Guglielmo Berchet
La Repubblica di Venezia e la Persia
Lettura del testo

DOCUMENTI

DOCUMENTO XXVIII.

«»

Link alle concordanze:  Normali In evidenza

I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio

DOCUMENTO XXVIII.

1580 al di maggio.

Essendo tornato il Serenissimo Principe dal Gran Consiglio et ridotto nella sua anticamera, con li clarissimi messer Zuane Donato consigliere e messer Alvise Foscari capo dell'Illustrissimo Consiglio dei X, secondo l'ordine posto nell'eccellentissimo collegio, comparve il fedelissimo Vincenzo de Alessandri, nodaro ordinario della cancelleria ducal, et con lui un persiano huomo di età d'intorno alli ottanta anni, il quale appresentatosi molto humilmente a S. Serenità espose la sua ambasciata, e diede due lettere una scritta in persiano e l'altra in turco, la prima fu letta da esso persiano, la seconda dal predetto Alessandri, et perchè nelle espositione e nelle lettere erano molti particolari che difficilmente si sariano potuti raccordare per poterli mettere in scrittura comodamente, fu posto ordine che questo si facesse in casa del predetto Alessandri, dove si poteva andare sicuramente, per essere la sua casa posta in tale luogo che non si saria veduto da alcuno; et così alli tre del medesimo ridotti noi Antonio Milledonne, e Domenico Vico segretari et humilissimi servitori di Vostra Serenità alla casa suddetta alle ore 10, ritrovassimo il suddetto persiano che aspettava, al quale facessimo dire per il detto Alessandri che S. Serenità gli faceva intendere che se aveva bisogno di qualche favore, se lo faria prontamente; qual rispose «come haverei io ardimento di dimandare alcuna cosa, essendo suo schiavo?» Si passò poi a dire che[184] essendo stato grato a S. Serenità quanto esso le aveva esposto, et però desiderando di averlo in scrittura eravamo venuti qui per udirlo un'altra volta da lui medesimo, che però fosse contento di dirlo a parte perchè si scriveria il tutto; il qual rispose «volontieri sta ben» et disse:

Che essendo il re di Persia in Kasbin, già sei mesi circa disse alli suoi sultani del sangue: che già qualche anno, fu a suo padre un huomo mandato da' Venetiani, et dimandò se vi fosse qualcuno che si ricordasse di quel fatto, perchè lui a quel tempo se trovava in Korassan: che però vorria, che se non lo si sapeva da loro, si mandasse in Tauris da Mehemet khan, che è principal sultan et del sangue per intendere da lui come passò la cosa. Et così fu mandato in Tauris, et Mehemet khan mandò a chiamare chogia Cabibulà che è un vecchio ed onorato mercante, che è stato altre volte a Venezia insieme a chogia Succurlà che è visir, il qual secondo il costume del regno, quando bolla le lettere le bolla con tre bolli, che è quanto il bollo del re, perchè gli altri sultani bollano con un bollo solo.

Il predetto chogia Cabibulà, essendo chiamato, portò a presentare (secondo l'uso del paese, che ognuno che è chiamato da' sultani del sangue, porta presenti) una vesta di panno, una fessa da testa, ed un gottonin, et andò al detto Mehemet khan et disse quello che il comandava. Gli domandò il sultan: se conosceva quelli che furono mandati da Venetia al re vecchio; lui rispose: cognosco. Gli dimandarno del nome, disse che non sapeva il suo nome, ma bensì che erano venuti, et che si trovava in Tauris chogia Mehemet il quale in Venezia aveva avuta cortesia da quello che fu in Tauris, che forse sapria dir il nome; et così mandarno a chiamar me che sono il sopradetto chogia Mehemet.

