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Questa mattina ritornato il padre domenicano all'ecc. Collegio, e fatto introdurre, disse essersi partito di Persia già un anno in circa, aver avuto da quel re la lettera presentata, e parimenti da Domenico Santi che colà si ritrovava un'altra che consegnò; e dimandatogli da Sua Serenità alcune particolarità rispose nel tenore appunto che si contiene nella scrittura che poi ha dato, ed è la seguente:
Desiderando io l'esaltazione della santa Fede Cristiana e di questa Serenissima Repubblica, che con tanto valore tanti anni sono si[219] impiega combattendo contro il comune nemico, non ho perdonato a fatica alcuna nell'andar da Polonia in Persia e venire di Persia a Venezia, a portare lettere di quel re di Persia a Vostra Serenità; e per obbedire ai suoi comandamenti di por in carta alcuna relazione di quello che ho potuto fare, dirò a Vostra Serenità tre cose:
Primo: il viaggio in Persia e come si può ivi per la più breve e facile via andare, e li onori che nel viaggio come ambassadore dei Cristiani mi furono fatti.
Secondo: quello che ho trattato col re di Persia.
Terzo: quello che si può sperare da quel re in nostro aiuto.
Io mi ritrovavo in Polonia nel tempo che ivi era il signor Tiepolo Giovanni ambasciatore a quella corona, il quale oltre a quello che aveva negoziato con quel re e fattolo armare, ha anche fatto che inviasse un ambasciatore al re di Persia, e subito egli spedì uno che si dimandò Slich nobile polacco, per invitarlo a muover la guerra contro i Turchi, e destinò ed elesse S. M. me per suo compagno nella ambasceria, e ci furono date dall'ill.mo Giovanni Tiepolo lettere di Vostra Serenità al suddetto re di Persia.
Si inviassimo dunque con 25 nobili polacchi a quella volta. Li 2 ottobre 1646 partii da Varsavia, per compagno del detto ambasciatore e giunsimo a 20 decembre in Mosca città metropoli e residenza di quel granduca. Ricevuti con grandissimo onore ed affetto, li 23 fossimo introdotti alla udienza pubblica.
Li 12 gennaro partissimo provvisti di cavalli, soldati ed ogni altra cosa necessaria dal suddetto granduca pel nostro viaggio in Persia. Li 18 giunsimo a Vladimiria città anticamente sedia delli granduchi di Moscovia. Li 21 a Murom, li 24 a Nisni Novogorod città bellissima e grande.
Il primo di febbraio a Cosma e Damiano, li 12 giunsimo in Cazan città bella e mercantile, dove siamo svernati per li gran freddi che vi erano e li pericoli delli tartari calmuchi.
Li 3 di maggio provvisti di barche e di uomini ed ogni altra cosa necessaria per la navigazione, ci imbarcassimo per la Volga fiume grandissimo, e li 22 giunsimo in Astracan città bella e grande, ben munita di presidio, ove stassimo fino alli 7 di giugno che si imbarcassimo, provvisti di comitiva e di ogni cosa necessaria dal granduca per il mar Caspio, nel quale fossimo un mese con grandissimi pericoli.
Li 4 di luglio sbarcassimo in Nizova, spiaggia di Persia, li 22 partissimo di là per Sciamachia, città capitale della provincia di[220] Schirvan. Li 25 giunsimo colà ove fossimo ricevuti con grandissimo onore dal Khan di quella città.
Li 3 agosto partimmo per Ardebilla città bella e grande onorata dal sepolcro del re Saladino quale tengono per gran santo. Vi è quivi un ospitale fondato dal detto re che sostenta ogni giorno 500 persone.
Li 18 partimmo da questa città e giunsimo in Zenghian città, e di là a Sultaniè, da Sultaniè a Com città molto bella, e quivi si ammalò il signor ambasciatore. Di Com addì 5 settembre giunsimo in Cascian città bellissima e ricca dove si lavorano molto belli panni di seta.
Li 10 partimmo e li 15 giunsimo in Ispahan sedia e residenza di S. M. di Persia. Fossimo incontrati da molti cortigiani e signori spediti da S. M. per introdurci dentro la città, i quali ci condussero ad un bellissimo palazzo preparato per nostro alloggio, la sera S. M. ci mandò la cena preparata in piatti d'oro ed altri vasi.
