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PARTE II. Delle relazioni commerciali tra la Repubblica di Venezia e la Persia. II. Dei Consolati veneti negli scali del commercio persiano. |
I link alle concordanze si evidenziano comunque al passaggio
Il commercio dei Veneziani colla Persia, era specialmente favorito e protetto dai consolati veneti, negli scali principali dell'Asia anteriore.
La istituzione dei consolati veneti è antichissima e si perde nella caligine dei tempi. Negli emporii più importanti del commercio, e nelle più remote età davasi ai consoli il nome di bailo, che significa, secondo il Ducange, mercatorum prætor. Il bailo o console era capo della nazione nel luogo di sua residenza e giurisdizione, ed oratore ordinario al principe; protettore dei sudditi negozianti e viaggiatori; giudice delle civili vertenze; esattore dei pubblici diritti. Dovea provvedere al mantenimento degli scali, alla prosperità e regolare amministrazione delle fattorìe; ed in qualche paese potea giudicare e punire i delitti capitali e di stato. Un bailo di 1º rango doveva tenere un cappellano[77] e notaio, due camerlenghi, un medico, quattro servitori, un dragomanno, due trombettieri e quattro cavalli. Veniva nominato dal Maggior Consiglio, con quattro mani di elezione, doveva esser nobile, e riceveva il titolo di Magnifico Messere.
Ma affinchè l'autorità del bailo o del console non divenisse arbitraria, erano a lui destinati ordinariamente due nobili come consiglieri, senza il voto dei quali non poteva deliberare, ed in alcuni casi di maggior importanza egli era obbligato a radunare un Consiglio di dodici fra i più distinti sudditi della repubblica nel luogo di sua residenza.
I membri di questo Consiglio dei XII, il quale in seguito divenne permanente, erano sottoposti ad una disciplina assai rigorosa, avvegnacchè un decreto del 14 luglio 1492 dichiarasse perfino: che se taluno di loro avesse palesato una deliberazione consolare o qualunque altra cosa a danno della repubblica, fosse bandito colla confisca di tutti i suoi beni, e nel caso di suo ritorno gli venisse eziandio tagliata la lingua. Il Consiglio dei dodici eleggeva i due camerlenghi, che dovevano tenere uno la cassa, l'altro i registri del consolato, e nominava il vice-console nei luoghi più importanti del commercio.
Circa alla metà del secolo XIII venne istituita la magistratura dei Consoli dei Mercanti, composta di tre cittadini estratti dopo il 1633 dal corpo di uno dei Consigli dei XL. Gli oggetti di mercatura e di commercio erano suo principale attributo, e da essa dipendevano i consolati.
Ma dopo la creazione del magistrato dei Cinque savi alla mercanzia istituito col decreto 15 febbraio 1507, i diritti e le attribuzioni dei Consoli dei mercanti vennero ristrette a più angusti confini. Questa nuova magistratura era di grande importanza, imperciocchè per oggetti di commercio teneva relazione e corrispondenza colle potenze straniere d'Europa, dell'Asia e dell'Africa, e cogli ambasciatori e residenti veneti. I consolati furono a lei sottoposti. Da lei i capitani ricevevano le patenti di navigazione; giudicava per singolare privilegio i sudditi della Porta ottomana.
Per provvedere agli interessi del commercio persiano, che in gran parte abbracciava il ricchissimo dell'Asia, tennero ordinariamente i Veneziani consolati alla Tana, a Trebisonda, in Acri, Tripoli, Beiruth, Damasco ed Aleppo.[78]
Prima che il mar Nero fosse negato alla navigazione dei Veneziani e che l'impero di Trebisonda cadesse nelle mani di Mohammed II, gli scali della Tana e di Trebisonda erano della massima importanza: dacchè a quello concorrevano le merci dell'interno dell'Asia pel Caspio, il Volga ed il Tanai, ed a questo quelle dell'Armenia, della Georgia e della Persia. Ma dopo che le vittorie di Tamerlano, nel principio del secolo XV, deviarono il corso stabilito alle merci delle Indie, le quali ripresero l'antica strada del Mediterraneo, il commercio dell'Asia si ridusse per gran parte nella Siria.
