Guglielmo Berchet
La Repubblica di Venezia e la Persia
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DOCUMENTI

DOCUMENTO XVIII.

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DOCUMENTO XVIII.

Magnifice et generose domine. Hieri scrissi a Vostra Magnificenza come l'ambasciator del soldano era andato alla corte, e le cosse seguite, e mandai la lettera al detto nostro console la quale credo l'averà ben recata. Questa mattina doveva andare l'ambasciatore d'India, e io desiderava di riposare e aveva anche tolto un poco de medicina, e temporeggiando così sul mio stramazzo sentii venire un chiaus el qual me domandò da parte da questi signori sultani che io andasse a questa solennità; e così mi vestii e andai alla Porta accompagnato da quel medesimo chiaus, e presentandomi davanti il loro pavione fui chiamato e introdotto sotto, e sentai in quel scagno preparatomi secondo usanza, e dietro de mi per tre o quattro passi fora del pavione erano sentati tre di quei signori ungheri, e dietro di loro due servitori, e avevano del sole quanto volevano. Dopo buon pezzo venne l'ambasciatore indiano, il quale fu accettato honoratamente e sentò sotto Daut in mezzo delli altri signori; e averte le casse delli presenti li sultani hanno voluto vedere el pugnal e la cima che venivano presentate al signore, e portate avanti di loro, mi chiamarono che anch'io andassi a vedere, e sentando avanti di loro, me fu messo in mano, et era la vagina tutta d'oro, e la guardia di fora di rubini, cioè in mezzo vi erano 22 grossi rubini, e dalle bande rubinetti piccoli, ed in alcuni luoghi qualche turchese, e nella cima della vaina una perla grossa; e mentre vedevo et esaminavo detto pugnale furono chiamati e andorno dal signore. E la corte e tutto quel campo erano pieni d'uomini, che portavano suoi presenti e sono 2600 lizari e porcellane, code di cavalli, lanze di canna, uno bellissimo papagallo rosso ed altre gentilezze indiane, e parve miracolo a vedere in un tratto tanti presenti. E li signori sultani sentando così e vedendo me mandarono a dire, che tenissi bene a mente per fare e simile anca mi verso il signore. Et io risposi che valeva più al loro signore il buon amore dei miei signori, che non valeva tutte le cose del mondo. E così se voltarono da mi tutti insieme, e mi fecero atto che avevo risposto molto bene. Fu portato il desinare e avanti de mi solo fu portate diverse bandigioni. E alli ongheri fu dato di fuora, e mangiando quei signori, me invitarono che mangiassi, ed io lor facevo dire, che anco volevo bevere; e mangiammo molto bene e[153] appetito e allegramente, e prometto alla Magnificenza Vostra che tra quelle bandigioni vi era una minestra con sugo de limone che mi ha saputo molto buona, e di questa sola ho desinato. E dicto pasto mi fu portato in piatti di porcellana, la vivanda era buona, ma mi averìa piuttosto bevuto una tazza di vino. Partito poi l'ambasciatore indiano anch'io tolsi licenza, e me ne venni al mio alloggiamento. Ed in tutto ciò è stato presente Luca Sofrano, e potrà ragionarle distintamente. Ne me accade altro che raccomandarmi alla Magnificenza Vostra.

dat. in Castris regis Persiarum 11 luglio 1485.

Giovanni Dario.

Archivio Cicogna, cod. MDCCXCVI.


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