Poco si passò che s'ammalò il signor ambasciatore gravemente e non gli fu possibile di andare all'udienza; crescendo il male, fece chiamare uno dei principali cortigiani di S. M. al quale disse:
Giacchè così piace al signor Iddio di chiamarmi ad altra vita, e che non posso pienamente adempire la volontà del re e della serenissima Repubblica veneta in questa ambasceria; questo presente signor padre, datomi dal mio re per compagno dell'ambasciata, soddisferà intieramente a quella. Perciò in presenza dello stesso signor persiano mi consegnò l'istruzione, le lettere ed ogni cosa, e li 7 di ottobre, munito dei nostri ss. Sacramenti, rese l'anima sua al creatore, e fu sepolto il giorno seguente con gran pompa nella chiesa dei padri M. R. Carmelitani scalzi.
Li 17 io fui introdotto all'udienza pubblica del re, accompagnato da molti sì persiani come franchi, e salutato che ebbi S. M. da parte del serenissimo re di Polonia ed anco da parte della serenissima Repubblica di Venezia, gli resi le lettere. S. M. mi fece sedere e per molto tempo mi trattenne interrogandomi della salute e stato delli serenissimi re e principi cristiani: io risposi conforme a quello stato che avevo saputo nella mia partenza.
Li 31 io fui invitato da parte di S. M. alla loro pasqua che chiamano Bairan: risposi che molto volontieri avrei servito S. M. mentre ciò non seguisse in mio pregiudizio col cedere il luogo ad altri ambasciatori che si ritrovassero ivi, mi risposero che per certo non[221] mi sarebbe fatto pregiudizio nè torto veruno. Il dì seguente vennero a levarmi con cavalli di S. M. per me e per tutta la mia gente.
Giunto a palazzo feci riverenza a S. M. e mi fu dato luogo conveniente.
Durarono i giuochi ben due ore dove si videro diversi combattimenti; quindi si fece un banchetto, nel quale S. M. e tutti mangiarono in terra ed io ad una tavoletta alta un piede sedendo sopra una seggiola bassa. Finito il pranzo mi ritirai all'alloggiamento nostro. Il giorno dopo mandò S. M. un principal della sua corte da me a dirmi, che mettessi in carta in lingua persiana, come usasi colà, quanto desiderava il serenissimo re di Polonia e la serenissima Repubblica di Venezia. Io subito mandai a chiamare li padri carmelitani scalzi che mi tradussero in lingua persiana e scrissero li punti seguenti:
1. Universo mundo bene est notum turcarum imperatores precipue presentem esse fidei fracturam, nulliq. regi convicino, non solum non tenere iuramentum viro sub amicitiae pretexta ferro, igneq. occupare dictiones.
2. Cuius sacramenti fragium, non volentes christiani reges sustinere: volenterque eius tantam superbiam reprimere, Christi invocato auxilio, omnes suas vires ac potentiam terra mariq. converterunt.
3. Et quia serenissimi regis nostri, Reipublicaeq. venetorum dictiones, confinibus illius sunt viciniores ob idque gravius sentiunt eius insultus; quam alii monarchae christiani, quibus pro muro quodam modo sunt, per Dei voluntatem serenissimum regem nostrum pro supremo duce suo, omnes unanimi consensu delegerunt.
4. Qui huic tam sancto operi lubens humeros submisit, desiderans, et alios monarchas quibus cum ab antiquis saeculis amicitia fuit ad tollendum tam comunem inimicum ad similia vota excitare, me ad regiam maiestatem tuam expedivit.
5. Quoniam vero contra hunc inimicum uter non solum antecessores maiestatis tuae, verum etiam ipsa tua maiestas, magnam causam sustinet, non sibi persuadet serenissimus rex noster nec non omnes alii reges ac principes christiani maiestatem tuam hanc occasionem, otio praetermissuram. Cuius gratia antecessores maiestatis tuae, tanta sanguinis effusione plura possederunt.
6. Hoc itaque regia maiestas tua, iusta ponderando non parcat ancipiti gladio ne antecessorum suorum tantorum heroum, qui[222] etiam in florente sua aetate nullis laboribus pepercerunt, alte impressa vestigia properantur ac tot tantiq. reges et principes spe sua in tuae maiestatis persona fraudentur, nec hoc cum gratia legato ad ipsos destinato comitari dignetur.