Negli scali del mar Nero i Veneziani tenevano un console a Soldadìa prima che i Genovesi erigessero Gaffa e vi ponessero l'emporio del loro traffico153, e si hanno notizie di consoli veneti alla Tana dall'anno 1349 al 1464, ed a Trebisonda dal 1383 al 1450.
La più antica memoria che si abbia di consoli veneti è relativa a Teofilo Zeno, bailo in Siria nel 1217, ed a Marsilio Zorzi, bailo pure in Siria nel 1243154; quindi si hanno notizie di baili in Acri dal 1256 al 1277, e finalmente di consoli in Siria dal 1384 al 1675 ed alla caduta della repubblica155.
Salita la Persia ad un grado d'importanza per le vittorie di Uzunhasan, e per quelle di Ismail, che fondava la dinastia dei sufì, nella fine del secolo XV e principio del secolo XVI, il commercio dei Veneziani con quella regione si concentrò nella Siria, dacchè la conquista di Costantinopoli e la caduta dei greci imperi di Nicea e di Trebisonda avevano interdetto alla repubblica il commercio del mar Nero.
Conoscendo allora il senato di quanta importanza diveniva il negozio nella Siria, creava nell'anno 1497 il magistrato denominato Cottimo di Damasco, affinchè con particolare attenzione invigilasse alla direzione del consolato di[79] Siria allora residente in Damasco, e suggerisse tutti i provvedimenti opportuni a sostenere quel commercio nello stato di floridezza ed a ristorarlo156.
Molte furono le disposizioni di legge stabilite, le regole prescritte ai consoli, le cautele comandate per la esazione dei cottimi ossiano tasse pei diritti consolari, e per migliorare le coste, mantenere i fondachi e le fabbriche; le quali disposizioni andarono poi colle vicende politiche e commerciali del mondo cangiando secondo i tempi e le circostanze.
Ma la legge più importante e più singolare relativa ai consoli veneti è quella che fino dall'anno 1268157 confermava la sapientissima pratica dei ministri veneziani all'estero e nei reggimenti, di leggere in senato, al ritorno, la relazione delle osservazioni fatte durante il loro ufficio e delle cose degne di essere riportate.
Le relazioni degli ambasciatori veneti sono ora per la maggior parte di pubblica ragione158, e rendono testimonianza dell'alta stima in cui furono sempre e meritamente tenuti questi splendidi monumenti della nostra politica nazionale.
Di non minore importanza, certamente, sono le relazioni dei consoli, perocchè, se per avventura non raggiungono quella delle relazioni d'ambasciata, rispetto alla cognizione delle tendenze politiche e del grado di potenza degli stati, toccano colle più distinte e minute particolarità gli interessi del traffico non meno degni di considerazione.
La più antica relazione consolare che si conosca, è appunto della Siria, e fu presentata nel collegio dal bailo Marsilio Zorzi nel mese di ottobre 1243. Essa è in lingua latina, e narra la condizione dei possessi e dei privilegi veneti in Tiro, con molte curiose ed importanti particolarità. Fu[80] pubblicata di recente nel vol. XIII delle Fontes rerum austriacarum.
Da quell'epoca fino alla riorganizzazione del consolato di Sorìa (1548) [Doc. LXXVI] non si ha alcuna notizia di relazioni consolari; ed anche posteriormente pare che non siano stati chiamati a leggere in senato se non quei consoli, i quali, per l'importanza delle cose che avevano a riferire, erano per ciò specialmente invitati dal magistrato dei Cinque savi alla mercanzia.