Io andai insieme con chogia Cabibulà, et narrai come fui preso al tempo della guerra dalla galea Trevisana, che mi tolsero in fallo per turco, se ben aveva patente del Zaguri console in Ragusa e da quei signori di Ragusa, e toltami la roba; ma che li signori venetiani mi liberarono, et fecero restituir la roba; et fu causa di questo favor, quell'huomo che fu in Tauris, et che il collegio di Venetia viste le patenti mi fece espedire. Chogia Cabibulà mi disse: che lui aveva visto quell'huomo, et che el ghe aveva insegnà la strada de ritornar a Venezia, ma che el no saveva el so nome; et che il sultan ghe lo domandava; che però se 'l savesse ghe 'l dovessi dir. Io risposi ch'el saveva, et che l'aveva nome Vincenzo, et così tolsero il nome in nota. Io trovandomi alla presentia dei sultani sopradetti, mi dissero: dapoi[185] che tu conosci quel Vincenzo e che sei stato altre volte a Venezia, volemo che tu vi torni a portarvi alcune lettere. Io dissi che sono vecchio di 78 anni, come vuol sua signorìa che vada? Non ardii di dir altro alli sultani, ma ritirato con chogia Cabibulà, mi escusai che non avria possuto per la mia età far questo viaggio; ma lui mi disse: non dir così, perchè bisogna far quello che comanda l'imperatore, e questo è il suo comandamento.

Intendendo li sultani la mia escusazione, per consolarmi et acciò potessi fare il viaggio mi concessero 20 case di una villa con li suoi terreni, et mi fecero e bollarono la patente della concession et della esenzione. Io non potei mancare di adempire il comandamento del re dettomi dalli sultani; mi messi in ordine per partire: et fu detto che dovessi fare il servizio secretissimamente.

Da poi fui chiamato et mi diedero due lettere, et mi dissero che dovessi dire alli signori di Venetia, che loro stavano nel medesimo proposito, che li mandarno a dire; ma che allora non si potè effettuar perchè viveva il re vecchio il quale haveva molte indispositioni; ma che tutti li sultani aveano giurato per Alì, che al presente non volevano deponer le armi per anni 15, fino a che non debellavano i Turchi ovvero non erano essi debellati; et che dovessi aggiungere che se li signori Veneziani, haveranno il medesimo proposito, che si continuerà ancor più lungo tempo la guerra; ma che se li mandi un segno della sua volontà: perchè noi non volemo da loro suoi eserciti, ma solamente la volontà, et che nelle sue chiese secondo la forma della sua religione faccino dire delle oration per noi; et che il re del Portogallo che comanda in Ormuz dove sta un persiano, come saria a dir bailo, aveva dato ordine che siano mandati in Persia 20000 zecchini et quel più che facesse bisogno per la guerra. Che i Turchi avevano mossa questa guerra ingiustamente, senza causa, come credono che si sappia; et però loro aveano posti in ordine li suoi eserciti, et che si erano ridotti insieme alcuni re del sangue, che sono verso la India, nominati Bairam Mirza fiol d'un fratello di Thamasp re vecchio, Sciam Mirza, Eleas Mirza, Siringuineat Mirza et sultan Caidar; che questi fanno un consiglio creato di nuovo, e che così il re li chiamò tutti e li disse: sono tre anni che questi infedeli ne molestano, bisogna far una buona risoluzione che o noi li vinciamo loro o essi ne vinca noi; et essi sultani risposero che era ben onesto, perchè li Turchi li avevano tolti molti paesi, che era vergogna che li tenessero, però bisogna armarsi e ricuperarli, perchè i Turchi avevano mancato della fede e rotti li capitoli, et che non temevano Dio, ma che osservavano[186] li loro giuramenti quanto solamente lor metteva conto. Che li sopradetti re messero insieme per aiuto del re di Persia 70 mila persone, li quali vennero per la parte delle Indie che si chiama Konducar. Che il re di Persia oltre questi, ha 80 mila persone delle sue. Che el re di Lar, qual è tributario del re di Persia e gli paga 5000 tomani (che un toman è da circa 20 scudi), questi gli ha dato 15 mila uomini a cavallo armati. Che Sanabat re dalla parte di Ghilan, ancor esso tributario, ha dato 10 mila archibusieri. Che el re di Ghilan nominato Sciempsi khan, ha dato 10 mila uomini tutti a cavallo armati; che el re di Persia ha tolto per donna una figliuola di Abdulà khan re dei Tartari. Che dei signori Georgiani fratelli, nominati uno Simon e l'altro Davit, che cristiani loro sono, il re di Persia conoscendoli valorosi ha data a Simon una sua figliuola, et lui s'è fatto persiano, restando il suo fratello cristiano; questi li danno 20 mila gentiluomini, che sono tutti cristiani.