I quali punti presentai a S. M., e lettili rispose che molto volontieri avrebbe soddisfatto alla amicizia dei principi cristiani.
In quel tempo ivi era un ambasciatore del Gran Mogol, il quale era stato trattenuto due anni per alcune lettere quali avea scritto al suo re e furono intercette.
Scriveva che il serenissimo re di Persia era ancor giovinetto e non poteva trattar con esso, e quando chiedeva audienza dal re se gli rispondeva, che il re era ancor troppo giovane e che aspettasse il tempo. S. M. il re di Persia era d'anni 18 quando giunsimo noi in Persia, giovane grazioso affabile, e come era detto da tutti era per riescire un altro shàh Abbas suo avo, continuamente a cavallo e nelli esercizii militari; la sua ava moglie del detto shàh Abbas reggeva e governava, ma ora lui essendo d'anni 19 governava lui stesso. Ha per moglie una senza figliuoli ma si diceva che era gravida. La moglie è figlia di un certo Surcolano qual abita in Daghestand, benchè di donne ne abbia molte, quella è la principale.
Il suo cancelliere gran Visir si chiama Dauleto, uomo molto osservante della sua legge, e non troppo amico dei cristiani; ha per moglie una sorella del re di Persia, ha 5 figliuoli ed a tutti gli fece cavar gli occhi, acciò non si sollevassero arrivati che fossero in età.
S. M. mandò un corriere a Costantinopoli per sapere se i principi cristiani facevano guerra, e per questa occasione ci trattenne 11 settimane, sin tanto che il corriere ritornasse da Costantinopoli, e quando cercavo l'espedizione mi rispondevano che mi riposassi che quanto prima ci spedirebbe.
Il 16 novembre il serenissimo re mi mandò le vesti, quali è solito dare agli ambasciatori, ed il giorno seguente fui chiamato di nuovo all'udienza ove mi diede l'espedizione, cioè lettere per il serenissimo re di Polonia e per la serenissima Repubblica di Venezia, di sua propria mano, salutandoli e pregandoli felicissimi successi, promettendo di soddisfare alla amicizia.
Di là ad alcuni giorni partii d'Ispahan e per il nostro ritorno accompagnato da 25 soldati persiani, e provvisti di cavalli e d'ogni cosa necessaria pel viaggio, ritornassimo per la istessa strada che eravamo venuti.
Li 20 gennaio giunsimo in Sciamachia città principale della provincia[223] di Schirvan, come ho detto di sopra, furono mandati dallo stesso Khan molti persiani per incontrarci e condurci al nostro alloggio ove fossimo benissimo trattati da esso, ed ivi ci fermassimo sino alli 29 di aprile.
Più volte ci invitò il Khan nel suo palazzo e particolarmente una volta, che fu il giorno di S. Tomaso d'Aquino, li 7 di marzo: molte cose allora ci riferì particolarmente dell'armata veneta che faceva grandissimi progressi contro l'armata turchesca, delle galere che erano state fracassate dalla armata veneziana di Smirne e di Scio e minutissimamente di ogni cosa. Di più disseci che di Babilonia erano fuggiti 200 turchi spahi in Persia, e promettevano al serenissimo re di Persia, che se volesse inviare solo 12 mille uomini la città si sarebbe resa, perchè era sprovveduta di presidio, e la miglior soldatesca era stata levata dal Gran Signore, e li più peggiori gente inesperta era restata. Di più disse che il serenissimo re aveva ordinato che il Khan Solimano qual sta non molto lontano di Babilonia, stesse apparecchiato, e lo stesso a quello di Erivan, di Tauris, di Sciamachia ed altri che stassero lesti. Disse di più che il gran Signore scrisse al serenissimo re di Persia, per genti, ma la S. M. non si contentò. Ogni di ci mandava a riferire minutissimamente quanto faceva la serenissima Repubblica.