Tre sole relazioni consolari sembra che finora abbiano veduta la luce, cioè: quella di Lorenzo Tiepolo, ritornato dalla Sorìa nel 1560, pubblicata per nozze del cav. Cicogna nel 1857; quella di Giovanni Michele fu Giuseppe ritornato nel 1587, pubblicata nel Tesoro politico, e dall'Albèri sotto il titolo di «Relazione delli successi della guerra tra il turco e il persiano dal 1577 al 1587159»; e quella di Giovanni Antonio Morana, agente consolare in Aleppo al cadere della Repubblica, pubblicata in Venezia dall'Andreola nel 1799. Quest'ultima non fu presentata al senato, ma invece fu dedicata al nobil uomo Giustiniani, imp. reg. consigliere, deputato al veneto commercio.
Oltre a queste, dieci altre importantissime relazioni si conservano tuttavia inedite negli archivi di Venezia, cioè:
»» Alessandro Malipiero, 16 febbraio |
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»» Stesso, 15 maggio |
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Le quali relazioni sono di tanta maggiore importanza, in[81] quanto si riferiscono all'epoca delle guerre persiane e delle ribellioni della Siria, ed avvisano alle cause della progressiva diminuzione del commercio dei Veneziani nell'Asia.
Ogni relazione ordinariamente è divisa in tre parti: nella prima tratta delle condizioni del commercio, offerendo preziosi dati statistici e suggerendo i rimedi opportuni a ristorarlo; nella seconda delle condizioni economiche, politiche e militari della Siria, delle rendite e forze che ne ricava la Porta, e delle costei relazioni colla Persia; e nella terza finalmente dello stato del regno di Cipro. Venivano lette in senato, e depositate nell'archivio della cancelleria segreta.
Diminuendo il commercio coll'Asia ed aumentando le spese del consolato di Damasco ad una somma annua considerevole a peso ed aggravio della mercanzia, il senato deliberò l'11 febbraio 1545 di abolire il consolato di Damasco, e di trasportare la residenza di quel console in Tripoli, la quale nell'anno 1548 fu poi ridotta in Aleppo, emporio principale del commercio, colla facoltà di sostituire vice-consolati nelle spiagge della Sorìa.
Molte furono le deliberazioni del senato e dei Cinque savi alla mercanzia intorno al consolato della Sorìa. Nei preziosi diarii di Marin Sanudo, e nell'epilogo dei Cinque savi, si trovano fra le altre le seguenti:
1424, 4 dicembre. Non possano i consoli, nè i loro figli non emancipati esercitare commercio nel luogo della loro residenza, e sieno al caso multati di ducati 1000.
1503, 22 giugno. L'autorità del console di Damasco sia ampliata in personal e real, per la poca obbedienza, che gli vien prestata.
1513, giugno. Il salario del console di Damasco sia portato da 500 ducati che aveva, a 500 ashrafi.
1524, 19 aprile. I consoli di Siria formino processo contro i Veneti, che avessero corrispondenza con forestieri, per mandare le loro mercanzie sopra navi venete.
1526, maggio. Il console di Damasco sia eletto per anni 2 per scrutinio a quattro mani di elezione, e sia nobile.
Item. Il console non possa scrivere nel suo libro alcuna partita in dare ai Mori, se prima non siano notali all'incontro i loro crediti, sotto pena di pagar del suo.
1539, 23 maggio. Tutte le sete e spezie, eccettuato il pepe,[82] che si traggono dalla Sorìa e dall'Egitto, venendo a Venezia da diversi luoghi, paghino il 4 per % da applicarsi al pagamento dei debiti del cottimo di Damasco e di Alessandria.
1543, 9 luglio. Non si possa ridurre in Sorìa il Consiglio dei XII in assistenza del console, nelle più gravi deliberazioni, senza il di lui intervento.
1544, 4 luglio. Si procuri di ottenere dalla Porta che il console di Damasco possa stare in Tripoli pel governo dei mercanti.
1545, 11 febbraio. Il console di Damasco trasporti la sua residenza in Tripoli di Sorìa.
1546, 17 luglio. Venendo a morte alcun suddito veneto, debbano i consoli far l'inventario delle robe sue.