Domandato come sapeva questi particolari, rispose: questa cosa è pubblica in Tauris, ma li sultani me l'hanno detto di bocca propria, perchè lo riferisca alli signori Venetiani, et mi hanno anco detto come è distribuito l'esercito; et poi disse da se: mi meraviglio che tu mi dimandi queste cose, perchè l'armata che è a Venezia no se sala a Padova e in tutte queste bande? Questo non è un pomo che se tegna ascoso. Gli fu detto che non si meravigliasse se ghe vien domandato qualche cosa, perchè si fa per poter chiarir meglio il tutto, e non perchè non si creda quello che lui dice; rispose che questo non importava niente, e gli fu detto che dicesse la divisione dell'esercito.

Disse che 50 mila persone erano sotto la custodia di Bairam Mirza, verso la parte di Babilonia, il quale è andato per guardar et rovinar quel paese: che altri 50 mila erano sotto la custodia del fiol di Sciam Mirza, el quale è andato nel paese di Soresul et ha preso quel bascià et ammazzato con ruina di quelle genti de' quali ne furono menati da 300 vivi a Kasbin. Che Beram Mirza, con 50 mila ancor esso è andato contro Ustret bascià verso Van; et che el resto dell'esercito è rimasto col re; dicendo che el se haveva scordato dire che el fiol del re nominato Emir khan Mirza con Jocmat sultan, et gran parte delle genti erano all'incontro de Mustafà. Che quel fiol del re è generale dell'esercito, et quello che sostenta la guerra. Dimandato del nome del re di Persia rispose: Koda-Bendè. Dimandato se questo successe immediato al padre, ovvero altri prima. Rispose. Morto Schà Thamasp una parte voleva per re sultan Caidar Mirza, che era terzo figliuolo che governava al tempo del padre, ma la maggior parte voleva[187] Ismaìl el secondo; onde si attacarno insieme; ma presto si sciolsero, poichè fu morto Caidar et electo Ismaìl, qual fece tagliar la testa a molti sultani, che gli erano stati contrari, onde ancor lui fu assassinato. Successe poi questo che regna che è il primo figliuolo, e si trovava a Korassan, il quale è huomo di 47 anni in circa, che non si parte mai da Kasbin; ha avuto mal de occhi, ma li medici lo hanno guarito; et soggiunse: io ho pur assai cose scritte nel cuore delli successi della guerra et specialmente di Shirvan, de onde Mustafà partì nudo; ma ho paura de attediar, se volete che dica, dirò. Gli fu detto che el dica, el disse:

Che quando se intese la partita di Mustafà con l'esercito Costantinopoli ognuno si meravigliò per esser lui uomo vecchio, e massimamente Tocmat sultan il quale lo conosceva molto bene per essere stati ambidue a Costantinopoli. De che sorte fosse l'esercito turco non lo starò a dire perchè voi lo sapete bene; ma essendo lui partito da Esdrun verso la Persia fino ad un luogo che si chiama il Cars, il che inteso da sultan Tocmat, mandò a presentargli 160 some di risi, di meloni et altri rinfrescamenti, et li mandò un uomo suo a domandare a che effetto era venuto tanto avanti nel paese persiano, Mustafà mandò a rispondere per un suo uomo, con presente di 10 cavalli, vesti di seta, e rinfrescamenti: che l'era venuto per sottometter li Georgiani li quali erano soliti per avanti a dar tributo al sig. Turco, e par che Tocmat sultan le aveva fatto dire che el paese di Cars era il confin, et che se l'era venuto per prender quel paese, sopra ogni sasso si lasceria una testa dicendo: Cars è un luogo rovinato che divide el paese del Turco dai Persiani. Mustafà rispose che Dio guarda, ma che l'era venuto per Georgiani come di sopra. Che sultan Tocmat li fece anco dire, che lui non credeva che fosse mente del suo signor di romper li capitoli che erano fatti; perchè li giuramenti passano da un re all'altro, che questo saria con danno dell'anima dei morti, ed anco di quei che vivono; et che se lui veniva per fabbricar Cars che lo rifabbricherieno con tante teste dei Turchi.