Di più il Khan ci disse che S. M. mandava un esercito verso il regno di Conducar per ricuperarlo unito insieme col gran Khan di Tartaria Olbeco qual fu scacciato dal suo paese dal re Gran Mogol, ma con l'aiuto del re di Persia lo ricuperò cacciando di nuovo gl'Indiani, ed in quel tempo morì il re di Mogol ed il regno si divise in quattro figliuoli; ed il minor nato è il più vivace, più bellicoso degli altri fratelli e più amato e riverito, non si contentò della parte lasciatagli dal re Mogol suo padre, levò l'armi contro il suo fratello maggiore, come ancor fece contro il suo padre vivendo; il che vedendo il re di Persia si risolse tentar di ricuperare quel regno insieme unito con il gran Khan Olbeco, vedendo gli figliuoli del Gran Mogol disuniti, molti anni sono che cercava questa occasione tanto più vedendo che il gran Signore aveva che fare colla serenissima Repubblica, perchè quando lui voleva andare sopra il detto regno il gran Turco gli dava addosso, e quando voleva ricuperar Babilonia il gran Mogol gli dava ancor lui addosso, e così non potea nè l'uno nè l'altro ricuperare. Ma avendo l'occasione tanto per la morte del gran Mogol, quanto per la guerra che aveva il gran Turco contro la serenissima Repubblica, si deliberò di tentar la fortuna, ma[224] credo come dicevano i Persiani che quella guerra finirebbe presto, e tutti e particolarmente li grandi dicevano che col ritorno dell'esercito da quella parte dell'India andrebbe per ricuperare i luoghi occupati dal gran Turco.
Li 29 aprile partissimo per la marina e vi giunsimo li 5 di maggio; ci trattenessimo dalli 5 di maggio alli 12 giugno, allora ci imbarcassimo, li 25 facessimo vela verso Astracan, ma volendo così la Divina Maestà fossimo costretti a ritornar al luogo dove eravamo partiti per li venti contrarii e poco mancò che non s'affogasse la barca. Li 28 per grazia di Dio facessimo di nuovo vela e giunsimo li 6 di luglio all'acqua dolce, ed in detta acqua navigassimo 5 dì. Io mandai il mio interprete con un nobile polacco in Astracan, al palatino di detta città, e lui ci mandò 2 barche piccole perchè la barca grande non poteva andare per esservi poca acqua.
La domenica mattina 29 ci vennero incontro molti nobili moscoviti e soldatesca che quivi si ritrovava in Astracan; li 29 partissimo di detta città provvisti di ogni cosa necessaria al viaggio come barca e soldati per la Volga, 60 leghe da Astracan. Li 15 agosto giunsimo in Saricina città sopra la Volga, 70 leghe da Astracan. L'istesso giorno partissimo per Saraton, 20 leghe da Saricina, ivi giunsimo li 29, e li 13 di settembre giunsimo in Samaria dove siamo stati molto ben trattati dal Palatino di quella città. Di Samaria a Simbir, a Tetiuschi, li 4 di ottobre a Cazan e li 6 partissimo e giunsimo li 14 di ottobre a Cosma e Damiano e Vailgoroda li 19. Li 25 giunsimo a Nisni Novogorod che fu domenica, li 3 di novembre giunsimo in Murom e li 8 a Vladimiria e li 19 giunsimo a Mosca residenza e sedia del granduca di Moscovia, ove fui ricevuto con grandissimo onore ed affetto, visitandomi li due cancellieri da parte del granduca offerendomi quello m'era necessario.
Li 5 di dicembre partissimo di detta città e giunsimo in Smolensco città del serenissimo re di Polonia, ove mi fermai tre settimane per li pericoli delli Cosacchi. Li 8 di gennaio partissimo per Cracovia ove giunsimo li 8 di febbraio, e li 13 ebbi udienza da S. M. il re di Polonia e resi le lettere del serenissimo re di Persia.
La strada più breve per andar in Persia di qua è per la via di Aleppo, ovvero pel mar Nero imbarcandosi a Caffa per la Mingrelia, non trovandosi comodità per imbarcarsi in Caffa per Mingrelia si troverà per Trebisonda. Di Mingrelia nel stato del re di Persia in tre settimane si può entrare per la Moscovia. Bisogna aspettare il tempo opportuno perchè il fiume nella primavera è troppo grande, d'inverno[225] è congelato, e gravi sono i pericoli dei tartari, mongoli, e dei calmuchi, inimici comuni delli moscoviti: all'andar sarebbe facile ma al ritornar difficile. Questo è quanto per la brevità del tempo posso narrare a Vostra Serenità circa il mio viaggio.
Di Vostra Serenità
Devotissimo
Servitore
Fra Antonio di Fiandra Domenicano.
Stà a ss. Giovanni et Paolo.