1548, 19 decembre, in Maggior Consiglio. La elezione del console in Siria sia fatta per anni 3. Porti il titolo di console della Sorìa. Sia scritto al bailo in Costantinopoli di ottenere che il console della Sorìa possa risiedere in Aleppo, dove sono le maggiori faccende. Abbia il console di salario 600 ducati da venete lire 6,4 l'uno, oltre ai diritti consolari di Tripoli di Sorìa. Il vice-console di Tripoli sia eletto ogni anno dal Consiglio dei XII, sia nobil uomo, e debba avere dal cottimo il salario di ashrafi 270 all'anno. L'esattore del cottimo e delle altre tasse alle marine, sia eletto dal console, che dovrà pagarlo del proprio, e garantire la di lui buona amministrazione.
1549, 11 gennaio. Il console nominato debba immediatamente recarsi al suo posto, sotto pena di 500 ducati.
1574, 19 ottobre. La imposta del 2 per % di cottimo, che si riscuoteva in Siria per supplire alle spese del consolato, sia per minore aggravio presa a cambio in Venezia.
1586, 5 marzo. Non si possa eleggere od approvare alcun console senza speciale informazione del magistrato dei Cinque savi alla mercanzia.
1586, 12 giugno. Sia imposto ½ per % alle merci che verranno di Siria per la espedizione di quel console.
1588, 3 luglio. Sia levata la arbitraria gravezza posta dal console della Sorìa sui mercanti e restituito il percetto: «essendo pubblica intenzione di accarezzare i mercanti per non deviare il commercio».
1592, 11 settembre. Tutte le merci che vengono di Sorìa[83] siano tenute a pagare ½ per cento al cottimo di Damasco, oltre l'1 che si paga presentemente, e ciò per estinzione dei debiti arretrati.
1608, 28 luglio. Sia concesso al console di Sorìa per una volta tanto 250 zecchini, in causa della carestia, principalmente del vino, che bisogna presentare ai signori Turchi.
1611, 13 gennaio. Al console di Aleppo si diano per viaggio da Tripoli alla sua residenza mille reali, e pel ritorno ottocento, ed inoltre gli siano dati 200 zecchini per il presente da farsi giusta l'ordinario.
1613, 1º giugno. È proibita al console della Sorìa la pratica invalsa di non permettere il passaggio a mercanti esteri sulle navi venete.
1624, 20 agosto. Per sollevare i trafficanti colla Sorìa delle gravi spese sotto varii pretesti introdotte, è ordinato:
1º I consoli non debbono vendere cosa alcuna a cottimo per nome loro.
2º Non sieno dati ai giannizzeri più di 700 ducati di buona valuta all'anno.
3º Pel viaggio di mare e di terra non si dia al console di Aleppo più di 1000 lire per l'andata, e 1000 pel ritorno.
4º I consoli non ricevano presenti dai bashà, o li ricambino del proprio.
5º I consoli andando a nozze od a convito paghino ogni cosa del proprio, senza interesse del cottimo.
6º I mercanti non siano costretti a provvisioni di danari, se non per spese ballottate nel Consiglio dei X, nel quale debba intervenire un capo di ogni casa che ha negozio in Aleppo.
1670, 21 agosto. Siano rimessi i consoli di Aleppo, come si praticava prima della guerra.
1671, 8 giugno. La tassa del 4 per % sia ridotta al 2, e destinata unicamente al pagamento dei debiti di cassa del cottimo.
1675, 22 gennaio. 1677, 18 marzo. 1678, 17 giugno. Sospesi i consolati d'Aleppo, di Alessandria e loro vice-consoli.
1680, 3 gennaio. Sia concesso ad Andrea Negri di recarsi in Aleppo in qualità di agente dei mercanti.
1683, 9 ottobre. Sia stabilita un'imposta fissa di 400 reali per ogni nave di vela quadra veniente dalla Siria, e di 200 per ogni nave minore.[84]
1689, 29 luglio. Quelli che trarranno robe dalla Sorìa sieno obbligati a far le tratte particolari, naviglio per naviglio, e mandarle a Venezia segnate dai provveditori al cottimo di Damasco.