Che lui Mustafà in Persia non poteva far cosa alcuna, ma ben che loro Persiani, passeriano nel paese dei Turchi fino a Tokat, tagliando ed abbruciando di tutto, che saria con danno non delli grandi, ma delli piccoli; che però non volevano questo cargo sull'anima; ma cha lui era servitore del suo re e Mustafà del suo, che però tra loro due combattessero e definissero le querele. Mustafà rispose con inganno el falsità, che non era venuto per il paese di Persia, onde sultan Tocmat li diede il passo, ma ben sempre tenendo[188] gli occhi aperti, et essendosi spinto avanti Mustafà fino a certa acqua che si chiama Canacaburi, che è la strada certa di andar nel Shirvan, vedendo sultan Tocmat che era ingannato, disse costui ne inganna, et esortò le sue genti et diede alla coda dell'esercito, e ne tagliò fino a 30 mille, et li tolsero parte delli cariaggi e quasi tutti i danari che aveva con lui; ma li sopraggiunsero altre genti: onde Tocmat si ritirò colla preda e Mustafà passò allo Shirvan. Tocmat sultan mandò la preda al re, et li fece intendere che Turchi avevano rotta la fede e che li sariano addosso, et che però si mettesse all'ordine. Mustafà frattanto penetrò nel paese del Shirvan, fino ad una terra che si domanda Aras, e la prese e si fermò in quel luogo 28 giorni, et per il cattivissimo aere che vi è si ammalò l'esercito, ond'ebbe maggior danno dalle infermità che non aveva avuto dalla spada. Mustafà in questo tempo mandò spioni per il paese ad intender quello che facevano i Persiani, parte dei quali spioni furono presi, et da loro intesero Persiani, che Mustafà era in Aras con parte dell'esercito, con la mortalità che ho detto di sopra, e che Osman bassà con un'altra parte era ad un'acqua in un certo sito forte. Quei spioni che non furono presi tornarono a Mustafà e li dissero che Persiani erano all'ordine per darli adosso. Onde esso consigliò Iman ed altri bassà, e disse che avendo la infermità che veniva dal cielo non si potevano effettuare i suoi disegni, che bisognava far meglio che si poteva per non perder quel paese che avevano acquistato con tanta fatica e spesa; che però Osman si valesse di 30m. persone per guardar Samachi, che è la metropoli di quel paese, e lo fece serraschiere che vuol dir capitanio-generale, et fece anco sotto di lui altri bascià, perchè l'aveva questa libertà dal gran signore di così fare; et lui se ne fuggì per la parte dei Georgiani, per un paese detto Seventberg, e per la fuga così presta davano cinque gambelli per due pani, et in questa fuga ebbero grandissimo danno dai Georgiani cristiani, non essendo ancor giunti li Persiani; e che con poche genti che non credo arrivassero a 20,000 persone si ritirò in Erzerum; che partido Mustafà sopraggiunsero Persiani, e la prima cosa che facessero ricuperarono Aras dove i Turchi avevano fatto un castello di frasche e fango, et postovi l'artilleria; ammazzarono il bassà detto Caidar e le genti et tolsero l'artilleria in numero di 200 pezzi, e la mandorno al re, poi andarono a Samachi e lo circumdarono tutto, ma sopraggiunse in aiuto dei Turchi 8000 tartari per via di Caffa, il che intendendo i Persiani, una parte si levò dall'assedio et andò ad incontrarli;[189] ed in questo tempo Osman bassa, fuggì da Samachi; i Tartari furono tutti tagliati a pezzi, ed esso Osman si salvò in un castello dei Circassi detto Derbent, dopo la fuga del quale i sultani entrarono per tutte terre a man salva et ritornarono in tutti li suoi governi, avendo ritrovato anco in Samachi artiglieria, e preso tutto l'aver di Osman; et questo fu al fin dell'anno. L'anno seguente Mustafà rinforzò l'esercito al numero per quanto si diceva di 250 mille persone, e conoscendo il danno che aveva avuto in Persia, cercò di ricuperare in qualche modo, e si avviò a Cars per fabbricarlo, dove venne anco l'esercito dei Persiani, et combatterono con grande effusione di sangue da una parte e dall'altra, tanto che appena è credibile; pur Mustafà restò superiore e fabbricò il Cars. Fra questo tempo li Tartari, che sapevano che Osman era in quel castello, lo andorno a levare et si ridussero in campagna da una parte del paese di Shirvan, i quali erano al numero di 30,000. I Persiani si risolsero di mandare una parte contro li sopradetti Tartari, e l'altra parte si ritirò da Cars, et così Mustafà lo fabbricò; ma sopraggiunto l'inverno, che è molto aspro in quelle parti lo lasciò presidiato e si ritirò in Erzerum, licenziando parte dell'esercito, qual era mal satisfatto et Mustafà anco molto afflitto. Li Tartari, et li Persiani che si erano all'incontro, stavano caduno dalla sua parte sopra l'avvantaggio, fino a che venne l'inverno, il quale sopraggiunto, li Tartari che sono mezzi nudi convennero ritirarsi, con la quale occasione i Persiani ne tagliarono molti a pezzi, et Osman bassà convenne tornare a salvarsi nel castello sopradetto di Derbent. I Persiani poi, che sono più atti alla fatica che Turchi, e che non hanno bisogno di tante comodità, perchè bene spesso stanno 40 giorni con una camisa, et menano sempre con loro un caval vodo quando vanno in fazion, per averlo sempre fresco, tornarono a Cars, ma non avendo artigliere da batter, perchè quella che presero l'haveano disfatta, et fatto bagattini, non la avendo loro, avendo il modo di adoperarla, non potendo però prender Cars, hanno rovinato il paese intorno, che non vi è restata appena la herba, onde se vogliono soccorso bisogna lo aspettino da Erzerum, perchè adesso vi sono delle munizioni che vi lasciò Mustafà, stando tuttavia assediati dai Persiani.

