IntraText Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText | Cerca |
AVVERTIMENTO | «» |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Nell'anno 1861 il Governo di S. M. il Re d'Italia deliberò d'inviare una missione diplomatica a S. M. il Re di Persia, e scelse per essa il commendatore Marcello Cerruti, in allora Ministro Residente, ora Inviato Straordinario e Ministro Plenipotenziario. Volendosi dal viaggio in paese, sul quale in diversi rami di scienza tuttora si desiderano notizie meglio esatte e complete, ottenere altresì vantaggio di studi ad incremento delle cognizioni universali, il Governo del Re destinò pure alcuni distinti naturalisti, matematici ed ufficiali di armi diverse ad accompagnare il commendatore Cerruti. La spedizione italiana partì nell'aprile dell'anno 1862 per la via di Costantinopoli, e fu di ritorno nel dicembre successivo per quella di Pietroburgo.
[iv]
Durante i preparativi della spedizione, e nel corso della medesima, il Governo del Re più volte mi aveva fatto l'onore di chiedere il mio avviso sulle istruzioni ad impartirsi per le utilità del commercio, e sugli studi a preferirsi. Sottoponendo in tali argomenti le mie opinioni, mi si presentò altresì il pensiero, che sarebbe stato utile di cogliere questa circostanza anche per attivare ricerche negli archivi italiani, onde illustrare la storia nazionale, mediante la pubblicazione delle antiche relazioni diplomatiche delle repubbliche italiane colla Persia, circa le quali non erano state finora date alle stampe se non incomplete notizie. A questo effetto si ordinarono a diversi archivi del regno indagini, le cui risultanze, almeno finora, non hanno ben corrisposto alle brame. Ma era specialmente negli archivi di Venezia che doveva ritrovarsi la massa dei documenti di maggiore importanza, perchè già era noto che nessuno degli Stati italiani aveva avuto così antichi e frequenti rapporti colla Persia, quanto la repubblica di Venezia; stante l'interesse massimo della stessa repubblica di coltivare l'amicizia di Stato potente, situato alle spalle di Turchia, ad entrambi nemica, e per l'eccellente ordinamento di Venezia nelle diplomatiche cose, delle quali essa fu a tutti gli Stati maestra. E poichè vincoli d'amicizia e di stima mi [v]legavano al cav. dott. Guglielmo Berchet, che già aveva avuto a studente di legge in Padova, quand'io era colà, ed egli aveva dato prove ripetute di somma diligenza ed abilità nel raccogliere e pubblicare documenti diplomatici esistenti nell'archivio dei Frari, così mi rivolsi privatamente a lui, e lo pregai di voler sospendere per qualche tempo gli altri lavori suoi sulle Relazioni degli Ambasciatori veneziani, il Commercio della repubblica, e le Leggi venete monetarie, e di favorirmi d'indagini su tale argomento pur esso di molto interesse italiano e di onore alla sapienza della sua nobile città. Il cav. Berchet aderì volentieri all'invito dell'amicizia, ed al proprio desiderio di contribuire ad illustrare la storia veneta, che è tanta parte dell'italiana, ed a nessuna delle europee è seconda nella gloria dei fatti; ed abile ed indefesso si pose alle ricerche, che riescirono sommamente felici. Mi ha quindi trasmesso con lettera espressiva della sua benevolenza per me le risultanze delle solerti sue indagini, accompagnando le copie degli originali documenti con una elaborata memoria, la quale è molto opportuna a seguirne la serie, ed a comprenderne la colleganza ed il valore.
Venuto così, per merito altrui di esperienza e sapere, al possesso di scritti, che sono fondamento e luce di una parte di storia italiana rimasta fino al presente alquanto vaga ed oscura, parmi[vi] conveniente di consegnare al pubblico il frutto non mio. E siccome conosco che i lavori del Berchet sono sempre commendevoli per diligenza e perizia, così mi astengo da qualsivoglia inserzione di frase non sua, od esclusione di alcuna scritta da lui. Di me in questo caso veramente può dirsi ciò che leggiamo nel sacro codice: — Quid habes quod non accepisti?
Spero poi che il cav. Guglielmo Berchet mi vorrà essere cortese d'indulgenza quanto mi fu d'amicizia, se io non volli che l'utile suo lavoro avesse ad essere fecondo solamente di privata istruzione per me, ma col darlo alle stampe accrebbi con esso il patrimonio delle cognizioni comuni.
[vii]
«» |