Il diritto consolare dei Veneziani fu soltanto nell'anno 1786 ridotto a disposizione di legge generale, e compreso nel titolo XII, parte I, del famoso codice per la veneta mercantile marina, che è uno dei più preziosi monumenti della sapienza civile della repubblica, negli ultimi anni della sua esistenza.
Le determinazioni principali del codice relative ai consolati erano:
Ogni console dovea essere suddito veneto, aver compiuta l'età di 25 anni, godere ottima fama di onestà e di intelligenza nel commercio, essere munito delle patenti e di speciali commissioni. Appena arrivato al luogo di residenza, egli dovea presentare le patenti a quelle autorità per essere riconosciuto, quindi rispettato ed obbedito dai sudditi. Il suo impiego durava 5 anni, nè poteva sostituire alcuno, senza espressa permissione del magistrato dei Cinque savi. Conseguiva gli appuntamenti e i diritti consolari nei modi e misure fissate da apposita tariffa stabilita dai Cinque savi, ed esposta nella cancelleria del consolato, con proibizione di esigere di più, e di prender danari a censo o mutuo a debito della nazione. Tenere dovea sopra apposito libro timbrato la nota, giorno per giorno, dei veneti bastimenti che arrivavano nel suo raggio giurisdizionale, colle più minute indicazioni del carico, del capitano e dell'equipaggio, riscontrando, mediante apposito esame, le polizze di carico, le fedi di sanità e i ruoli degli equipaggi. Tutti i manifesti dei carichi e le notizie più importanti relative al commercio ed alla navigazione, egli doveva far giungere al più presto possibile al magistrato dei Cinque savi.
Il console eleggeva il suo cancelliere, del quale era responsabile in via civile. Se il cancelliere non era suddito, la nomina dovea essere approvata dai Cinque savi. Nelle parti del levante e dell'Asia dovea il console tenere un cappellano di rito cattolico.
Le differenze fra i sudditi doveano essere composte ed appianate dal console, che avea pure autorità di arrestare e punire quelli che turbavano la regolarità del traffico, o[85] violavano le leggi penali; nei casi gravi però dovea inviarli, colla prima opportunità, alla dominante.
Il console erigeva gli atti verbali nei casi di getto ed in tutti gli altri nei quali veniva richiesto dai sudditi; eseguiva gli inventari, gli atti di morte; ricevea testamenti; e dava forza legale, come pubblico notaio, ai contratti stipulati alla sua presenza. Il cancelliere poi in un apposito libro dovea tenere la copia di tutte le deliberazioni e degli atti del consolato, di tutte le polizze, i contratti, gli inventari, i testamenti e delle altre carte che pervenivano alla cancelleria.
Nei casi di naufragio il console doveva accorrere per salvare con ogni mezzo possibile i naufraghi, e riceveva poi il 2 per % di premio sul netto ricavo delle cose ricuperate.
Mancando il console di vita, il cancelliere lo doveva sostituire fino alla nomina del successore.
I consoli dovevano dar piena esecuzione e far rispettare ed obbedire il codice della mercantile marina, le leggi generali e le disposizioni dei magistrati e degli ambasciatori e residenti alle corti, aver cura perchè fosse mantenuta la fede nei contratti, la esattezza nei pagamenti, la quiete e la libertà del commercio.
Per le spese straordinarie che occorrevano nei consolati, il console dovea convocare il Consiglio dei Dodici, col quale si stabilivano le misure necessarie, gettando una tassa sui capitali dei negozianti. Che se però le spese erano molto rilevanti, o la amministrazione consolare restava in debito, vi provvedeva il collegio dei Cottimi160 gettando un'altra tassa sopra tutte le mercanzie; la quale ascese al 4, al 6, e talvolta perfino al 12 per % nella Siria, oltre la tassa ordinaria cui quelle erano sottoposte per i diritti consolari e pel mantenimento in Venezia della magistratura detta Cottimo di Damasco.
