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Richiedevano le mie obbligazioni che in propria persona fossi venuto a render le dovute grazie a questo ecc.mo senato, ma la mia senile età, la lunghezza del viaggio, li gravissimi pericoli che si incontrano,[233] mi impediscono e la soddisfazione del mio debito e la esecuzione del mio desiderio. Che però quel tanto non mi è permesso far di persona vengo a farlo colla penna, significandogli, come dopo gravissimi pericoli e di mare e di terra, singolarmente in Erzerum dove fui accusato per spia, giunsi in questa mia provincia e da qui poi mi trasferii in Ispahan, dove ritrovai appunto giunto l'ambasciatore di Polonia. Per molti affari del re fu ad ambidue procrastinata l'udienza per tre mesi. Venuto poi il tempo presentai le lettere delle Vostre Signorie Eccellentissime quali furono affettuosamente ricevute, et poi con la maggior efficacia possibile esposi la mossa della guerra contra del turco Ottomano conforme l'impostomi dalle Eccellenze Vostre e fui benignamente ascoltato. Mi domandò poi il re minutamente di tutti i principi cristiani, del loro numero, grandezza e potenza; e di codesta Ser. Rep. dissi quel tanto che in verità si doveva che non era ad altri inferiore. Per ottenere poi l'espedizione sono stato trattenuto sette mesi. La causa di tanta dilazione fu la nuova che sopraggiunse della resa di Candia dal re sentita al maggior segno, che mi disse queste parole:
Come! principi cristiani m'invitano alla guerra col turco, mentre essi hanno resa una piazza tanto tempo difesa, quasi che temano della loro propria potenza?
Non mancai far ogni sforzo per giustificar questo fatto, procurando di renderlo capace nel miglior modo fosse possibile.
Circa agli interessi della mia provincia ho ottenuto, mercè l'intercessione di Vostra Serenità, quanto per addesso desideravo. È ben vero che assai più avrei ottenuto se non fosse stato l'accennato disturbo di Candia. Intorno al negozio della guerra non mi ha dato risposta alcuna a bocca, dicendomi che nelle lettere risponsive si contenevano li suoi sentimenti; che però consegnatemi le lettere dirette a questo ecc.mo senato, insieme colle altre dirette al sommo pontefice, mi comandò che per due dei miei frati a posta le inviassi, acciò avessero sicuro recapito, e che colle scritture non toccassero i passi dell'Ottoman, ma che si inviassero per la strada di Moscovia, e che si accompagnassero con il suo ambasciatore quale egli inviava al re di Polonia. Tanto appunto eseguisco inviando per i miei frati alle Signorie Vostre Eccellentissime l'accennate lettere con affezionatissimo rendimento di grazie, promettendomi dalla loro benignità ogni possibile aiuto, in ogni altra occorrenza e bisogno di questi poveri cattolici, posti nel mezzo di tanti voracissimi lupi di scismatici ed infedeli, che fanno del continuo ogni sforzo per divorarli. E però le[234] mie forze non sono sufficienti per difenderli se non vengo aiutato dalla pietà dei cristiani principi, e singolarmente da codesta Ser. Rep. che in pietà ogni altro eccede. Raccomando alla vostra benignità questi due padri, che invio; mentre per fine profondissimamente me le inchino augurandogli dalla Divina Maestà ogni bramata prosperità.
Da Naschirvan provincia dell'Armenia maggiore 10 agosto 1670.
Delle Vostre Signorie Serenissime
Umilissimo
ed obbedientissimo servo
Fra Matteo Avanisens
Arcivescovo di Naschirvan.