Dimandato in che modo vien mantenuto tanto tempo così grande esercito, rispose: l'imperatore è molto grande ed ha tesori; ma l'esercito si vale dell'abbondanza del paese, et delli danni che fanno ai Turchi, et delli tesori che si hanno guadagnati; e poi anco quando[190] tutto manca se ne tuol ad imprestito, et quei re che ho detto di sopra tutti aiutano; et come ho detto questo è il terzo anno che li sultani hanno giurato di continuar la guerra et di non lasciar la spada per 15 anni. Dimandato quello che si intende di Mustafà, rispose che si diceva che il sig. Turco li aveva mandato sei capigi, perchè el voleva che el rendesse conto che avendogli lui persuasa la guerra et partitosi con un esercito così florido e con tanti tesori et tanta artilleria, quello che ha fatto et in che modo ha impiantato Osman bassà in quel paese di Circassia. Che Mustafà avendo inteso oltre questo che el suo signor voleva mandar un altro in luogo suo disse: che quanto alli tesori se sono andati, saranno andati del suo; et perchè l'era chiamato a Costantinopoli pregava ch'el si lasciasse ancora un anno perchè el non voleva morir d'altra spada che de' Persiani. Dimandato se in questi tempi è stata mai trattazione alcuna de pace, rispose: che essendo stato persuaso al re di Persia da Mustafà a mandar persone per trattare la pace, mandò un suo uomo in quel tempo che successe la morte di Mehemet bassà, il quale arrivò a Scutari, et fece intendere ad Achmet bassà, che el suo re a richiesta de Mustafà l'aveva mandato a dirgli, che li pareva cosa ingiusta continuare a spander tanto sangue di monsulmani: che però quando gli fosse restituito il suo passo esso leveria le offese; et questo huomo fu scacciato via dai Turchi, et che lo volevano anco offendere, et che Achmet disse che ambasciator no porta pena, onde fu scacciato via.