Sopraggiunta la lunga e fatale guerra di Candia, il vice-console nella Siria Alvise Tartarello, ripatriato nel 1648, dimostrò in senato ascendere il debito della nazione a ducati 66,652, per estinguere il quale fu imposta una tassa[86] del 4 per %. Con questa tassa si poterono pagare durante la guerra 40 mille ducati, per modo che, succeduta la pace, il nuovo console Marco Bembo propose di saldare la residua passività del cottimo, riducendo la tassa dal 4 al 2 per %.
Ma le spese del consolato Bembo, per quanto si raccoglie dalle scritture dei capi di piazza, ascesero a reali 32 mille circa, per cui le merci furono aggravate del 10 per cento in conto di cottimo, oltre il 2 destinato all'estinzione del debito precedente, e si dovette anzi ricorrere ai negozianti per un prestito di reali 20,000.
Fu eletto poi console nella Siria Francesco Foscari; ma sempre più diminuendo il traffico dei Veneziani nell'Asia, e particolarmente colla Persia e le Indie, per le gravi cagioni enunciate più sopra, il senato deliberava a' 22 gennaio 1675 di togliere quel consolato, accompagnando con sentimento grave la notizia circa alla mancanza in quello scalo del negozio dei Veneziani, e quanto era gravosa la continuazione del consolato di Aleppo.
Accordossi allora ai pochi sudditi, che ancora negoziavano nella Sorìa e coll'Armenia e la Persia, di rivolgersi per la protezione a quei consoli di altre nazioni amiche, che essi nella specialità dei casi ritenessero migliori; ma mal volentieri tollerando i mercanti questa necessità, oltre le ristrettezze molto considerevoli dell'estenuato negozio, si astennero finalmente dallo spedire in Sorìa merce alcuna.
Laonde Andrea Benedetti, che in qualità di agente aveva sostituito l'ultimo console Foscari, dovette, per supplire alle spese, accrescere il debito della nazione veneziana e portarlo alla somma di 40 mille reali.
Offertosi poi Andrea Negri di andare in Aleppo col titolo di agente dei mercanti, e di soddisfare tutti i debiti lasciati dal Benedetti, e tutelare gli interessi dei Veneziani negli scali dell'Asia, verso la corrisponsione di una tassa del 5 per % sulle merci di ragione dei mercanti veneti che passavano in Siria, il senato accolse la proposizione ed emanò conforme decreto il 3 gennaio 1680.
Ma non bastando la preavvisata tassa, fu imposta una contribuzione fissa da 200 a 400 reali per ogni nave, secondo la grandezza, che toccasse i porti della Sorìa, e furono[87] rimossi come inofficiosi e superflui i sette ministri del Cottimo di Damasco, destinando la tassa a loro favore, in pagamento invece dei debiti nella Siria.
Tutte queste disposizioni però non furono sufficienti, ed il Negri non avendo potuto soddisfare tutti i debiti della nazione, fu arrestato dai Turchi, ed ebbe appena la ventura di fuggire dalle loro mani, lasciando sequestrata anche la casa consolare da un Corrado Kalchebrum, mercante fiammingo.
Fu allora che Andrea Benedetti, suo predecessore nella sfortunata agenzìa di Aleppo, offerse di assumerla di nuovo, proponendo ai Cinque savi, in una sua particolareggiata scrittura [Documento LXXVII], i mezzi per riordinare quell'amministrazione, ristorare il commercio dei Veneziani, e mantenere il decoro della repubblica.
Il senato aderì a questa proposizione; e le saggie misure prese dal Benedetti, il progetto di riaprire una comunicazione colla Persia e colle Indie, i trattati di Pietro il Grande colla Persia, e l'essere stato schiuso il mar Nero alla navigazione dei Veneziani, fecero sorgere più che mai vive le speranze di riattivare sulle coste dell'Asia e del mar Nero il commercio persiano. Laonde i savi proposero la ristorazione del consolato di Aleppo [Documento LXXVIII], che fu ordinata col decreto 29 dicembre 1762 [Documento LXXIX], e durò fino alla caduta della repubblica.
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