiziale: Augier, Dumas, Sardou ne furono i drammatisti; Pailleron, Coppèe i poeti; Paul Féval, la tradizione bretone e cattolica; l'Univers l'apostolo clericale, ed il Figaro il Moniteur officiel. Nessuno restò immune. Produsse i soli ideali cui doveva e poteva produrre. Quindi, alle Tuileries, non parvero stupefacenti ed in rottura di bando con lo stato psicologico della Parigi Imperiale, le famose chasses-aux-flambeux di Fontainebleau. Erano la ripetizione delle orge di Quartilla e di Circe descritte da Petronio.
Il dottor Pierre Dufour, nella sua Historie de la Prostitution, scrive: «Chez les Romains, pour tout raffinement, le vicè s'était matérialisè, en rejetant tout espéce de voile et de pudeur. Les oreilles n'étaient plus respectées que les yeux; et le coeur semblait avoir perdu ses instincts de délicatesse, dans cet indurcissement moral qui lui donnait l'habitude des choses honteuses.» Queste erano pure le condizioni sociali e morali della Francia. Laonde, senza la stampa straniera, che la prima rivelò le cacce co' fanali viventi - donzelle nude - nessuno avrebbe posto mente ad esse. Lo stesso Napoleone le ignorava. E n'ebbe orrore, quando potè leggere i racconti che ne fecero Louis Noir, dopo la morte di suo fratello, e l'abate C.
Che cosa furono dunque queste famose cacce?
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Sarò indiscreto perché odio l'imperatrice - la divota e crudele che fu implacabile nemica d'Italia; colonna del tabernacolo del potere temporale. Non seguirò il racconto di Louis Noir - il fratello di Victor, ucciso dal principe Pietro Bonaparte mio amico. Neppure quello dell'abate C. - perché anonimo, e meno preferibile al libro del Noir - scritto con stile da caserma. Era stato zuavo. Preferisco il racconto di Claude nelle sue Mémoires, perché così nulla sembrerà inverosimile ed inventato a piacere: La Gazzetta di Torino - in cui scrivo - traduce in appendice queste Memorie. Preferisco, per più autenticità, il testo francese.
«Et à quels plaisirs se livraient ces bacchantes? A tout ce que la lubricitè peut inventer de plus honteux, de plus dégradant pour l'espéce humaine quand elle descend la pente de la decadénce... Et elle, (M.me X-Lalage) m'apprit ce que je n'ignorais qu'à demi par les journaux étrangers; par les allusions diaphanes de la petite presse; par tout ce qui se chuchottait à la préfecture...»
Nella Gazzetta di Colonia era il mio amico dottor Lawson che scriveva; nel Golos di Pietroburgo, era un altro mio amico, Elie Réclus, fratello del celebre geografo ed anarchista, l'amico Elysèe Reclus: ed erano ammirabilmente ragguagliati in due ambasciate. Claude continua:
«Je savais qu'à Compiègne les chasses à la Louis XV se poussaient jusqu'à leurs derniéres limites. Mais j'ignorais qu'elle pussent dépasser tout ce qui s'était produit au Parc-aux-Cerfs dans la chasse aux flambeaux de la forèt de Fontainebleau...
«M.me X m'apprait ce qui passait la nuit à la chasse aux flambeaux autrement piquante et bien autrement mouvementèe que les chasses de Louis XV.
«Dans un éndroit réservè de la forèt les nimphes se rendaient la nuit à un rendez-vous determinè. Là les attendaient des chasseurs qui renouvelaient, à l'arrivèe de leurs gibiers féminins, des scénes d'orgie, qui ne figurent que sur les peintures de Pompei et di Hércolanum, au Musèe de Naples. Les nymphes, déguisèes en bétes, se faisaient porsuivre alor par leur Actèon, à la lumière des torches, tenues par des lampadaires vivants - des femmes nues. Ce qui se passait dans cette nuit-là est impossible à décrire. Cette chasse aux femmes changées in bètes, se continuait jusqu'à l'épuisement des torches. Alors, l'orgie dégenerait en furia: c'etait la lutte des fauves en rut: et elle terminait par des scénes qui rappellaient les scénes du sabbat...»
«Le matin, les nymphes se bagnaient dans un etang voisin, en compagnie de leurs galants chasseur. On prenait la précaution de se faire suivre par le musicien aveugle de Pont-Neuf, qui ne pouvait voir ce qui se passait,» I bagnanti non avevano costumi da bagno.
Non vado più oltre. E metto qui fine alle Grandi Etère. Claudite jam rivos, pueri, sat prato bibere.
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