Fo data la lettera scritta in persiano ad esso chogia Mehemet et li fu detto che el dica chi scrive questa lettera. Rispose: Emir khan che un signore in Tauris come saria a dir vicerè, signata dal suo segretario. Gli fu poi detto che la traducesse in turco, così presala e lettala cominciò a dire:

«Molti saluti a voi, gran signori di Venetia. Quello che fu mandato da vostre altezze, chogia Cabibulà lo ha conosciuto, così noi abbiamo mandato alla vostra felicità chogia Mehemet per significarvi, come noi continuiamo nelle promesse et nella fede che dessimo, così desideramo che ancor da voi ne venga un segnale; piacendo alla Maestà di Dio, solo signor del mondo, speramo di castigar quei scellerati, li lasceremo per il corso di 20 anni fuori delle nostre mani, et con lasciarvi con perpetue salutazioni».

Dimandato che el dia el giorno della lettera, rispose: che può essere da sei mesi, ma che nella lettera non si trova il tempo. La lettera in turco fu lasciata all'Alessandri, che la traduca con comodità[191]173 per esser ormai l'ora tardissima. Et fu domandato il detto Mehemet del modo con il quale aveva portate dette lettere rispose: Dopo che io baciai le mani a quei signori che mi diedero le lettere, mi messi in una carovana di 200 persone, et feci la via di Van, havendo legato le lettere nei mazzi di seta. Venni a Tokat, e da Tokat in Brussa, dove giunto trovai che le sete valevano assai, et però io le vendetti et salvai il solo collo che aveva le lettere, et tornai a cavallo con diligenza a prenderne delle altre. Et dimandato perchè si messe a pericolo di discompiacer al re col perder tanto tempo rispose: l'ho fatto perchè li miei compagni tutti vendevano, et se non l'havessi fatto avriano detto: che vuol dir che costui non le vende, potendo avanzar tanto; e poteva entrar sospetto. Io incontrai altri che venivano per il medesimo viaggio, et comperai da loro le sete, con le quali sono venuto a Gallipoli, et da Gallipoli passato per la via di Narenta a Venezia; et disse che a Sarnizza furono aperte alquante balle di seta della carovana, per vedere se vi era alcuna cosa dentro, et non li trovarono alcuna cosa, et non havendo trovato niente gli mangiorno 20 talleri. Interrogato se ha compagni con lui, rispose che ha un figliuolo di suo fratello, et che sono 5 uomini computato il servitore; ma che nessuno anco suo nipote sa alcuna cosa perchè li va la sua testa. Dimandato dove sono alloggiati rispose in una corte a san Zuanne Novo nelle case di cha Zen. Dimandato se essendo la guerra in Persia lasciano andar le mercanzie su e giù rispose: a' mercanti da nessuna delle parti viene facta ingiuria nelle persone, nelle robe; et vedendo che erimo per licenziarsi si levò in piedi et fece oration, secondo il suo uso, et disse: Io son venuto qua per servitio del mio re, et prego Dio per la sua felicità et anco per la vostra; al che gli fu risposto, che se gli useria in questa città ogni cortesia et favore; et esso ringratiò che el se avesse fatto venir in questo luoco secretissimo «perchè essendo condotto in palazzo alla presentia del principe a dir quelle poche parole che dissi, me tremava le gambe».

Espositioni Ambasciatori 1580-83.

[192]





173 Vedi il Doc. precedente.



«»

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on touch / multitouch device
IntraText® (VA2) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2011. Content in this page is licensed under a Creative Commons License